I finanziamenti e la busta della spesa

Va di moda occuparsi di diritto bancario e del favoloso mondo dei finanziamenti, all inclusive la felice espressione definisce il costo effettivo dei finanziamenti, in giurisprudenza .

Il mondo bancario ha tante sfaccettature, a tratti incomponibili. Lo sfondo è quello della matematica finanziaria, degli intrecci tra norme, temi, prassi giurisprudenziali, direttive del demiurgo. L’esperienza pratica è cedevole alle mille sollecitazioni dell’hic et nunc, sempre più spesso si celebra un’epifania del declino dei rapporti commerciali. In altri termini, le operazioni bancarie ospitano un po' di tutto se ne avvede sempre più spesso l’uomo comune e la crescente consapevolezza delle sfaccettature non aiuta. Si ascolta, si parla, si sceglie ma il modo indicativo è una forzatura l’informazione è spesso parziale, al di là del dolus bonus persino il linguaggio del cliente è spesso equivoco l’alfabetizzazione bancaria è un vero problema per non parlare della scelta finale, un sipario che non prevede il bis. L’acquisto di beni di consumo nasconde l’insidia del costo occulto è la busta della spesa. Arrivo alla cassa e mi viene chiesto vuole una busta?” la cortesia, più o meno marcata, nasconde un trabocchetto, o indora una pillola gli ottimi prezzi di pane e companatico danno il verdetto di un bien joué. Stando così le cose sono contento di aver speso bene pago la busta e vado via tranquillo fino a quando mi scopro acquirente inconsapevole. Quanto costa un chilo di buste? Nell’elenco della spesa non ne leggo a ben pensarci non ho modo di avere esattamente questa informazione, non un’altra nessuno ha mai pensato di misurare il prezzo di un sacchetto di plastica misurandone il peso uscendo di casa non avevo pensato che avrei acquistato anche una busta e difficilmente mi ero chiesto quanto sarebbe costata al chilo , eppure l’ho acquistata e la domanda diventa attuale e concreta cosa ho comprato e a che prezzo? Accade anche in banca che io muova da un’idea chiara, più spesso un’idea poco chiara, ma tutto sommato va bene così, fino a quando la professionalità dei bancari prevale su altro. In concreto, se ho carenza di liquidità ho bisogno un prestito va detto che la categoria dei mutui di liquidità incanta” meno e devo acquistare denaro. La sceneggiatura è molto simile a quella della bottega avvio un confronto, il mio interlocutore è attento sono un cliente retail a rispondere con particolare cura alle mie richieste. Così concludo l’affare, saluto con cortesia e magari inizio a gustare l’approvvigionamento di denaro. Per molti, tuttavia, emerge spesso una domanda, che si fa soverchiante ho acquistato ciò che volevo? A parte le più insondabili alchimie del mondo bancario e finanziario, è più che frequente una rappresentazione a ruoli definiti il bancario fa il gioco delle tre carte, e quella che vince, ovviamente, non è la mia. La sosta in banca non è un pit stop di formula uno raramente accresce le mie possibilità spesso la benzina mi costa troppo. Il cerchio si chiude, almeno in formula uno si gareggia tenendo in considerazione un po' tutto. La stretta di mano del bancario è parte della negoziazione, come il sorriso di un medico lo è della terapia non solo nel mondo ideale di Patch Adams . A questo punto, non c’è un problema di riserve mentali il mio interlocutore dice meno di quel che sa bensì di conoscenza che soppianta l’affidamento. I costi occulti di un mutuo sono ben integrati in questa sceneggiatura talvolta porti con garbo ed eleganza, talaltra rappresentati con fredda onestà, troppo spesso vengono nascosti da una retorica paternalistica. L’ostacolo non si supera agevolmente come pietra nello stagno, il nascosto impatta in modo ingravescente. Le sigle della contrattualistica sono tante, proprio tante, non si sa fino a che punto provviste di autonomia concettuale. Simpatica la classificazione della clientela operatore esperto vs consumatore la dicotomia non soddisfa, specie perché una terza via è quella dei piccoli artigiani/imprenditori, che non fanno ricorso al sistema creditizio per i bisogni della propria famiglia. Cosa ne facciamo? Retail, punto e a capo. Dal soggetto all’oggetto cosa vende la banca e cosa acquista il mutuatario tra una pagina e l’altra del capitolato, di allegati che spuntano qua e là, la comprensione dell’operazione non è alla portata di tutti. Entra in scena il TAEG, a braccetto del TEGM c’è tanto da dire, da comprendere, da conoscere e c’è il minimo etico, ben saldato al minimo aritmetico. Partiamo dal secondo, da un tema spinoso anatocismo e capitalizzazione degli interessi ho una rata da pagare, porto ritardo e al pagamento della rata si aggiunge l’onere degli interessi moratori i numeri fanno sì che l’incremento del mio debito abbia come moltiplicatore un numero che comprende differenti voci. Prendo un finanziamento con ammortamento alla francese la rata è composta da una quota parte di capitale, da portare a deconto” della somma finanziata, e da una quota parte di interessi la composizione varia nel tempo, da rate iniziali composte prevalentemente di interessi a rate finali quasi del tutto imputate al capitale. Nel definire quel che grava sul mutuatario a titolo di interessi moratori so che conteggio gli interessi anche sulla parte della rata che rappresenta già un interesse l’aritmetica mi dice che i numeri non ingannano. Queste poche righe mandano al macero tanta carta basta questo a farne compiti a casa”, come quelli che ci assegnavano per casa i professori, per farci impratichire, non certo per preparare uno stage al famoso MIT di Boston. In altra direzione, come ogni iceberg che si rispetti, stiamo osservando solo la parte emersa lasciamo a menti più dotate il far di conto perché no, evocare grandi categorie, come remunerazione, sanzione tra le virtù dianoetiche è la correttezza di un sistema che non dovrebbe nascondere con inquietante sistematicità tanta parte della vicenda contrattuale. Trasparenza, correttezza, diligenza categorie sempre buone in concreto, però, siamo fermi al prequel cosa pago e perché non si trova risposta univoca, a tutto svantaggio del sistema. A volte commissioni di incasso, altre volte di gestione si scoprono dopo il fischio iniziale, e non si pone alcun problema di usura sopravvenuta. Che fare? La busta della spesa va pagata, o per lo meno bisogna consentire di scegliere se pagarla. Nessun attacco al sistema bancario. Il vaglio di usurarietà si avvale di indici molto comodi si parte dal TEGM che, si badi, è già un tasso medio, e dunque tiene conto di indici anche inferiori si aggiunge un quarto al risultato si aggiungono quattro punti percentuali. Forse potrebbe bastare a tenerci dentro tutte le possibili buste”. Che ne dite?