Protezione umanitaria: in caso di rimpatrio occorre valutare le limitazioni derivanti dalla malattia del richiedente

In materia di concessione della protezione umanitaria il giudice deve valutare la possibilità per il richiedente, in caso di rimpatrio, di essere posto in condizione di usufruire del godimento dei diritti fondamentali in relazione sia alle condizioni di vita del Paese di provenienza, sia alle limitazioni derivanti dalla malattia da cui è affetto.

Lo ha chiarito la Cassazione con ordinanza n. 11853/20 depositata il 18 giugno. Il cittadino straniero ricorre in Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello ha confermato il diniego della protezione internazionale e umanitaria statuito dalla Commissione Territoriale competente. In particolare, il ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non ha tenuto conto della corposa produzione della documentazione clinica attestante la necessità di un’operazione chirurgica al setto nasale. Nell’esaminare il motivo di ricorso, che la Suprema Corte ha peraltro ritenuto fondato e meritevole di accoglimento, è stato chiarito che in materia di concessione della protezione umanitaria il giudice deve valutare la possibilità per il richiedente, in caso di rimpatrio , di essere posto in condizione di usufruire del godimento dei diritti fondamentali in relazione sia alle condizioni di vita del Paese di provenienza , sia alle limitazioni derivanti dalla malattia da cui è affetto . Ebbene, nel caso di specie , il richiedente oltre ad aver dichiarato la sua provenienza dalla regione del Delta del Niger, caratterizzata da un clima di conflittualità, insicurezza e grave violazione dei diritti umani , ha chiesto la protezione umanitaria anche in ragione dei seri motivi di salute in cui si è trovato a seguito di un incidente stradale avvenuto nel Paese di origine. Ne discende, secondo la Cassazione, che i Giudici dell’appello avrebbero erroneamente negato la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, eludendo fra l’altro l’esame della documentazione prodotta dal ricorrente e, pertanto, decide di cassare la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 30 aprile – 18 giugno 2020, n. 11853 Presidente San Giorgio – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dal ricorso che il sig. E.H. , cittadino omissis , ha presentato avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona che ha rigettato il ricorso contro l’ordinanza del tribunale che ha confermato il diniego della protezione internazionale e umanitaria come statuito da parte della Commissione Territoriale competente - il ricorrente ha impugnato l’ordinanza del tribunale che gli aveva negato in via principale, lo status di rifugiato, in via subordinata, il diritto alla protezione sussidiaria ed in via ulteriormente gradata il diritto alla protezione umanitaria - a sostegno della propria richiesta di protezione sussidiaria il sig. E.H. ha dichiarato di provenire dalla regione del Delta del Niger, caratterizzata da un clima di conflittualità, insicurezza e grave violazione dei diritti umani, mentre la protezione umanitaria è chiesta in ragione dei seri problemi di salute, conseguenze fisiche di un incidente stradale in cui è rimasto coinvolto mentre si trovava nel paese d’origine - la Corte d’appello ha respinto in toto l’impugnazione - la cassazione del provvedimento è chiesta con ricorso tempestivamente notificato ed affidato a quattro motivi - l’intimato Ministero dell’Interno si è costituito ex art. 370 c.p.c., comma 1. Considerato che - con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 - secondo il ricorrente, la decisione di negare ogni forma di protezione è stata emanata omettendo ogni valutazione sulla situazione generale della Nigeria, paese di provenienza del ricorrente - il motivo è infondato - nel caso di specie, il giudice ha analizzato la situazione attuale esistente nella zona di provenienza del ricorrente, il Delta States e sulla base delle risultanze di reports accreditati ha escluso che in tale regione si possa ravvisare una situazione che legittimi il riconoscimento dello status di rifugiato, come pure riconosciuto dal ricorrente a pag. 3 del ricorso dove dà atto che il provvedimento di rigetto si fonda sulla ritenuta circostanza che nel paese di provenienza del richiedente non sussiste un pericolo di danno grave dovuta ad una situazione di insicurezza e violazione dei diritti umani ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 - con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c - secondo il ricorrente, le circostanze addotte a motivo della fuga dal paese d’origine consentono di ritenere sussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria - come ha già sostenuto questa Corte cfr. Cass. 13858/2018, id. n. 25083/2017 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c , la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12 , deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria - nel caso di specie tale principio di diritto risulta applicato, perché il giudice ha rigettato la richiesta affermando che la motivazione che ha indotto il richiedente a lasciare la Nigeria è strettamente personale, collegata, cioè, alla scelta di curare le ferite alla regione nasale procurategli da un incidente stradale allorché alla guida del motorino aveva investito una donna in bicicletta - tale motivo, ad avviso della corte territoriale, non ha alcuna rilevanza con i presupposti previsti per la normativa per la concessione delle misure di protezione sussidiaria - con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere la corte territoriale effettuato una parziale e insufficiente istruttoria sulla situazione della Nigeria - il motivo appare infondato - nel provvedimento impugnato il giudice ha compiuto un’istruttoria completa ed ha concluso cfr. pag. 4 della sentenza , in base a reports qualificati, che nella regione del Desta States non sussiste una situazione di violenza diffusa, tale che il rientro in patria possa costituire un rischio attuale per il richiedente - con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 - secondo il ricorrente, la sentenza impugnata non tiene in considerazione il fatto che il ricorrente ha prodotto corposa documentazione clinica attestante la necessità di una operazione chirurgica al setto nasale - il motivo è fondato -in materia di concessione della protezione umanitaria il giudice deve valutare la possibilità per il richiedente, in caso di rimpatrio, di essere posto in condizione di usufruire del godimento dei diritti fondamentali in relazione sia alle condizioni di vita del Paese di provenienza, sia alle limitazioni derivanti dalla malattia da cui è affetto cfr. Cass. Sez. Un. 29459/2019 Cass. 18541/23019 e Cass. 33187/2019 - nel caso di specie il ricorrente espone di avere allegato sin dal ricorso introduttivo il documento n. 18 attestante un serio problema di salute costituito da una grave deviazione del setto nasale ed una neformazione della cavità nasale in ragione della quale egli deve essere sottoposto ad una operazione di asportazione della neoformazione - a fronte di ciò la corte territoriale ha negato la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria argomentando la conclusione con l’assenza di allegazione di seri motivi di carattere umanitario - così decidendo in realtà il giudice d’appello ha eluso l’esame della documentazione in oggetto ai fini della valutazione sulla condizione di vulnerabilità del richiedente - conseguentemente, il quarto motivo va accolto - in definitiva va, dunque, cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese processuali di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.