Pregiudizialità e sospensione del giudizio pregiudicato

Quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. e non ai sensi dell'art. 295 c.p.c.

Un processo può essere sospeso per la sentenza emessa in un altro solo previa espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in questo secondo procedimento. Questo è il principio stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, con ordinanza n. 31876/19, depositata il 5 dicembre, relativa ad un ricorso dell’anno precedente, presentato da due legali per l’impugnazione, con regolamento di competenza, di un’ordinanza del Tribunale di Ancona che aveva disposto la sospensione del giudizio con cui i suddetti avevano chiesto la determinazione del compenso ad essi spettante per le prestazioni professionali rese, in favore del Comune di Ancona, in un giudizio civile del 1995, definito con sentenza addirittura del 2017. Il caso. I legali nel settembre del 2017 chiedevano al Tribunale di Ancona di determinare i compensi a loro spettanti per le prestazioni professionali rese in favore del Comune della stessa città, in un giudizio durato ben dodici anni, ai sensi degli artt. 14 d.lgs. n. 150/2011 e 702 c.p.c Il Tribunale però disponeva la sospensione del giudizio, rilevando che la stessa Pubblica Amministrazione aveva notificato ai legali, un giorno prima del deposito del loro ricorso, una domanda di accertamento negativo del credito per le prestazioni professionali, allegando tra l’altro l’avvenuto pagamento integrale del compenso dovuto. Questo procedimento veniva definito in primo grado con sentenza del 2018, che rigettava la domanda proposta dal Comune. Il Tribunale disponeva però la sospensione del giudizio instaurato dagli avvocati stabilendo che l’esatta quantificazione del compenso dovuto e la corretta imputazione degli acconti stabiliscono un passaggio obbligato, nell’iter logico giuridico che conduce alla decisione sulla domanda di condanna avanzata dai legali di conseguenza, essendo stata impugnata con appello la sentenza relativa alla causa instaurata dal Comune, è necessario sospendere il giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso la domanda di accertamento negativo ex art. 337 c.p.c Visto tale provvedimento gli avvocati, con ricorso notificato nell’ottobre del 2018, impugnavano con ben otto motivi l’ordinanza del Tribunale di Ancona, deducendo tra l’altro che il procedimento sommario collegiale previsto dall’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 è stato illegittimamente sospeso, trattandosi di un giudizio speciale, funzionale ed esclusivo in materia di determinazione e liquidazione dei compensi dell’avvocato, nonché che l’ordinanza di sospensione non avrebbe motivato adeguatamente le ragioni per cui ha disconosciuto l’autorità della sentenza pregiudicante, dovendo invece motivare esplicitamente i motivi per cui l’ha disapplicata, dato che essa aveva rigettato la richiesta del Comune, che l’accertamento negativo , in materia di compensi degli avvocati, non può mai essere pregiudiziale rispetto al procedimento di determinazione e liquidazione del compenso ai sensi dell'articolo 14 citato, e infine per altri motivi indicati nel ricorso. Il Comune di Ancona si è costituito con memoria, non articolando difese. Un procedimento può essere sospeso a causa di una sentenza emessa in altra causa solo ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c. e previa valutazione sulla controvertibilità o meno della decisione. La Corte di Cassazione ha prima di tutto stabilito che il provvedimento di sospensione del processo può essere impugnato mediante regolamento di competenza, citando la sentenza 18494/18. Inoltre, ha stabilito che quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337, comma 2 del codice di procedura civile e non ai sensi dell'articolo 295, con la conseguenza che ove il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di quest’ultima norma, il provvedimento è illegittimo a prescindere da ogni ulteriore considerazione. Questo, in quanto ai fini del legittimo esercizio del potere discrezionale del processo, previsto dall’art. 337 c.p.c., comma 2, è indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta, con la conseguenza che la sospensione discrezionale è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per cui non intende riconoscere le ragioni della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivida il merito o le ragioni giustificatrici. Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, l’ordinanza impugnata non si è posta in alcun modo il problema di motivare sulle ragioni dell’opportunità di sospendere il secondo processo limitandosi a indicare la stretta interdipendenza tra le domande senza farsi carico di valutare la controvertibilità della soluzione della questione data nella prima sentenza ed ipotizzare di non condividerla. In questo modo l'ordinanza ha violato il principio di diritto stabilito dall’orientamento della Suprema Corte sull'espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione e per cui la sospensione discrezionale è ammessa quando il giudice abbia esplicitamente motivato sul perché non abbia inteso fare riferimento all’autorità della prima sentenza, ritenendola non vincolante. Per l’ordinanza in commento, quindi, vi è assoluta mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza o all’insussistenza, nella decisione del Tribunale di Ancona sulla prima domanda, della sua plausibilità, sulla quale si basa il potere di sospensione. Di conseguenza, la Corte ha accolto il ricorso, cassando l’ordinanza e rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Ancona, anche per le spese.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 12 settembre – 5 dicembre 2019, n. 31876 Presidente Lombardo – Relatore Dongiacomo Rilevato che 1. il tribunale di Ancona, con l’ordinanza in epigrafe, notificata in data 16/10/2018, nel dichiarato esercizio del potere previsto dall’art. 337 c.p.c. comma 2 ha disposto la sospensione del giudizio con il quale, a mezzo di ricorso depositato il 14/9/2017, gli avvocati F.P. e F.M. , a norma del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 e dell’art. 702 bis c.p.c., hanno chiesto la determinazione del compenso ad essi spettante per le prestazioni professionali rese, in favore del Comune di Ancona, nel giudizio civile n. 3655 del 1995, definito con sentenza resa nel 2017 2. il tribunale, in particolare, ha rilevato, per un verso, che il Comune di Ancona, con atto di citazione notificato ai predetti ricorrenti in data 13/9/2017, aveva proposto - innanzi al medesimo tribunale - domanda di accertamento negativo dell’inesistenza del credito per prestazioni professionali così come quantificato dall’avv. F.M. nella stessa parcella oggetto del presente giudizio , avente, quale causa petendi, l’allegazione dei fatti costitutivi del rapporto di clientela e il loro svolgimento ivi compreso l’avvenuto pagamento integrale del compenso dovuto , definita in primo grado con la sentenza n. 1336 del 2018, che ha rigettato la domanda proposta dal Comune, e, per altro verso, che la causa petendi della domanda di liquidazione del compenso dell’avvocato, oggetto del presente giudizio, è rappresentata dall’allegazione dei fatti costitutivi del rapporto di clientela e del loro svolgimento e poiché, ha aggiunto il tribunale, la domanda di condanna proposta dal professionista, oggetto del giudizio in questione, implica necessariamente la richiesta di accertamento negativo, mentre la domanda del cliente di accertamento negativo dell’obbligazione per adempimento è il contraltare di quella proposta dal difensore, nulla essa aggiungendo rispetto alla domanda di accertamento positivo, l’esatta quantificazione del compenso dovuto e la corretta imputazione degli acconti pagati dal cliente costituiscono un passaggio obbligato, nell’iter logico giuridico che conduce alla decisione sulla domanda di condanna avanzata dagli avvocati , con la conseguenza, ha concluso il tribunale, che, a fronte della pronuncia sulla questione pregiudiziale, e cioè la sentenza n. 1336 del 2018, impugnata con atto d’appello, è necessario sospendere il presente giudizio in attesa del passaggio in cosa giudicata della sentenza che ha deciso la domanda di accertamento negativo ex art. 337 c.p.c. 3. gli avvocati F.P. e F.M. , con ricorso notificato in data 29/10/2018, hanno impugnato, per otto motivi, la predetta ordinanza con regolamento di competenza, deducendo, in particolare, che a il procedimento sommario collegiale previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, è stato illegittimamente sospeso trattandosi di un giudizio speciale, funzionale ed esclusivo in materia di determinazione e liquidazione dei compensi dell’avvocato, anche laddove sussistano questioni, sollevata dal cliente, sull’an debeatur e/o di accertamento negati del credito vantato dal professionista b l’ordinanza di sospensione non motiva le ragioni per le quali ha disconosciuto l’autorità della sentenza pregiudicante, laddove, al contrario, la legittimità della sospensione discrezionale prevista dall’art. 337 c.p.c., comma 2, è necessario che il giudice motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante c il procedimento sommario collegiale era maturo, anche a seguito di una analitica consulenza tecnica d’ufficio, per la decisione d il procedimento speciale previsto dall’art. 14 cit. è per sua natura connotato da sommarietà ai fini di una rapida decisione, che non ammette alcuna pregiudizialità, e non può essere, quindi, sospeso e l’accertamento negativo, in materia di compensi degli avvocati, non può mai essere pregiudiziale rispetto al procedimento di determinazione e liquidazione del compenso ai sensi dell’art. 14 cit. f la sospensione contrasta con il principio di ragionevole durata del processo g il tribunale non poteva sospendere il giudizio dovendo prendere atto della volontà, manifestata dal Comune, di rinunciare alla prevenzione della propria domanda di accertamento negativo h il procedimento non poteva essere sospeso nei confronti dell’avv. F.P. , rimasto estraneo rispetto al giudizio ordinario di accertamento negativo ed al relativo giudizio d’appello 4. il Comune di Ancona si è costituito con memoria del 4/2/2019 ma non ha articolato difese. Ritenuto che 1. il provvedimento di sospensione del processo a norma dell’art. 337 c.p.c., comma 2, può essere impugnato, in applicazione analogica di quanto previsto dall’art. 42 c.p.c. per le ordinanze di sospensione del processo per cd. pregiudizialità-dipendenza, mediante regolamento di competenza Cass. n. 18494 del 2018 2. quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato anche se si tratta della domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato nelle forme di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c., con la conseguenza che, ove il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sé illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità Cass. n. 26435 del 2009 Cass. n. 21924 del 2008 Cass. SU n. 10027 del 2012 Cass. n. 21505 del 2013 Cass. n. 674 del 2014 Cass. n. 6207 del 2014 Cass. n. 26251 del 2017 Cass. n. 80 del 2019 3. ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall’art. 337 c.p.c., comma 2, è indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e le critica che ne è stata fatta, con la conseguenza che la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici Cass. n. 24046 del 2014 conf. Cass. n. 16142 del 2015, secondo cui in tema di sospensione facoltativa del processo, disposta quando in esso si invochi l’autorità di una sentenza pronunciata all’esito di un diverso giudizio e tuttora impugnata, la relativa ordinanza, resa ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, è impugnabile col regolamento di competenza di cui all’art. 42 c.p.c., e il sindacato esercitabile al riguardo dalla Corte di cassazione è limitato alla verifica dell’esistenza dei presupposti giuridici in base ai quali il giudice di merito si è avvalso del potere discrezionale di sospensione, nonché della presenza di una motivazione non meramente apparente in ordine al suo esercizio in effetti, come affermato dalla citata Cass. n. 24046 del 2014, in tema di sospensione facoltativa del processo, disposta quando in esso si invochi l’autorità di una sentenza pronunciata all’esito di un diverso giudizio e tuttora impugnata, la relativa ordinanza, resa ai sensi dell’art. 337 c.p.p., comma 2, è impugnabile col regolamento di competenza di cui all’art. 42 c.p.c. e tuttavia, non è consentito dimenticare le peculiarità della figura di sospensione processuale contemplata dalla norma in esame la quale a differenza di quanto dispone l’art. 295 c.p.c. attribuisce al giudice un potere di sospensione facoltativo e discrezionale - da esercitare ovviamente in modo motivato come il testo stesso della norma chiaramente indica si veda in tal senso, tra le altre, Cass. n. 15794 del 2005, cit. . Ne consegue che il sindacato esercitabile al riguardo da parte della Cassazione, investita con ricorso per regolamento, è limitato alla verifica dell’esistenza dei presupposti giuridici in base ai quali il giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui solo spettante ed all’esistenza di una motivazione non meramente apparente in altri termini, la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio non intenda poggiarsi sull’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, in quanto non intenda riconoscere l’autorità dell’altra decisione Cass. Sez. Un., 19 giugno 2012, n. 10027 Va solo aggiunto che tale potere discrezionale può bene essere esercitato a condizione che si dia conto, purché in modo non meramente apparente, di tali indispensabili valutazioni occorre allora, con tutta evidenza, che di tale intenzione di non riconoscimento si dia comunque, per quanto sommariamente e con valutazione ancora una volta discrezionale e quindi sottratta al sindacato di merito da parte di questa Corte , espressamente conto, altrimenti risolvendosi la sospensione nell’esercizio immotivato di un potere - che da discrezionale diverrebbe arbitrario ed incontrollabile - e finendo con il sovrapporsi meccanicisticamente alla diversa - e non configurabile, per quanto detto - ipotesi della sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c . 4. nel caso di specie, come eccepito dai ricorrenti, la gravata ordinanza non si è posta in alcun modo il problema di motivare sulle ragioni dell’opportunità di sospendere il secondo processo essa, infatti, si è limitata ad indicare la stretta interdipendenza tra le domande di accertamento negativo del credito, definita in primo grado, e di condanna al pagamento di quanto dovuto in forza del medesimo credito, oggetto del giudizio a quo , senza, tuttavia, farsi carico di valutare la controvertibilità della soluzione della questione data nella prima sentenza e di ipotizzare di non condividerla essa, in tal modo, si è sottratta all’onere delineato dal richiamato orientamento ed ha violato il principio di diritto che lo stesso ha espresso, e cioè che, per il legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale previsto dall’art. 337 c.p.c., è indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità che il confronto tra la decisione intervenuta e le critica che ne è stata svolta abbia fatto emergere, per cui la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente sul perché non intenda poggiarsi sull’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, in quanto non intenda riconoscere l’autorità di quell’altra decisione e, sostanzialmente, non ne condivida il merito o le ragioni giustificatrici nell’ordinanza impugnata, in effetti, si configura un’assoluta mancanza di valutazione da parte del giudice che l’ha pronunciata in ordine alla sussistenza oppure alla insussistenza, nella decisione già assunta dal tribunale di Ancona sulla domanda di accertamento negativo, di forza di convincimento e di plausibilità , per cui il potere di sospensione, pur sotto le mentire spoglie dell’art. 337 c.p.c., comma 2, espressamente evocato in dispositivo, si fonda esclusivamente sulla valutazione, invece esplicitata, della pregiudizialità dell’accertamento oggetto della detta decisione e sub iudice per la pendenza del giudizio d’appello, rispetto a quello che dovrebbe aver corso nel giudizio sospeso si tratta, tuttavia, di una valutazione che sarebbe stata giustificata e sufficiente se il potere esercitato fosse stato quello dell’art. 295 c.p.c. il tribunale, invece, non ha in alcun modo espresso un convincimento sull’autorità della decisione pregiudicante, intesa, secondo i principi di cui alla riportata decisione, come sussistenza o meno della forza di convincimento del suo tenore in tale situazione, in definitiva, il potere di sospensione è stato esercitato del tutto illegittimamente in quanto la motivazione assunta nell’ordinanza di sospensione non risponde in alcun modo al paradigma dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e l’ordinanza dev’essere pertanto caducata, dovendosi disporre la prosecuzione del giudizio. P.Q.M. La Corte così provvede accoglie il ricorso cassa l’impugnata ordinanza rimette le parti innanzi al tribunale di Ancona, assegnando alle stesse il termine di sessanta giorni per la riassunzione del giudizio, del quale dispone la prosecuzione spese al definitivo.