L’istanza di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia deve considerare l’equilibrio psicofisico dei figli minori

In tema di istanza di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia ex art. 31 d.lgs. n. 286/1998, il giudice di merito deve valutare se il rientro in patria possa determinare per i figli minori una situazione oggettivamente grave, comportante una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico, non altrimenti evitabile se non attraverso la concessione dell’autorizzazione.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10587/20, depositata il 3 giugno. La Corte d’Appello di Trieste rigettava il gravame proposto da due cittadini serbi avverso la pronuncia con cui il Tribunale dei minorenni aveva rigettato la loro istanza di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia nell’interesse delle tre figlie minori di 11, 6 e 3 anni ai sensi dell’art. 31 d.lgs. n. 286/1998. Secondo la Corte territoriale, l’istituto non può essere autorizzato come strumento temporaneo a tutela dei minori e nemmeno può essere utilizzato dai genitori per sanare situazioni di presenza irregolare sul territorio nazionale. La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione. I genitori deducono la violazione dell’art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 per il grave e concreto pregiudizio che subirebbero le bambine in caso di rientro forzato in Serbia. Il Collegio ritiene fondata la censura in quanto il decreto impugnato risulta aver minimizzato il danno potenziale che i figli minori potrebbero subire in caso di sradicamento dal tessuto sociale italiano in cui vivono da anni e dove frequentano la scuola, costringendole ad intraprendere un arduo percorso di inserimento in un tessuto sociale diverso, con difficoltà di tipo linguistico . Si aggiunga inoltre che il testo normativo non preclude la possibilità di reiterare l’autorizzazione alla permanenza in Italia seppur in via temporanea. Come infatti si legge nella pronuncia in commento si tratta di una misure a tutela del diritto fondamentale dei minori a vivere con i genitori che, sebbene non assoluto, è considerato dal legislatore, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico, quindi come prevalente sugli altri valori che vengono in rilievo in tema di ingresso e soggiorno di stranieri . La giurisprudenza ha anche precisato che la temporanea richiesta di permanenza in Italia del familiare del minore non richiede la sussistenza di situazioni di emergenza o circostanze contingenti o eccezionali legate alla salute, ben potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto e obbiettivamente grave in considerazione dell’età e delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto Cass.Civ. 4197/18 . In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello che dovrà valutare se ricorra una situazione oggettivamente grave, comportante una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso la concessione dell’autorizzazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 novembre 2019 – 4 giugno 2020, n. 10587 Presidente Sambito – Relatore Lamorgese fatti di causa La Corte d’appello di Trieste, con decreto del 14 aprile 2017, ha rigettato il gravame di L.D. e L.D. , cittadini serbi, avverso l’impugnata sentenza del Tribunale dei minorenni della stessa città, che aveva rigettato la loro istanza di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia nell’interesse delle figlie minori T. nata nel omissis , T. nata nel omissis e J. nata nel omissis , a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31. La Corte ha ritenuto insussistenti i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico delle minori, le quali hanno risorse sufficienti per adattarsi alla nuova situazione imposta dal reimpatrio dei loro genitori, tenuto conto che L.D. già aveva goduto di un’autorizzazione temporanea a permanere in Italia per due anni, scaduta nel giugno 2016, e che l’istituto di cui al citato art. 31 è previsto come strumento temporaneo a tutela dei minori, ma non può essere utilizzato dai genitori allo scopo di sanare situazioni di presenza irregolare sul territorio nazionale le bambine hanno uno sviluppo psicofisico regolare e possono integrarsi in Serbia, dove L.D. è comproprietario di un piccolo appartamento e la famiglia può fare affidamento su una rete parentale. L.D. e L.D. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato al PG presso la Corte d’appello di Trieste e al Ministero dell’interno. motivi della decisione I ricorrenti hanno denunciato violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, evidenziando il grave e concreto danno per le figlie minori in caso di forzato rientro in Serbia al seguito dei genitori, trattandosi di bambine in tenera età undici, sei e tre anni , radicate nel tessuto sociale in Italia dove frequentano la scuola le figlie non conoscono la lingua serba e ciò rende molto problematico il loro inserimento nel nuovo ambiente scolastico la madre lavora stabilmente in Italia con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e il padre lavora irregolarmente ma è in cerca di stabile occupazione l’appartamento del marito non è disponibile perché locato e in comproprietà con altra persona. Il motivo è fondato nei termini che seguono. Il decreto impugnato ha minimizzato il danno potenziale che i figli minori potrebbero subire in caso di sradicamento dal tessuto sociale italiano in cui vivono da anni e dove frequentano la scuola, costringendole ad intraprendere un arduo percorso di inserimento in un tessuto sociale diverso, con difficoltà anche di tipo linguistico, falsamente applicando la norma che, contrariamente a quanto implicitamente sostenuto dai giudici di merito, non vieta la possibilità di una reiterazione dell’autorizzazione alla permanenza in Italia, seppur in via temporanea, come si evince dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 6, dove è espressamente previsto che sia rinnovabile. Si tratta di una misura a tutela del diritto fondamentale dei minori a vivere con i genitori che, sebbene non assoluto, è considerato dal legislatore anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico , quindi come prevalente sugli altri valori che vengono in rilievo in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri, tenuto conto della loro età, delle loro condizioni di salute e del loro sviluppo psicofisico. Nella giurisprudenza di questa Corte si è da ultimo precisato che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto Cass. n. 4197 del 2018 . Nel decreto impugnato non è stato esaminato il profilo della perdita dell’occupazione lavorativa della madre che in Italia lavora con contratto a tempo indeterminato in caso di rientro forzato in Serbia e delle eventuali ripercussioni negative sulla possibilità di garantire alle figlie minori un sostentamento adeguato. Si è anche precisato che costituisce un pregiudizio ed un rischio grave per lo sviluppo psicofisico del minore l’allontanamento dallo Stato del genitore, straniero e privo di permesso di soggiorno, che si occupa in prevalenza della cura del bambino a causa dell’impedimento dell’altro genitore Cass. n. 25508/2014 . Spette al giudice di rinvio valutare se ricorra una situazione oggettivamente grave, comportante una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa Cass. n. 9391 del 2018 . In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte di Trieste, anche per le spese della presente fase. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese. 1 In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d’ufficio.