Nessun obbligo di notificazione all’aggiudicatario decaduto dell’avviso della successiva asta giudiziaria

L’aggiudicatario all’asta giudiziaria di un immobile, che sia dichiarato decaduto per omesso versamento del prezzo nel termine stabilito dalla legge, non ha diritto a ricevere la notificazione dell’avviso della successiva vendita giudiziaria, sebbene dall’esito della stessa dipenda la misura in cui egli sarà tenuto nei confronti della procedura , ai sensi dell’art. 587, comma 2, c.p.c

Lo afferma la Corte di Cassazione con ordinanza n. 29732/19, depositata lo scorso 15 novembre. La fattispecie. L’aggiudicatario di un lotto venduto in una procedura esecutiva immobiliare veniva dichiarato, dinanzi al Tribunale, decaduto per omesso versamento del prezzo. L’immobile successivamente veniva aggiudicato ad un altro soggetto ad un prezzo inferiore e il primo aggiudicatario veniva condannato al pagamento della differenza. Questi proponeva così opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di condanna. Il giudice dell’esecuzione fissava un termine per l’instaurazione del giudizio. Il Tribunale, successivamente, rigettava l’opposizione e intervengono così i Giudici della Suprema Corte. Il motivo di ricorso. Con il motivo di gravame il ricorrente denuncia violazione di legge per non aver avuto comunicazione dell’avviso della vendita fissata nuovamente a seguito della sua decadenza dall’aggiudicazione, in esito alla quale un altro soggetto si aggiudicava il bene ad un prezzo decisamente più basso. Per il ricorrente, infatti, nonostante non esista nessuna specifica norma che preveda un espresso obbligo di notificazione all’aggiudicatario decaduto dell’avviso della successiva asta giudiziaria, sostiene che debba applicarsi in via analogica quanto previsto per il debitore esecutato, che ha diritto alla comunicazione dell’ordinanza di vendita. L’intervento della Suprema Corte. Innanzitutto, occorre ribadire che il nostro sistema processuale è caratterizzato dal principio di tassatività delle nullità, che limita i casi di invalidità degli atti processuali ai soli casi di espressa previsione di legge, pertanto non si può pervenire in via analogica ad affermare l’esistenza di un obbligo di notificare all’aggiudicatario decaduto il successivo bando di vendita e non può ritenersi che la violazione di tale obbligo comporti una nullità della successiva vendita giudiziaria. Non è neanche corretto sostenere che l’aggiudicatario avrebbe un interesse specifico alla conoscenza del bando di vendita successiva alla sua decadenza, poiché anche per lui, come per tutti gli altri, ad eccezione del debitore, la conoscibilità dell’avviso di vendita è assicurata dall’effettuazione degli adempimenti pubblicitari fissati dal giudice. Sulla base di tali premesse, il S.C. dichiara inammissibile il ricorso ed afferma che, l’aggiudicatario all’asta giudiziaria avente ad oggetto un immobile, che sia dichiarato decaduto per omesso versamento del prezzo nel termine stabilito dalla legge, non ha diritto a ricevere diversamente per quanto accade al debitore esecutato la notificazione dell’avviso della successiva vendita giudiziaria, sebbene dall’esito della stessa dipenda la misura in cui egli sarà tenuto nei confronti della procedura , ai sensi dell’art. 587, comma 2, c.p.c

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 31 gennaio – 15 novembre 2019, n. 29732 Presidente Frasca – Relatore D’Arrigo Ritenuto V.S. , aggiudicatario di un lotto venduto nella procedura esecutiva immobiliare n. 271/1991 R.g.es. pendente innanzi al Tribunale di Catania, veniva dichiarato decaduto per omesso versamento del prezzo del termine di legge. L’immobile veniva successivamente aggiudicato ad P.A. , ad un prezzo inferiore, rispetto a quello di aggiudicazione al V. , di Euro 62.130,00. Conseguentemente, il V. veniva condannato, ai sensi dell’art. 587 c.p.c., comma 2, al pagamento di tale differenza. Il V. proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di condanna. Il giudice dell’esecuzione, denegata la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti dall’opponente, fissava un termine per l’instaurazione del giudizio di merito. Instaurato il giudizio, il Tribunale di Catania rigettava l’opposizione agli atti esecutivi e condannava l’opponente al pagamento delle spese processuali in favore delle parti costituite. Avverso tale decisione il V. ha proposto ricorso per cassazione per un unico motivo. DoBank s.p.a., Banca Ifis s.p.a. e P.A. hanno resistito con controricorso. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. come modificato del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e , conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. V.S. , la Banca Ifis s.p.a. e P.A. hanno depositato memorie difensive. Considerato Preliminarmente deve essere dichiarata l’irritualità della memoria difensiva depositata dal P. a mezzo posta. Infatti, le memorie ex art. 380-bis c.p.c., se depositate a mezzo posta, devono essere dichiarate inammissibili, tanto che nulla in esse proposto possa essere preso in considerazione. Infatti, non è applicabile l’art. 134 disp. att. c.p.c., previsto esclusivamente per il ricorso e il controricorso Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 8835 del 10/04/2018, Rv. 648717 - 01 v. pure Sez. 2, Sentenza n. 7704 del 19/04/2016, Rv. 639477 - 01 . Per le medesime ragioni è improduttiva di effetti processuale la memoria di costituzione di nuovo difensore depositata dal ricorrente sempre a mezzo posta. Con l’unico motivo in esame, il V. si duole della violazione degli artt. 569, 159 e 587 c.p.c., sostenendo che egli avesse diritto ad aver comunicato l’avviso della vendita rifissata a seguito della sua decadenza dall’aggiudicazione, in esito alla quale il P. si aggiudicava, ad un prezzo considerevolmente ribassato, il medesimo immobile. Sebbene lo stesso ricorrente ammetta che nessuna norma fa espresso obbligo di notificare all’aggiudicatario decaduto per inadempimento l’avviso della successiva vendita giudiziaria, egli sostiene, tuttavia, che dovrebbe applicarsi in via analogica quanto previsto per il debitore esecutato, il quale ha diritto alla comunicazione dell’ordinanza di vendita. Osserva, infatti, che tanto il debitore esecutato quanto l’aggiudicatario decaduto hanno interesse ad evitare che il bene venga svenduto a prezzo vile e quindi ad attivarsi tempestivamente per favorire la più ampia partecipazione possibile alla gara. Peraltro, a differenza del debitore esecutato, nulla impedirebbe all’aggiudicatario decaduto di partecipare ad una successiva asta e formulare nuove offerte, fino a raggiungere il prezzo della precedente aggiudicazione, per evitare il pagamento della sanzione prevista dall’art. 587 c.p.c., comma 2. Il ricorso è manifestamente infondato e, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 2, deve essere dichiarato inammissibile. Occorre considerare, anzitutto, che il nostro sistema processuale è caratterizzato dal principio di tassatività delle nullità, che limita le ipotesi di invalidità degli atti processuali ai soli casi di espressa previsione di legge o di mancato raggiungimento dello scopo ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 11664 del 18/05/2006, Rv. 590913 . Non è quindi possibile pervenire in via analogica all’affermazione dell’esistenza dell’obbligo di notificare all’aggiudicatario decaduto il successivo bando di vendita e, tantomeno, può ritenersi che la violazione di un siffatto insussistente obbligo sia sanzionata dalla nullità della successiva vendita giudiziaria. In tal modo, infatti, si introdurrebbe per via pretoria una nullità processuale non prevista dalla legge. Peraltro, non è condivisibile neppure l’asserzione secondo cui l’aggiudicatario avrebbe un interesse specifico alla conoscenza del bando della vendita successiva alla pronuncia della sua decadenza. Se da un lato è vero che, da un punto di vista strettamente economico, egli potrebbe avere interesse a partecipare all’asta successiva, formulando offerte fino alla concorrenza del precedente prezzo di aggiudicazione, al fine di evitare la sanzione di dover pagare la differenza, è pur vero che questo è un interesse di fatto che non riceve specifica tutela giuridica diversa, in termini di conoscibilità dell’asta, da quella che spetta a qualsiasi altro potenziale interessato all’acquisto dell’immobile. Per tutti, tranne che per il debitore, la conoscibilità dell’avviso di vendita è assicurata dall’effettuazione degli adempimenti pubblicitari fissati dal giudice a norma di legge, che devono essere ritenuti, con presunzione assoluta, idonei ad assicurare agli interessati la possibilità di partecipare alla gara. Il ricorrente non ha mai dedotto che tali adempimenti pubblicitari non siano stati ritualmente curati, sostenendo invece che egli avesse diritto ad essere destinatario di uno specifico avviso diritto che, come abbiamo già detto, non sussiste. Del resto, v’è da aggiungere che l’aggiudicatario decaduto, proprio in quanto portatore di un interesse di fatto alla fruttuosità della successiva vendita giudiziaria, può tutelare le proprie ragioni semplicemente monitorando il prosieguo delle attività di vendita e prestando, con la dovuta diligenza, attenzione alla pubblicazione del successivo bando con quelle stesse modalità pubblicitarie che già una prima volta gli avevano consentito di partecipare alla gara. Deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto L’aggiudicatario all’asta giudiziaria di un immobile, che sia dichiarato decaduto per omesso versamento del saldo del prezzo nel termine stabilito, non ha diritto a ricevere, diversamente dal debitore esecutato, la notificazione dell’avviso della successiva vendita, sebbene dall’esito della stessa dipenda la misura in cui egli sarà tenuto nei confronti della procedura ai sensi dell’art. 587 c.p.c., comma 2 . In conclusione, in applicazione di tale principio, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 2. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, il ricorrente va condannato, in favore delle sole parti controricorrenti, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata nel dispositivo in ragione della diversa attività difensiva svolta. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in cui compensi liquida in Euro 2.800,00 per P.A. e DoBank s.p.a. in Euro 3.700,00 per Banca Ifis s.p.a., oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati per ciascuno dei controricorrenti in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.