Sanzione stradale estinta per prescrizione: come si qualifica l’opposizione al sollecito di pagamento?

L’opposizione alla cartella di pagamento con la quale sia stato intimato il versamento della sanzione amministrativa comminata per violazione del codice della strada, deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi ex art. 615 c.p.c. laddove deduca la sopravvenuta estinzione della pretesa creditoria.

Sul tema la Corte di Cassazione si con l’ordinanza n. 30094/19, depositata il 19 novembre. Il caso. Il Giudice di Pace di Roma veniva investito dell’opposizione proposta dall’attore avverso il sollecito di pagamento ricevuto sulla base di tre verbali di accertamento per violazione del codice della strada. L’uomo deduceva l’omessa notifica delle cartelle poste a base della diffida, invocando, ad ogni modo, l’estinzione della pretesa creditoria per asserita intervenuta prescrizione. Il Giudice di Pace dichiarava inammissibile l’opposizione, decisione confermata poi anche dal Tribunale. Il Giudice dell’appello riteneva infatti che l’opposizione avrebbe dovuto essere compresa nel campo di applicazione dell’art. 22 l. n. 689/1981 ratione temporis applicabile , da qui l’inammissibile dell’impugnazione per la mancata prova dell’osservanza del termine di 30 giorni dall’avvenuta notifica del sollecito di pagamento. Il soccombente ha dunque presentato ricorso per cassazione. Qualificazione dell’opposizione. Il Collegio condivide la qualificazione dell’impugnazione come operata dal Tribunale di Roma, ovvero come opposizione recuperatoria ai sensi dell’art. 22 l. n. 689/1981 nella parte in cui erano state dedotte l’omessa notifica delle cartelle esattoriali e la tardività della notifica dell’impugnato sollecito di pagamento. Aggiunge però la S.C. che il ricorrente aveva in realtà formulato una complessa opposizione riferita anche all’eccezione di estinzione della pretesa creditoria. L’opposizione, per questa parte, avrebbe dovuto essere qualificata come opposizione all’esecuzione, ragion per cui essa non poteva – per tale profilo – essere dichiarata inammissibile, sfuggendo la domanda ex art. 615 c.p.c. all’osservanza di un termine di decadenza, incombendo, peraltro, sull’Amministrazione opposta l’onere di comprovare che il diritto alla riscossione di quanto intimato con il sollecito di pagamento non si era ancora prescritto . Sul tema le Sezioni Unite, con la sentenza n. 22080/17 , hanno infatti chiarito che l’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione per violazione del codice della strada, deve essere proposta ai sensi dell’art. 7 d.lgs. n. 150/2011 laddove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con cui è venuta a conoscenza della sanzione stessa per nullità od omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione. Il termine in questo caso è di 30 giorni dalla notifica dell’atto di riscossione. D’altro canto, in caso di opposizione alla cartella di pagamento per l’asserita estinzione della pretesa creditoria dell’Amministrazione irrogante, deve essere qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., e non come opposizione a sanzione amministrativa, trattandosi di una contestazione relativa a fatti successivi rispetto alla formazione del titolo esecutivo. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte giunge all’accoglimento del ricorso limitatamente al mancato rilievo dell’avvenuta proposizione iniziale anche di una domanda di opposizione all’esecuzione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 luglio – 19 novembre 2019, n. 30094 Presidente D’Ascola – Relatore Carrato Fatti di causa e ragioni della decisione Con atto di citazione notificato il 12 luglio 2010 il sig. C.M. , sulla premessa che gli era stato notificato un sollecito di pagamento dell’importo di Euro 1.164,89 fondato su tre verbali di accertamento per violazioni del codice della strada, proponeva opposizione avverso detto atto di intimazione deducendo l’omessa notifica delle cartelle poste a base della diffida e, in ogni caso, eccepiva l’estinzione della relativa pretesa creditoria per asserita intervenuta prescrizione. Nella costituzione di Roma Capitale e nella contumacia della s.p.a. Equitalia Sud, l’adito Giudice di pace di Roma dichiarava, con sentenza n. 42472/2013, l’inammissibilità della formulata opposizione, compensando le spese giudiziali. Decidendo sull’appello avanzato dal C. , al quale resistevano entrambe le parti appellate, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 3653/2018 depositata il 20 febbraio 2018 , rigettava il gravame, confermando l’impugnata sentenza e regolava le spese in base al principio della soccombenza. A fondamento dell’adotta pronuncia, il Tribunale capitolino rilevava che, poiché l’opposizione avrebbe dovuto ritenersi rientrante nel regime di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22 ratione temporis ancora applicabile , essa doveva essere proposta entro trenta giorni dall’avvenuta notifica dell’impugnato sollecito di pagamento, termine che, tuttavia, il ricorrente non aveva provato che fosse stato rispettato non producendo la inerente relata di notifica e senza nemmeno indicare nell’atto di opposizione la relativa data . Avverso la sentenza di secondo grado il C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico complesso motivo, deducendo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c. e art. 345 c.p.c., unitamente al vizio dell’omessa valutazione di una circostanza determinate in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avuto riguardo al mancato rilievo, da parte del giudice di appello, che, nel caso di specie, la proposta opposizione avrebbe dovuto essere ricondotta nell’alveo dell’opposizione all’esecuzione e, come tale, da ritenersi ammissibile siccome sganciata dall’osservanza di un termine decadenziale . Si è costituita in questa sede con controricorso Roma Capitale mentre la s.p.a. Equitalia Sud è rimasta intimata. Su proposta del relatore, il quale riteneva che il motivo potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale la difesa del ricorrente ha depositato anche memoria finale ai sensi del citato art. 380-bis del codice di rito. Rileva il collegio che il motivo di ricorso è parzialmente fondato nei termini che seguono, mentre va rigettato per il resto, in tal senso rivedendosi la prognosi operata con la proposta del relatore. È pur vero che il giudice di appello ha correttamente qualificato l’opposizione proposta come recuperatoria ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 la cui disciplina è stata ripresa dall’art. 7 del d. lgs. n. 150/2001, con specifico riferimento all’opposizione avverso le sanzioni relative alle violazioni del C.d.S. nella parte in cui erano state dedotte l’omessa notificazione delle cartelle esattoriali presupposte e la tardività della notificazione dell’impugnato sollecito di pagamento, ma è altrettanto vero che il C. aveva formulato una complessa opposizione, riferita cumulativamente anche alla eccepita estinzione della pretesa creditoria di Roma Capitale per intervenuta estinzione. Per quest’ultima parte l’opposizione avrebbe dovuto essere qualificata e, quindi, ritenuta configurante un’opposizione all’esecuzione pacificamente dedotta per quanto rilevabile dall’originario contenuto dell’atto di opposizione, oltretutto riportato anche in ricorso , ragion per cui essa non poteva - per tale profilo - essere dichiarata inammissibile, sfuggendo la domanda ex art. 615 c.p.c., all’osservanza di un termine di decadenza, incombendo, peraltro, sull’Amministrazione opposta l’onere di comprovare che il diritto alla riscossione di quanto intimato con il sollecito di pagamento non si era ancora prescritto. In tal senso proprio con la sentenza n. 22080 del 2017 le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito - per un verso, che l’opposizione alla cartella di pagamento o documento equivalente, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria, comminata per violazione del codice della strada, ove la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione, deve essere proposta ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 e, prima, in virtù della L. n. 689 del 1981, art. 22 , e non nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., e, pertanto, entro trenta giorni dalla notificazione dell’atto di riscossione - per altro verso, che, in materia di opposizione a cartella di pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, la contestazione attinente alla prospettazione dell’estinzione della pretesa creditoria dell’Amministrazione irrogante, va qualificata come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., e non come opposizione a sanzione amministrativa ora regolamentata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 , trattandosi di una contestazione che riguarda fatti successivi alla formazione del titolo esecutivo e comunque sopravvenuti rispetto alla notificazione del verbale di accertamento dell’infrazione e degli atti susseguenti. A quest’ultimo principio dovrà conformarsi il giudice di rinvio. Pertanto, alla stregua di tale inquadramento complessivo, il ricorso per cassazione deve essere accolto limitatamente al mancato rilievo dell’avvenuta proposizione iniziale anche di una domanda di opposizione all’esecuzione da parte del C. ferma nel resto l’impugnata decisione , che, per la relativa contestazione, avrebbe dovuto essere dichiarata ammissibile, con la conseguente necessità, da parte del giudice di appello, di pronunciarsi al riguardo sul merito. In definitiva, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione negli specificati termini, con la derivante cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa al Tribunale monocratico di Roma, in persona di altro giudicante, che, oltre a conformarsi al principio di diritto prima enunciato, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata nei limiti del disposto accoglimento e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale monocratico di Roma, in persona di altro magistrato.