La portata della convenzione arbitrale va ricostruita sulla base della comune volontà dei compromittenti

Il contemperamento del principio per il quale la clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, con il regime della clausola stessa, comporta che il giudice ordinario deve emettere il decreto richiesto da una delle parti. Tuttavia, qualora venga proposta opposizione ed eccepita la competenza arbitrale dal debitore ingiunto, si verificano i presupposti fissati nel compromesso, cessando così la competenza del giudice ordinario che, rilevata la validità della clausola compromissoria, deve dichiarare nullo il decreto ingiuntivo e rimettere la controversia agli arbitri.

Lo ha chiarito la Cassazione con ordinanza n. 27085/19 depositata il 23 ottobre. Il caso. Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo concesso a favore della Soteco s.r.l., con il quale la I.L.S. s.r.l. era stata condannata al pagamento di una somma quale corrispettivo di un contratto di appalto, reputando valida la clausola compromissoria con cui veniva pattuito di devolvere la competenza agli arbitri. Nel grado di appello, la Corte territoriale accoglieva l’impugnazione incidentale della Soteco s.r.l. e dichiarava la piena abilitazione del giudice ordinario ad emettere il decreto ingiuntivo, rilevando come la clausola compromissoria fosse attinente in realtà all’interpretazione ed esecuzione del contratto, ma non all’esecuzione del lodo. Avverso quest’ultima pronuncia, propone ricorso per cassazione la I.L.S. s.r.l La portata della convenzione arbitrale pattuita dai compromittenti. Nel ritenere il ricorso fondato, gli Ermellini affermano che nelle clausole in cui i compromittenti indicano le liti da devolvere ad arbitri con riferimento a determinate fattispecie astratte, quali l’interpretazione e l’esecuzione del contratto, la portata della convenzione arbitrale va ricostruita sulla base della comune volontà dei medesimi e dei criteri di cui all’art. 1362 c.c. . Laddove, poi, la convenzione arbitrale, contenga il riferimento a definizioni giuridiche, come sintesi del possibile oggetto delle future vertenze, tali espressioni non assumono lo scopo di circoscrivere il contenuto della convenzione arbitrale . Nella fattispecie, la clausola ha contemplato la possibilità di devolvere agli arbitri qualsiasi controversia possibile in ordine all’interpretazione e all’esecuzione del contratto, tanto da rendere errata ex art. 1362 c.c. qualsiasi limitazione dell’ambito della clausola in modo da escludere la pronuncia di condanna. Decreto ingiuntivo nullo. Inoltre, ribadisce la Cassazione, costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimento inaudita altera parte , ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto . Per tutti questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, dichiara la nullità del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 3 ottobre – 23 ottobre 2019, n. 27085 Presidente Giancola – Relatore Nazzicone Fatti di causa Con sentenza del 10 giugno 2005, il Tribunale di Roma, decidendo sull’opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo concesso a favore della Soteco s.r.l., con il quale la I.L.S. s.r.l. era stata condannata al pagamento della somma di Euro 35.970,36, oltre accessori, quale corrispettivo di un contratto di appalto, reputando validamente pattuita una clausola compromissoria che devolve la competenza agli arbitri. Proposta impugnazione principale da parte di I.L.S. s.r.l. ed incidentale di Soteco s.r.l., con sentenza del 10 dicembre 2013 la Corte d’appello di Roma ha accolto quest’ultima, assorbito il principale, dichiarando la piena abilitazione del giudice ordinario ad emettere il decreto ingiuntivo impugnato, escludendone la sancita in primo grado, per incompetenza, revoca e compensato le spese di lite. Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che la clausola compromissoria attenga all’interpretazione ed esecuzione del contratto, ma non all’esecuzione del lodo onde, una volta che la parte abbia ottenuto una pronuncia arbitrale meramente dichiarativa del credito, il giudice ordinario è competente ad emettere il decreto ingiuntivo, di cui dunque ha escluso la revoca. Avverso la sentenza propone ricorso la I.L.S. s.r.l., sulla base di due motivi. Si difende con controricorso l’intimata. I.L.S. s.r.l. ha depositato, altresì, la memoria. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., perché la clausola compromissoria, di cui all’art. 9 del contratto, prevede la devoluzione agli arbitri di qualsiasi controversia dovesse insorgere in ordine all’interpretazione ed all’esecuzione del presente contratto , ivi compresa, dunque, l’azione di condanna, per la quale le parti decisero di rivolgersi agli arbitri ciò emerge sia dalla chiara lettera della clausola, sia dal comportamento stesso delle parti, che adirono, appunto, il collegio arbitrale anche con la domanda di condanna, sebbene poi essa sia stata ritenuta intempestiva e, quindi, disattesa dai medesimi mentre la clausola arbitrale, se consente permettere il procedimento monitorio, torna a dispiegare la sua efficacia in sede di giudizio di opposizione. Con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 806 e 808 c.p.c., perché la legge prevede all’art. 825 c.p.c. la cooperazione del giudice, al fine di munire il lodo di condanna di efficacia esecutiva, ma ciò, appunto, perché il lodo ben può estendersi anche alla pronuncia di condanna. 2. - Il primo motivo è fondato. Vanno richiamati i principi, enunciati da questa Corte, secondo cui, in primo luogo, l’interpretazione del contratto e degli atti privati è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o per assenza assoluta di motivazione, dopo il nuovo art. 360 c.c., comma 1, n. 5 ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, pertanto, è anzitutto indispensabile, in ossequio al principio di specificità del ricorso, di cui all’art. 366 c.p.c., la trascrizione del testo integrale della regolamentazione privata, in mancanza del quale non è dato al giudice di legittimità di poter effettuare il proprio controllo sulla interpretazione resa dalla corte del merito e sulla violazione dei canoni ermeneutici che la guidano, di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178 nonché, fra le altre, Cass. 23 agosto 2018, n. 21010 Cass. 1 marzo 2012, n. 3218 in secondo luogo, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale ha l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata e plurimis, Cass. 27 giugno 2018, n. 16987 Cass. 28 novembre 2017, n. 28319 Cass. 15 novembre 2013, n. 25728 . Al riguardo, il motivo è ammissibile, poiché rispettoso di entrambi i principi. In particolare, la pretesa della corte d’appello di ritenere la clausola compromissoria, dal tenore precisato nel motivo, come riferita alla interpretazione ed esecuzione del contratto, ma non alla esecuzione del lodo, non ha pregio. Invero, nelle clausole in cui i compromittenti indicano le liti da devolvere ad arbitri con riferimento a determinate fattispecie astratte, quali ad esempio la interpretazione e la esecuzione del contratto, la portata della convenzione arbitrale va ricostruita sulla base della comune volontà dei medesimi e dei criteri, anzitutto, di cui all’art. 1362 c.c. ed allorché la convenzione arbitrale contenga il riferimento a definizioni giuridiche, come sintesi del possibile oggetto delle future vertenze, tali espressioni non assumono lo scopo di circoscrivere il contenuto della convenzione arbitrale. Nella specie, gli istituti giuridici richiamati dalla clausola - che contempla qualsiasi controversia dovesse insorgere in ordine all’interpretazione ed all’esecuzione del presente contratto - sono di tale ampiezza da rendere errata, secondo i canoni interpretativi di cui all’art. 1362 c.c., la limitazione dell’ambito della clausola in modo da escludere la pronuncia di condanna come del resto intesa dalle parti, atteso che, senza alcuna contestazione, la appaltatrice ebbe a chiedere agli arbitri anche una pronuncia di condanna. Pertanto, la controversia in tema di interpretazione ed esecuzione del contratto necessariamente comprende, in difetto di evidenze in contrario circa la volontà devolutiva delle parti, anche il potere arbitrale di emettere pronuncia di condanna della parte accertata come debitrice. La circostanza concreta, per la quale gli arbitri, nel caso di specie, non pronunciarono la condanna, non vale a rendere al riguardo inefficace la clausola arbitrale, ma, semmai, ad imporre l’introduzione di un nuovo arbitrato. Questa Corte ha già ritenuto che una lite in tema di esecuzione è, di per è, connessa ad una domanda di risoluzione del contratto e di condanna al risarcimento danni, laddove, invece, un’interpretazione restrittiva della clausola comporterebbe la necessità di adire due diversi organi arbitro e giudice per la decisione di questioni strettamente collegate tra loro, con una dilatazione dei tempi di giudizio cfr. Cass. 22 ottobre 2018, n. 26553 . Ne deriva che la domanda di condanna al pagamento del dovuto rientra nell’ambito della clausola compromissoria così formulata. Infine, costituisce principio consolidato che l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimenti inaudita altera parte, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto Cass. 28 luglio 1999, n. 8166 e, più di recente, Cass., sez. un., 21 settembre 2018, n. 22433 Cass. 3 maggio 2016, n. 8690 Cass. 23 ottobre 2015, n. 21666 Cass. 4 marzo 2011, n. 5265 con riguardo all’arbitrato irrituale, Cass., sez. un., 30 settembre 2016, n. 19473 . Infatti, il contemperamento del principio per il quale la clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, con il regime di cui alla clausola stessa comporta che - sussistendo i presupposti di cui agli artt. 633 c.p.c. e ss. e tenuto conto della non rilevabilità d’ufficio del difetto di competenza per essere la controversia devoluta agli arbitri - il giudice ordinario deve emettere il decreto ingiuntivo richiesto da una delle parti ma, una volta proposta opposizione e dal debitore ingiunto eccepita la competenza arbitrale, si verificano, a seguito della contestazione del credito, i presupposti fissati nel compromesso e viene a cessare la competenza del giudice ordinario, con la conseguenza che quest’ultimo, una volta che rilevi la esistenza della valida clausola compromissoria, deve dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo e rimettere la controversia al giudizio degli arbitri. 3. - Il secondo motivo è assorbito. 4. - La sentenza impugnata va dunque cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la revoca del decreto ingiuntivo opposto. 5. - Sussistono giusti motivi, atteso l’andamento del processo, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità del decreto ingiuntivo n. 4479/2005 emesso dal Tribunale di Roma compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.