Libertà religiosa a rischio per ragioni familiari: protezione possibile

Riprende vigore la domanda presentata in Italia da un cittadino senegalese che, convertito al cristianesimo, si è rifiutato di seguire le orme del padre come sacerdote di un’altra religione. L’uomo ha spiegato di temere per la propria vita in caso di ritorno in patria. Per i Giudici è plausibile ritenere a rischio per lui la libertà religiosa nel Paese di origine.

Libertà religiosa a rischio per il senegalese che, convertitosi al cristianesimo, si è rifiutato in patria di seguire le orme del padre. Plausibile, di conseguenza, il riconoscimento della protezione” in Italia Cassazione, ordinanza n. 26823/19, sez. I Civile, depositata oggi . Rifiuto. Centrale nella vicenda è la scelta compiuta dallo straniero nel Paese di origine egli racconta di essere cristiano e di essersi rifiutato di diventare sacerdote della religione professata dal padre che morendo aveva lasciato a lui tale incarico, secondo la tradizione . E tale decisione, spiega lo straniero, potrebbe costargli carissima in patria, addirittura la vita Per i Giudici del Tribunale è legittimo riconoscere protezione al cittadino senegalese. Di parere opposto, invece, i giudici della Corte d’appello, che accolgono le obiezioni proposte dal Ministero dell’Interno e ritengono vada respinta – come già stabilito dalla ‘Commissione territoriale’ – la domanda presentata dallo straniero. Pericolo. A riaprire la questione, e a ridare speranza al cittadino senegalese, provvede la Cassazione, partendo da un dato, riconosciuto anche in secondo grado il racconto dello straniero richiedente protezione è coerente e preciso . Per ampliare l’orizzonte, poi, i giudici ricordano che per il riconoscimento della protezione sussidiaria è sufficiente che risulti provato che lo straniero, ove la tutela gli fosse negata, rimarrebbe esposto a rischio di morte , come in questa vicenda, o a trattamenti inumani e degradanti , senza che tale condizione debba presentare i caratteri del fumus persecutionis, non essendo necessario che questi fornisca la prova di essere esposto a una persecuzione diretta, grave e personale, poiché tale requisito è richiesto solo ai fini del conseguimento dello status di rifugiato politico . In questo caso specifico la situazione di pericolo individuale è emersa dalla coerente e completa narrazione dello straniero, che ha posto sul tavolo il tema della libertà religiosa a rischio. E ragionando in tale ottica i giudici sottolineano che il diritto alla protezione sussidiaria non può essere escluso dalla circostanza che a provocare il danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati, qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela . Peraltro, in appello è stata riconosciuta l’impossibilità per lo straniero di esercitare la libertà religiosa in patria, ma si è esclusa la possibilità di riconoscergli protezione facendo riferimento alla possibilità per lui di trasferirsi in altra zona del Paese di origine, ma questo ragionamento è errato, sottolineano in chiusura i giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 9 luglio – 21 ottobre 2019, numero 26823 Presidente Valitutti – Relatore Federico Ritenuto in fatto Con ricorso depositato tempestivamente, Uc. Di. Onumero cittadino originario del Senegal, impugnava dinanzi al Tribunale di Venezia il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria. Il ricorrente fondava la sua domanda sul fatto che se fosse tornato al proprio villaggio o nelle vicinanze avrebbe potuto essere ucciso, poiché si era rifiutato di diventare sacerdote della religione professata dal padre, il quale, morendo, aveva lasciato a lui tale incarico, secondo la tradizione. Il rifiuto del richiedente, in quanto cristiano, aveva innescato minacce e persecuzioni, derivanti anche dal fatto che, per vendetta, egli era stato falsamente accusato di essere omosessuale. Il Tribunale di Venezia accoglieva parzialmente il ricorso e riconosceva al richiedente la protezione sussidiaria. La Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza numero 1044/2017, in accoglimento dell'appello proposto dal Ministero dell'Interno, escludeva il riconoscimento di ogni forma di protezione. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, Uc. Di. Onumero . Il Ministero dell'Interno non ha svolto attività difensiva. Considerato in diritto Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 132 numero 4 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza per motivazione omessa, lamentando che il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria è fondata su motivazione meramente apparente. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2 e 14 lett b D.Lgs.251/07 nonché dell'art. 8 D.Lgs. numero 25/08 per aver omesso di attivare il dovere di cooperazione officiosa, sia con riferimento alla vicenda narrata dal richiedente che avuto riguardo alla generale situazione della Nigeria, omettendo in particolare di acquisire informazioni aggiornate circa la situazione di quel paese. Il terzo motivo denuncia ai violazione del criterio di valutazione della prova di cui all'art. 3 D.Lgs. 251/07, in relazione ai parametri di valutazione della credibilità ed attendibilità del ricorrente. I motivi che precedono, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati e sono fondati. La Corte territoriale ha infatti escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, omettendo peraltro di attivare il dovere di cooperazione istruttoria sia avuto riguardo agli elementi indicati dal richiedente, anche alla luce delle dichiarazioni rese da tale Ah. Ch., sia con riferimento alla situazione generale della Nigeria ed in particolare della regione di origine del richiedente, sulla base di attendibili fonti internazionali. Nel caso di specie, il ricorrente ha assolto all'onere dell'allegazione dei fatti posti a fondamento della domanda, fatti che appaiono adeguatamente precisi e circostanziati a fronte di tale allegazione la Corte territoriale si è limitata a rilevare la difficoltà di ricostruire la verità del racconto. E' ben vero che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ex art. 3, comma. 5, lettera c del D.Lgs. numero 251 del 2007. Tale apprezzamento di fatto è, tuttavia, censurabile in cassazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile Cass. 3340/2019 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha affermato che il racconto del richiedente era in astratto coerente e preciso, ma ha soggiunto che lo stesso non potrebbe assurgere a prova della pretesa, non essendo la narrazione dei fatti riscontrabile, essendo intrisa di suggestioni e dati non confermabili . Tali affermazioni, oltre che illogiche, non sono conformi a diritto. In materia di riconoscimento della protezione sussidiaria allo straniero, al fine d'integrare i presupposti di cui all'art. 14, lettere a e b , del D.Lgs. numero 251 del 2007, è sufficiente che risulti provato, con un certo grado di individualizzazione, che il richiedente, ove la tutela gli fosse negata, rimarrebbe esposto a rischio di morte o a trattamenti inumani e degradanti, senza che tale condizione debba presentare i caratteri del fumus persecutionis , non essendo necessario che questi fornisca la prova di essere esposto ad una persecuzione diretta, grave e personale, poiché tale requisito è richiesto solo ai fini del conseguimento dello status di rifugiato politico Cass. 16275/2018 . E tale situazione di pericolo individuale, già evidenziata dalla coerente e completa narrazione del richiedente, era stata comprovata - come accertato dalla sentenza di primo grado - dalla deposizione del teste escusso. La Corte d'appello non ha per contro esaminato, dandone conto in motivazione, gli elementi istruttori allegati agli atti. In ogni caso, avendo ritenuto coerente e sufficientemente preciso il racconto del richiedente, avrebbe dovuto fare uso dei poteri istruttori d'ufficio, ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. numero 25 del 2008. Ed invero, con riferimento al merito della domanda, il diritto alla protezione sussidiaria, nel caso di specie avuto riguardo alla libertà religiosa, non può essere escluso dalla circostanza che a provocare il danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati, qualora nel Paese d'origine non vi sia un'autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull'attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull'eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali Cass., 20/07/2015, numero 15192 Cass., 03/07/2017, numero 16356 Cass., 09/10/2017, numero 23604 . La Corte ha inoltre escluso il riconoscimento della protezione sussidiaria, pur in presenza della impossibilità di esercitare la libertà religiosa nel paese di origine del richiedente , facendo implicitamente riferimento alla possibilità per il richiedente medesimo di trasferirsi in altra area della Nigeria. Tale statuizione non è conforme a diritto. Questa Corte ha avuto modo di affermare che il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o, come nel caso di specie, la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso, nel nostro ordinamento, in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d'origine, nel quale egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, atteso che tale condizione, contenuta nell'art. 8 della Direttiva 2004/83/CE, non è stata trasposta nel D.Lgs. numero 251 del 2007, essendo una facoltà rimessa agli Stati membri inserirla nell'atto normativo di attuazione della Direttiva Cass. 2294/2012 8399/2014 . L'accoglimento dei primi tre motivi assorbe l'esame del quarto e quinto motivo, relativi alla protezione umanitaria ed al regolamento delle spese. In accoglimento del ricorso la sentenza va dunque cassata e la causa va rinviata, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e terzo motivo assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia.