Liquidazione del compenso dell’architetto in caso di impossibilità di realizzare il progetto

Il compenso spettante ad un architetto o ingegnere per le prestazioni rese parzialmente deve essere aumentato indipendentemente dalla causa relativa al mancato completamento dell’incarico e anche laddove sia intervenuta revoca da parte del committente.

Il caso. Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 451/20, depositata il 14 gennaio, decidendo sul ricorso proposto nell’ambito di una causa avente ad oggetto i decreti ingiuntivi emessi a favore di un architetto a titolo di competenze professionali. Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione, mentre la Corte d’Appello, in parziale riforma della prima pronuncia, aveva parzialmente accolto l’opposizione riducendo le competenze professionali dell’architetto secondo i minimi tariffari in ragione dell’impossibilità di realizzazione del progetto di lottizzazione. Il professionista aveva infatti presentato il progetto presso i competenti uffici comunali solo due giorni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme urbanistiche, circostanza non imputabile al tecnico. Veniva inoltre escluso l’aumento richiesto per prestazioni sospese” inerenti alla progettazione esecutiva e alla direzione dei lavori. L’architetto ha proposto ricorso per cassazione. Determinazione del compenso. Con il primo motivo viene dedotta violazione degli artt. 10 e 18 l. n. 143/1949 Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dell'ingegnere e dell'architetto per aver la Corte territoriale escluso la maggiorazione del 25% per le prestazioni sospese, la quale avrebbe invece carattere indennitario e spetterebbe in tutte le ipotesi di interruzione del rapporto. Il Collegio ritiene fondata la censura e ricorda che secondo l’art. 10 cit. la sospensione, per qualsiasi motivo, dell’incarico del professionista non esime il committente dall’obbligo di corrispondere l’onorario per il lavoro svolto e predisposto. Inoltre, laddove la sospensione non sia dovuta a cause dipendenti dal professionista, egli ha diritto al risarcimento degli eventuali maggiori danni. La norma richiama poi l’art. 18 l. n. 143/1949 relativo alle prestazioni parziali, ipotesi in cui la valutazione dei compensi a percentuale segue le aliquote specificate dal legislatore. Posto che la legittimità delle norme citate ha superato il vaglio della Corte Costituzionale con le sentenze n. 192/1984 e n. 336/2000, il Collegio giunge all’affermazione del principio secondo cui il compenso spettante ad un architetto o ingegnere per le prestazioni parziali rese deve essere aumentato, ai sensi dell’art. 18 legge della tariffa professionale degli ingegneri e architetti indipendentemente dalla causa relativa al mancato completamento dell’incarico e anche se esso sia stato determinato dalla revoca di quest’ultimo, proveniente dal committente . Per questi motivi la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 settembre 2019 – 14 gennaio 2020, n. 451 Presidente Oricchio – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1. Con separati atti di citazione notificati il 24.9.2002, le società cooperative a responsabilità limitata Datini ed i Trebbi proponevano opposizione avverso i decreti ingiuntivi emessi dal Presidente del Tribunale di Prato in favore dell’arch. P.M. per il pagamento delle somme di Euro 98.795,53 e di Euro 105.635,94, oltre interessi e spese, a titolo di competenze professionali per la progettazione di un piano di lottizzazione per insediamenti produttivi nel Comune di Prato e per altre prestazioni connesse a tale incarico. 1.1. Instauratosi il contraddittorio con la costituzione del P. e riuniti i procedimenti, il Tribunale di Prato, con sentenza del 20.11.2009 rigettava le opposizioni. 2. Proponevano appello le società Datini ed I Trebbi, cui resisteva il P. . 2.1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 4 maggio 2015, in parziale riforma della decisione di primo grado, accoglieva parzialmente l’opposizione e riduceva le competenze professionali. 2.2. Per quel che ancora rileva nel giudizio di legittimità, la corte di merito rigettava l’eccezione di inadempimento proposta dalle società i Datini ed i Trebbi, osservando che il progetto di lottizzazione era stato presentato dal professionista presso i competenti uffici comunali solo due giorni dopo l’entrata in vigore del nuovo progetto urbanistico, sicché la non conformità alla normativa urbanistica non era imputabile al tecnico ma ad un evento sopravvenuto che costituiva factum principis. 2.3. Sotto il profilo del quantum, la corte distrettuale determinava i compensi secondo i minimi tariffari, tenendo conto del contenuto del verbale di assemblea del 24.11.1997, svoltasi presso lo studio del professionista e li riduceva nella misura del 30%, in ragione dell’impossibilità di realizzazione del progetto di lottizzazione. 2.3. Veniva, inoltre, escluso l’aumento del 25% richiesto dal P. per le prestazioni sospese , consistenti nella progettazione esecutiva e nella direzione dei lavori in quanto si trattava di prestazioni che non erano state svolte dal professionista e che non potevano essere svolte, in quanto il progetto non era conforme allo strumento urbanistico vigente non si trattava, secondo il giudice d’appello di un lavoro fatto e predisposto ma di un’attività nemmeno predisposta a causa della mancata approvazione del progetto di lottizzazione. 3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.M. sulla base di tre motivi. 3.1. Hanno resistito con controricorso le società cooperative a responsabilità limitata Datini ed I Trebbi, che, in prossimità dell’udienza anno depositato memorie illustrative. 3.2. Il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Lucio Capasso ha chiesto il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 2 marzo 1949, n. 143, artt. 10 e 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito applicato la maggiorazione del 25% per le prestazioni sospese, ritenendo erroneamente che esse non fossero state svolte la maggiorazione avrebbe, invece, carattere indennitario e sarebbe applicabile a tutte le ipotesi di interruzione del rapporto professionale. 1.1. Il motivo è fondato. 1.2. La L. n. 143 del 1949, art. 10, dispone che testualmente che la sospensione per qualsiasi motivo dell’incarico dato al professionista non esime il committente dall’obbligo di corrispondere l’onorario relativo al lavoro fatto e predisposto come precisato al seguente art. 18. Il comma 2 prevede dell’art. 10 prevede che, quando la sospensione non sia dovuta a cause dipendenti dal professionista stesso, rimane salvo il suo diritto al risarcimento degli eventuali maggiori danni. 1.3. L’art. 18, richiamato dal citato art. 10, disciplina le prestazioni parziali, ovvero le prestazioni del professionista che non seguono lo sviluppo completo dell’opera ma si limitano solo ad alcune funzioni - appunto parziali - alle quali fu limitato l’incarico originario in tale ipotesi, la valutazione dei compensi a percentuale è fatta sulla base delle aliquote specificate nella tabella 8, allegata alla legge, aumentata del 25 per cento come nel caso della sospensione di incarico di cui dell’art. 10, comma 1 . Nel caso di sospensione dell’incarico, il compenso si valuta applicando le corrispondenti aliquote o percentuali al consuntivo della parte di opera eseguita ed al preventivo della parte di opera progettata e non eseguita, facendone il cumulo, tenuto conto dei coefficienti di maggiorazione come è detto sopra. 1.3. Dall’interpretazione letterale della L. n. 143 del 1949, artt. 10 e 18, si evince che l’architetto e l’ingegnere, in caso di sospensione dell’incarico, hanno sempre diritto alla maggiorazione prevista dall’art. 18, per le prestazioni parziali, e, in caso di colpa del committente anche alla tutela risarcitoria. 1.4. La legittimità delle norme citate è stata scrutinata dalla Corte Costituzionale con le sentenze N. 192/1984 e con la sentenza del n. 336 del 24.7.2000. 1.5. Il giudice remittente aveva dubitato della legittimità costituzionale della normativa in quanto, nel caso di recesso del committente dal contratto di prestazione d’opera intellettuale stipulato con un architetto o un ingegnere, quest’ultimo poteva pretendere sia la maggiorazione, nella misura del 25 per cento, del compenso per l’opera svolta, sia il risarcimento integrale del danno rispettivamente ai sensi dell’art. 18 e dell’art. 10, comma 2, della legge in esame , in tal modo permettendo ad architetti e ingegneri, unici tra i professionisti, di cumulare il risarcimento del danno da inadempimento con una indennità dovuta per legge. 1.5.1. La Corte Costituzionale, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale, ha osservato che la maggiorazione dei compensi, prevista dal combinato disposto della citata L. n. 143 del 1949, artt. 10 e 18, nell’ipotesi di sospensione dell’incarico, costituisce una indennità volta a compensare l’ingegnere o architetto per l’impossibilità di realizzare il progetto predisposto, che può essere apprezzato soltanto nei successivi stadi di realizzazione dell’opera. 1.5.2 Il professionista può pretendere il risarcimento del danno soltanto deducendo, e provando, l’altrui colpevole condotta e non sulla base del mero fatto della sospensione dell’incarico, anche in caso di intervenuta revoca. A evitare, infine, il rischio di qualsiasi indebita locupletazione per il professionista, vi è il principio secondo cui l’indennità prevista dall’art. 10, comma 1, resta assorbita nel risarcimento quando esso sia superiore. 1.6. Anche questa Corte ha ritenuto che il compenso spettante ad un ingegnere per le prestazioni parziali rese debba esser aumentato del 25%, ai sensi dell’art. 18 legge della tariffa professionale degli ingegneri e architetti L. 2 marzo 1949, n. 143 , indipendentemente dalla circostanza che il mancato completamento dell’incarico sia dipeso dalla revoca di quest’ultimo, proveniente dal committente e determinata dall’inadempimento del professionista. Il giudice di legittimità ha fornito un’interpretazione sistematica agli artt. 10 e 18 della Legge Professionale, muovendo dalla lettera dell’art. 10, che stabilisce tale aumento in caso di sospensione dell’incarico per qualsiasi motivo , specificando al comma 2 che il diritto al risarcimento di maggiori danni è escluso se la sospensione è imputabile al professionista Cassazione civile sez. II, 17/07/1999, n. 7602 . 1.7. Detto indirizzo ha trovato conferma in una successiva pronuncia dell’11/09/2009, n. 19700, secondo cui l’art. 10, comma 2 della tariffa professionale degli ingegneri ed architetti, approvata con L. 2 marzo 1949, n. 143, nell’attribuire al professionista il diritto al risarcimento dei maggiori danni, in caso di sospensione dell’incarico dovuta a cause da lui non dipendenti, trova applicazione anche nell’ipotesi di recesso del committente, consentendo al professionista di provare la condotta colpevole di quest’ultimo, ai fini del conseguimento dell’integrale ristoro del danno. 1.8. La corte di merito non ha correttamente applicato la norma di legge in quanto ha escluso la maggiorazione di cui all’art. 10, per le prestazioni sospese , consistenti nella progettazione esecutiva e nella direzione dei lavori, ritenendo che esse non fossero state svolte dal professionista e che non potevano essere svolte, a causa della modifica dello strumento urbanistico. 1.9. Le maggiorazioni erano, invece dovute, indipendentemente dallo svolgimento dell’attività, qualora il progetto e la direzione dei lavori fossero previsti nell’incarico ed indipendentemente dai motivi della sospensione, trattandosi di obbligazione di natura indennitaria. 1.10. La sentenza va, pertanto cassata e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, perché, esaminato l’oggetto dell’incarico conferito al professionista, faccia applicazione del seguente principio di diritto Il compenso spettante ad un architetto o ingegnere per le prestazioni parziali rese deve esser aumentato, ai sensi dell’art. 18 Legge della tariffa professionale degli ingegneri e architetti indipendentemente dalla causa relativa al mancato completamento dell’incarico e anche se esso sia stato determinato dalla revoca di quest’ultimo, proveniente dal committente . 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 5 maggio 1976, n. 340 e della L. n. 143 del 1958, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere operato la riduzione del 30% sul compenso determinato secondo i minimi tariffari, mentre l’inderogabilità dei minimi tariffari sarebbe stata prevista dal verbale di assemblea con cui era stato conferito l’incarico e dalle tariffe professionali degli architetti e degli ingegneri. 2.1. Il motivo è fondato 2.2. La L. n. 340 del 1976, ha previsto che i minimi tariffari per gli architetti siano inderogabili. 2.3. La regola dell’inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti per i professionisti si applica agli incarichi professionali privati non opera, quindi, in relazione agli incarichi conferiti da enti pubblici , come si evince dalla L. n. 404 del 1977, art. 6, che, interpretando autenticamente della L. n. 340 del 1976, art. unico, ha previsto l’inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali degli ingegneri e degli architetti limitatamente ai rapporti intercorrenti tra privati Cassazione civile sez. I, 24/09/2018, n. 22482 Cassazione civile sez. II, 27/04/2015, n. 8502 . 2.4. Mentre, pertanto, i compensi per le prestazioni professionali degli ingegneri ed architetti rese allo Stato e agli altri enti pubblici possono essere concordati, del D.L. n. 65 del 1989, ex art. 4, comma 12 bis, in misura ridotta rispetto ai minimi tariffari, con possibilità di concordare una riduzione dei minimi tariffari senza nullità del patto derogatorio degli anzidetti limiti minimi tariffari, nei rapporti tra privati, i minimi tariffari sono inderogabili. 2.4. Poiché, nella specie, il rapporto contrattuale intercorreva tra privati, ha errato la corte distrettuale ad operare la riduzione del 30% rispetto ai minimi tariffari. 2.5. La sentenza va, pertanto cassata anche in relazione al secondo motivo e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, perché escluda la riduzione operata sui minimi tariffari. 3. Va dichiarato assorbito il terzo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché la corte territoriale non avrebbe preso in esame la consulenza tecnica d’ufficio. P.Q.M. accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.