Il pericolo grave per il ritorno in patria sorto dopo la fuga, non esclude la protezione dello straniero

Riprende vigore la domanda presentata da un cittadino della Costa d’Avorio. Per i Giudici della Cassazione è irrilevante il fatto che il pericolo in caso di ritorno nel Paese di origine sia sorto dopo la sua partenza.

Il peggiorare della situazione nel Paese di origine può legittimare la richiesta di protezione presentata dallo straniero approdato in Italia. Ciò perché il pericolo di danno grave” connesso al possibile rimpatrio va valutato in maniera oggettiva, cioè a prescindere dalle ragioni che hanno spinto l’extracomunitario ad emigrare, e comunque con riferimento alla stretta attualità del Paese dello straniero Cassazione, ordinanza n. 2954/20, sez. I Civile, depositata il 7 febbraio . Pericolo. Riflettori puntati sulla storia di un uomo, originario della Costa d’Avorio, che una volta approdato in Italia si è visto negare sia la protezione che il riconoscimento dello status di rifugiato. A confermare la decisione della Commissione territoriale arrivano anche i giudici di merito che, prima in Tribunale e poi in Appello, escludono si possa ipotizzare la concessione della protezione internazionale e umanitaria. Le ultime speranze dello straniero sono affidate al ricorso in Cassazione. Nel contesto del ‘Palazzaccio’ il suo legale pone in evidenza la situazione di precarietà presente in Costa d’Avorio, aggiungendo che è irrilevante che la situazione pericolosa di danno grave sia sorta in un momento successivo alla partenza del suo cliente dal Paese di origine. Partenza. La visione proposta dal legale del cittadino della Costa d’Avorio convince i Giudici della Cassazione, che, invece, ritengono non corretta la linea seguita in Appello, cioè quella secondo cui la natura privata della vicenda esclude che possa darsi rilievo a circostanze relative al ‘rischio Paese’ . Questo assioma viene fortemente messo in discussione dai Giudici del ‘Palazzaccio’. Ciò innanzitutto alla luce del principio secondo cui la normativa prevede il riconoscimento della protezione nei casi di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale e se tale situazione sussiste in linea oggettiva, è totalmente irrilevante che il richiedente asilo sia espatriato per ragioni legate a una vicenda privata . In questa ottica viene poi aggiunto che la persona ammissibile alla protezione è il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno , e il pericolo di grave danno in caso di rimpatrio deve essere considerato in linea oggettiva, a prescindere dalle ragioni che hanno indotto lo straniero ad emigrare e comunque con riferimento all’attualità . Di conseguenza, è irrilevante che la situazione pericolosa di danno grave possa essere sorta in un momento successivo alla partenza dal Paese di origine e ininfluente è il motivo che ha originato la partenza . Necessario perciò un nuovo esame in Appello sulla richiesta di protezione presentata dal cittadino della Costa d’Avorio, tenendo presente l’attuale situazione del Paese di origine.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 novembre 2019 – 7 febbraio 2020, numero 2954 Presidente San Giorgio – Relatore Scotti Fatti di causa 1. Con ricorso ex articolo 35 D.Lgs.25/2008 Ca. Ka., cittadino della Costa d'Avorio, ha adito il Tribunale di Perugia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria. Con ordinanza del 18/8/2017 il Tribunale di Perugia ha rigettato il ricorso, ritenendo la non sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. 2. L'appello proposto dal Ka. è stato rigettato dalla Corte di appello di Perugia, a spese compensate, con sentenza del 16/5/2018. 3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso Ca. Ka., con atto notificato il 16/11/2018, svolgendo tre motivi L'intimata Amministrazione dell'Interno non si è costituita in giudizio. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 3, cod.proc.civ., il ricorrente denuncia errato esame delle dichiarazioni rese alla Commissione Territoriale e delle allegazioni da lui portate in giudizio circa la sua condizione personale. La Corte di appello avrebbe dovuto comunque approfondire la situazione generale del paese per valutare la sussistenza di un sistema di violenza generalizzato era del tutto mancata inoltre la considerazione del livello di integrazione sociale in Italia in funzione del tempo trascorso nel nostro Paese. Il motivo è del tutto generico nella sua parte critica relativa alla richiesta dello status di rifugiato e non dà neppur conto delle ragioni che avrebbero giustificato il riconoscimento dello status richiesto. La doglianza riferita alla protezione sussidiaria è invece compiutamente articolata nel motivo successivo. 2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 3 e 5, cod.proc.civ., in riferimento al tema della protezione sussidiaria in ragione della situazione sociopolitica attuale del Paese di origine, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 7 e 14 del D.Lgs. 251/2007, omesso esame delle fonti informative e omessa applicazione dell'articolo 10 della Costituzione. 2.1. Con riferimento alla valutazione espressa circa l'inesistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno, il ricorrente lamenta che sia stata ignorata la documentazione da lui prodotta e che sia stata omessa la debita indagine informativa. Era poi del tutto irrilevante che la situazione pericolosa di danno grave fosse sorta in un momento successivo alla partenza del richiedente dal paese di origine del pari ininfluente era il motivo che aveva originato la partenza, poiché il legislatore aveva accolto il concetto di rifugiato sur place anche in tema di protezione sussidiaria. 2.2. In ordine alla richiesta di protezione sussidiaria la Corte di appello, se pur non ha completamente omesso la motivazione, si è limitata a un inciso, per vero dettato più propriamente in sede di esame della richiesta di protezione umanitaria, quando ha affermato che la natura privata della vicenda esclude anche che possa darsi rilievo a circostanze relative al rischio Paese . 2.3. La lettera c dell'articolo 14 del D.Lgs. 251 del 2007 prevede il riconoscimento della protezione sussidiaria nei casi di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale . Se tale situazione sussiste in linea oggettiva è totalmente irrilevante che il richiedente asilo sia espatriato per ragioni legate a una vicenda privata, di per sé non legittimante il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero la protezione sussidiaria personalizzata per le ragioni di cui alle lettere a e b dell'articolo 14. 2.4. La Corte di appello, partendo da questa errata considerazione, ha totalmente omesso di assolvere al proprio dovere di cooperazione istruttoria, che trova fondamento non solo nell'articolo 3 del D.Lgs. 251/2007 in tema di regole per l'esame delle domande di protezione internazionale ma anche nell'articolo 8, comma 3, e 27, comma 1 bis [aggiunto dall'articolo 5, comma 1, lettera b-quater , del D.L. 22/8/2014 numero 119, convertito con modificazioni dalla legge 17/10/2014 numero 146] del D.Lgs.25/2008 ora anche 35 bis, comma 9 , secondo cui ciascuna domanda deve essere esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall'UNHCR, dall'EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale. Questa Corte ha avuto modo di ribadire più volte che ai fini dell'accertamento della fondatezza o meno di una domanda di protezione internazionale, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 8, comma 3, a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l'esercizio di poteri - doveri officiosi d'indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente. Ciò in particolare quando lo straniero, che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all'onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto in tal caso sorge il potere - dovere del giudice di accertare anche d'ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine dell'istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi dell'articolo 14, lett. c , del D.Lgs. numero 251 del 2007 Sez.6-1, 26/04/2019, numero 11312 Sez.6-1, 25/07/2018, numero 19716 Sez.6-1, 28/06/2018, numero 17069 Sez.6-1, 10/04/2015, numero 7333 . Nella specie la Corte perugina non ha compiuto alcuna indagine circa la situazione socio-politica attuale della Costa d'Avorio. 2.6. E' il caso di precisare, inoltre, che il principio che le dichiarazioni del richiedente che siano inattendibili non richiedono approfondimento istruttorio officioso va opportunamente precisato e circoscritto nel senso che ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell'accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell'accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui all'articolo 14, lett. a e b , del D.Lgs.251/2007. Invece il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dall'articolo 14, lett. c , del D.Lgs. numero 251 del 2007 Sez.1, 31/1/2019 numero 3016 . Infatti in tal caso il potere-dovere di indagine d'ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d'origine del richiedente, che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l'aggiornamento, non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell'istante dall'area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione Sez. 1, 24/05/2019, numero 14283 Sez.6-1, 25/07/2018, numero 19716 Sez.6-1, 28/06/2018, numero 17069 Sez.6-1, 16/07/2015, numero 14998 . E' stato infatti condivisibilmente affermato che ove vengano in questione le ipotesi del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all'articolo 14, lett. a e lett. b , D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento, non vi è ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla sua vicenda personale in quei casi una indagine nel senso indicato sarebbe inutile proprio in quanto il rischio prospettato dall'istante, siccome riferito a fatti non dimostrati, difetterebbe comunque di concretezza e non potrebbe mai presentare il richiesto grado di personalizzazione. Diversamente occorre ragionare nella fattispecie di cui alla lett. c dell'articolo 14. Come ha avuto modo di precisare la Corte di giustizia, nell'interpretare l'articolo 15, lett. c , della direttiva del Consiglio numero 2004/83/CE di cui la richiamata norma nazionale costituisce recepimento , l'esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione che quest'ultimo fornisca la prova di essere specifico oggetto di minaccia a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale. Ciò implica che la protezione sussidiaria, nel caso in esame, deve essere accordata per il sol fatto che il richiedente provenga da un territorio interessato dalla menzionata situazione di violenza indiscriminata situazione in cui il livello del conflitto armato in corso è tale che l'interessato, rientrando in quel paese o in quella regione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia Corte giust. 17/2/2009, C-465/07, Elgafaji, richiamata da Corte giust. 30/1/2014, C 285/12, Diakitè . 2.7. Ai sensi del comma 1, lettera g dell'articolo 2 D.Lgs. 251/2007 la persona ammissibile alla protezione sussidiaria è il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese . Il pericolo di danno grave nel caso di rimpatrio deve essere quindi considerato in linea meramente oggettiva, a prescindere dalle ragioni che hanno indotto il richiedente asilo ad emigrare e comunque con riferimento all'attualità è infatti irrilevante che la situazione pericolosa di danno grave possa essere sorta in un momento successivo alla partenza del richiedente dal paese di origine del pari ininfluente è il motivo che aveva originato la partenza, avendo il legislatore accolto il concetto di rifugiato sur place, divenuto tale cioè a causa di situazioni sopravvenute nel Paese di origine durante la sua assenza. La Direttiva 29/04/2004 numero 83 2004/83/CE, ha codificato il concetto di rifugiato sur place all'articolo 5, attuato dal legislatore italiano all'articolo 4 del D.Lgs. numero 251/2007, specificamente richiamato in tema di protezione sussidiaria anche dall'articolo 17 dello stesso decreto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di accertamento delle condizioni di legge per il riconoscimento della protezione internazionale, ed in particolare della protezione sussidiaria ed umanitaria, non può rigettarsi la domanda unicamente sulla base di quanto dichiarato dal cittadino straniero riguardo ai motivi che lo avevano originariamente determinato a lasciare il proprio paese, mancando di accertare, all'attualità, la sussistenza, successivamente dedotta dal richiedente nel procedimento volto al riconoscimento della protezione internazionale, di una situazione d'instabilità socio politica o di violenza indiscriminata, nella specie, astrattamente rientrante nell'ambito di applicazione dell'articolo 14 lettera c del d.lgs numero 251 del 2007, atteso che la necessità di ricevere protezione dal paese ospitante può sorgere anche in un momento successivo rispetto alla partenza del richiedente dal Paese di origine, tanto per ragioni oggettive quanto per ragioni soggettive Sez.6-1, 17/04/2018, numero 9427 . 2.8. In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 3. Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 3 e numero 5, cod.proc.civ., in tema di protezione umanitaria, con cui il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione all'articolo 5, comma 6, e 19 D.Lgs.286/1998, nonché 28 D.P.R. 349/1999, della legge numero 110 del 14/7/2017, che ha introdotto il reato di tortura, e ai principi generali di cui all'articolo 10 Cost. e 3 CEDU, con omessa applicazione dell'articolo 10 della Costituzione. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.