Il licenziamento a seguito del fallimento non esclude l'indennità sostitutiva di preavviso

Il lavoratore ha diritto al preavviso lavorato o, in mancanza, all'indennità sostitutiva ex art. 2119 c.c. in caso di cessazione totale dell'attività aziendale scaturente dal fallimento, ove il curatore dichiari di sciogliersi dal rapporto di lavoro.

Così la Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 20647/19, depositata il 31 luglio. Il caso. Il dirigente di una società fallita presentava domanda di ammissione al passivo per il proprio credito inerente le ultime retribuzioni maturate dopo la dichiarazione di fallimento e un'ulteriore somma per indennità sostitutiva di preavviso in conseguenza dello scioglimento del rapporto di lavoro a seguito della procedura concorsuale. Il Giudice Delegato e il Tribunale in sede di opposizione al passivo respingevano le pretese del lavoratore il quale ricorreva in Cassazione. La massima. Anche in caso di cessazione totale dell'attività aziendale scaturente dal fallimento, ove il curatore dichiari di sciogliersi dal rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto al preavviso lavorato o, in mancanza all'indennità sostitutiva ex art. 2119 c.c. per non avere il datore di lavoro adempiuto al corrispondente obbligo di preavviso , venendo meno ai sensi dell'art. 2119 c.c. tale diritto solo in caso di risoluzione per giusta causa, ipotesi che per espressa previsione di legge art. 2119, comma 2 c.c. non ricorre in caso di fallimento dell'imprenditore La decisione della Corte di Cassazione. Con la decisione impugnata in Cassazione, il Tribunale aveva respinto le richieste del lavoratore osservando che le asserite prestazioni post dichiarazione di fallimento non erano state in realtà svolte e che l'indennità di preavviso non era dovuta poiché tale somma ha natura para-risarcitoria , ma nessun risarcimento può essere richiesto al curatore fallimentare. Questi infatti non aveva potuto – senza colpa – proseguire l'attività lavorativa dopo il fallimento non essendovi margini per l'esercizio provvisorio. La procedura concorsuale costituiva quindi causa sopravvenuta di impossibilità di utilizzazione della prestazione non imputabile al curatore fallimentare. Il lavoratore contesta la decisione e le motivazioni a sostegno. In primo luogo sostiene che il curatore, nell'intimargli il licenziamento, aveva espressamente invocato il giustificato motivo oggettivo con conseguente diritto all'indennità sostitutiva del preavviso . Ciò costituiva dunque pacifico riconoscimento e ammissione della pretesa del creditore. In argomento la Cassazione respinge il motivo di ricorso spiegando che quanto dichiarato dal curatore non ha valore vincolante per il giudice in sede di verifica crediti. Infatti il curatore ex art. 35 l. fall. non può disporre di un diritto che appartiene alla massa, pertanto le sue dichiarazioni di per sé sole non valgono ad attribuire o meno diritti ai creditori. Sotto altro profilo il lavoratore contesta che il diritto all'indennità di preavviso possa essere escluso dall'impossibilità di avviare l'esercizio provvisorio dell'impresa configurando ciò una impossibilità sopravvenuta di utilizzazione della prestazione non imputabile al datore di lavoro. La Cassazione condivide la tesi del ricorrente. Infatti è vero che l'art. 72 l. fall. accorda il diritto al curatore la facoltà di sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data del fallimento, ma ciò non implica che la scelta sia priva di conseguenze. Infatti il quarto comma dell'art. 72 l. fall. stabilisce che il contraente ha diritto di far valere nel passivo fallimentare il credito conseguente al mancato adempimento per la scelta di scioglimento del curatore , senza che sia dovuto il risarcimento del danno. Ciò significa che l'opzione del curatore non libera la società fallita dalle conseguenze di natura patrimoniale. L'art. 72 l. fall. e le norme codicistiche sull'indennità di preavviso artt. 2118 e 2119 c.c. sono quindi compatibili. Pertanto, anche in seguito alla cessazione totale dell'attività aziendale a seguito del fallimento, se il curatore opta per lo scioglimento del rapporto, il lavoratore ha diritto all'indennità sostitutiva di preavviso per non avere il datore di lavoro dato il corrispondente preavviso appunto . Tale diritto può venire meno solo in caso di risoluzione per giusta causa che non ricorre però come prevede il secondo comma dell'art. 2119 c.c. in caso di fallimento del datore di lavoro. Peraltro, aggiunge la Cassazione, l'indennità sostitutiva di preavviso non ha natura risarcitoria, quindi non cozza con la disposizione dell'art. 72 l. fall., comma 4 che esclude possibilità di risarcimento danno per il contraente che subisce lo scioglimento da parte del curatore. Secondo giurisprudenza costante infatti sin dalle Sezioni Unite n. 7914/1992 tale somma ha valore indennitario e non risarcitorio poiché, pur essendo finalizzata ad offrire un ristoro al lavoratore che rimane privo di lavoro, essa non deriva da un fatto illecito. Del resto l'indennità è dovuta per il solo fatto che il lavoratore abbia perduto in maniera traumatica il lavoro e non influisce sul punto il fatto che il soggetto abbia poi, ad esempio, trovato immediatamente una nuova occupazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 22 maggio – 31 luglio 2019, n. 20647 Presidente Di Virgilio – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con decreto depositato il 6 marzo 2014 il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta da C.E. avverso il decreto con cui il G.D. dello stesso Tribunale aveva rigettato la domanda di insinuazione in prededuzione, al passivo del fallimento s.r.l. del credito dell’importo di Euro 6.238,44, richiesto a titolo di retribuzioni maturate successivamente alla dichiarazione di fallimento mensilità aprile 2013 o comunque, in subordine, a titolo di permessi individuali e festività maturati e non goduti, ed Euro 58.236,78 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, in virtù del rapporto lavorativo instaurato con la società poi fallita con le mansioni di dirigente. Il Tribunale di Reggio Emilia ha osservato, in primo luogo, quanto alla prima voce di credito richiesta, che non possono riconoscersi retribuzioni per prestazioni, peraltro, non svolte, che trovano la propria fonte negoziale in un contratto la cui efficacia è stata sospesa a norma della L. Fall., art. 72, prima che intervenisse la lettera di licenziamento del curatore. Quanto all’indennità sostitutiva del preavviso, il giudice di merito, evidenziando la natura para-risarcitoria dell’indennità di mancato preavviso, ha ritenuto l’impossibilità di riconoscere al lavoratore licenziato un emolumento che presuppone, a differenza del caso in esame, un brusco scioglimento del rapporto di lavoro in alternativa alla prosecuzione dello stesso, mentre il curatore si è trovato nell’impossibilità di proseguire l’attività lavorativa in pendenza di fallimento. Infine, è stata ritenuta la prevalenza - in quanto legge speciale - della disciplina della L. Fall., art. 72, rispetto all’art. 2119 c.c., in tema di recesso per giusta causa. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione C.E. affidandolo a sei motivi. Il ricorrente ha depositato, altresì, la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c La curatela del fallimento non si è costituita in giudizio con controricorso, limitandosi a depositare la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. che è quindi inammissibile, come statuito da questa Corte con sentenza n. 27140/2017 . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo. Lamenta il sig. C. che il giudice di merito curatore ha ignorato la circostanza decisiva che il curatore gli aveva inviato due lettere, con cui gli era stato intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo con conseguente diritto all’indennità sostitutiva del preavviso . 2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione all’art. 1372 c.c Lamenta il ricorrente che, avendo il contratto forza di legge tra le parti, una volta ricevuta l’intimazione del licenziamento per giustificato motivo, gli effetti di tale intimazione, ovvero il riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso, non potevano essere successivamente disconosciuti in sede di verifica dello stato passivo. 3. I due motivi, da esaminarsi unitariamente vertendo entrambi sull’intimazione di licenziamento inviata dal curatore al ricorrente, sono infondati. Non vi è dubbio che il diritto del ricorrente all’indennità per mancato preavviso possa trovare la propria fonte soltanto nella legge e non certo negli asseriti effetti vincolanti del riconoscimento del diritto all’indennità contenuto nell’intimazione di licenziamento inviata dal curatore al lavoratore. Peraltro, come si evince dal disposto della L. Fall., art. 35, il curatore non può certo disporre di un diritto che appartiene alla massa dei creditori e la sua dichiarazione non è quindi certo idonea a far sorgere in capo ad un creditore alcun diritto, potendo soltanto esprimere un parere che viene sottoposto al vaglio del giudice nella verifica dei crediti L. Fall., ex art. 95. 4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione all’art. 2119 c.c., comma 2, e art. 118 c.c., L. Fall., art. 72, e art. 14 preleggi. Contesta il ricorrente l’affermazione contenuta nel decreto impugnato secondo cui non troverebbe applicazione, nel caso di specie, il disposto dell’art. 2219 c.c., comma 2, in quanto derogato dalla L. Fall., art. 72, quale legge speciale entrata in vigore successivamente. Evidenzia che se, da un lato, la L. Fall., novellato art. 72, ha previsto la facoltà per il curatore di sciogliersi da un contratto non ancora compiutamente eseguito, dall’altro, tale norma non regola le conseguenze della dichiarazione di scioglimento, con la conseguenza che la disciplina dell’art. 2119 può ben trovare comunque applicazione, integrando quella della normativa fallimentare. 5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione all’art. 1256 c.c., e L. n. 604 del 1966, art. 3. Contesta il ricorrente l’impostazione del Tribunale secondo cui il fallimento in assenza di esercizio provvisorio costituirebbe un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta di utilizzazione della prestazione lavorativa non imputabile al datore di lavoro, con la conseguenza che, non essendo ipotizzabile la prosecuzione del rapporto di lavoro per il periodo di preavviso, non sorgerebbe quindi il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso. 6. Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione all’art. 2118 c.c Contesta il ricorrente l’assunto del decreto impugnato nella parte in cui è stata evidenziata la natura extracontrattuale e risarcitoria dell’indennità di mancato preavviso. 7. Il terzo, quarto e quinto motivo, da esaminare unitariamente, in relazione alla stretto collegamento delle questioni trattate, sono fondati. Va osservato che se è pur vero che, come evidenziato dal decreto impugnato, la L. Fall., art. 72, sancisce un vero e proprio diritto della curatela allo scioglimento del contratto, potendo liberamente il curatore decidere di subentrare o meno nei rapporti pendenti che non hanno avuto ancora compiuta esecuzione alla data della dichiarazione di fallimento, d’altra parte, l’esercizio di tale diritto non è privo di conseguenze per la procedura, come emerge, del resto, dal tenore testuale della L. Fall., stesso art. 72, comma 4, secondo il quale in caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno . Dunque, la dichiarazione con cui il curatore, a norma della L. Fall., art. 72, dichiara di sciogliersi dal contratto pendente compreso quello relativo ai rapporti di lavoro non comporta la liberazione della società fallita dalle conseguenze di natura patrimoniale derivanti dal mancato adempimento determinato dall’interruzione del rapporto, potendo il contraente far valere al passivo il relativo credito, con l’eccezione, tuttavia, di quello di natura risarcitoria, non trovando la risoluzione del rapporto medesimo la propria fonte in un atto illecito. Ne consegue che, con riferimento all’indennità sostitutiva del preavviso, la disciplina della L. Fall., art. 72, non deroga affatto a quella dell’art. 2118 c.c., comma 2, e art. 2119 c.c., essendo le norme sopra indicate pienamente compatibili, regolando le stesse gli effetti di natura patrimoniale dello scioglimento del rapporto di lavoro verificatosi in conseguenza dell’apertura dal fallimento e della dichiarazione L. Fall., ex art. 72, del curatore. Proprio il disposto sopra enunciato della L. Fall., art. 72, comma 4, consente di affermare che, anche in caso di cessazione totale dell’attività aziendale scaturente dal fallimento, ove il curatore dichiari di sciogliersi dal rapporto, il lavoratore ha comunque diritto al preavviso lavorato o, in mancanza all’indennità sostitutiva ex art. 2119 c.c., per non aver il datore di lavoro adempiuto al corrispondente obbligo di preavviso , venendo meno, ai sensi dell’art. 2119 c.c., tale diritto solo in caso di risoluzione per giusta causa, ipotesi che per espressa statuizione di legge - l’art. 2119 c.c., comma 2 - non ricorre, tuttavia, in caso di fallimento dell’imprenditore sulla necessità del preavviso al lavoratore licenziato dal curatore, o, in sua mancanza, dell’obbligo di corresponsione della relativa indennità sostitutiva, vedi anche Cass. n. 8726/17 e n. 6521/2017 . Né, peraltro, potrebbe sostenersi l’insussistenza del diritto del lavoratore licenziato dal curatore ad insinuarsi al passivo per l’indennità sostitutiva del preavviso in relazione alla presunta natura risarcitoria di tale indennità che escluderebbe la debenza della stessa sempre in virtù dell’applicazione della L. Fall., art. 72, comma 4 . Questa Corte, sin dalla sentenza delle S.0 n. 7914/1992, ha affermato la natura indennitaria e non risarcitoria dell’indennità sostitutiva del preavviso, sul rilievo che se è pur vero che la stessa è finalizzata a ristorare il lavoratore del disagio conseguente a doversi trovare una nuova occupazione e del danno eventuale scaturente, tuttavia, tale erogazione è riferibile non ad un risarcimento del danno in senso giuridico che presuppone un illecito , ma ad un danno in senso economico derivante dall’esercizio di un diritto , ed è proprio per questo che la legge prevede un’indennità e non un risarcimento in questi termini Cass. n. 12732/06 . D’altra parte, il lavoratore licenziato ha diritto ad una tale indennità per il solo fatto dell’interruzione traumatica del rapporto di lavoro, essendogli riconosciuto tale diritto, il cui ammontare è predeterminato dalla legge o dalle norme collettive, anche in mancanza di un danno reale, e quindi anche quando lo stesso abbia immediatamente trovato una nuova occupazione Cass. n. 7417/1994, n. 24776/2013 . In conclusione, non trovando l’indennità in oggetto la propria fonte in un atto illecito, ma pur sempre nel mancato adempimento di un obbligo cui era tenuto il datore di lavoro di preavviso lavorato , la sua corresponsione è dovuta in virtù della L. Fall., art. 72, comma 4. 8. Con i motivi 5.1. e 5.2. è stato rispettivamente dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., e, in subordine, dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto controverso decisivo per il giudizio. Lamenta il ricorrente che il Tribunale non ha fornito risposta sulla domanda, svolta in via subordinata, con cui ha chiesto il pagamento della somma di Euro 6.238,44 portata nella busta paga di aprile 2013 a titolo di permessi individuali e festività maturati e non goduti. In particolare, rileva che, come si evinceva dal prospetto paga del mese di febbraio 2013, lo stesso aveva maturato a tale titolo 212 ore, di cui 206,67 negli anni precedenti al 2013 e 5,33 nei mesi di gennaio e febbraio 2013. 9. Tali motivi sono inammissibili per novità. Dall’esame del contenuto del ricorso L. Fall., ex artt. 98 e 99, trascritto nelle note 4 e 5 del ricorso per cassazione per affermazione dello stesso ricorrente, emerge in modo inequivocabile che questa questione, di cui non vi è traccia nel decreto impugnato, non è stata minimamente prospettata al Tribunale di Reggio Emilia. Devono quindi accogliersi il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso, devono rigettarsi i primi due e dichiararsi inammissibili gli ultimi due, e deve disporsi il rinvio per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità al Tribunale di Reggio Emilia in diversa composizione. P.Q.M. accoglie il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso, rigetta i primi due e dichiara inammissibili gli ultimi due, e dispone il rinvio per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità al Tribunale di Reggio Emilia in diversa composizione.