La morte dell’unico difensore costituito interrompe il processo

In caso di morte, radiazione o sospensione dall’albo dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito, si verifica automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10006/20, depositata il 28 maggio, pronunciandosi sul ricorso proposto da una società avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Brescia, dichiarando cessata la materia del contendere per intervenuta restituzione dell’oggetto della lite, aveva condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta la nullità della pronuncia per omessa dichiarazione dell’interruzione del processo per la morte dell’unico difensore della stessa ricorrente. Dalla documentazione prodotta risulta che l’unico avvocato della ricorrente è venuto a mancare durante il giudizio di appello, la successiva attività processuale era stata svolta senza che la parte fosse assistita da un difensore. Il Collegio, accogliendo la censura, ricorda che la morte , la radiazione o la sospensione dall’albo dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determina automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenz a e senza, quindi, che occorre, perché si perfezioni la fattispecie interruttiva, la dichiarazione o la notificazione dell’evento , con preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza . Tale nullità può essere dedotta e provata per la prima volta nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 c.p.c. e, in caso di accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di pari grado nella fase in cui si trovava il processo alla data dell’evento interruttivo. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 5 dicembre 2019 – 28 maggio 2020, n. 10006 Presidente Frasca – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. R.C. convenne in giudizio la Eric Blot s.r.l., davanti al Tribunale di Cremona, chiedendo che fosse condannata a restituirle una preziosa viola omissis da lei consegnata alla convenuta con un mandato alla vendita. La società convenuta si costituì ed eccepì il proprio diritto di ritenzione, a garanzia dei crediti maturati per lo svolgimento di attività di perizia, custodia e restauro dello strumento musicale. Con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 186-quater c.p.c., il Tribunale accolse la domanda e ordinò alla società convenuta la restituzione della viola, con condanna alle spese di lite. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto appello la società soccombente e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 13 marzo 2018, ha dichiarato cessata la materia del contendere per essere stata nelle more restituita la viola alla parte attrice, a seguito di accesso dell’ufficiale giudiziario. Dovendo poi decidere in ordine alle spese, la Corte di merito ha fatto applicazione del principio della soccombenza virtuale, dichiarando non fondato il motivo di appello ciò sul rilievo che la società appellante aveva sì chiesto di potersi giovare del diritto di ritenzione, ma senza avanzare alcuna domanda riconvenzionale, nei confronti della R. , per il pagamento dei lavori di conservazione e miglioramento della viola, il che escludeva la configurabilità dell’invocato diritto di ritenzione. 4. Contro la sentenza della Corte d’appello di propone ricorso la Eric Blot s.r.l. con atto affidato ad un motivo. Resiste R.C. con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , violazione e falsa applicazione dell’art. 301 c.p.c., e conseguente nullità della sentenza, per essersi la Corte d’appello pronunciata nel merito senza dichiarare l’interruzione del processo, come avrebbe invece dovuto fare in considerazione della morte dell’avv. P.G. , unico difensore della società Eric Blot. Sostiene la ricorrente che l’interruzione doveva essere pronunciata d’ufficio, anche senza che fosse dichiarata la circostanza della morte, come da pacifica giurisprudenza. 1.1. Il motivo è fondato. Risulta dalla documentazione prodotta insieme al ricorso che l’avv. P. - che era l’unico difensore della società oggi ricorrente, come si legge anche nell’epigrafe della sentenza impugnata - è venuto a mancare in data omissis , cioè nel mentre si stava svolgendo il giudizio di appello introdotto, come afferma la sentenza, con citazione del 15 ottobre 2015 . Pertanto la successiva attività processuale, fino all’udienza collegiale del 19 luglio 2017, si è svolta senza che la parte appellante fosse assistita dal suo difensore, il che è confermato indirettamente dalla sentenza in esame là dove essa osserva che l’appellante aveva di fatto abbandonato il giudizio, proseguito su impulso dell’appellata. Trova quindi applicazione il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui la morte, la radiazione o la sospensione dall’albo dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determina automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altri parti non ne abbiano avuto conoscenza e senza, quindi, che occorra, perché si perfezioni la fattispecie interruttiva, la dichiarazione o la notificazione dell’evento , con preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza. Ne consegue che la nullità della sentenza d’appello potrà essere dedotta e provata per la prima volta nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 c.p.c., e che, in caso di accoglimento del ricorso, la sentenza, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., dovrà essere cassata con rinvio ad altro giudice di pari grado, nella stessa fase in cui si trovava il processo alla data dell’evento interruttivo ordinanze 15 gennaio 2018, n. 790, 8 settembre 2017, n. 21002, nonché 12 novembre 2018, n. 28846 . 1.2. Queste considerazioni non sono in alcun modo superate dalle argomentazioni contenute nel controricorso. È pacifica, innanzitutto, l’infondatezza delle eccezioni preliminari ivi prospettate sia di quella relativa alla presunta nullità del ricorso per mancata notifica a tutti i difensori della R. , posto che è sufficiente la notifica ad uno di essi, sia di quella relativa alla presunta nullità della procura speciale per l’assenza del codice fiscale. Nel merito, è palese che è del tutto irrilevante la tesi del controricorso secondo cui nel momento in cui ci fu la morte dell’avv. P. il destino del giudizio di appello era già irrimediabilmente segnato , posto che il vizio censurato consegue al dato puro e semplice della violazione del contraddittorio, senza attingere in alcun modo il merito della decisione. 2. Il ricorso pertanto è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione personale, affinché provveda alla rinnovazione del giudizio di appello nel contraddittorio delle parti. Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.