Sul compenso del CTU determinato con il sistema delle vacazioni

La determinazione del compenso al CTU con il sistema delle vacazioni non prevede la mera moltiplicazione dei compensi unitari stabiliti dalla tariffa per il numero di vacazioni effettuate. Il giudice deve invece stabilire, secondo un prudente apprezzamento, il numero delle vacazioni che, in considerazione della difficoltà delle indagini, della loro durata, dell’entità della materia controversa, possono essere in concreto riconosciute e attribuite al professionista.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5990/20, depositata il 4 marzo. Il caso. Un ingegnere, nominato CTU in un procedimento ex art. 696 c.p.c., otteneva, su provvedimento del Presidente del Tribunale, la liquidazione del proprio compenso pari alla somma di oltre 2300 euro per un totale di 269 vacazioni, applicando il criterio della liquidazione degli onorari a tempo. La parte gravata dal pagamento del compenso proponeva opposizione, rigettata però dal Tribunale che osservava come, dalla lettura della consulenza depositata e tenuto conto dell’attività svolta, il compenso appariva congruo. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso per cassazione. Determinazione del compenso del CTU. Il ricorrente si duole per la violazione dell’art. 2697 c.c. in quanto era onere del CTU dimostrare lo svolgimento dell’attività professionale, anche per quanto attiene alla quantificazione del compenso. Viene inoltre dedotta la violazione dell’art. 4 l. n. 319/1980 in tema di liquidazione degli onorari a vacazioni, assumendo che la determinazione delle ore di attività svolta dai giudici di merito fosse eccessiva. Le doglianze risultano prive di fondamento. Quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c., il Collegio ricorda che la prova dell’espletamento dell’attività oggetto di compenso emerge dello stesso deposito dell’elaborato peritale. La perizia offre poi gli elementi per la corretta determinazione dei compensi sulla base del discrezionale apprezzamento del giudice di merito che è chiamato a riscontrare, nel caso degli onorari a vacazione, la quantità di lavoro e di tempo necessaria per consentire al consulente di offrire la risposta ai quesiti sollecitati dall’autorità giudiziaria. Sul tema la giurisprudenza ha peraltro già avuto modo di affermare che la determinazione del compenso al professionista con il sistema delle vacazioni non impone al giudice la mera operazione di moltiplicazione dei compensi unitari stabili dalla tariffa per il numero di vacazioni effettuate. Il giudice deve invece stabilire, secondo un prudente apprezzamento, il numero delle vacazioni che, in considerazione della difficoltà delle indagini, della loro durata, dell’entità della materia controversa, possono essere in concreto riconosciute e attribuite al professionista. Inoltre il numero delle vacazioni, ove rientranti matematicamente nel numero dei giorni durante i quali si è protratto l’incarico del consulente, costituisce un tipico apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito , insindacabile in sede di legittimità. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 20 novembre 2019 – 4 marzo 2020, n. 5990 Presidente D’Ascola – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione Nell’ambito di un procedimento ex art. 696 c.p.c., promosso da D.F.C. dinanzi al Tribunale di Crotone, veniva nominato quale CTU l’ing. F.R.A. . Espletata la CTU, il Presidente del Tribunale liquidava come compenso, posto a carico del ricorrente, la somma di Euro 2.345,58 per un totale di 269 vacazioni, reputando che fosse possibile ricorrere al criterio della liquidazione degli onorari a tempo, conformemente alla richiesta dello stesso ausiliario. Avverso tale provvedimento proponeva opposizione il D.F. ed il Tribunale di Crotone con ordinanza del 17/5/2017 ha rigettato il gravame, osservando che dalla lettura della CTU depositata e tenuto conto delle attività svolte, il compenso liquidatogli appariva congruo, in quanto doveva ritenersi che effettivamente le indagini esperite avessero impegnato il professionista per 574 ore di lavoro, corrispondenti al numero delle vacazioni liquidate. Avverso tale ordinanza propone ricorso D.F.C. sulla base di tre motivi, cui resiste F.R.A. con controricorso. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente sul presupposto della sua tardiva proposizione. Assume la parte che alla fattispecie, stante il richiamo operato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, troverebbero applicazione le previsioni di cui all’art. 702 bis c.p.c., che prevede che l’appello debba essere proposto nei trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza. Inoltre, stante la previsione di cui all’art. 702 quater c.p.c., l’unico rimedio esperibile sarebbe l’appello e non anche il ricorso per saltum. Anche laddove voglia ritenersi consentita la ricorribilità immediata in cassazione, anche il relativo ricorso, per essere tempestivo, deve essere proposto nei sessanta giorni dalla comunicazione avvenuta nella fattispecie in data 24/5/2017 , con la conseguenza che non potrebbe la parte avvalersi del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c La deduzione è però priva di fondamento. Ed, invero, se il richiamo alla disciplina dei procedimenti sommari è stato utilizzato anche dalla Corte Costituzionale Corte Cost. n. 106/2016 al fine di individuare comunque un termine perentorio entro il quale proporre l’opposizione avverso il decreto emesso dal giudice in tema di liquidazione delle spese di giustizia, attesa l’abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2011, del precedente termine di venti giorni impedendo in tal modo che l’opposizione fosse suscettibile di proposizione sine die , tuttavia ciò appare limitato alla sola individuazione del termine per proporre opposizione, ma in assenza di una diversa espressa indicazione, non appare suscettibile di estensione anche al fine di individuare il diverso termine per la proposizione del ricorso straordinario avverso la decisione adottata all’esito del giudizio di opposizione. Reputa il Collegio che in tal senso risulti ancora condivisibile la giurisprudenza maturata nella vigenza della L. n. 319 del 1980, le cui previsioni, quanto meno dal punto di vista sistematico, la successiva disciplina del D.P.R. n. 115 del 2002, ricalcano a mente della quale cfr. Cass. S.U. n. 1952/1996 in tema di compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti o traduttori per operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria, l’ordinanza emessa dal tribunale a norma della L. n. 319 del 1980, art. 11, è resa in camera di consiglio, in confronto di più parti, ed incide con carattere di definitività su diritti soggettivi. Pertanto, essa, non essendo altrimenti impugnabile, è soggetta a ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., il cui termine breve di proposizione decorre, a norma dell’art. 739 c.p.c., dalla notificazione dell’ordinanza e non dalla comunicazione eseguita a cura della cancelleria conf. Cass. n. 3935/2001 . La conclusione circa la ricorribilità dell’ordinanza che abbia deciso sull’opposizione avverso il decreto di liquidazione trova poi conforto nell’attuale dettato del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, che al comma 4, analogamente a quanto previsto dal citato art. 11, prevede che l’ordinanza non sia appellabile, residuando quindi unicamente il ricorso ex art. 111 Cost Inoltre, in assenza di notificazione dell’ordinanza impugnata, deve quindi reputarsi applicabile il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., cfr. Cass. n. 13037/1992 , che risulta essere stato rispettato nel caso in esame ordinanza pubblicata in data 17-5-2017 e ricorso notificato in data 10-11-2017 . Va infine del pari disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso per il tardivo deposito dello stesso, oltre il termine di cui all’art. 369 c.p.c Assume parte controricorrente che la notificazione del ricorso sarebbe avvenuta a mezzo pec in data 10/11/2017 e che quindi il deposito del ricorso avvenuto in data 2/12/2017 sarebbe tardivo, con la conseguente improcedibilità. Va però richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui il termine per il deposito di cui all’art. 369 c.p.c., decorra dal momento in cui la notifica si sia perfezionata per entrambe le parti, e quindi dal momento della consegna dell’atto al destinatario cfr. ex multis Cass. n. 24346/2013 . Nella fattispecie, come si rileva dalla ricevuta di avvenuta consegna, la notifica si è perfezionata per l’intimato in data 13/11/2017, con l’effetto che il deposito del ricorso deve quindi reputarsi tempestivo. Superate le eccezioni di carattere preliminare, con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., assumendosi che fosse onere probatorio del CTU dimostrare lo svolgimento dell’attività professionale, anche per quanto concerne la quantificazione del compenso. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 319 del 1980, art. 4, in tema di liquidazione degli onorari a vacazioni, assumendosi che la determinazione del numero di ore necessarie per l’espletamento dell’incarico, come compiuta dal giudice di merito, sia eccessiva e non tenga conto del concreto impegno richiesto all’ausiliario, che si era limitato a determinare i danni subiti dalla serra di proprietà del ricorrente, redigendo nè più nè meno che un preventivo di spesa. Il terzo motivo lamenta poi la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 2697 c.c., in quanto la motivazione del giudice di merito, nel considerare il tempo trascorso tra il conferimento dell’incarico e quello dell’invio delle bozze, ha ritenuto che tutto il tempo in esame corrispondesse ad attività lavorativa, violando in tal modo le norme sopra indicate. I motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono infondati. Ed, invero, rilevato che non si contesta la correttezza del ricorso al criterio di liquidazione dei compensi secondo il metodo delle vacazioni si veda sul punto Cass. n. 17685/2010, a mente della quale va applicato il criterio delle vacazioni, anziché quello a percentuale, non solo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell’incarico ed al tipo di accertamento richiesti dal giudice, non sia logicamente giustificata e possibile un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio della percentuale, sicché la decisione di liquidare gli onorari a tempo e non a percentuale è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata , le censure del ricorrente si risolvono in una sollecitazione ad una rivalutazione del merito della controversia, con la richiesta di apprezzamenti evidentemente in fatto, che appaiono preclusi al giudice di legittimità. In primo luogo va esclusa la più volte denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., atteso che la prova dell’espletamento dell’attività oggetto della richiesta di compenso emerge dallo stesso deposito dell’elaborato peritale, che attesta per l’appunto lo svolgimento delle prestazioni da parte dell’ausiliario. La perizia inoltre offre gli elementi per poter correttamente pervenire alla determinazione dei compensi, sulla base del discrezionale apprezzamento del giudice del merito, cui è demandato riscontrare, nel caso di onorari a vacazione, la quantità di lavoro e di tempo resasi necessaria, per consentire al consulente di offrire la risposta ai quesiti sollecitati dall’autorità giudiziaria. In tal senso questa Corte già in passato ha espresso il principio per cui cfr. Cass. n. 4055/1974 la determinazione del compenso al professionista col sistema delle vacazioni non comporta affatto che il giudice sia tenuto ad operare una mera moltiplicazione dei compensi unitari stabiliti dalla tariffa per il numero delle vacazioni che l’interessato abbia dimostrato di avere effettuato, ma demanda al giudice di stabilire, con prudente apprezzamento, il numero delle vacazioni che, in considerazione delle difficoltà delle indagini, della loro durata, dell’entità della materia controversa, possono - sempre nei limiti fissati dalla tariffa - essere in concreto riconosciute e attribuite al professionista per l’incarico da lui espletato. Il richiamo al prudente apprezzamento, con l’indicazione dei parametri di riferimento per l’esercizio di tale potere conforta quindi il convincimento che l’individuazione del numero delle vacazioni, ove rientranti matematicamente nel numero dei giorni durante i quali si è protratto l’incarico del consulente, costituisca un tipico apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito e non suscettibile di sindacato in questa sede, specialmente laddove, come nel caso in esame, il ricorso pecchi altresì di genericità, omettendo di riportare con previsione il contenuto dell’incarico e l’esito delle indagini peritali, assumendo apoditticamente la natura banale ed oltre modo semplice delle indagini espletate. Il provvedimento opposto con motivazione sintetica, ma che non può essere ritenuta affetta da nullità, attesa la riduzione dell’onere di motivazione al cd. minimo costituzionale, ha preso in esame il periodo complessivo di tempo intercorso tra la data del conferimento dell’incarico e l’invio della bozza di relazione alle parti, ed ha ritenuto corretta la liquidazione effettuata con il decreto opposto, reputando che fosse congrua, in ragione dei quesiti sottoposti al CTU, della relazione tecnica depositata e delle attività resesi necessarie a tal fine. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, art. 1 bis, se dovuto.