Ricorso per cassazione e procedura di correzione della sentenza sono rimedi alternativi

Qualora la parte appellante vittoriosa abbia domandato la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della decisione di primo grado ed il giudice abbia omesso di pronunciarsi su tale istanza, potrà proporsi apposito ricorso per cassazione ovvero, qualora ne sussistano i presupposti, è ammissibile la procedura di correzione dell’errore materiale della sentenza.

Questo il principio contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 17664/19, depositata il 2 luglio. Il fatto. L’attore conveniva in giudizio il Comune di Bologna, chiedendo, ex art. 2051 c.c., il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta in una buca da lui ritenuta insidiosa”. A fronte della condanna dell’ente locale pronunciata dal Tribunale, la Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione proposta dal Comune, riformando totalmente la decisione di primo grado ma nulla statuendo in merito alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della prima sentenza, così come era stato richiesto nell’atto introduttivo del gravame. Avverso tale provvedimento, dunque, propone ricorso per cassazione il Comune di Bologna. La correzione degli errori materiali della pronuncia. La Suprema Corte accoglie il ricorso, evidenziando che il giudice incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato qualora accolga l’appello proposto contro la decisione provvisoriamente esecutiva omettendo di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in base a quest’ultima, nonostante la relativa domanda fosse stata oggetto dell’atto introduttivo del gravame, non potendosi in tali situazioni utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado in qualità di condanna implicita. Gli Ermellini rilevano che, a seguito di tali violazioni da parte del giudice, è possibile utilizzare il procedimento di correzione degli errori materiali, sussistendo i presupposti di fatto che la giustificano, accedendo la declaratoria al decisum ” complessivo della lite senza assumere una propria autonomia formale. Per questo motivo, la Corte annulla la sentenza impugnata, affermando il principio di diritto in base al quale, in casi analoghi a quello di specie, potrà essere proposto ricorso per cassazione per ottenere una pronuncia che ponga rimedio alla nullità della sentenza sulla specifica domanda, in relazione alla quale ricorre la violazione dell’art. 112 c.p.c. , sottolineando che ove la condanna alle restituzioni rimanga sottratta a qualunque forma di valutazione giudiziale sia sull’ an che nel quantum del provvedimento e ricorrono, pertanto, i presupposti che giustificano la correzione dell’errore materiale in quanto l’omissione stessa si collega ad una mera disattenzione e, quindi, ad un comportamento involontario, deve ritenersi ammissibile anche la procedura di correzione dell’errore materiale . Infine, la Corte precisa che i due rimedi, nelle ipotesi in cui la statuizione accede al decisum della controversia senza la necessità di ulteriori indagini o valutazioni sostanziali, devono ritenersi fra loro alternativi .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 marzo – 2 luglio 2019, n. 17664 Presidente Amendola – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. Il Comune di Bologna ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello che, riformando la pronuncia del Tribunale e rigettando perciò la pretesa risarcitoria accolta in primo grado, aveva omesso di statuire sulla domanda di restituzione delle somme corrisposte a M.M. in esecuzione del provvedimento di primo grado, così come richiesto nell’atto introduttivo del gravame. 2. L’intimato non si è difeso. Motivi della decisione 1. Con unico motivo, il Comune ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità della sentenza, ex art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda, specificamente formulata in grado d’appello, di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione del provvedimento di primo grado. 1.1. Deve premettersi una breve sintesi degli aspetti fattuali della vicenda. 1.2. M.M. convenne in giudizio il comune di Bologna chiedendo, ex art. 2051 c.c., il risarcimento dei danni subiti per essere caduto in una buca esistente sul manto stradale della quale denunciava le caratteristiche insidiose. Il Tribunale di Bologna condannò l’ente locale al risarcimento del danno, riconoscendo che ricorressero i presupposti della responsabilità oggettiva invocata. La Corte distrettuale riformò totalmente la decisione, respingendo la domanda risarcitoria e condannando il M. alle spese di entrambi i gradi di giudizio ma, nonostante fosse stata spiegata dalla difesa del Comune anche la domanda di restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado, omise di pronunciarsi su di essa. 2. Il motivo è fondato. 2.1. Pacifico che nell’atto d’appello il ricorrente avesse domandato, oltre alla riforma della sentenza impugnata, anche la condanna della controparte alla restituzione della somma corrisposta in esecuzione della pronuncia di primo grado, ricorrendo con ciò i presupposti per la pronuncia in sede di gravame cfr. al riguardo Cass. 12387/2016 Cass. 18062/2018 , si osserva che questa Corte ha condivisibilmente affermato che incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonchè dall’art. 389 c.p.c. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita cfr. Cass. 2662/2013 Cass. 8639/2016 . 2.2. Va, al riguardo precisato, che il diverso orientamento secondo il quale sarebbe consentito, in ipotesi omissive come quella in esame, di ricorrere al procedimento di correzione degli errori materiali ex art. 287 c.p.c. e segg., non risulta contrastante con il principio sopra citato. 2.3. Questa Corte ha, infatti, ritenuto - pronunciando su un ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento di correzione di errore materiale conò il quale era stata disposta, dalla Corte d’Appello investita, la restituzione di quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado che è ammissibile, alla stregua dell’interpretazione estensiva dell’art. 287 c.p.c. e ss., l’utilizzazione del procedimento di correzione degli errori materiali qualora il giudice del gravame, riformando la sentenza appellata, ometta, pur esistendo in atti tutti gli elementi a ciò necessari, di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione di quest’ultima, atteso che una siffatta condanna è sottratta a qualunque forma di valutazione giudiziale, sicchè sono configurabili i presupposti di fatto che giustificano la correzione, e la relativa declaratoria necessariamente accede al decisum complessivo della controversia, senza assumere una propria autonomia formale, collegandosi l’omissione ad una mera disattenzione. L’ordinanza di correzione, inoltre, in quanto priva di contenuto decisorio, non è impugnabile, neppure con il ricorso ex art. 111 Cost., tale rimanendo, invece, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta cfr. Cass. 2819/2016 . 2.4. Si ritiene che fra i due rimedi sussista una possibile alternatività e che, in relazione ad essa, la scelta di quello più consono rispetto al caso concreto deve essere rimessa alla prudenza del difensore, consapevole dei differenti meccanismi processuali e delle diverse conseguenze che regolano le due procedure anche in termini di ragionevole durata del processo. 3. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto e deve essere affermato il seguente principio di diritto Nelle ipotesi in cui, a seguito della riforma della sentenza di primo grado con la quale una parte è stata condannata a corrispondere all’altra una somma di danaro od altre utilità, la parte appellante vittoriosa ha domandato la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione della pronuncia di primo grado ed il giudice d’appello ha omesso di pronunciarsi su tale specifica istanza, potrà essere proposto ricorso per cassazione per ottenere una pronuncia che ponga rimedio alla nullità della sentenza sulla specifica domanda, in relazione alla Quale ricorre la violazione dell’art. 112 c.p.c. . Ove la condanna alle restituzioni rimanga sottratta a qualunque forma di valutazione giudiziale sia nell’an che nel quantum del provvedimento e ricorrono, pertanto, i presupposti che giustificano la correzione dell’errore materiale in quanto l’omissione stessa si collega ad una mera disattenzione e, quindi, ad un comportamento involontario, deve ritenersi ammissibile anche la procedura di correzione dell’errore materiale che comporta l’applicazione della relativa disciplina, ivi compresa la non impugnabilità dell’ordinanza che lo conclude, se non unitamente con la sentenza oggetto dell’emenda. I due rimedi, nelle ipotesi in cui la statuizione accede al decisum della controversia senza la necessità di ulteriori indagini o valutazioni sostanziali, devono ritenersi fra loro alternativi . 4. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione al motivo proposto e, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito in relazione alla specifica domanda, con condanna dell’intimato M.M. a restituire al Comune ricorrente quanto a lui corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla data del pagamento. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma Ibis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito condanna M.M. a restituire al ricorrente quanto corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado oltre agli interessi legali con decorrenza dalla data del pagamento. Condanna il M. alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.