L’importante ruolo della edificabilità dell’area espropriata

Un'area può identificarsi come edificabile solo nei casi in cui sia classificata come tale dagli strumenti urbanistici viceversa laddove sussista un vincolo di destinazione sull'area, questo preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione di edificazione, da intendersi come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà.

È quanto si legge nella ordinanza n. 23594/19 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata in data 23 settembre. Il caso. C.F. era comproprietaria con R.M. di un’area, sita nel Comune di Signa, la quale era interessata in parte da una procedura di esproprio e in parte oggetto di un provvedimento di asservimento per la realizzazione di un collettore fognario. Suddetta area era stata altresì oggetto di occupazione temporanea, ma le indennità provvisorie e di occupazione non era state congruamente liquidate. Ciò premesso, C.F. con atto di citazione ritualmente notificato in data 18.12.2012, conveniva in giudizio il Comune di Signa in persona del legale rappresentante dinanzi alla Corte di Appello di Firenze per ivi sentirlo condannare alla determinazione e pagamento della giusta indennità, oltre interessi e rivalutazione nonché vittoria di spese in giudizio. Il Comune veniva condannato con sentenza n. 505/2014 in data 07.03.2014. Avverso suddetta sentenza della Corte di Appello di Firenze, il Comune di Signa proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. C.F., viceversa, resisteva con controricorso e ricorso incidentale. In particolare, il Comune di Signa denunciava l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla natura edificatoria dell'area oggetto di esproprio. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. L'edificabilità di un'area. Un'area può identificarsi come edificabile solo nei casi in cui sia classificata come tale dagli strumenti urbanistici viceversa laddove sussista un vincolo di destinazione sull'area, questo preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione di edificazione, da intendersi come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà. Si ricordi, infatti, che nel diritto urbanistico - branca del diritto amministrativo - si definiscono vincoli” quelle limitazioni alla libera utilizzazione di una proprietà privata, fino alla completa espropriazione del bene da destinare a funzioni di pubblico interesse. Vincoli conformativi ed espropriativi. Il binomio più frequente in tema di vincoli è costituito dalla contrapposizione vincoli espropriativi-vincoli conformativi”. Se questi ultimi sono sovraordinati alle scelte di pianificazione territoriale e urbanistica e non comportano la perdita definitiva della proprietà privata in quanto impongono limitazioni e restrizione agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell’interesse pubblico i vincoli espropriativi, diversamente, comportano la perdita della proprietà privata per l’esecuzione di opere di pubblica utilità, per le quali al privato è riconosciuto un equo indennizzo provvedimenti c.d. ablatori . Nel caso di specie, risulta accertato che l'area di proprietà di C.R. era destinata a verde pubblico. Si tratta, alla luce delle definizione sovraesposte, di un vincolo conformativo in quanto incide su una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, talché la qualità edificatoria è esclusa, ricadendo l'area nell'ambito dell'art. 2 d.m. 2 aprile 1968 Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti . La funzione dell’indennizzo. Ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 327/2001 nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l'indennità è determinata nella misura pari al valore venale, mentre viceversa, qualora la costruzione ovvero parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformità, l'indennità è calcolata tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente. Infine, ove sia pendente una procedura finalizzata alla sanatoria della costruzione, l'autorità espropriante, sentito il comune, accerta la sanabilità ai soli fini della corresponsione delle indennità. Più in generale, in un ordinamento in cui vige la distinzione delle aree tra quelle edificabili o meno, sotto il profilo dell’indennizzo l'interprete può trovarsi innanzi ad un’area destinata, come nel caso di specie, a verde pubblico, ossia ad un’area che, anticipando un intervento pubblico, è da concretizzarsi tramite una futura ablazione per mano pubblica. Si tratta, come sopra esposto, di vincoli che paralizzano lo ius aedificandi del privato proprietario in attesa dell'intervento espropriativo della P.A È, quindi, solo nel PRG vigente al momento della espropriazione che occorre trovare la risposta alla domanda se il terreno è edificabile o meno. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha riconosciuto l’indennizzo per il manufatto stradale esistente prima del nuovo piano regolatore generale, sul presupposto che non ne constasse la natura urbanisiticamente abusiva, nonostante le diverse disposizione del PRG attualmente vigente. Ad onor del vero, tale interpretazione non tiene conto che l’indennizzo presuppone proprio la legittimità urbanistica. La Corte d’Appello di Firenze, quindi, cade in una contraddizione logica. Per tal ragione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 9 aprile – 23 settembre 2019, numero 23594 Presidente Sambito – Relatore Meloni Fatti di causa Con atto di citazione ritualmente notificato in data 18/12//2010 l’attrice R.C. premesso che era comproprietaria con M.R. di un’area sita nel Comune di che i terreni erano in parte interessati da una procedura d’esproprio, in parte oggetto di un provvedimento di asservimento per la realizzazione di un collettore fognario che l’area era stata oggetto di occupazione temporanea che le indennità provvisorie e di occupazione non erano state congruamente liquidate che pertanto vantava il diritto al risarcimento del danno subito per indennità di occupazione illegittima oltre interessi e rivalutazione tutto ciò premesso convenne in giudizio il Comune di Signa in persona del legale rappresentante davanti alla Corte di Appello di Firenze per ivi sentirlo condannare alla determinazione e pagamento della giusta indennità oltre interessi e rivalutazione nonché vittoria di spese di giudizio. Si costituì il Comune di Signa contestando la domanda. Nel corso del giudizio venne espletata consulenza tecnica d’ufficio, all’esito della quale il Comune venne condannato al deposito di una somma a favore dell’attrice. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze il ricorrente Comune di Signa ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e memoria. R.C. resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo e memoria. Il Comune di Segni resiste con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso il ricorrente Comune di Signa denuncia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. ed art. 132 c.p.c., comma 2, nnumero 4 e 5, artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che i fondi ricadenti in zona F4 parco pubblico fossero edificabili aderendo acriticamente alla CTU espletata in corso di giudizio, nonché ha ritenuto indennizzabile il preesistente manufatto stradale abusivo riscontrato sulla porzione non edificabile della particella OMISSIS senza adeguatamente motivare la decisione. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, numero 1150, art. 23, in riferimento all’art. 360, comma 1, numero 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla natura edificatoria dell’area oggetto di esproprio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5, in quanto la Corte di Appello, aderendo alla CTU e senza adeguatamente motivare la decisione, ha ritenuto che i fondi ricadenti in zona F4 - Parco pubblico e ad intervento unitario 13 introdotta con la variante al PRG del Comune di Signa del 1998 fossero edificabili. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, art. 32, art. 39, D.P.R. 8 giugno 2001, numero 327 e D.M. numero 1444 del 1968, in riferimento all’art. 360, comma 1, numero 3, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5, in quanto la Corte di Appello ha determinato le indennità di esproprio e di occupazione dei terreni per la realizzazione della strada e di occupazione ed asservimento dei terreni ricadenti in zona F-4 in base alla variante al PRG del 1998 per la realizzazione del collettore fognario in base a calcoli e parametri erronei senza adeguatamente motivare la decisione. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, numero 865, art. 16, D.P.R. 8 giugno 2001, numero 327, art. 38, art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 comma 1 numero 3 in quanto la Corte di Appello ha affermato che non risulta la natura urbanisticamente abusiva del manufatto e pertanto ha determinato in Euro 3.867,50 il costo delle opere minimale necessarie per realizzare il preesistente manufatto stradale, riscontrato sulla porzione non edificabile della particella OMISSIS senza adeguatamente motivare la decisione. Va premesso che un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata dagli strumenti urbanistici Cass. 7987/2011 9891/2007 3838/2004 10570/2003 sez. unumero 172 e 173/2001 , e, per converso, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc. , in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area Cass. 14840/2013 2605/2010 21095 e 16537/2009 soggetta al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia cfr. Cass. numero 12218 del 2016 13172 del 2016 numero 11503 del 2014 numero 665 del 2010 numero 400 del 2010 numero 21396 del 2009 numero 21095 del 2009 numero 17995 del 2009 . Va peraltro rilevato che a seguito della sentenza numero 181/2011 della Corte Costituzionale per i suoli non aventi natura edificatoria rivestono valore a fini indennitari e risarcitori le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chiosci per la vendita di prodotti, etc. sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative. Nella specie, risulta accertato che l’area era destinata a verde pubblico, e tale destinazione costituisce un vincolo conformativo incidendo su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione della zona in cui i beni ricadono, talché la qualità edificatoria resta esclusa, ricadendo l’area nell’ambito di quelle che il D.M. 2 aprile 1968, art. 2, numero 7, include fra le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale . Nè può giovare il richiamo al comparto edificatorio che, previsto dall’art. 870 c.c. e disciplinato dalla L. 17 agosto 1942, numero 1150, art. 23, è uno specifico mezzo di attuazione del piano regolatore particolareggiato, e rende possibile l’edificazione privata ove sia inizialmente mancato l’accordo dei proprietari, dettando anche prescrizioni costruttive atte a realizzare sistemazioni urbanistiche di parti del territorio comunale. Il Comune, al fine di attuare le prescrizioni degli strumenti urbanistici, procede alla formazione dei comparti costituenti zone fabbricabili comprensive di aree inedificate e di costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni e tale procedimento nella specie non risulta essere stato attuato tanto da essere stato ricostruito empiricamente un indice territoriale che non era preesistente, sicché il richiamo a tale istituto, a fini perequativi, non ha fondamento giuridico. Anche il quarto motivo è fondato. La Corte territoriale ha riconosciuto l’indennizzo per il manufatto c.d. opere minimali stradale preesistente al nuovo tracciato, sul presupposto che non ne constasse la natura urbanisticamente abusiva. Così operando, tuttavia, la Corte Territoriale non ha tenuto conto che l’indennizzo riferito a manufatti presuppone proprio al contrario che ne sia documentata la legittimità urbanistica. Per quanto sopra appare fondato il secondo e quarto motivo di ricorso che devono essere accolti assorbiti il primo ed il terzo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione. Il quinto motivo di ricorso relativo alle spese di lite del giudizio di appello, ivi comprese le spese di CTU, poste a carico del Comune per aver il Comune affermato la natura non edificatoria del terreno è fondato e deve essere accolto di conseguenza. Con unico motivo di ricorso incidentale R.C. denuncia violazione degli artt. 112 e 163 c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1, numero 3, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che gli interessi legali sulla somma a lei dovuta decorressero dalla data della citazione e non invece dalla data dell’espropriazione come richiesto esplicitamente a pagina 5 e 7 dell’atto di citazione. Il motivo è fondato e deve essere accolto. Infatti premesso che non risulta controverso che la domanda formulata di cui alle pagine 5 e 7 dell’atto di citazione comprendesse gli interessi legali decorrenti dalla data di espropriazione, posto che risulta pacifico che il contenuto di una domanda giudiziale debba essere desunto dall’esame complessivo dell’atto di citazione e non esclusivamente dal significato letterale delle conclusioni formulate, devono pertanto ritenersi dovuti gli interessi dalla data dell’esproprio così come richiesti in riforma dell’impugnata sentenza ovviamente calcolati sulla differenza tra il quantum depositato presso la cassa depositi e prestiti ed il quantum giudizialmente liquidato. P.Q.M. Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso principale, assorbiti il primo ed il terzo, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di merito e di legittimità.