La compensazione delle spese di lite per gravi ed eccezionali ragioni

A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 77/18, il giudice ha la possibilità di disporre la compensazione delle spese di lite anche per altre eccezionali e gravi ragioni rispetto a quelle descritte nel comma 2 dell’art. 92 c.p.c., purché ne dia adeguata motivazione nel provvedimento.

Il caso. Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21746/19, depositata il 27 agosto, pronunciandosi all’esito di una controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento avanzata da un cittadino nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per i danni subiti a causa della presenza di elevati livelli di arsenico nell’acqua potabile. Il Tribunale di Roma aveva confermato l’accoglimento della domanda risarcitoria, dichiarando inammissibile per tardività di gravame sollevato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, compensando le spese del giudizio di appello. Proprio quest’ultimo punto costituisce oggetto del ricorso in Cassazione presentato dal cittadino che lamenta la violazione dell’art. 92 c.p.c Compensazione delle spese. Il Collegio condivide l’osservazione del ricorrente in merito alla versione normativa applicabile ratione temporis ovvero l’art. 92 c.p.c. nella versione introdotta dall’art. 13, comma 1, d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014. La norma consente la compensazione delle spese oltre che nel caso di soccombenza reciproca anche in quello di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza. Con l’intervento della Corte Costituzionale sentenza n. 77/18 è stato dichiarato incostituzionale il comma 2 dell’art. 92 nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre la compensazione anche laddove sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere specificamente indicate nella motivazione. Ne consegue che le ipotesi espressamente indicate dal legislatore devono ritenersi paradigmatiche svolgendo in sostanza una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale . Nel caso di specie, il giudice dell’appello ha individuato ed adeguatamente motivato circa le gravi ed eccezionali ragioni che hanno giustificato la compensazione delle spese di lite. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 28 marzo – 27 agosto 2019, n. 21746 Presidente Scoditti – Relatore Cirillo Rilevato che 1. Nell’aprile del 2013, Losavio Angelo conveniva in giudizio la Allianz Assicurazioni s.p.a., in qualità di Impresa designata a gestire il Fondo di Garanzia vittime della strada, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in ragione di un sinistro stradale che lo aveva coinvolto, e causato a suo dire da un veicolo non identificato. Parte convenuta si costituiva contestando la fondatezza della domanda. Con sentenza 449/2015, il Giudice di Pace di Taranto rigettava la domanda attorea. 2. Il Losavio, soccombente, proponeva appello avverso la sentenza di prime cure, lamentando l’arbitraria interpretazione delle risultanze probatorie. Con sentenza 18967/2017, pubblicata il 30/06/2017, il Tribunale di Taranto dichiarava l’infondatezza del gravame, ritenendo non provata la pretesa risarcitoria, stante l’inattendibilità dell’unica prova testimoniale acquisita, nonché l’irrilevanza delle dichiarazioni a sé favorevoli rese dalla parte. 3. L.A. propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo. Allianz s.p.a. resiste con controricorso. 4. È stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato che 5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore. 6. Con l’unico motivo formulato, il ricorrente si duole dell’omessa e/o insufficiente motivazione con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 in particolare, lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, che viene indicato quale avveduto comportamento del ricorrente che, per evitare la collisione con l’autovettura che procedeva contromano, perdeva il controllo del mezzo cadendo a terra . Il motivo è inammissibile. L’inammissibilità del motivo di impugnazione, anche a prescindere dalla evocazione del vecchio paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, discende comunque dalla stessa struttura della sua illustrazione. In essa, infatti, si procede prima all’evocazione di risultanze probatorie e solo dopo, e nel presupposto che la loro valutazione debba portare ad un certo risultato, si addebita al tribunale di avere omesso l’esame del preteso fatto . Siffatta articolazione illustrativa evidenzia che il motivo, pur apprezzato alla stregua del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, non risulta conforme ai criteri di cui a Cass., Sez. Un. nn. 8053 e 8054 del 2014 riguardo alla deduzione del vizio ai sensi del n. 5 del 360, in quanto si risolve nella postulazione di un’erronea valutazione delle emergenze probatorie. Infatti per effetto della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla violazione del minimo costituzionale dell’art. 111 Cost., comma 6, precipuamente individuata nelle ipotesi di motivazione graficamente assente, illogica, incomprensibile, contraddittoria. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Pertanto la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Cosicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Ciò detto non si rinvengono nella sentenza tribunalizia errori logico-giuridici idonei ad inficiarne la validità. Essa ha proceduto solo ad evidenziare le ragioni della inattendibilità di un teste e dunque ad esprimere un apprezzamento di una risultanza probatoria, il cui sindacato fuoriesce dal controllo consentito dal nuovo n. 5 art. cit Tanto si osserva non senza doversi rilevare che il preteso fatto di cui si assume omessa la considerazione come s’è detto all’esito di una rivalutazione del materiale probatorio è tutto fuori che un fatto, esprimendo il passo sopra riportato del ricorso piuttosto una valutazione anziché l’indicazione di un fatto storico, siccome, se non altro, evidenzia il riferimento alla avvedutezza . Nella illustrazione del motivo viene evocata altresì la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ma essa è fatta del tutto al di fuori dei criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016 per la prima norma e Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016 per entrambe. 7. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.