Le riforme della giustizia cavalcano con destrezza temi più e meno classici, come la scelta dell’atto introduttivo del processo civile. Citazione o ricorso?
Il primo atto del processo civile è la citazione essa consente all’attore di chiamare direttamente il convenuto a comparire dinnanzi al giudice per la discussione della e la decisione sulla propria richiesta di giustizia. Il primo atto del processo civile è il ricorso esso consente al ricorrente di chiedere direttamente al giudice di chiamare in udienza il resistente per la discussione della e la decisione sulla propria richiesta di giustizia. La ripetizione non è casuale, meno che mai frutto di una svista il legislatore utilizza/predilige l’uno o l’altro istituto secondo una valutazione rimessa alla propria discrezionalità. Su questo penso si possa convenire, a prescindere dal condividere o meno i fattori ponderati dal Parlamento nella scelta. Il rapporto tra le due regole – ciascuna è vera se misurata sul proprio ambito di applicazione – è parte dell’alfabeto degli operatori del diritto aule universitarie, studi legali, volumi di preparazione a taluni concorsi a titolo esemplificativo . La domanda è semplice, in qualche modo già posta come si avvia al meglio un giudizio? L’uno e l’altro istituto rispetto ad altri temi ben più complessi si possono conoscere esplorando un buon codice e applicandosi alla sana lettura delle norme. In fin dei conti, non sembra sia questa la cruna dell’ago il legislatore ha ben altro da curare. Nondimeno, il riformatore fa marketing sul tema propendo il monopolio di un modello, quello del ricorso, che attende di essere riconosciuto dagli operatori del diritto come utile stereotipo. Quali che siano le motivazioni sottese alla preferenza accordata a questo incipit del processo civile – molto si è scritto e ancora si scriverà – si deve convenire che non sia una scelta nata dal giocare a dadi. A dadi, peraltro, non gioca nemmeno chi avversa la proposta del Guardasigilli. Accantonate impalcature generali si possono sondare alcuni spunti che segnalano orientamenti poco convincenti. La logica del ricorso tout court viene avversata, tra l’altro, eccependo che il processo perderebbe in velocità. Argomento decisamente debole strumenti anticipatori – il decreto ingiuntivo appartiene a un lessico ormai sdoganato dal tribunalese – muovono da un ricorso, non diversamente dal “nuovo” rito sommario di cui all’articolo 702-bis c.p.c. in ambo i casi e non solo in essi non c’è forzatura del sistema l’avvio del procedimento, nell’auspicio di una sua particolare velocità, avviene su impulso diretto del giudice, che, adito da ricorrente, fissa con decreto una data per l’udienza, onerando il ricorrente di notificare decreto e ricorso alla controparte. In altri termini, non si comprende il perché la logica dell’emergenza che connota la tutela monitoria, e che si fa concreta in una procedura celere che si ritiene utilmente innescata da un ricorso, non possa avere lo stesso significato quando la logica non è, per così dire, emergenziale. Secondo un argomento a contrario, atteso che il ricorso rallenta e la citazione accelera – questa è la tesi – i crediti certi liquidi ed esigibili sarebbero meglio recuperati con una citazione, il che, com’è noto, non accade. Precomprensioni o no, la radicalizzazione del contrasto tra Ministero e appassionati della citazione veda il primo in imbarazzo, atteso che in materia di giustizia accade sovente che al potere politico sfugga il senso del diritto, nella sua componente tecnica. Di tecnicismo a volte si ha bisogno, senza per questo sfociare in un esoterismo facile bersaglio di chi chiede una giustizia comprensibile al quisque de populo. Come per la medicina, e mutatis mutandis, la traduzione non è sempre possibile ed è quasi sempre antieconomica il chirurgo non può insegnare l’anatomia e le tecniche operatorie al paziente l’avvocato non può rendere edotto il cliente su tutto, dai profili sostanziali a quelli processuali della controversia. Non ha pregio, nessuno, l’argomento che salva la citazione quale strumento di confronto con la controparte prima del pagamento del contributo unificato/iscrizione a ruolo. La scommessa del legislatore sulla negoziazione assistita dice che per il confronto vengono eletti altri contesti, specifici conseguentemente non v’è alcun ragionevole motivo di ritenere la finestra temporale tra notifica dell’atto di citazione e pagamento del contributo unificato spazio fecondo per un confronto tra le parti ed una pacificazione del conflitto, fallito in sede di negoziazione. A fortiori, se allo strumento di ADR si conferiranno vantaggi importanti anche sul piano dei meccanismi di acquisizione di elementi istruttori fuori del processo, si perverrà alla opportunità di spazi transattivi drasticamente indipendenti dalla notifica dell’atto di citazione. Non parliamo di scenari imminenti il Ministro promette l’approvazione della nuova normativa per dicembre dicembre 2020 un tempo di gestazione lungo abbastanza da poter innescare un dibattito vivo e passionale, come i giuristi amano fare lungo abbastanza per la gestazione della montagna, che partorì un topolino. Oggi è lecito nutrire più di un dubbio sull’opportunità di scoperchiare il vaso di Pandora la giustizia a partire dalla scelta dell’atto introduttivo, aspetto che non sembra in grado di recare scandalo, nel bene e nel male. Tuttavia, nella dialettica tra le fazioni, l’avvocato normalmente rivendica la citazione quale parte del suo Habitus mentale. Ognuno dirà la sua. Per il momento quella della classe forense si fa sentire sono avvocato perché cito.