Reclusione in patria per gli omosessuali: protezione in Italia per lo straniero

Riprende quota la domanda presentata da un cittadino nigeriano. Per i Giudici della Cassazione la persecuzione può manifestarsi anche con la previsione normativa di una sanzione penale per l’omosessualità.

Plausibile la protezione per lo straniero gay approdato in Italia. Per i Giudici, difatti, si deve parlare comunque di possibile persecuzione quando, come in questa vicenda, è appurato che nel Paese di origine dell’uomo l’omosessualità è catalogata come reato punibile con la reclusione Cassazione, ordinanza n. 25892/19, sez. I Civile, depositata oggi . Persecuzione. A respingere la richiesta dello straniero un uomo originario della Nigeria provvedono prima la Commissione territoriale e poi i Giudici del Tribunale in sostanza, vengono ritenute attendibili le sue dichiarazioni circa il proprio orientamento omosessuale , mentre è considerato inverosimile il suo racconto centrato sulla relazione con il compagno e sulla frequentazione di altri uomini, conosciuti in luoghi pubblici, nonostante il clima omofobo e la persecuzione legale dell’omosessualità in Nigeria . A ribaltare completamente tale prospettiva provvede ora la Cassazione, ridando nuova speranza al cittadino nigeriano che può pensare finalmente di ricevere protezione in Italia e di non dover affrontare i pericoli legati a un suo ritorno in patria. Fondamentale è il richiamo alla normativa, laddove prevede che è vietata l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione anche per motivi di orientamento sessuale . In questa ottica i Giudici del Palazzaccio’ aggiungono una ulteriore considerazione per persecuzione deve intendersi una forma di lotta radicale contro una minoranza, persecuzione che può essere attuata anche sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento si intende contrastare come reato punibile con la reclusione . E tale situazione si concretizza allorché le persone di orientamento omosessuale sono costrette a violare la legge nel loro Paese e ad esporsi a gravi rischi per poter vivere liberamente la propria sessualità , sicché si può ritenere che ciò costituisca una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini che compromette grandemente la loro libertà personale . E l’ipotesi della violazione della legge si riflette automaticamente sulla condizione individuale delle persone omosessuali, ponendole in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione , chiosano i Giudici. Tornando alla concretezza della vicenda in esame, è evidente, per i magistrati della Cassazione, che non si può ragionare come fatto in Tribunale, laddove si è ritenuto non credibile il racconto dello straniero alla luce dell’ esistenza nel Paese di provenienza di una legislazione penale repressiva delle condotte omosessuali . Assurdo, in conclusione, pensare che l’esistenza di un divieto penale, fra l’altro recante una intollerabile ingerenza nella sfera personale degli individui possa assicurare l’impossibilità di una sua violazione , e quindi ipotizzare che la reclusione prevista in Nigeria per l’omosessualità possa in automatico rendere impensabili comportamenti dichiaratamente gay da parte di uomini e donne.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 13 settembre 14 ottobre 2019, n. 25892 Presidente Campanile Relatore Dell’Orfano Rilevato che Ig. Br. No. propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione del decreto indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e, in subordine, di protezione umanitaria la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d'origine Nigeria, regione dell'Edo State dovuti al suo vissuto personale, narrando di essere fuggito dal proprio paese dopo che era stato aggredito con il compagno da alcune persone avevano fatto irruzione di notte nella casa ove convivevano, e che mentre il compagno era stato ucciso, egli era riuscito a fuggire, motivo per il quale, dopo essere stato denunciato alla Polizia e temendo di essere arrestato, aveva deciso di lasciare il Paese raggiungendo l'Italia il Ministero dell'Interno è rimasto intimato Considerato che 1.1. con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 e dell'art. 8, lettera d , del D.Lgs. n. 251 del 2007 e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, numero 3, c.p.c. censurando la sentenza impugnata in quanto, pur avendo ritenuto attendibili le dichiarazioni del richiedente circa il proprio orientamento sessuale, aveva poi respinto la domanda ritenendo non credibile il ricorrente circa gli atti persecutori che assumeva posti in essere nei suoi confronti a causa dell'omosessualità 1.2. con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 1, lettera a , della Convenzione di Ginevra del 1951, come modificata dal Protocollo di New York ratificato con legge numero 95 del 1970, e degli articoli 5, 14 e 17 del D.Lgs. n. 251 del 2007, in relazione all'articolo 360, numero 3, c.p.c. censurando la sentenza impugnata per aver respinto la domanda del richiedente sul solo presupposto della mancata credibilità del suo racconto nonostante nel Paese di provenienza l'omosessualità sia punita come reato dal codice penale 1.3. con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 14, lett. b e c , del decreto legislativo numero 251 del 2007 e dell'articolo 8, terzo comma, del decreto legislativo numero 25 del 2008, ed omessa valutazione della situazione generale presente nel paese di origine del richiedente e della sussistenza del rischio del danno grave della forma della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi dell'articolo 360, numero 3, c.p.c. censurando la sentenza impugnata per aver omesso di riconoscere la protezione sussidiaria, pur in presenza di una minaccia grave e individuale alla vita e alla persona del richiedente derivante dal suo orientamento sessuale 1.4. le censure, da esaminare congiuntamente, sono fondate 1.5. va premesso che il Tribunale ha ritenuto attendibile quanto dichiarato dal richiedente circa il proprio orientamento sessuale, respingendo tuttavia la richiesta di tutela sul presupposto della genericità e lacunosità del racconto, ritenendo inverosimile la relazione con il compagno e la frequentazione di altri uomini, conosciuti in luoghi pubblici, & lt 1.10. non può trascurarsi, peraltro, che il Tribunale ritiene non credibile il racconto e finisce con il giudicare quanto narrato dall'appellante non verosimile e credibile, e che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ex art. 3, comma. 5, lettera c del D.Lgs. n. 251 del 2007 e tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l'ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 - 02 Sez. 6 - 1, n. 33096 del 20/12/2018, Rv. 652571 - 01 1.11. nella fattispecie, tuttavia, il Tribunale ha attribuito dirimente rilievo, al fine del giudizio di credibilità, all'indifferenza del richiedente alle conseguenze sociali e penali della scoperta di siffatte condotte e questa Corte ha avuto modo, al riguardo, di affermare che in tema di protezione internazionale del cittadino straniero, la dichiarazione del richiedente di avere intrattenuto una relazione omosessuale, ove la valutazione circa la credibilità del dichiarante, secondo i parametri indicati nell'art. 3 del D.Lgs. n, 251 del 2007, si sia fondata esclusivamente sull'omessa conoscenza delle conseguenze penali del comportamento, impone al giudice del merito la verifica, anche officiosa, delle conseguenze che la scoperta di una tale relazione determina secondo la legislazione del Paese di provenienza dello straniero, perché qualora un ordinamento giuridico punisca l'omosessualità come un reato, questo costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini, che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo cfr. Cass. n. 26969/2018 1.12. nella specie il Tribunale ritrae il giudizio di non credibilità del richiedente anche dal semplice fatto dell'esistenza nel Paese di provenienza di una legislazione penale repressiva delle condotte omosessuali, con assoluta incoerenza e discontinuità logica fra premessa e conclusione, quasi che l'esistenza di un divieto penale, fra l'altro recante intollerabile ingerenza nella sfera personale degli individui, assicurasse l'impossibilità di una sua violazione 2. l'accoglimento delle suddette censure determina l'assorbimento dei rimanenti motivi con cui si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, lettera a , della Convenzione di Ginevra del 1951, come modificata dal Protocollo di New York ratificato con legge numero 95 del 1970, e degli artt. 5, 14 e 17 del decreto legislativo numero 251 del 2007, ed 8, comma 3 D.Lgs. n. 25/2008, in relazione all'articolo 360, numero 3, c.p.c. censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare la situazione di violenza indiscriminata e di gravi violazioni dei diritti umani sussistente in Libia, paese di transito in cui il richiedente aveva soggiornato per due anni prima di raggiungere l'Italia, nonché violazione e falsa applicazione dell'articolo 14, lett. b e c , del decreto legislativo numero 251 del 2007 e dell'articolo 8, terzo comma, del decreto legislativo numero 25 del 2008, ed omessa valutazione della situazione generale presente nel paese di origine del richiedente e della sussistenza del rischio del danno grave della forma della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, ai sensi dell'articolo 360, numero 3, c.p.c. censurando la sentenza impugnata per aver omesso di riconoscere la protezione sussidiaria, pur in presenza di una minaccia grave e individuale alla vita e alla persona del richiedente derivante dalla violenza indiscriminata per conflitto interno nel Paese di provenienza, senza assumere informazioni precise e aggiornate sul contesto di provenienza, ed il mancato riconoscimento della protezione internazionale umanitaria 3. il decreto impugnato deve quindi essere cassato in relazione al primo, secondo e quarto motivo assorbiti i rimanenti motivi , con rinvio al Tribunale di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti motivi cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Milano in diversa composizione. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. 196/2003.