Conversione del pignoramento, di quali crediti tener conto?

Nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tener conto anche dei creditori intervenuti nel processo esecutivo in un momento successivo all’istanza di conversione, ma fino all’udienza in cui il giudice provvede sulla stessa con ordinanza ex art. 495, comma 3, c.p.c

Così l’ordinanza della Cassazione n. 411/20, depositata il 13 gennaio. Il caso. Il giudice dell’esecuzione, nel determinare le somme dovute per la conversione del pignoramento, richiesta da un debitore esecutato, teneva in considerazione anche il credito di una s.p.a., intervenuta nel processo esecutivo solo in un secondo momento. Avverso tale decisione, il debitore proponeva opposizione sostenendo che l’intervento fosse tardivo o irrilevante ai fini dell’istanza di conversione. Il giudice dell’esecuzione, però, rigettava tale richiesta intervengono così i Giudici della Suprema Corte. Creditori ammessi. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tener conto anche dei creditori intervenuti nel processo esecutivo in un momento successivo all’istanza, fino all’udienza in cui il giudice provvede sulla stessa con ordinanza ex art. 495, comma 3, c.p.c Questo anche in virtù del principio della par condicio creditorum, secondo cui tutti i creditori hanno pari diritto a soddisfarsi sui beni del comune debitore in proporzione ai rispettivi crediti. Pertanto, l’intervento nel processo esecutivo effettuato successivamente all’istanza di conversione del pignoramento, ma anteriormente all’udienza fissata per decidere su di essa, non incide ex post sull’ammissibilità della domanda, con riferimento all’osservanza dell’onere di accompagnare la stessa con il versamento di una somma pari ad un quinto del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti. Dei crediti insinuati nella procedura esecutiva alla data successiva all’istanza di conversione si deve tener conto nell’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione determina la somma da sostituire al bene pignorato ai sensi dell’art. 495, comma 3, c.p.c In conclusione, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 14 marzo 2019 – 13 gennaio 2020, n. 411 Presidente Frasca – Relatore D’Arrigo Ritenuto C.F. , debitore esecutato, in data 26 settembre 2014 faceva richiesta di conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c. Il giudice dell’esecuzione fissava per il giorno 27 novembre 2014 l’udienza per provvedere sull’istanza. In data 31 ottobre 2014 nel processo esecutivo interveniva anche la Italfondiario s.p.a. Il giudice dell’esecuzione, nel determinare le somme dovute per la conversione del pignoramento, teneva in conto anche il credito della Italfondiario s.p.a. Contro la relativa ordinanza il C. proponeva opposizione, sostenendo che l’intervento fosse tardivo o comunque dovesse considerarsi irrilevante ai fini della istanza di conversione. Il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza di sospensione e disponeva per la prosecuzione del giudizio. Il C. introduceva nel merito il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, a conclusione del quale il Tribunale di Viterbo rigettava l’opposizione, con condanna dell’opponente alle spese processuali. Avverso tale sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., fondato su un unico motivo. Italfondiario s.p.a. ed Elipso Finance s.p.a. hanno resistito con controricorso. UBI Banca s.p.a., invece, non ha svolto attività difensiva. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, comma 1, art. 1-bis, lett. e , conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Considerato In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata. Il ricorso è manifestamente infondato. Esso, infatti, non illustra alcuna ragione per distaccarsi dall’orientamento di questa Corte secondo cui, nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tenere conto anche dei creditori intervenuti successivamente all’istanza, fino all’udienza in cui il giudice provvede ovvero si riserva di provvedere sulla stessa con l’ordinanza di cui dell’art. 495 c.p.c., comma 3 Sez. 3, Sentenza n. 940 del 24/01/2012, Rv. 621379 . In particolare, il creditore sostiene che una simile interpretazione finirebbe col frustrare le finalità dell’istituto della conversione del pignoramento, che è finalizzato a favorire la liberazione del debitore mediante lo spontaneo pagamento dei crediti ritualmente ammessi nel processo esecutivo alla data di presentazione dell’istanza. In realtà, il citato orientamento tiene conto del principio della par condicio creditorum, a mente della quale tutti i creditori hanno pari diritto a soddisfarsi sui beni del comune debitore in proporzione ai rispettivi crediti art. 2741 c.c. . Tale principio, dal quale deriva la regola della concorsualità, esprime un atteggiamento di favore del legislatore verso gli interventi tempestivi nel processo esecutivo, quali strumenti volti a favorire la contemporanea soddisfazione di tutti i creditori. Deve quindi concludersi che, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, l’ordinamento non ritiene affatto di favorire il debitore nella possibilità di liberare i propri beni dal vincolo del pignoramento pagando solo parte dei creditori intervenuti nel processo esecutivo. La conversione del pignoramento, quale strumento integralmente satisfattivo delle ragioni dei creditori, non può non tener conto del credito per il quale è stato fatto atto di intervento in data anteriore a quella in cui il giudice dell’esecuzione, provvedendo sull’istanza, determinando l’ammontare complessivo delle somme occorrenti per la piena estinzione di tutti i crediti. Resta da osservare che l’intervento nel processo esecutivo effettuato in data successiva all’istanza di conversione del pignoramento, ma anteriormente all’udienza fissata per provvedere su di essa, ovviamente non incide ex post sull’ammissibilità della domanda, con specifico riferimento all’osservanza dell’onere di accompagnare la stessa con il versamento di una somma pari ad un quinto del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti. La commisurazione dell’importo che, a titolo cauzionale, deve accompagnare l’istanza di conversione del pignoramento va rapportata all’ammontare dei crediti insinuati nella procedura esecutiva alla data di presentazione dell’istanza medesima, mentre di quelli successivamente intervenuti si dovrà tenere conto nell’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione determina la somma da sostituire al bene pignorato ai sensi dell’art. 495 c.p.c., comma 3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle società controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.