Assegno pagato al soggetto sbagliato: la diligenza dello sportellista salva la società

Esclusa ogni ipotesi risarcitoria. Fondamentale la valutazione della condotta tenuta dall’operatore di sportello, che ha verificato l’autenticità del titolo e ha reso disponibile la somma solo dopo avere ricevuto l’incasso e l’autorizzazione al pagamento della banca trattaria.

Assegno non trasferibile pagato a soggetto diverso dal destinatario. Sotto accusa finisce uno sportellista – e, ovviamente, la società –, ma il suo operato, consistito nell’esaminare l’autenticità del titolo e nel rendere disponibile la somma solo dopo avere ricevuto l’incasso e l’autorizzazione al pagamento, è valutato assolutamente corretto. Di conseguenza, va esclusa ogni ipotesi risarcitoria Cassazione, ordinanza n. 17641/2019, Sezione Sesta Civile, depositata il 1° luglio . Importo. Una volta ricostruita la vicenda, il Tribunale condanna la società sotto accusa – assieme al proprio operatore – per avere versato – con violazione delle regole della diligenza professionale – il corrispondente importo a soggetto diverso dal beneficiario indicato in un assegno non trasferibile emesso da un istituto di credito per conto di un’altra società. Consequenziale è anche l’obbligo di provvedere ad un adeguato risarcimento del danno, versando oltre 4mila e 700 euro. Di parere opposto, invece, è la Corte d’appello, poiché viene rilevato che l’ufficio negoziatore ha assolto il proprio incarico contrattuale con la cura e la diligenza professionale richieste . Più precisamente, l’operatore di sportello ha effettuato il versamento solo dopo avere svolto un attento esame circa l’autenticità del titolo e avere verificato l’assegna di segni di contraffazione e, quindi, di irregolarità o alterazioni , e solo dopo avere verificata l’identità della persona a favore della quale, in conformità del contenuto del titolo, veniva resa disponibile la somma portata dal titolo sul rapporto al medesimo intestato , e solo dopo avere ricevuto l’incasso e l’autorizzazione al pagamento della banca trattaria a seguito scambi del titolo in stanza di compensazione . Peraltro, viene aggiunto che da una verifica effettuata sul sito dell’Agenzia delle Entrate il codice fiscale del soggetto, con inserimento di tutti i dati impressi nella tessera sanitaria esibita all’operatore di sportello , è risultato valido . Diligenza. A chiudere la querelle giudiziaria provvede infine la Cassazione, escludendo in via definitiva l’onere risarcitorio a carico della società che ha provveduto materialmente, tramite il proprio sportellista, a versare l’importo indicato nell’assegno. Condivisa con la Corte d’Appello è la valutazione della condotta tenuta dall’operatore, condotta ritenuta corretta e rispettosa delle regole della diligenza professionale . A questo proposito, viene richiamata anche la cosiddetta ‘legge assegni’, laddove si evidenzia che la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario può provare , come in questo caso, che l’inadempimento non le è imputabile per avere assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 5 marzo – 1 luglio 2019, n. 17641 Presidente Genovese – Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- Con pronuncia dell'aprile 2016, il giudice di pace di Torino ha condannato la s.p.a. Poste Italiane a pagare alla s.coop. a r. I. Cattolica Assicurazioni la somma di Euro 4.727,27, a titolo di risarcimento del danno provocato dall'avere versato - con violazione delle regole della diligenza professionale - il corrispondente importo a soggetto diverso dal beneficiario indicato nell'assegno non trasferibile emesso da Banca UBI per conto appunto della società Cattolica. Il giudice ha altresì respinto la domanda di garanzia svolta da Poste Italiane nei confronti della terza chiamata UBI come allora denominata Banco di Brescia . 2.- Con sentenza depositata il 7 giugno 2017, la Corte di Appello di Torino ha accolto l'impugnazione presentata da Poste Italiane, respingendo le domande tutte proposte nei confronti della stessa, così come le domande da quest'ultima proposte nei riguardi della terza chiamata . La Corte distrettuale ha in particolare rilevato che l'ufficio postale negoziatore ha assolto il proprio incarico contrattuale con la cura e la diligenza professionale richieste Invero, l'operatore di sportello ha effettuato il versamento solo dopo avere svolto un attento esame circa l'autenticità del titolo e avere verificato l'assenza di segni di contraffazione e, quindi, di irregolarità o alterazioni. Verificata l'identità della persona a favore della quale, in conformità del contenuto del titolo, veniva resa disponibile la somma portata dal titolo sul rapporto al medesimo intestato, solo dopo avere ricevuto l'incasso e l'autorizzazione al pagamento della banca trattarla Banco di Brescia a seguito scambio del titolo in stanza di compensazione . Altresì deve essere precisato - ha proseguito la pronuncia - che da una verifica effettuata sul sito dell'Agenzia delle Entrate il codice fiscale del sig. Pasquale Spedicato con inserimento di tutti dati impressi nella tessera sanitaria esibita all'operatore di sportello risulta valido cfr. doc. n. 5 produzione parte appellante trattasi nella specie di mero controllo online, che può rispondere al concetto processuale di fatto notorio o comunque agevolmente verificabile da chiunque, per cui non può valere al riguardo l'eccezione di tardività sollevata da parte appellata Cattolica Assicurazioni . 3.- Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società Cattolica, affidandosi a quattro motivi di cassazione. Resistono, con distinti controricorsi, Poste Italiane e UBI. Il ricorrente e la resistente Poste Italiane hanno altresì depositato memoria. 4.- I primi due motivi di ricorso vanno esaminati in modo congiunto, in ragione della loro contiguità. Infatti, i due motivi riguardano entrambi il documento attestante l'esistenza del codice fiscale dichiarato dal Spedicato - sedicente - cliente di Poste, per avvalorare un'identità che quella persona, in realtà, non possedeva . 5.- Ad avviso del ricorrente, il codice fiscale - che documento di identità non è - non prova nulla della effettiva identità di chi dichiara esserne titolare . Nella specie, inoltre, non è neppure stato acquisito il tesserino del codice fiscale , ma è stato appreso direttamente il solo numero del codice fiscale, attraverso la tessera sanitaria, che di nuovo documento di identità non è . Da ciò - prosegue il ricorrente - Poste, ma pure il Tribunale qui ricorso , ha tratto il fatto che nulla potesse indurla nella supposizione che stesse cadendo in errore circa l'effettiva identità del soggetto che si era presentato al suo sportello . Questo comportamento - precisa allora il ricorrente - non può essere considerato espressivo di una diligente identificazione . Perché il tesserino/certificato del codice fiscale, essendo sprovvisto di fotografia del titolare, ed essendo privo di sottoscrizione , non può essere ritenuto documento di identità, ai sensi del D.P.R. 28.12.2000, n. 445. Tanto più che gli indici di falsità del tesserino in discorso erano piuttosto evidenti , incalza il ricorrente il codice Regione era diverso da quello che, nel caso, avrebbe dovuto essere, se davvero quel tesserino sanitario riportante il codice fiscale attinto da Poste fosse appartenuto allo Spedicato di Erchie che si trova in Puglia , allora il codice Regione riportato a tergo del tesserino stesso avrebbe dovuto essere 160 al contrario, il tesserino attinto da Poste riportava il codice Regione 170, relativo alla regione Basilicata . D'altra parte - conclude sul punto il ricorrente -, non si può fare rientrare l'accertamento online sul sito dell'Agenzia delle Entrate nel concetto di fatto notorio, pur giacendo in una banca dati essendo irrilevante che quella banca dati sia accessibile online al fine che qui rileva . 6.- Il primo e il secondo motivo di ricorso sono inammissibili. Concentrati unicamente sul tema del codice fiscale riportato sulla tessera sanitaria, gli stessi trascurano di confrontarsi le altre - e in sé stesse assorbenti - rationes decidendi esposte dalla sentenza del tribunale torinese l'avere l'operatore postale effettuato un attento esame sull'autenticità del titolo , verificato l'assenza di segni di contraffazione , di irregolarità o alterazioni , reso disponibile la somma portata dal titolo solo dopo avere ricevuto l'incasso e l'autorizzazione al pagamento della banca trattaria . 7.- Il terzo e il quarto motivo di ricorso vanno esaminati in modo congiunto. Gli stessi infatti convergono sul tema dell'interpretazione della norma dell'art. 43 legge assegni. Assume in particolare il ricorrente che tale disposizione prevede una figura di responsabilità oggettiva della banca circa il pagamento del titolo all'effettivo beneficiario basta andare a scorrere la storia dell'evoluzione normativa dell'assegno bancario e circolare per capire, senza difficoltà, quale fosse l'obiettivo della clausola di intrasferibilità . 8.- Il terzo e il quarto motivo di ricorso non meritano di essere accolti. Secondo quanto rilevato dalla sentenza di Cass., Sezioni Unite, 21 maggio 2018, n. 12477, infatti, ai sensi dell'art. 43, comma 2 r.d. n. 1736/1933 cd. legge assegni , la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato - per errore nell'identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell'assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall'effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l'inadempimento non le è imputabile, per avere esse assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'art. 1176, comma 2, cod. civ. . 9.- In conclusione, il ricorso dev'essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 di cui Euro 100,00 a favore di ciascuno dei resistenti. Dà atto, ai sensi dell'13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto del comma 1 bis dell'art. 13.