Permesso di soggiorno o carta di soggiorno: la convivenza familiare è il problema?

Il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per gli stranieri, che hanno fatto ingresso in Italia con visto per il ricongiungimento familiare, non dipende dalla effettiva convivenza dello straniero con il coniuge italiano, ma dal diverso e ben più oneroso accertamento che il matrimonio era sin dall’inizio frutto di frode.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 5378/20, depositata il 27 febbraio. Il fatto. Un cittadino del Marocco proponeva azione legale contro il decreto con cui il Questore competente gli aveva revocato il permesso di soggiorno per motivi di famiglia, in ragione dell’assenza del requisito della convivenza con il coniuge, cittadina italiana. Tuttavia, la sorte del giudizio sia in primo che in secondo grado era negativa. Preliminarmente, infatti, il giudice dell'appello osservava di voler aderire all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il familiare coniuge del cittadino italiano, o di un altro Stato membro dell'Unione Europea, sino al momento in cui non ottiene la carta di soggiorno è soggetto alla legislazione nazionale che richiede, ai fini della concessione del mantenimento del permesso di soggiorno per coesione familiare, la sussistenza del requisito della convivenza effettiva. Nel caso di specie, posto che il ricorrente era risultato irreperibile presso l’abitazione della moglie, per come documentato dagli accertamenti svolti dalla Polizia municipale, era circostanza incontroversa quanto affermato dal Questore è, cioè, il difetto del requisito della convivenza effettiva tra i coniugi per il mantenimento del permesso di soggiorno. L'uomo marocchino, tuttavia, ricorreva per la cassazione della sentenza d'appello deducendo plurime violazione di legge. Per quello che qui interessa, l'uomo esponeva che, a seguito del proprio matrimonio con la cittadina italiana, gli veniva riconosciuto dalla Questura competente il permesso di soggiorno per motivi familiari che poi gli era stato revocato per difetto della convivenza. Però, il ricorrente contestava l'affermazione della Corte d'appello secondo cui lo stesso avrebbe dovuto ‘richiedere’ la carta di soggiorno mentre, a proprio dire, la Questura era tenuta a ‘rilasciare’ la carta di soggiorno e non il permesso per motivi familiari. Ne conseguiva che doveva escludersi che, tra i criteri per il riconoscimento iniziale e per la conservazione del titolo di soggiorno previsti dalla normativa, potesse farsi rientrare la convivenza effettiva. La tesi difensiva dell'uomo ha trovato accoglimento presso il Collegio, il quale ha ritenuto fondato il ricorso e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello competente, in diversa composizione. I motivi espressi dalla Suprema Corte. La Corte di cassazione ritiene che il requisito della convivenza effettiva dello straniero col coniuge italiano non è richiesto anche ai fini del mantenimento del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, ove non sia contestata la natura fraudolenta o fittizia, sin dall'origine, del vincolo coniugale. In proposito, gli Ermellini osservano che la convivenza effettiva rileva senz'altro ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a favore degli stranieri. Così come per la Corte è indiscutibile che la normativa sanzioni con l'immediata revoca del permesso di soggiorno, la situazione in cui al matrimonio non sia seguita l'effettiva convivenza dei coniugi, salvo che dal matrimonio sia nata prole. Per gli Ermellini, dunque, può ritenersi che il legislatore abbia inteso introdurre una sorta di presunzione in base a cui la mancata convivenza dei coniugi, immediatamente dopo il matrimonio, è indicativa del fatto che il matrimonio medesimo sia stato contratto con lo scopo esclusivo di consentire al coniuge straniero di soggiornare nel territorio dello Stato. Tuttavia, questo non esclude che la medesima normativa si sia occupata anche di una diversa categoria di stranieri, ovvero di quelli che hanno fatto ingresso in Italia per ricongiungimento familiare, come nel caso di specie, ma che in questo caso non prevede il mancato rilascio o il mancato rinnovo del permesso di soggiorno come diretta conseguenza dell'accertamento della mancata persistenza della convivenza effettiva tra coniugi, ma del diverso e ben più rigoroso e approfondito accertamento che ‘il matrimonio ha avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato'. La Suprema Corte, pertanto, conclude che il legislatore nazionale non ha inteso condizionare il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per gli stranieri, che hanno fatto ingresso in Italia con visto per il ricongiungimento familiare, all’effettiva convivenza dello straniero con il coniuge italiano, collegandosi il rigetto della istanza di rilascio o di rinnovo del permesso, invece, solo al diverso e ben più oneroso accertamento che il matrimonio era solo stato il frutto di frode. Nel caso di specie, invece, la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto che il presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno fosse l'effettiva convivenza tra i coniugi senza preoccuparsi dell'accertamento della natura fraudolenta o fittizia del matrimonio. Il principio di diritto. In conclusione, per la Suprema Corte rimane fermo che il requisito della convivenza effettiva del cittadino straniero con il coniuge di nazionalità italiana non è richiesta ai fini del rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per i cittadini stranieri rientranti nella categoria di cui all'art. 30, comma 1, lett. b , d.lgs. n. 286/1998, essendo ostativo a tale rilascio o rinnovo solo l'accertamento che il matrimonio fu contratto allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 dicembre 2019 – 27 febbraio 2020, n. 5378 Presidente Bisogni – Relatore Fidanzia Fatti di causa La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza depositata il 27.6.2017, ha rigettato l’appello proposto da E.I.N. , cittadino del , avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Ravenna aveva respinto il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dallo stesso proposto contro il decreto n. 10182/2015 del 16.10.2015 con cui il Questore di Biella gli aveva revocato il permesso di soggiorno per motivi di famiglia in ragione dell’assenza del requisito della convivenza con il coniuge, cittadina italiana, E.R.B. , sposata nel . Ha osservato, preliminarmente, il giudice di secondo grado di aderire all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il familiare coniuge del cittadino italiano o di altro stato membro dell’Unione Europea , sino al momento in cui non ottenga la carta di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 10 - che è tenuto a richiedere dopo aver trascorso nel territorio dello stato i primi tre mesi di soggiorno informale - è soggetto alla legislazione nazionale, che richiede, ai fini della concessione e del mantenimento del permesso di soggiorno per coesione familiare, la sussistenza del requisito della convivenza effettiva. Nel caso di specie, posto che è incontroverso che il ricorrente non ha provveduto a richiedere la carta di soggiorno ex art. 10 legge cit, correttamente è stato revocato dal Questore di Biella il permesso di soggiorno per coesione familiare che era stato concesso al ricorrente nell’aprile 2015 a seguito di istanza del dicembre 2014 , difettando il requisito della convivenza effettiva tra coniugi. Infatti, da accertamenti svolti dalla Polizia Municipale di Biella, era emerso che il ricorrente risultava irreperibile all’indirizzo della coniuge sin dal periodo immediatamente successivo all’ottenimento del permesso di soggiorno. Ha proposto ricorso per cassazione E.I.N. affidandolo ad un unico articolato motivo. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese. Con ordinanza interlocutoria depositata in data 23 luglio 2019 la sottosezione prima della sesta sezione civile di questa Corte ha rimesso la causa in pubblica udienza, evidenziando non esservi nella giurisprudenza di questa Corte unanimità di orientamenti in ordine alla necessità del requisito della convivenza effettiva per il riconoscimento del diritto al soggiorno per motivi di coesione familiare anche in sede di rinnovo, rilevando, altresì, che le criticità interpretative sorgono per la coesistenza del sistema legislativo contenuto nel T.U. immigrazione D.Lgs. n. 286 del 1998 e quello contenuto nel D.Lgs. n. 30 del 2007, applicabile incontestabilmente anche ai familiari dei cittadini italiani art. 23 D.Lgs. cit. . Ragioni della decisione 1. Il ricorrente ha dedotto plurime violazioni di legge, e, segnatamente, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 29 e 30, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28 e dell’art. 29 Cost. Espone il ricorrente che a seguito del suo matrimonio con la cittadina italiana E.R.B. , a seguito di nulla osta al ricongiungimento familiare rilasciato dallo Sportello Unico dell’Immigrazione della Prefettura competente, gli è stato riconosciuto dalla Questura competente il permesso di soggiorno per motivi familiari, poi revocatogli per difetto della convivenza. Contesta il ricorrente l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui lo stesso avrebbe dovuto richiedere la carta di soggiorno D.Lgs. n. 30 del 2007, ex art. 10 evincendosi, a suo dire, dalla stessa norma sopra indicata che, a seguito dell’entrata in vigore di tale normativa, la Questura sarebbe stata tenuta a rilasciare la carta di soggiorno e non il permesso di soggiorno per motivi familiari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30 atteso che, a norma del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 23 le disposizioni del presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana . Ne consegue che deve escludersi che tra i criteri per il riconoscimento iniziale e per la conservazione dei titoli di soggiorno previsti dalla citata normativa possa farsi rientrare la convivenza effettiva. Infine, il ricorrente evidenzia che non è mai stata contestata la costanza dell’affectio coniugalis in quando il coniugio risulta tuttora in essere, così come non può essere ritento in alcun modo fittizio il vincolo coniugale. 2. Il ricorso è fondato. Ritiene questo Collegio che il requisito della convivenza effettiva dello straniero con il coniuge di nazionalità italiana non è richiesto anche ai fini del mantenimento del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, ove non sia contestata la natura fraudolenta o fittizia sin dall’origine del vincolo coniugale. Va, in proposito, osservato che la convivenza effettiva in oggetto rileva senz’altro ai fini del divieto di refoulement degli stranieri privi del permesso di soggiorno di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, lett. b che disciplina gli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’art. 19, comma 2, lett. c testo unico nonché ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a favore degli stranieri di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1, lett. b ovvero quegli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti . In ordine all’ultima ipotesi sopra esaminata, tale conclusione può trarsi da un’attenta lettura del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1 bis - la cui prima parte così recita Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lett. b è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non sia seguita l’effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole . È indiscutibile che la prima parte della norma in esame sanzioni con l’immediata revoca del permesso di soggiorno la situazione in cui al matrimonio non sia seguita l’effettiva convivenza dei coniugi salvo che dal matrimonio sia nata prole . Può, infatti, ritenersi che il legislatore abbia inteso introdurre una sorta di presunzione che la mancata convivenza dei coniugi neppure immediatamente dopo il matrimonio sia indice del fatto che il matrimonio medesimo sia stato contratto con lo scopo esclusivo di consentire al coniuge straniero di soggiornare nel territorio dello Stato. Nella seconda parte dell’art. 30, comma 1 bis Legge citata periodo aggiunto dal D.Lgs. n. 5 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g in attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto di ricongiungimento familiare , il legislatore si occupa, invece, di una diversa categoria di stranieri, ovvero di quelli che hanno fatto ingresso in Italia per ricongiungimento familiare - come nel caso di specie - o con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’art. 29 o con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore e si esprime in termini nettamente diversi La richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma 1, lett. a è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l’adozione ha avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio . Dunque, la seconda parte della norma sopra citata, a differenza della prima, per gli stranieri che hanno fatto ingresso in Italia per ricongiungimento familiare, non prevede il mancato rilascio o il mancato rinnovo del permesso di soggiorno come diretta conseguenza dell’accertamento della mancata persistenza della convivenza effettiva tra i coniugi - requisito neppure previsto dalla medesima norma - ma del diverso e ben più rigoroso e approfondito accertamento che il matrimonio ha avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio . Deve quindi concludersi, alla luce della lettura del testo dell’art. 30, comma 1 bis Legge cit., che il legislatore nazionale non condizioni il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per gli stranieri che hanno fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare alla effettiva convivenza dello straniero con il coniuge italiano, collegandosi il rigetto dell’istanza di rilascio o rinnovo del permesso solo al diverso e ben più oneroso accertamento che il matrimonio era solo stato il frutto della frode. Nel caso di specie, la Corte d’Appello, ritenendo erroneamente che presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno fosse l’effettiva convivenza tra i coniugi e non l’accertamento della natura fraudolenta o fittizia del matrimonio valutazione che in quanto in fatto è demandata in via esclusiva al giudice di merito , ha rigettato la domanda, valorizzando il mero dato della mancata convivenza, ma senza di preoccuparsi di verificare se tale elemento, avuto riguardo al caso concreto, potesse o meno deporre per l’esclusiva strumentalità del matrimonio al solo scopo di consentire allo straniero di soggiornare nel nostro territorio eventualità che dalla lettura della sentenza impugnata non è stata minimamente paventata . Va, peraltro, osservato che, nell’effettuare tale accertamento, il giudice di merito è comunque vincolato alla motivazione del provvedimento amministrativo che ha rigettato la richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Sul punto, questa Corte ha recentemente statuito che, in tema di impugnazione del provvedimento del Questore di rigetto del rinnovo di un permesso di soggiorno per motivi familiari, l’accertamento giurisdizionale è strettamente vincolato alla motivazione del provvedimento amministrativo, che, unitamente ai motivi di impugnazione, delimita, ex art. 112 c.p.c., il thema decidendum . Pertanto, è nulla la sentenza nella specie della corte d’appello che, nel confermare il rigetto da parte del Questore della domanda di rinnovo del soggiorno, motivata sulla base dell’accertata mancanza del requisito della convivenza, abbia invece motivato la propria pronuncia sulla base della natura fittizia del vincolo coniugale. Cass. n. 10925 del 18/04/2019 . Infine, va osservato che l’interpretazione sopra affermata della seconda parte del D.Lgs. n. 30 del 1998, art. 30, comma 1 bis - che subordina il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno per gli stranieri che hanno fatto ingresso nel territorio per ricongiungimento familiare non alla effettiva convivenza tra i coniugi ma all’accertamento della natura fraudolenta o fittizia del matrimonio - non si pone in contrasto con il D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28 e non solo per la natura solo regolamentare, e non di fonte primaria, di tale norma, ma anche per la sua diversa finalità. In particolare, l’art. 28 cit. si preoccupa di regolamentare quelle situazioni riguardanti cittadini stranieri che, rinvenuti privi del permesso di soggiorno, si trovano, tuttavia, nelle condizioni ostative alla espulsione tra cui rientra la convivenza effettiva con il coniuge o con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana . Tale situazione è diversa da quella oggetto del caso di specie, attinente all’accertamento dei requisiti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari a seguito di istanza regolarmente presentata dal cittadino straniero. L’interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1 bis sopra enunciata non si pone, peraltro, in contrasto con quanto previsto dal D.Lgs. n. 30 del 2007 sotto il profilo del requisito della convivenza per il rilascio della carta di soggiorno, in relazione alla quale rileva parimenti, quale causa di rigetto o di revoca, l’abuso del diritto o la frode come un matrimonio fittizio , a norma dell’art. 35 della direttiva 2004/38/CE. Deve, pertanto, cassarsi la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, la quale, oltre a statuire sulle spese del giudizio di legittimità, nell’esaminare nuovamente il ricorso dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto Il requisito della convivenza effettiva del cittadino a straniero con il coniuge di nazionalità italiana non è richiesto ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per i cittadini stranieri rientranti nella categoria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1, lett. b essendo ostativo a tale rilascio o rinnovo solo l’accertamento che il matrimonio fu contratto allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato . P.Q.M. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.