La chiamata in causa del terzo su istanza di parte nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Qualora l’opponente intenda chiamare in causa un terzo, egli dovrà comunque citare unicamente il soggetto istante per l’ingiunzione e, contemporaneamente, chiedere al giudice l’autorizzazione a tal fine.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 21706/19, depositata il 26 agosto. La vicenda. Il Giudice di pace accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo dell’attuale ricorrente, avente ad oggetto la declaratoria di improponibilità della domanda per l’esistenza di una clausola compromissoria in un contratto di appalto, ovvero di accertare la propria carenza di legittimazione passiva in relazione al pagamento richiesto a titolo di quota lavori sui locali da una società immobiliare e, in subordine, in caso di accoglimento della domanda della controparte e previa autorizzazione alla chiamata in causa della suddetta società immobiliare, la condanna di quest’ultima al pagamento delle somme pretese. La società appaltatrice impugnava la decisione del Giudice di pace, gravame accolto dal Tribunale, il quale riteneva che il Giudice di prime cure avesse omesso inspiegabilmente” di pronunciarsi sulla richiesta dell’opponente di chiamata in causa della società, avendo essa ormai assunto la veste di litisconsorte necessario nel processo. Contro la suddetta decisione, l’opponente propone ricorso per cassazione, deducendo, tra i diversi motivi, l’errore del Tribunale nell’avere considerato litisconsorte necessario la società immobiliare, non essendo essa mai divenuta parte processuale. La chiamata in causa del terzo su istanza di parte. La Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso e nel far ciò richiama la costante giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che l’opponente a decreto ingiuntivo che intenda chiamare in causa un terzo non può citarlo direttamente per la prima udienza, dovendo chiedere al giudice l’autorizzazione a tal fine mediante l’atto di opposizione. Ciò trova giustificazione per il fatto che nel procedimento per ingiunzione, per via dell’opposizione, non vi è alcuna inversione delle posizioni sostanziali delle parti in giudizio, mantenendo il creditore la veste di attore e l’opponente quella di convenuto, anche in relazione ai poteri e alle preclusioni processuali previsti per ciascuna delle parti. Da ciò deriva che l’opponente dovrà comunque citare solo il soggetto istante per l’ingiunzione e chiedere allo stesso tempo al giudice l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo, autorizzazione che non solo sarà discrezionale non riguardando ipotesi di litisconsorzio necessario , ma non avrà nemmeno natura decisoria, non potendo dunque formare oggetto di appello ovvero di ricorso per cassazione. Nel caso di specie, l’autorizzazione alla chiamata del terzo era stata richiesta in via subordinata e per il solo caso di accoglimento della domanda avversa nei confronti dell’istante, quindi non può ritenersi che il terzo abbia automaticamente assunto la qualità di parte nel processo. Alla luce di quanto esposto, la Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia gli atti al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 14 maggio – 26 agosto 2019, n. 21706 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione S.G. ha presentato ricorso, articolato in sette motivi, avverso la sentenza n. 972/2018 del Tribunale di Torre Annunziata, depositata in data 21 aprile 2018. La società CO.VE. S.r.l. non ha svolto attività difensive. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. I. Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo del 20 settembre 2013, S.G. convenne dinanzi al Giudice di pace di Gragnano la CO.VE. S.r.l., chiedendo la declaratoria di improponibilità della domanda per l’esistenza di clausola compromissoria nell’azionato contratto d’appalto, ovvero di accertare la propria carenza di legittimazione passiva in merito al pagamento richiesto in via monitoria a titolo di quota lavori sui locali di proprietà della S.p.a. Edilizia Immobiliare P.A. , nonché, in via gradata, in caso di accoglimento della domanda della Co.Ve S.r.l., previa autorizzazione alla chiamata in causa della medesima S.p.a. Edilizia Immobiliare P.A. , di condannare quest’ultima al pagamento di tutte le somme pretese in giudizio. Il Giudice di pace di Torre Annunziata, con sentenza del 22 dicembre 2014, dopo aver affermato la propria competenza, accolse l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo, dovendo l’appaltatrice, alla stregua dell’art. 10 del contratto d’appalto, richiedere le rispettive quote a ciascuno dei proprietari degli immobili interessati dai lavori. Nessuna pronuncia venne resa sulla istanza di chiamata in causa della S.p.a. Edilizia Immobiliare A.P. . La CO.VE. S.r.l. propose appello dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, che accolse il gravame, dichiarò la nullità della sentenza del Giudice di pace e rimise gli atti all’ufficio del Giudice di pace di Torre Annunziata. Ad avviso del Tribunale, il Giudice di pace aveva inspiegabilmente omesso di pronunciare sulla istanza dell’opponente di chiamata in causa della S.p.a. Edilizia Immobiliare A.P. , la quale, tuttavia, aveva assunto la veste di litisconsorte necessario . La mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di detto terzo induceva il Tribunale a dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ed a rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c. ILII primo motivo di ricorso di S.G. è rubricato violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 112, 324 e 329 c.p.c. violazione del giudicato interno nullità della sentenza e del procedimento art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 . Si evidenzia come il Giudice di pace non avesse mai autorizzato la chiamata in causa della S.p.a. Edilizia Immobiliare P.A. , che alcuna impugnazione vi fosse stata al riguardo da parte della CO.VE. S.r.l., e che pertanto si fosse formato un giudicato interno implicito che avrebbe impedito al Tribunale di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado. Col secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione delle norme ex art. 102, 103 e 354 c.p.c. violazione della regola del litisconsorzio facoltativo ed erronea rimessione del giudizio al giudice di primo grado nullità della sentenza e del procedimento . Il Tribunale avrebbe errato nel considerare litisconsorte necessario del giudizio la S.p.a. Edilizia Immobiliare P.A. , non essendo quest’ultima mai divenuta parte del processo. Il terzo motivo del ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione delle norme ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6 anomalia motivazionale per motivazione perplessa ed incomprensibile, insanabile contraddittorietà della motivazione per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile nullità della sentenza e del procedimento . Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione della norma ex art. 91 c.p.c. violazione del principio della soccombenza in relazione al giudizio di secondo grado nullità della sentenza e del procedimento. Col quinto motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della norma ex art. 91 c.p.c. violazione del principio della soccombenza in relazione al giudizio di primo grado nullità della sentenza e del procedimento. Col sesto motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione della norma ex art. 92 c.p.c. erronea compensazione delle spese di lite nel giudizio di primo grado nullità della sentenza e del procedimento. Il settimo motivo, formulato in via gradata e condizionata al mancato accoglimento del primo, secondo e terzo motivo di ricorso, censura la violazione e/o falsa applicazione delle norme degli artt. 354 c.p.c. e art. 25 Cost., rimessione della causa ad un giudice di primo grado diverso da quello precostituito per legge, nullità della sentenza e del procedimento. II.1. È fondato il secondo motivo di ricorso, e i restanti motivi rimangono per l’effetto assorbiti, perdendo di immediata rilevanza decisoria. Secondo l’interpretazione costante di questa Corte, l’opponente a decreto ingiuntivo, che intenda chiamare in causa un terzo nella specie, altresì nell’opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al giudice di pace , non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell’atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato. Ciò in quanto, nel procedimento per ingiunzione, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Ne consegue che, sebbene il disposto dell’art. 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata di terzo in causa, non si concilia con l’opposizione al decreto, in ogni caso l’opponente deve citare unicamente il soggetto istante per l’ingiunzione, e contemporaneamente chiedere al giudice l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto Cass. Sez. 1, 29/10/2015, n. 22113 Cass. Sez. 2, 14/05/2014, n. 10610 Cass. Sez. 3, 01/03/2007, n. 4800 Cass. Sez. 2, 16/07/2004, n. 13272 Cass. Sez. 1, 27/06/2000, n. 8718 . Peraltro, l’autorizzazione del giudice alla chiamata in causa di un terzo su istanza di parte ex art. 106 c.p.c., ove non si verta in ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c., è discrezionale, potendo il giudice rifiutarla sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo cfr. Cass. Sez. U, 23/02/2010, n. 4309 Cass. Sez. 3, 06/07/2006, n. 15362 . Il provvedimento del giudice che autorizzi, o rifiuti di autorizzare, la chiamata in causa di un terzo ex art. 269 c.p.c. non ha quindi natura decisoria, sicché non può formare oggetto di appello o di ricorso per cassazione ed è insuscettibile di passare in cosa giudicata Cass. Sez. 3, 20/12/2005, n. 28227 Cass. Sez. 2, 26/04/2005, n. 8688 Cass., Sez. L, 15/01/1987, n. 281 . Da ciò discende evidentemente che, ove sia stata chiesta l’autorizzazione alla chiamata in causa di un terzo peraltro, come avvenuto singolarmente nella specie, in subordine e per il sol caso di accoglimento della domanda avversa nei confronti dell’istante , senza che il giudice abbia neppure provveduto in merito, non può dirsi affatto, a differenza di quanto sostenuto dal Tribunale di Annunziata, che il terzo, per effetto automatico della proposizione dell’istanza di autorizzazione alla chiamata, e prima ancora di essere citato o di aver depositato una comparsa di intervento, abbia assunto la qualità di parte nel processo, legata da un nesso di litisconsorzio necessario processuale con i soggetti originari della lite, in maniera da obbligare il giudice d’appello a rimettere la causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio. Conseguono l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’assorbimento dei restanti motivi e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa al Tribunale di Torre Annunziata in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai rilievi svolti ed ai principi enunciati e regolerà altresì tra le parti le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Torre Annunziata in diversa composizione anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.