Debitori solidali: esecuzione potenzialmente satisfattiva e pluralità di iniziative

In tema di esecuzione forzata, non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali l'iniziativa del creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un'azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., fintanto che la stessa non sia stata interamente eseguita dal terzo pignorato sino all'integrale concorrenza del credito per cui si agisce, fermo restando il divieto di ottenere più dell'ammontare del credito medesimo, la cui violazione deve essere fatta eventualmente valere in sede esecutiva mediante apposita opposizione.

La Sez. VI Civile della Cassazione ordinanza n. 8151/20, depositata il 24 aprile , pur ritenendo inammissibile il ricorso esaminato, pronuncia comunque il principio di diritto ritenendo la questione di particolare importanza il possibile cumulo di esecuzioni nei confronti di più debitori solidali, in presenza di una esecuzione potenzialmente già satisfattiva. Il caso. Una banca vantava un credito nei confronti di due coniugi, debitori solidali. Con una prima iniziativa esecutiva, la banca pignorava la pensione dovuta dall’INPS al merito. In aggiunta, dopo tale pignoramento, detta banca procedeva nello stesso senso anche nei confronti della moglie dunque altro pignoramento avente ad oggetto la pensione ad essa spettante . A questo punto, il Giudice del primo pignoramento, emetteva ordinanza di assegnazione a favore della banca, la quale, ciò nonostante, non desisteva però dal secondo pignoramento. E su tale presupposto, la moglie proponeva opposizione all’esecuzione ritenuta illegittima , anche perché nel mentre l’INPS, ricevuto il secondo pignoramento, stava accantonando le somme a lei dovute. L’opposizione veniva però rigettata sia in primo grado, sia in grado d’appello. La parola passava così alla Cassazione. La questione di fondo che non riguarda quella del cumulo dei mezzi di esecuzione . La Cassazione, anzitutto, chiarisce che la controversia non riguarda affatto come, tra l’altro ipotizzato, dal ricorrente il tema del cumulo dei mezzi di espropriazione, che riguarda il diverso caso in cui destinatario di più iniziative esecutive sia un medesimo soggetto debitore. Nel caso in esame, invece, vi è una pluralità di debitori, destinatari di distinte iniziative esecutive. Per cui, la questione è se, in base alla disciplina generale delle obbligazioni solidali, sia possibile per il creditore proseguire l'azione esecutiva intrapresa nei confronti di uno dei due debitori, dopo aver ottenuto un'ordinanza di assegnazione, potenzialmente satisfattiva, nei confronti dell'altro. L’iniziativa della banca era illegittima per abuso del processo? Veniva eccepita la violazione dei principi di correttezza e buona fede in raccordo al divieto di abuso dei mezzi processuali. E anche se, infine, tale motivo di censura sarà considerato inammissibile per genericità, gli Ermellini approfondiscono comune la questione, ritenuta di particolare importanza. Il punto chiave, come accennato, è valutare se il caso è riconducibile, oppure no, all’ipotesi dell’unicità del debitore destinatario di più iniziative esecutive a fronte di una preventiva esecuzione potenzialmente già satisfattiva . Ma non è questo il caso infatti, qui si è in presenza di due distinti debitori solidali , sebbene a fronte di un unico titolo. Non sussiste un beneficium excussionis in favore del secondo debitore solidale. La Cassazione nega che vi possa essere un beneficium excussionis in favore del secondo debitore solidale, che non è previsto dalla legge e che si porrebbe in insanabile contrasto con la natura stessa dell'obbligazione solidale dal lato passivo, la quale comporta che soltanto il pagamento effettivamente conseguito da un condebitore estingue la pretesa creditoria nei confronti degli altri. La semplice” ordinanza di assegnazione dei crediti non è satisfattiva. E tale effetto estintivo non riguarda la semplice” ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati, in quanto essa non è immediatamente satisfattiva. Per cui, secondo la Suprema Corte, è giustificabile la facoltà, per il creditore di due o più debitori solidali, di instaurare una pluralità di procedure esecutive parallele a carico di ciascuno dei condebitori, fintanto che non abbia ottenuta l'integrale soddisfazione del credito. Un limite invalicabile nessuno può ottenere più di quanto gli è in effetti dovuto. Ovviamente, al creditore è preclusa la possibilità di ottenere più dell'ammontare del suo credito, ma tale limite opera, in sede esecutiva, solo al momento del materiale soddisfacimento del credito, ossia dell'assegnazione delle somme rivenienti dall'espropriazione forzata. Non è, quindi, preclusa al creditore la possibilità di munirsi di due distinte ordinanze di assegnazione, ciascuna nei confronti di un diverso condebitore solidale, fermo restando che potrà incassare in forza della seconda solo quanto sopravanzi, in quel momento, alla prima. Il principio di diritto affermato dalla Cassazione. In tema di esecuzione forzata, non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali l'iniziativa del creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un'azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., fintanto che la stessa non sia stata interamente eseguita dal terzo pignorato sino all'integrale concorrenza del credito per cui si agisce, fermo restando il divieto di ottenere più dell'ammontare del credito medesimo, la cui violazione deve essere fatta eventualmente valere in sede esecutiva mediante apposita opposizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 luglio 2019 – 24 aprile 2020, n. 8151 Presidente Frasca – Relatore D’Arrigo Ritenuto La Guber Banca s.p.a. creditrice dei coniugi S.V. e F.G. , debitori solidali, sottoponeva a pignoramento la pensione dovuta al primo dall’I.N.P.S. Successivamente, in data OMISSIS , notificava un analogo atto di pignoramento a carico della F. . In data 19 giugno 2013, stante la dichiarazione positiva del terzo pignorato, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Grosseto assegnava in pagamento alla Guber Banca s.p.a., nei limiti di legge, la pensione del S. . Ciò nonostante, la Guber Banca s.p.a. non desisteva dal pignoramento a carico della F. , sicché l’I.N.P.S. continuava ad accantonare le somme pignorate. La F. proponeva, quindi, opposizione all’esecuzione, sostenendone l’illegittimità. Respinta, anche in esito a reclamo cautelare, la richiesta di sospensione del processo esecutivo, l’opposizione veniva proseguita nel merito. Il Tribunale di Grosseto rigettava l’opposizione, con sentenza confermata in grado d’appello. Avverso tale decisione ricorre il S. , erede della F. , nel frattempo deceduta, per due motivi. La Guber Banca s.p.a. resiste con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 380-bis c.p.c., comma 1. Considerato 1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello non avrebbe esaminato il motivo di impugnazione relativo alla inapplicabilità dell’art. 483 c.p.c. ai condebitori solidali. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 , non essendo stato indicato come e quando sarebbe stato dedotto il motivo di appello che il ricorrente sostiene non essere stato esaminato. In ogni caso, si tratterebbe anche di una censura manifestamente infondata. La Corte d’appello, infatti, esaminando una questione subordinata rispetto alla falsa applicazione dell’art. 483 c.p.c., ha comunque inteso disattendere implicitamente questa censura, se effettivamente proposta. Del resto, l’art. 483 c.p.c. è certamente richiamato a sproposito dall’opponente. Tale disposizione si riferisce al cumulo dei mezzi di espropriazione nei confronti del medesimo debitore, mentre la questione che viene qui in rilievo è se, in base alla disciplina generale delle obbligazioni solidali, sia possibile per il creditore proseguire l’azione esecutiva intrapresa nei confronti di uno dei due debitori, dopo aver ottenuto un’ordinanza di assegnazione, potenzialmente satisfattiva, nei confronti dell’altro. 2. Con il secondo motivo si affronta più specificatamente il profilo testè illustrato. Il ricorrente sostiene che la Guber Banca s.p.a. avrebbe agito in violazione dei principi di correttezza e buona fede ed invoca il principio affermato da questa Corte secondo cui, in materia di espropriazione forzata, la necessità di coordinare il principio della cumulabilità dei mezzi di esecuzione con il divieto di abuso degli strumenti processuali - ricavabile dalla previsione dell’art. 111 Cost., comma 1, nonché dall’operatività degli obblighi di correttezza e buona fede anche nell’eventuale fase patologica di una relazione contrattuale - comporta che l’emissione di un’ordinanza di assegnazione, sebbene di regola non precluda la possibilità di ottenerne altre in relazione allo stesso titolo e fino alla soddisfazione effettiva del credito, rende illegittima la scelta del creditore di intraprendere una nuova esecuzione, allorché egli sia stato integralmente soddisfatto in forza di detto provvedimento e non deduca la mancata ottemperanza all’ordine di assegnazione da parte del suo destinatario Sez. 3, Sentenza n. 7078 del 09/04/2015, Rv. 635106 - 01 . Il motivo è inammissibile a causa della eccessiva genericità delle censure. Il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorché la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo art. 156 c.p.c., comma 2 . Tali principi, applicati ad un atto di esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati, come il ricorso per cassazione, e posti in relazione con la particolare struttura del giudizio di legittimità cassazione, nel quale la trattazione si esaurisce - quando prevista - nell’udienza di discussione e non è consentita alcuna attività di allegazione ulteriore giacché le memorie di cui agli artt. 378, 380-bis o 380-bis-1 c.p.c. sono finalizzate esclusivamente ad argomentare sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente , comportano che il motivo di ricorso per cassazione, ancorché la legge non esiga espressamente la sua specificità come invece per l‘atto di appello , debba necessariamente essere specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, Rv. 581594 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 6184 del 13/03/2009, Rv. 607129 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 24211 del 14/11/2006, Rv. 593552 - 01 . E ora Cass., Sez. Un. n. 7074 del 2017, in motivazione. In particolare, il ricorso nulla chiarisce in ordine allo svolgimento delle vicende espropriative solo dalla lettura della memoria della banca controricorrente si apprende che nella procedura esecutiva a carico della F. vennero assegnate solo le spese della procedura esecutiva. Sicché, l’ordinanza di assegnazione a carico della F. non risulta aver avuto ad oggetto somme imputabili, salva esazione, al soddisfacimento del medesimo credito in relazione al quale era stata emessa l’ordinanza di assegnazione a carico del S. . 3. Sebbene tale rilievo sia assorbente, è utile esaminare - anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, - la questione di diritto prospettata. Il principio invocato dal ricorrente peraltro recentemente ripreso e ribadito, in materia di esecuzione forzata tributaria, anche da Sez. 5, Sentenza n. 10668 del 17/04/2019, Rv. 653657 - 02, secondo cui la clausola generale di buona fede viene in rilievo, addirittura, anche nella fase anteriore all’inizio dell’esecuzione non è applicabile nel caso di specie. Quell’affermazione, infatti, si riferisce al caso in cui un creditore agisca intraprenda una seconda azione espropriativa nei confronti del medesimo debitore e lo stesso titolo, allorquando abbia già conseguito un provvedimento potenzialmente satisfattivo del credito. Nel caso in esame, invece, la Guber Banca s.p.a. ha separatamente agito nei confronti di due debitori solidali, il S. e la F. . Sussiste, quindi, il presupposto dell’unicità del titolo, ma difetta quello della identità soggettiva dell’esecutato. Seguendo la tesi del ricorrente, si finirebbe con l’introdurre un beneficium excussionis in favore del secondo debitore solidale, non previsto dalla legge e che si pone in insanabile contrasto con la natura stessa dell’obbligazione solidale dal lato passivo, la quale comporta che soltanto il pagamento effettivamente conseguito da un condebitore estingue la pretesa creditoria nei confronti degli altri. Tale effetto limitativo della responsabilità solidale non può essere attribuito all’assegnazione dei crediti pignorati presso terzi, in quanto la stessa non è immediatamente satisfattiva. Al contrario, essa è pronunciata salvo esazione art. 553 c.p.c. , sicché l’estinzione del diritto del creditore ha luogo solo con l’effettivo integrale pagamento, da parte del terzo pignorato, di tutte le somme assegnate. Nel caso particolare del pignoramento di quota del trattamento pensionistico, tale evento estintivo non è immediato, perfezionandosi solo all’esito dell’accantonamento, mese dopo mese, di tutte le somme effettivamente necessarie per la soddisfazione delle ragioni del creditore. Quindi, a maggior ragione si giustifica la facoltà, per il creditore di due o più debitori solidali, la possibilità di instaurare una pluralità di procedure esecutive parallele a carico di ciascuno dei condebitori, fintanto che non abbia ottenuta l’integrale soddisfazione del credito. Ovviamente, al creditore è preclusa la possibilità di ottenere più dell’ammontare del suo credito, ma tale limite opera, in sede esecutiva, solo al momento del materiale soddisfacimento del credito, ossia dell’assegnazione delle somme rivenienti dall’espropriazione forzata. Non è, quindi, preclusa al creditore la possibilità di munirsi di due distinte ordinanze di assegnazione, ciascuna nei confronti di un diverso condebitore solidale, fermo restando che potrà incassare in forza della seconda solo quanto sopravanzi, in quel momento, alla prima. 6. Deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto In tema di esecuzione forzata, non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali l’iniziativa del creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un’azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., fintanto che la stessa non sia stata interamente eseguita dal terzo pignorato sino all’integrale concorrenza del credito per cui si agisce, fermo restando il divieto di ottenere più dell’ammontare del credito medesimo, la cui violazione deve essere fatta eventualmente valere in sede esecutiva mediante apposita opposizione . 5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.