Contumace in primo grado e vincitore in appello: esclusa la condanna della controparte per le spese sostenute in Tribunale

La statuizione con cui il giudice dell’appello provvede alla liquidazione a favore della parte vittoriosa anche delle spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la parte stessa era rimasta contumace, merita l’annullamento senza rinvio.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5465/20, depositata il 28 febbraio, decidendo sul ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che in riforma della pronuncia di prime cure aveva rigettato la domanda di risoluzione di un contratto di affitto di azienda per inadempimento, condannando parte soccombente al pagamento delle spese di lite dell’appellante anche per il primo grado di giudizio in cui quest’ultimo era rimasto contumace. Spese. Proprio su quest’ultimo profilo e sulla violazione dell’art. 91 c.p.c. si fonda il ricorso dinanzi ai Supremi Giudici. E la doglianza risulta fondata. La giurisprudenza afferma ormai pacificamente che la statuizione con la quale il giudice provvede alla liquidazione, a favore della parte vittoriosa in appello, delle spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c. in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte che non ne abbia effettivamente sopportato il carico è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza di potere. In tal senso, è priva di rilevanza la circostanza della volontarietà o meno della contumacia in primo grado. Ciò non toglie infatti che la parte non abbia svolto alcuna attività difensiva in primo grado e che non possa vedersi liquidare alcuna spesa ad esso relativa. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 21 novembre 2019 – 28 febbraio 2020, n. 5465 Presidente Frasca – Relatore De Stefano Rilevato che S.G. ricorre, affidandosi ad un motivo, con atto notificato a mezzo p.e.c. il 09/01/2018, per la cassazione della sentenza n. 2301 del 26/10/2017 della Corte di appello di Firenze, che, in parziale accoglimento dell’appello di V.L. ed in riforma della sentenza del Tribunale di Lucca n. 2558/16, ha rigettato la di lei domanda di risoluzione di un contratto di affitto di azienda per inadempimento di quegli, ma condannandola al pagamento delle spese di lite dell’appellante pure per il primo grado liquidate in Euro 630 , in cui quegli era restato contumace con controricorso l’intimato resiste al ricorso, eccependone in via preliminare l’inammissibilità per la violazione dei principi di tassatività, specificità ed autosufficienza è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e , conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 il controricorrente deposita memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p Considerato che va respinta la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso benché effettivamente ridotta ad un resoconto schematico - e quasi telegrafico - e priva della trascrizione della quasi totalità degli atti del processo, l’esposizione dei fatti rilevanti per la decisione che in quell’atto comunque si rinviene ben può qualificarsi del tutto idonea ad individuare l’oggetto della peculiarissima doglianza qui agitata, la quale, di semplicità del tutto singolare, si risolve nella contestazúone della legittimità di una condanna alle spese in appello per i due gradi di merito in favore di chi in primo grado era restato contumace a riprova di tanto può rilevarsi che l’ampia e complessa vicenda processuale, la cui ricostruzione è stata comunque offerta dalla controparte, non rileva ai fini dell’individuazione nè della sola questione sottoposta a questa Corte, nè - comunque - degli effettivi elementi indispensabili per deciderla infatti, i principi generali in tema di requisiti di contenuto-forma del ricorso vanno applicati - alla stregua del principio di effettività dell’accesso al giudice, anche e soprattutto di legittimità, come elaborato pure da questa Corte in applicazione della giurisprudenza costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo v. per tutti Corte EDU 15/06/2016, Trevisanato c/ Italia, ric. n. 32610/07, come rielaborata, tra le più recenti, da Cass. ord. 06/10/2017, n. 23452 v. pure Cass. 28/06/2018, n. 17036 - in coerenza con la loro funzione di consentire alla Corte di legittimità di acquisire in modo ordinato e completo da quell’atto e solo da quello ogni elemento utile per la decisione e, pertanto, in congruenza con l’ulteriore principio di necessaria chiarezza e sinteticità degli atti processuali, l’una e l’altra tra loro indissolubili - indispensabili presidi dell’effettività del diritto di difesa Cass. 20/10/2016, n. 21297 l’unitario motivo, di violazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la corte di appello liquidato le spese di primo grado a favore della parte in quella sede contumace , è manifestamente fondato, alla stregua dei principi generali dell’ordinamento, come di recente ribaditi da Cass. 26/06/2018, n. 16786 che riprende peraltro Cass. 09/11/1982, n. 5897, preceduta a sua volta da Cass. 20/06/1977, n. 2598, nonché - in generale quanto alla illegittimità della condanna alle spese in favore del contumace - da Cass. 14/10/1969, n. 3323 , per i quali la statuizione con la quale il giudice liquidi, in favore della parte vittoriosa in appello, le spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere non giova al resistente la circostanza che la contumacia in primo grado sia o possa essere stata involontaria tanto non toglie che, volontariamente o meno, egli non abbia espletato attività difensiva di alcun tipo in primo grado, per la quale quindi non può essere remunerato mentre l’adduzione di circostanze di fatto per la prima volta in memoria non solo è inammissibile, ma è pure irrilevante, quelle involgendo doglianze non articolate ritualmente in ordine ad attività anche stragiudiziali ma relative al giudizio di primo grado anche quelle ulteriori parendo, del resto, riferite a quello di appello in ordine al quale considerazione dirimente resta e persiste quella che egli non vi ha preso parte e non può quindi vedersi liquidata alcuna spesa ad esso relativa, perché non ne ha sostenuto per definizione il ricorso va quindi accolto e la gravata sentenza va cassata senza rinvio sul punto, in conformità all’appena richiamato più recente precedente di questa Corte, con condanna poi del soccombente controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte, attesa la non emendabile soccombenza in questa sede infine, per essere stato il ricorso accolto, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito P.Q.M. accoglie il ricorso cassa senza rinvio la gravata sentenza limitatamente alla statuizione di condanna di S.G. alle spese del primo grado di giudizio in favore di V.L. . Condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.