Pluralità di domande e condanna alle spese di lite: il giudice può individuare quella più importante in relazione al valore

Ai fini di individuare la parte maggiormente soccombente” occorre avere riguardo al – e confrontare il – valore delle domande nella parte in cui sono state accolte e non dunque il valore delle domande rispettivamente rigettate , tale per cui maggiormente soccombente” deve ritenersi la parte la cui domanda accolta sia di minor valore.

Così la Cassazione con ordinanza n. 1269/20, depositata il 21 gennaio. La fattispecie. Un cliente di una nota compagnia telefonica ha convenuto in giudizio detta compagnia chiedendo al Giudice, in relazione al contratto di utenza telefonica a suo tempo intercorso con la stessa, di accertare la non debenza dell’importo relativo a fatture emesse successivamente alla cessazione del rapporto, oltre alla restituzione di quanto versato a titolo di tassa di concessione governativa. La compagnia telefonica si è costituita eccependo la tardività del recesso intimatole dall’attore e ha chiesto, in via riconvenzionale, il pagamento delle fatture in contestazione. All’esito del giudizio di primo grado sono state rigettate le domande attoree e, al contrario, parzialmente accolte le richieste formulate dalla convenuta in via riconvenzionale la sentenza è stata confermata in sede di gravame. Peraltro, in considerazione del quasi integrale rigetto della domanda attorea” il Giudice dell’appello ha rigettato la richiesta di condanna della convenuta al pagamento delle spese di lite. Come si determina la maggiore soccombenza”? Per quanto qui di interesse, l’appellante soccombente ha impugnato la decisione di secondo grado lamentando l’erroneità della condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio, assumendola frutto dell’erroneo presupposto del quasi integrale rigetto delle proprie domande, mentre, come altresì accertato dalla Corte di Cassazione, vi sarebbe stato un parziale accoglimento delle domande di entrambe le parti e, dunque, una conseguente reciproca soccombenza . Accogliendo il ricorso, gli Ermellini hanno chiarito che nel caso di pluralità di domande contrapposte – come nel caso di specie – il loro parziale accoglimento, con reciproca parziale soccombenza, non rende possibile il ricorso al principio di causalità per individuare la parte alla quale porre a carico le spese, in tutto o in parte. Infatti, poiché l’applicazione pura e semplice del principio di causalità, cioè la responsabilità dell’introduzione della domanda, implicherebbe che essa debba riferirsi per ognuna a chi l’ha proposta e che, dunque, dovrebbe farsi luogo a due contrapposte condanne, il secondo comma dell’art. 92 implica invece il potere del Giudice di regolare le spese o facendo luogo alla compensazione totale ovvero a una compensazione parziale. In questo secondo caso – prosegue la Corte – la condanna parziale alle spese può avere luogo a carico di quella parte la cui domanda, pur accolta, si presenta sostanzialmente di minor valore rispetto a quella accolta a favore dell’altra parte. Nell’ipotesi di pluralità di domande, le due causalità collegate all’introduzione delle due domande possono dal Giudice in sostanza essere confrontate tra loro e allo stesso Giudice è commesso di individuare quella più importante in relazione al valore della domanda. In definitiva, ai fini di individuare la parte maggiormente soccombente” occorre avere riguardo al – e confrontare il – valore delle domande nella parte in cui sono state accolte e non dunque il valore delle domande rispettivamente rigettate , tale per cui maggiormente soccombente” deve ritenersi la parte la cui domanda accolta sia di minor valore.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 3 ottobre 2019 – 21 gennaio 2020, n. 1269 Presidente De Stefano – Relatore Iannello Rilevato che 1. N.C. convenne in giudizio avanti il Giudice di pace di Roma la Fastweb S.p.A. chiedendo accertarsi, in relazione a contratto di utenza telefonica con la stessa intercorso, la non debenza dell’importo di Euro 653,82 portato da fatture emesse dalla convenuta successivamente alla cessazione del rapporto. Chiese inoltre la condanna alla restituzione dell’importo di Euro 227,28 asseritamente versato in eccedenza a titolo di pagamento della tassa di concessione governativa, e al pagamento di Euro 600 a titolo di spese stragiudiziali e di Euro 1.000 per risarcimento del danno non patrimoniale. Costituendosi in giudizio Fastweb sostenne di non aver ricevuto la lettera di recesso da parte della N. nei modi e nei termini stabiliti dal contratto e chiese, pertanto, in via riconvenzionale, il pagamento di Euro 528,93, portato dalle fatture in contestazione, al netto di alcuni importi tra cui quelli imputati a tassa di concessione governativa riconosciuti come non dovuti. Con sentenza del 7-16/2/2015 l’adito Giudice di pace, riconosciuta la validità della disdetta del contratto d’utenza, rigettò le domande di parte attrice per mancanza di prova dell’avvenuto pagamento del maggiore importo imputato a tassa di concessione governativa e considerato altresì che le somme portate delle fatture in contestazione risultavano pacificamente non pagate. Accolse per contro solo in minima parte la domanda riconvenzionale di Fastweb, accertando la dovutezza del solo importo di Euro 67,11. Regolò quindi le spese in base al principio della soccombenza. 2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello interposto dalla N. , condannandola alle spese del grado. Per quanto ancora in questa sede interessa, ha infatti osservato che - la pretesa di restituzione dell’importo di Euro 227,28 risulta totalmente sfornita di qualsivoglia valido riscontro probatorio - la domanda di accertamento della non debenza dell’importo di Euro 653,82 di cui alle fatture oggetto della domanda svolta dalla Fastweb s.p.a. in via riconvenzionale nel primo grado di giudizio è stata quasi integralmente accolta nella precedente fase di giudizio, con la condanna al pagamento, in favore della convenuta, del minor importo di Euro 67,11, sulla base dei calcoli correttamente e logicamente svolti dal giudice di prime cure - il quasi integrale rigetto della domanda della N. non consente l’accoglimento della richiesta di condanna della società convenuta al pagamento di Euro 600,00 per spese stragiudiziali la correttezza della cui parametrazione viene altresì, in sentenza, revocata in dubbio - la domanda di risarcimento di non meglio specificati danni non patrimoniali è assolutamente infondata e non provata . 2. Avverso tale decisione N.C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste l’intimata, con controricorso. 3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2. Considerato che 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per irriducibile contrasto fra le affermazioni contenute in motivazione in relazione alla errata imputazione delle domande proposte dalle parti , in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Lamenta che il Tribunale, nel motivare nei termini sopra riferiti v. in particolare secondo e terzo alinea del § 2 della parte narrativa della presente ordinanza , ha confuso la decisione assunta dal giudice di prime cure arrivando addirittura ad invertire erroneamente le domande proposte dalle parti . Rileva in tal senso che la domanda che il Tribunale ha affermato essere stata quasi integralmente accolta non è quella proposta da Fastweb, bensì quella da essa proposta di accertamento negativo della sussistenza del debito portato dalle fatture in contestazione. Lamenta che tale grossolano errore ha avuto influenza decisiva sulla sorte riservata alle altre domande, rigettate a cascata sull’errato presupposto che la domanda da essa proposta fosse stata quasi integralmente rigettata laddove era stata quasi integralmente accolta . 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 91 c.p.c. ss Lamenta l’erroneità della condanna alle spese del primo e secondo grado di giudizio, assumendola frutto dell’erroneo presupposto del quasi integrale rigetto delle proprie domande, che invece erano state quasi integralmente accolte. Sostiene che il tribunale avrebbe potuto al più pronunciare, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, la compensazione delle spese di lite ma non la condanna della parte vittoriosa o comunque parzialmente vittoriosa ovvero la compensazione parziale delle spese, in tal caso però ponendo la restante parte a carico del convenuto. 3. I motivi, congiuntamente esaminabili, sono fondati, nei termini appresso precisati. La motivazione della sentenza impugnata appare in effetti assai poco perspicua e tale comunque da risultare, se non affetta da irriducibile intrinseca contraddittorietà, inidonea comunque a giustificare la disposta condanna della odierna ricorrente alle spese di entrambi i gradi di giudizio. Può invero bensì rilevarsi che non vi è irredimibile confusione, nella motivazione, quanto alla provenienza delle domande accolte e di quelle rigettate. L’affermazione del quasi integrale rigetto della domanda della N. va infatti letta con riferimento, non solo alla domanda di accertamento negativo della sussistenza del debito portato dalle fatture emesse da Fastweb questa bensì quasi integralmente accolta e dunque per converso in parte anche rigettata , ma anche alle altre domande a di restituzione dell’importo di Euro 227,28 che si assumeva in domanda indebitamente pagato a titolo di tassa di concessione governativa b di condanna al pagamento dell’ulteriore importo di Euro 1.000 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Appare dunque abbastanza chiaro che la domanda di accertamento della non debenza dell’importo di Euro 653,82 che si dice quasi integralmente accolta è esattamente attribuita a parte attrice e che invece il quasi integrale rigetto della domanda di cui poi si parla nel capoverso immediatamente successivo ha un oggetto più ampio, riferito all’intero e più ampio complesso delle diverse domande avanzate da parte attrice, senza dimenticare che comunque anche il quasi integrale accoglimento della domanda di accertamento negativo ha comportato per converso l’accoglimento - per minima parte - della contrapposta domanda della convenuta di condanna al pagamento di somme dovute in virtù del contratto di utenza. Vi è stato dunque un parziale accoglimento delle domande di parte attrice e, di contro, anche un parziale accoglimento di quella riconvenzionale della convenuta. Di conseguenza e per converso è certamente predicabile una, sia pur parziale, reciproca soccombenza. Proprio tale premessa, però, e, in concreto, le ragioni della sua predicabilità, risultano contraddittorie rispetto al poi adottato regolamento delle spese e tali comunque da non poterlo giustificare. 4. Mette conto anzitutto ribadire che, diversamente da quanto sembra incidentalmente postulare la ricorrente, si è in presenza di una ipotesi di reciproca soccombenza, la quale avrebbe potuto, in astratto, giustificare, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, la compensazione, parziale o integrale, delle spese, nei limiti peraltro che saranno appresso precisati. Si tratta però di facoltà, non di obbligo per il giudice, il quale, anche in presenza di una soccombenza reciproca può decidere di non compensare, anche in nessuna misura, le spese. 5. Ciò premesso resta però da vedere se, in presenza per l’appunto di reciproca soccombenza, la scelta della parte cui addebitare, per intero, le spese, sia stata poi corretta oppure no. Il secondo motivo investe, per entrambi i gradi, principalmente proprio tale parte della decisione di merito e, in tale direzione, deve ritenersi fondato. L’attribuzione dell’onere integrale delle spese appare invero nella specie errata sebbene non, come sostenuto in ricorso, in relazione al principio di causalità, bensì perché non appare coerente con una corretta ponderazione della soccombenza dell’una rispetto a quella dell’altra parte. Non pertinente, infatti, si rivela nella specie il richiamo al principio affermato da Cass. 19/10/2016, n. 21069, e ribadito da Cass. 23/01/2018, n. 1572, secondo cui, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c., dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, al di fuori dell’ipotesi prevista dal suddetto articolo, comma 1, secondo periodo, l’attore parzialmente vittorioso sull’unica domanda, e dunque, logicamente, anche quello vittorioso su una delle domande proposte, nonostante l’esistenza di una soccombenza a suo carico per la parte di domanda rigettata o per le altre domande rigettate, e cioè nonostante la sussistenza di una soccombenza reciproca, non può essere condannato neppure parzialmente alle spese. Esse, in alternativa all’imposizione totale al convenuto, mera espressione del principio di causalità, possono essere solo compensate totalmente o parzialmente, con condanna, però, in questo secondo caso, a carico del convenuto per la parte non compensata. Come ben chiarito, in motivazione, dallo stesso richiamato arresto di Cass. n. 21069 del 2016, tale principio può valere solo in ipotesi di soccombenza reciproca determinata dal parziale accoglimento della unica domanda, non anche in caso, quale quello di specie, di soccombenza reciproca determinata dal parziale accoglimento di domande contrapposte. Il principio sopra enunciato, infatti, costituisce la risultante della combinazione, da un lato, del legittimo esercizio del potere discrezionale del giudice di compensare le spese in tutto o in parte in presenza di soccombenza reciproca o degli altri presupposti previsti dall’art. 92 c.p.c., comma 2 potendosi predicare soccombenza reciproca anche in caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, articolata o meno in più capi , dall’altro, del principio di causalità in virtù del quale, in caso di compensazione parziale, la parte onerata della parte residua delle spese non può essere la parte parzialmente vittoriosa, ma quella che, con la sua resistenza parzialmente ingiustificata, ha dato causa all’instaurazione del giudizio . Ne discende che, mentre nel caso di processo con domanda unica, il parziale accoglimento dell’unica domanda e la conseguente esistenza di una soccombenza reciproca di entrambe le parti, ove si ritenga di non compensare le spese o di compensarle solo parzialmente , non fa venir meno la rilevanza del principio di causalità ai fini della individuazione della parte cui attribuire l’onere delle spese questa dovendosi sempre individuare nel convenuto, salvo il solo caso di cui al secondo inciso dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e anzi proprio argomentando a contrarlo da esso , nel caso invece - che nella specie ricorre - di pluralità di domande contrapposte, il loro parziale accoglimento, con reciproca parziale soccombenza, non rende possibile il ricorso al principio di causalità per individuare la parte cui porre a carico le spese, in tutto in caso di non compensazione o in parte in caso di compensazione solo parziale . Si osserva infatti condivisibilmente che, in tal caso, poiché l’applicazione pura e semplice del principio di causalità, cioè la responsabilità della introduzione della domanda, implicherebbe che essa debba riferirsi per ognuna a chi l’ha proposta e che, dunque, dovrebbe farsi luogo a due contrapposte condanne, l’art. 92 c.p.c., comma 2, implica invece il potere del giudice di regolare le spese o facendo luogo alla compensazione totale o facendo luogo ad una compensazione parziale. In questo secondo caso, la condanna parziale alle spese può avere luogo a carico di quella parte la cui domanda, pur accolta, si presenta sostanzialmente di minor valore rispetto a quella accolta a favore dell’altra parte. Nell’ipotesi di pluralità di domande, le due causalità ricollegate all’introduzione delle due domande possono dal giudice in sostanza essere confrontate fra loro ed allo stesso giudice è commesso di individuare quella più importante in relazione al valore della domanda . Mette conto solo aggiungere che lo stesso criterio va ovviamente osservato - nel caso, ripetesi, di soccombenza reciproca determinata dal rigetto o dal solo parziale accoglimento delle domande contrapposte - anche nell’ipotesi in cui il giudice scelga nell’esercizio del potere discrezionale rimessogli dall’art. 92 c.p.c., comma 2 di non compensare le spese, ai fini della individuazione della parte cui addossarne per intero l’onere. Ed è proprio tale criterio che, nella specie, consente di ritenere non corretta la decisione di porre le spese di primo grado a carico di parte attrice e, conseguentemente, erronea anche la sentenza d’appello qui impugnata nella parte in cui non ha accolto il gravame in parte qua. Se, infatti, come condivisibilmente affermato dal precedente richiamato, ai fini di individuare la parte, per così dire, maggiormente soccombente , occorre aver riguardo al - e confrontare il - valore delle domande nella parte in cui sono state accolte e non dunque il valore delle domande rispettivamente rigettate , tale per cui maggiormente soccombente deve ritenersi la parte la cui domanda accolta sia di minor valore, appare indubbio che nella specie questa sia la società odierna resistente, atteso che la domanda da essa proposta ha trovato accoglimento per il solo importo di Euro 67,11, mentre la domanda contrapposta di accertamento negativo dell’odierna ricorrente ha trovato accoglimento, come espressamente affermato in sentenza, per il ben maggiore importo della differenza tra Euro 653,82 totale ammontare delle fatture emesse e, per l’appunto, Euro 67,11 unico importo per cui il credito portato da quelle fatture è stato ritenuto fondato . 5. La sentenza impugnata va pertanto cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna della società odierna resistente al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, oltre che di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. Data infatti l’esiguità del valore economico della parte di domanda accolta pur sempre maggiore, però, della ben più ridotta parte accolta della contrapposta domanda della resistente , la compensazione, totale o parziale, delle spese, si risolverebbe in una sostanziale elisione del vantaggio ottenuto dall’esito sostanzialmente favorevole del giudizio, poiché del tutto annullato se non addirittura sopravanzato dal sacrificio rappresentato dal dover sostenere le spese della propria difesa tecnica. P.Q.M. accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione cassa la sentenza decidendo nel merito, in relazione ai capi attinti dai motivi accolti, condanna Fastweb S.p.A. alla rifusione in favore della ricorrente a delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in Euro 600 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e oltre accessori di legge b delle spese del giudizio d’appello, liquidate in Euro 792 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e oltre accessori di legge c delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 1.400 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.