La mancata indicazione del termine per la partenza volontaria non incide sulla validità del decreto di espulsione

Il provvedimento di espulsione amministrativa dello straniero non può essere dichiarato illegittimo solo perché non contiene un termine per la partenza volontaria. Tale mancanza, infatti, pur incidendo sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, non incide sulla validità del provvedimento stesso.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con ordinanza n. 18187/20 depositata il 1° settembre. Rigettata l’ opposizione al decreto di espulsione dal Giudice di Pace, lo straniero ricorre per cassazione lamentando, fra l’altro, l’omessa considerazione del fatto che la questura aveva mancato di informalo in ordine alla possibilità di richiedere un termine per la partenza volontaria . Nel ritenere la censura infondata, la Corte di Cassazione ribadisce il principio secondo cui non può essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento di espulsione amministrativa solo perché esso non contenga un termine per la partenza volontaria, in quanto tale mancanza può incidere sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, ma non sulla validità del provvedimento espulsivo , o perché non contenga l’informazione circa la facoltà di fare rientro volontario, ostandovi il principio secondo cui detta omessa informazione può essere fatta valere esclusivamente nel giudizio di convalida avverso il provvedimento di accompagnamento coattivo o di trattenimento emesso dal questore, attesa la separazione in due fasi distinte del complessivo procedimento di allontanamento coattivo dello straniero . Da tale principio, secondo la Corte, ne discende l’insussistenza della violazione della direttiva 2008/115/CE in quanto il diritto dell’interessato a contraddire o a difendersi in merito all’alternativa tra partenza volontaria ed esecuzione coattiva dell’espulsione può dispiegarsi nel predetto giudizio di convalida .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 giugno – 1° settembre 2020, n. 18187 Presidente Di Virgilio – Relatore Varrone Rilevato che 1. S.P.R.R. , cittadino omissis , ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato provvedimento con il quale il Giudice di Pace di Napoli ha rigettato l’opposizione del medesimo avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Napoli ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-bis, e ne chiede la cassazione sulla base dei seguenti rilievi 1 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b , per aver omesso di considerare la documentazione prodotta dalla quale emergeva che il ricorrente aveva richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno successivamente alla sua scadenza nel 2015, ed era in attesa di rilascio del provvedimento da parte della questura 2 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis, per avere, il giudice di pace, omesso di considerare che il ricorrente era giunto in Italia con un visto per ricongiungimento familiare a seguito di nullaosta richiesto dalla madre quando egli era minorenne e che alla data del 3 settembre 2019 il ricorrente aveva trascorso 14 anni di vita nel territorio italiano dove era residente l’intero suo nucleo familiare 3 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 5, per aver omesso di considerare che la Questura di Napoli non aveva adeguatamente informato il ricorrente in ordine alla possibilità di richiedere un termine per la partenza volontaria. 2. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione. Considerato che 1. I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, stante la loro evidente connessione Il primo motivo è infondato, il secondo è fondato, il terzo è infondato. Il provvedimento di espulsione dello straniero contemplato dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B consegue ai soli casi di indebito trattenimento in Italia dello straniero stesso che, titolare di permesso di soggiorno scaduto da più di sessanta giorni, non ne abbia chiesto, entro il predetto termine, il rinnovo. Il ricorrente dà atto di aver chiesto il rinnovo oltre il termine di sessanta giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno, tuttavia, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, citato art. 13, comma 2 bis si deve tener conto, nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lett. a e b , nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine. 2. Il ricorrente era giunto in Italia a seguito di un visto di ricongiungimento familiare a seguito di nullaosta richiesto dalla madre quando egli era minorenne e ha trascorso 14 anni di vita nel territorio italiano dove risiede l’intero suo nucleo familiare con la madre. Dunque, nel caso di specie risulta violato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2007 , il quale, come si è detto, impone di tenere conto nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell’esistenza dei legami con il suo Paese di origine. Sez. 1, Sentenza n. 1665 del 2019 . Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte l’opposizione al provvedimento espulsivo è un giudizio sul rapporto che deve essere svolto con accertamento di tutti i fatti costituitivi ed impeditivi dell’esercizio vincolato della potestà espulsiva da parte dell’autorità amministrativa. L’esame delle suddette condizioni fattuali da valutare D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2 bis, è stato illegittimamente omesso dal giudice di pace. 3. Quanto alla censura di omessa indicazione della facoltà di richiedere un termine per la partenza volontaria, la stessa è infondata. Deve darsi continuità sul punto al seguente principio di diritto Non può essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento di espulsione amministrativa solo perché esso non contenga un termine per la partenza volontaria, in quanto tale mancanza può incidere sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, ma non sulla validità del provvedimento espulsivo, o perché non contenga l’informazione circa la facoltà di fare rientro volontario, ostandovi il principio secondo cui detta omessa informazione può essere fatta valere esclusivamente nel giudizio di convalida avverso il provvedimento di accompagnamento coattivo o di trattenimento emesso dal questore, attesa la separazione in due fasi distinte del complessivo procedimento di allontanamento coattivo dello straniero ne consegue l’insussistenza della violazione della direttiva 2008/115/CE in quanto il diritto dell’interessato a contraddire o a difendersi in merito all’alternativa tra partenza volontaria ed esecuzione coattiva dell’espulsione può dispiegarsi nel predetto giudizio di convalida Sez. 6-1, Ord. n. 7128 del 2020, Sez. 61, Ord. n. 13240 del 2018 . 4. In conclusione il secondo motivo deve essere accolto, il primo e il terzo devono essere rigettati, la pronuncia impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice di pace di Napoli in diversa persona, affinché valuti, alla luce delle allegazioni e prove fornite dalla parte, la sussistenza di condizioni ostative alla disposta espulsione amministrativa del ricorrente. Il giudice del rinvio deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e il terzo, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al giudice di pace di Napoli in diversa persona che deciderà anche sulle spese.