La ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita non basta per la richiesta di protezione dello straniero

Respinta la richiesta presentata da un cittadino nigeriano. Esclusa ogni ipotesi di sua vulnerabilità. Inutile anche il richiamo fatto dall’uomo alla integrazione compiuta in Italia.

Scappare dalla situazione socio-economica precaria vissuta nel proprio Paese e cercare in Italia migliori condizioni di vita e maggiori possibilità di lavoro non può consentire allo straniero di ottenere protezione Cassazione, ordinanza n. 7418/20, sez. I Civile, depositata il 18 marzo . Racconto. Sotto esame la posizione di un cittadino nigeriano, che si è visto negare la protezione già dalla Commissione territoriale, decisione, questa, poi confermata dal Tribunale. Per i giudici è evidente la sostanziale inattendibilità del racconto fatto dallo straniero, che non ha fornito elementi gravi, precisi e concordanti relativi alle proprie vicende personali, così come è acclarata la non sussistenza di atti di persecuzione e di gravi danni alla persona e di pericolo concreto, effettivo ed attuale, di ulteriore loro perpetrazione in caso di rimpatrio, anche tenuto conto della zona di provenienza del Paese di origine . Difatti, in Nigeria, viene osservato dai giudici, non risulta che vi siano, ad oggi, uno stato di violenza indiscriminata sui civili, né un conflitto armato interno o internazionale . Per chiudere il cerchio, infine, dal Tribunale escludono anche l’ipotesi della concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, poiché è impensabile parlare di vulnerabilità dello straniero che ha abbandonato il proprio Paese di origine esclusivamente per il desiderio di trovare migliori condizioni di vita e possibilità di lavoro. Integrazione. Inutile si rivela la decisione del cittadino nigeriano di portare la questione in Cassazione. Anche dal ‘Palazzaccio’, difatti, respingono la sua richiesta di protezione. In prima battuta vengono evidenziate le contraddizioni emergenti dall’audizione in sede giudiziale rispetto alla versione fornita in sede di Commissione territoriale logico, quindi, ritenere inattendibile nel suo complesso lo straniero, ed escludere l’ipotesi della concessione della protezione, sia con riferimento allo status di rifugiato, sia per la protezione sussidiaria, non risultando una situazione di violenza indiscriminata in Nigeria, né conflitti armati interni o internazionali . Ampliando l’orizzonte, poi, i giudici della Cassazione ribadiscono che la posizione dello straniero non è caratterizzata da una situazione di vulnerabilità, proprio tenendo presenti le motivazioni che lo hanno spinto a fuggire in Italia. E viene anche ritenuta non decisiva l’integrazione in Italia rivendicata dal cittadino nigeriano non sufficienti, secondo i giudici, la sua attività di volontariato e lo studio della lingua italiana.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 25 ottobre 2019 – 18 marzo 2020, n. 7418 Presidente Giancola – Relatore La Torre Ritenuto che Om. Ju., cittadino della omissis , ricorre per la cassazione del decreto n. 1413/2018 del 26/09/2018, emesso dal Tribunale di Potenza - Sezione specializzata in Materia di immigrazione e protezione internazionale - che, su opposizione, ex art. 35 D.Lgs. n. 25/2008, avverso il diniego dell'istanza di concessione protezione internazionale e forme complementari di protezione, ha confermato la decisione di rigetto della Commissione Territoriale di Foggia. Il Tribunale ha, preliminarmente, precisato la non rilevanza di eventuali vizi formali attinenti al procedimento svoltosi davanti la Commissione territoriale ed al relativo provvedimento, poiché l'atto di diniego del riconoscimento del diritto alla protezione internazionale non ha natura provvedimentale, ma è un mero atto ricognitivo dei presupposti della protezione internazionale, che non incide sul diritto soggettivo allo status oggetto del presente giudizio, con conseguente inapplicabilità della relativa disposizione . Nel merito ha ritenuto di dover rigettare il ricorso per via della sostanziale inattendibilità e poca credibilità del racconto del richiedente. In particolare, il Tribunale, per quanto concerne l'istanza di protezione per l'ottenimento dello status di rifugiato, ha rilevato che il ricorrente non ha fornito elementi gravi precisi e concordanti relativi alle proprie vicende personali nonché la insussistenza di atti di persecuzione o di gravi danni alla persona e di pericolo concreto, effettivo ed attuale, di ulteriore perpetrazione degli stessi in caso di rimpatrio anche tenuto conto della zona di provenienza del paese di origine . Altresì, il Tribunale non ha ritenuto idonei i fatti narrati ad integrare neppure i presupposti, ex artt. 2 e 14 D.Lgs. 251/2007, per la concessione della protezione sussidiaria in quanto non risulta che vi siano ad oggi uno stato di violenza indiscriminata sui civili, né tanto meno un conflitto armato interno o internazionale . Infine - per quanto ancora qui rileva - relativamente all'istanza di concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha rilevato che non erano ravvisabili motivi di vulnerabilità soggettiva/oggettiva posto che, ad avviso del giudicante, il ricorrente ha effettivamente abbandonato il proprio paese di origine esclusivamente per il desiderio di trovare migliori condizioni di vita e possibilità di lavoro. Il Ministero dell'Interno, non costituitosi con controricorso, si costituisce esclusivamente ex art. 370 c.p.c. Considerato che Il ricorso è affidato a due motivi. Con il primo si censura Errar in procedendo ed error in iudicando. Erroneo apprezzamento da parte dei giudici di primo grado dei fatti esposti dal ricorrente durante la sua audizione. Omessa e/o carente e/o illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Violazione degli artt 2, 3 e 5 Cost Violazione artt. 2, 3, 6, 10, 11 Cost. Violazione dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 status di rifugiato con il secondo si deducono Error in procedendo ed error in iudicando. Violazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Omessa e/o carente e/o illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Sussistenza delle condizioni di riconoscimento dello status di rifugiato e/o della protezione sussidiaria, ex D.Lgs. 251/1997 e/o umanitaria, ex art. 5, comma 6, D.Lgs. 286/1998 . I motivi sono entrambi infondati. Va premesso che il ricorrente, come emerge dagli atti di causa, è cittadino nigeriano in quanto nato a omissis , dove nel 2015 lavorava con la ditta Sodosa v. pag. 8 del ricorso e costretto a lasciare la Nigeria per disordini e timore di essere ingiustamente arrestato fuggendo nel gennaio 2016 a Lagos Nigeria e poi in Ghana, per poi tornare a Lagos. A causa delle inesattezze rilevate in sede di audizione, il richiedente otteneva una audizione personale dinanzi alla sezione giudicante, fornendo documentazione asseritamente atta a dimostrare l'attività lavorativa svolta in Nigeria, la convocazione presso la polizia di Benin City in relazione alle indagini di omicidio perpretato dai dimostranti al deposito della raffineria NNPC in Delta State. Di tali prove decisive il giudicante non avrebbe tenuto conto, né motivato, giudicando per contro decisive altre circostanze irrilevanti sulla base di contraddizioni inesistenti. Contrariamente a quanto dedotto, il Tribunale ha evidenziato pag. 4 le contraddizioni emergenti dall'audizione in sede giudiziale rispetto a quella fornita in sede di Commissione territoriale, indicando specificamente le incongruenze del racconto fornito nelle due sedi, che lo hanno reso inattendibile nel suo complesso e carente degli elementi richiesti per la concessione della protezione, sia con riferimento allo status di rifugiato, sia per la protezione sussidiaria ex art. 2 e 14 D.Lgs. 251/2007 , non risultando una situazione di violenza indiscriminata in Nigeria né conflitti armati interni o internazionali. Non sussiste nemmeno il dedotto errore del Tribunale quanto allo Stato di riferimento, individuato correttamente dal Tribunale nella Nigeria, della quale anche il Delta State fa parte. Il Tribunale ha peraltro escluso, con motivazione coerente e in base alle prove offerte dal richiedente, elementi idonei a ravvisare un concreto effettivo e attuale pericolo e ulteriore perpetrazione in caso di rimpatrio. Ciò analizzando puntualmente l'inattendibilità delle dichiarazione e le contraddizioni emerse, escludendo la ricorrenza dei presupposti per la concessione dei provvedimenti richiesti. Né è sufficiente, al fine di provare l'integrazione del richiedente soggiornante irregolare nel territorio dello stato italiano la sua attività di volontariato e lo studio della lingua italiana in ogni caso tali affermazioni appaiono prive di riscontro e di autosufficienza, non essendone provata la loro deduzione nel grado di merito. In conclusione va confermata la decisione di rifiutare anche la protezione sussidiaria, non ricorrendone i presupposti, preso atto della non credibilità e veridicità delle dichiarazioni del richiedente, che fanno venir meno l'obbligo di ricerca delle fonti informative. La completezza delle informazioni assunte nelle audizioni del richiedente, vagliate con accuratezza anche con riferimento alle vicende narrate dal richiedente, e la coerente motivazione anche con riferimento alla esclusione di cause di vulnerabilità, impongono il rigetto del ricorso in relazione a tutte le forme di protezione richieste. Nulla sulle spese in mancanza di costituzione dell'intimato. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.