Se non risulta la rinuncia al mandato, la notifica della sentenza al difensore è valida

In termini generali la nomina di un secondo difensore, in assenza di univoche espressioni contrarie, deve presumersi data in aggiunta e non in sostituzione del primo e che ognuno di essi abbia gli stessi poteri di rappresentanza processuale, essendo il mandato ordinariamente disgiuntivo ex art. 1716, comma 2, c.c

La rinuncia al mandato non è soggetta a particolari forme e può dunque desumersi da elementi processuali che dimostrino l’abbandono da parte del procuratore delle sue funzioni, in coincidenza con l’assunzione di esse da parte di altro procuratore trattasi di un giudizio affidato al Giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità. Tale in sintesi il contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 17291, depositata il 27 giugno 2019, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. La questione. Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione accoglie, con assorbenza di tutti gli altri, il primo motivo di ricorso, attinente al rilievo dato dalla Corte d’Appello alla rinuncia al mandato da parte del difensore in primo grado e, conseguentemente, alla negazione della idoneità della notifica, effettuata presso il suo domicilio, a far decorrere il termine breve per l’impugnazione della sentenza previsto dall’ art. 325 c.p.c Era infatti successo che un primo difensore dell’attore soccombente in primo grado aveva rinunciato al mandato, ma ciò, secondo la controparte, ricorrente in Cassazione, le era stato reso noto solo con le memorie di replica in sede di gravame. Non potendo essere il notificante a conoscenza della rinuncia al mandato, doveva valere la decorrenza del termine breve per l’impugnazione della sentenza, che era stata notificata al difensore medesimo e perciò da ritenersi tardiva l’impugnazione . Niente provava nell’assenza del deposito telematico oltre che di timbri della cancelleria sugli atti richiamati ciò che asseriva controparte, e cioè, che il deposito della rinuncia sarebbe avvenuto in primo grado. Secondo il ricorrente la sentenza viola il divieto di nuove produzioni documentali in appello di cui all’art. 345 c.p.c. e le prescrizioni circa la notifica al procuratore costituito nel corso del procedimento di cui all’art. 170 c.p.c Ad avviso della Corte territoriale, invece, la rinuncia al mandato si era perfezionata durante lo svolgimento del primo grado di giudizio e, dunque, non dovendosi considerare valida la notifica della sentenza al domicilio del detto difensore ai fini della decorrenza del termine breve, l’impugnazione era da ritenersi tempestiva e l’incarico al secondo difensore costituitosi in cancelleria successivamente al deposito della rinuncia al mandato cui la corte territoriale dava rilievo era da ritenersi compiuto in sostituzione e non in aggiunta del primo. Per il ricorrente vale il principio per cui anche il difensore non domicilitario non può restare inerte. Secondo il ricorrente la questione va risolta con l’applicazione del principio secondo cui ove la parte sia costituita a mezzo di due procuratori con uguali poteri di rappresentanza e la notifica della sentenza sia effettuata ad entrambi, il termine per l’impugnazione decorre dalla prima notifica, anche se effettuata al procuratore non domiciliatario - sempre che questi non eserciti fuori dal circondario o non elegga domicilio ex art. 83, r.d. n. 37/1934 – dal momento che i poteri, oneri e facoltà non variano tra difensori domiciliatari e non e che il procuratore non domiciliatario non può restare inerte principio affermato Cass. n. 2774/2011 e Cass. n. 5759/2004 . Prospettazione non condivisa dalla Corte d’Appello, secondo cui il mandato al secondo difensore non è avvenuto in aggiunta, ma in sostituzione. Afferma la Corte che la nomina di un secondo difensore si presume data in aggiunta al primo. Di diverso avviso la Corte di Cassazione, che parte dal principio secondo cui, in difetto di univoche espressioni contrarie , la nomina al secondo difensore va presunta data in aggiunta e non in sostituzione del primo e che entrambi siano muniti di pieni poteri di rappresentanza processuale, in ossequio al carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato ex art 1716, comma 2, c.c. menziona sul punto Cass. n. 8525/2017 e n. 16709/2007 . Ebbene, osserva la Corte, nel caso de quo tale univoca espressione contraria non risulta, anzi il secondo mandato è conferito, testualmente, congiuntamente e disgiuntamente al difensore già nominato. L’atto di rinuncia del primo avvocato, a sua volta, non risulta prodotto in prime cure o con l’atto di appello gli atti richiamati dalla sentenza di appello non recano l’attestazione di deposito in cancelleria , ma in memoria di replica con conseguente preclusione dell’acquisizione processuale . Non v’è dunque prova che la rinuncia sia avvenuta prima della data di notifica della sentenza di primo grado. La rinuncia al mandato è rinvenibile anche da elementi di fatto. Non essendo prevista alcuna forma specifica, prosegue la Corte, detta rinuncia è rinvenibile anche in elementi che dimostrino l’abbandono delle funzioni in coincidenza con quelle assunte da altro difensore, giudizio questo affidato al giudice del merito il richiamo è a Cass. n. 2396/1973 la rinuncia può avvenire anche per facta concludentia , tra cui può annoverarsi anche l’assenza dalle udienze qualora, valutata unitamente ad altri elementi, induca il Giudice del merito a ritenere cessato il rapporto tra la parte ed il difensore. Conclusivamente, la sentenza è cassata con rinvio al Giudice del merito che dovrà valutare se dai fatti potesse desumersi l’avvenuta rinuncia del primo difensore.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 11 aprile – 27 giugno 2019, n. 17291 Presidente Acierno – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - C.G. agiva in giudizio con citazione notificata alla Banca Agricola Mantovana s.p.a., oggi Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in data 21 aprile 2006. Domandava dichiararsi la nullità, o pronunciarsi l’annullamento o la risoluzione per grave inadempimento, da parte della banca, di due operazioni di investimento in bond argentini effettuate il 18 aprile 2001 per complessivi Euro 414.000,00 chiedeva, altresì, la condanna della convenuta alla restituzione della somma investita, ovvero al risarcimento del danno, quantificato nella medesima cifra. La domanda si fondava sull’inadempimento della banca agli obblighi informativi, correlati anche all’andamento dei titoli a seguito del loro acquisto, e sul fatto che l’operazione sarebbe stata posta in essere dall’intermediario in una situazione di conflitto di interessi. La banca si costituiva e resisteva, 2. - Era pronunciata, da parte del Tribunale di Bologna, sentenza di rigetto che C. impugnava. Il 12 giugno 2017 la Corte di appello emiliana pronunciava sentenza con cui, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava la Banca Monte dei Paschi di Siena al pagamento dell’importo di Euro 291.236,46, oltre interessi e rivalutazione monetaria a decorrere dal 12 marzo 2005. 3. - Contro quest’ultima pronuncia ricorre per cassazione la Banca Monte dei Paschi l’impugnazione si fonda su nove motivi. C. resiste e propone, a sua volta, un ricorso incidentale che consta di un unico motivo. Entrambe le parti hanno illustrato le rispettive deduzioni con memoria. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo vengono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in punto di nuove produzioni documentali in appello sono inoltre denunciate la violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.p.c., per non aver ritenuto la Corte di appello correttamente effettuata la notifica della sentenza di primo grado ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione. Ci si duole che la Corte di merito abbia attribuito rilievo alla rinuncia al mandato dell’avv. Degli Esposti rinuncia che era stata prodotta solo con la memoria di replica in fase di gravame, allorquando l’appellante aveva formulato una nuova prospettazione dei fatti con riguardo al tema della legittimazione del nuovo difensore, avv. Barbieri, a ricevere l’atto di impugnazione. È spiegato, inoltre, che la rinuncia al mandato non era stata depositata in via telematica e che il documento prodotto non recava alcun timbro della cancelleria del Tribunale, presso cui l’atto sarebbe stato depositato. Secondo l’istante, la conclusione cui era pervenuta la Corte di appello - la quale aveva conferito rilievo alla rinuncia al mandato seguita dalla nomina del nuovo difensore che si sarebbe perfezionata due anni prima della notifica dell’atto di impugnazione - non poteva condividersi, in mancanza della tempestiva produzione, in primo grado, della predetta rinuncia. Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., per avere la Corte di Bologna esaminato la domanda di risoluzione degli ordini di investimento, che non era stata riproposta in appello da controparte. Assume l’istante che l’odierno controricorrente aveva rinunciato alla predetta domanda e che oggetto del giudizio di gravame era costituito dalla sola domanda risarcitoria, la quale, era basata sulla violazione, da parte della banca, degli obblighi informativi, oltre che sulla presunta inadeguatezza delle controverse operazioni di acquisto. Aggiunge la ricorrente che, in ogni caso, non vi era modo di configurare, in diritto, una risoluzione dei singoli ordini di investimento. Col terzo motivo sono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 2, reg. Consob n. 11522/1998 in relazione al mancato assolvimento degli obblighi informativi in occasione dell’acquisto delle obbligazioni Argentina. Si assume che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere inadempiuti i detti obblighi nonostante la consegna al cliente del documento sui rischi generali sugli investimenti in strumenti finanziari e che i documenti prodotti fornivano la prova della perfetta familiarità del controricorrente con gli strumenti finanziari oggetto di causa. Il quarto motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 3 e comma 4, reg. Consob n. 11522/1998 in relazione al mancato assolvimento degli obblighi informativi successivi all’operazione di investimento. Rileva l’istante che tali obblighi non si configurano e che, quindi, l’intermediario non era tenuto a rendere edotta la controparte circa l’andamento negativo dei titoli acquistati. Col quinto mezzo la sentenza impugnata viene censurata per la violazione e falsa applicazione dell’art. 29 reg. Consob n. 11522/1998 in relazione all’inadeguatezza dell’operazione di investimento. Assume la banca che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che il profilo di rischio del cliente fosse inadeguato all’acquisto dei titoli argentini richiama, in proposito, quanto dichiarato dal controricorrente, prima dell’acquisto, nel questionario per l’investitore in strumenti finanziari in ordine alla pregressa operatività, a livello di esperienza e agli obiettivi di investimento, dello stesso C. . Col sesto motivo è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1455 c.c. per avere la Corte di merito valutato di non scarsa importanza l’inadempimento della banca. Secondo la ricorrente la domanda avrebbe dovuto essere respinta, stante la correttezza del proprio operato aggiunge che, in ogni caso, era ragionevole presumere che una diversa condotta, da parte di essa istante, difficilmente avrebbe inciso causalmente sulle scelte del cliente che quindi si sarebbe egualmente determinato all’operazione di acquisito . Il settimo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., con riguardo all’omessa detrazione delle cedole percepite dal quantum dovuto dalla banca a fronte della condanna alla restituzione, in favore del cliente, delle somme investite. Sostiene la ricorrente che, una volta pronunciata la risoluzione dell’ordine di acquisto, il cliente sarebbe stato tenuto a restituire i titoli acquistati, con le relative cedole, in forza della previsione contenuta nell’art. 2037 c.c. ciò che, di fatto, la Corte di appello aveva negato, rilevando come le cedole rappresentassero il frutto civile maturato e incassato in buona fede dal cliente. L’ottavo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., per avere la Corte di appello condannato la banca a rifondere a C. gli interessi legali maturati da una data diversa da quella della domanda. Viene spiegato che erroneamente il giudice del gravame aveva fatto decorrere i predetti interessi dal momento della vendita dei titoli. Col nono motivo sono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., per avere la Corte di merito condannato la banca a rifondere al cliente la rivalutazione monetaria in assenza del maggior danno. È rilevato che il maggior danno sofferto dal creditore per effetto della svalutazione monetaria debba essere allegato e provato. Il ricorso incidentale prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c L’istante si duole del mancato esame dell’eccezione di nullità del contratto quadro da lui sollevata nella comparsa conclusionale di appello nell’occasione era stato infatti eccepito che il detto contratto recava la sola firma del cliente. 2. - Il primo motivo del ricorso principale è fondato. La censura involge la questione circa la tempestività del gravame, avendo riguardo al fatto che la sentenza del Tribunale - secondo quanto rileva la Corte distrettuale - fu notificata all’odierno controricorrente presso il domicilio originariamente eletto in atto di citazione in prima istanza, ovverosia presso l’avv. Dagoberto Degli Esposti . La Corte di appello, nell’esaminare l’eccezione di tardività dell’appello proposta dalla banca, ha rilevato che l’originario difensore di C. , il nominato avvocato Degli Esposti, aveva rinunciato alla difesa in data 16 ottobre 2009 e che il nuovo difensore della parte, l’avvocato Barbieri, si era costituito in cancelleria il successivo 26 ottobre. Il giudice del gravame ha evidenziato che il venir meno del rapporto di mandato aveva travolto anche l’elezione di domicilio presso il difensore rinunciante, onde la notifica attuata presso lo studio del primo difensore non poteva far decorrere il c.d. termine breve per l’impugnazione della sentenza di primo grado. La ricorrente, col motivo di censura in esame, invoca l’applicazione del noto principio per cui ove la parte sia costituita nel giudizio di primo grado a mezzo di due procuratori con uguali poteri di rappresentanza e la notifica della sentenza sia fatta ad entrambi, il termine per l’impugnazione decorre dalla prima notifica, anche se effettuata presso il procuratore non domiciliatario, sempre che tale procuratore non sia esercente fuori dal circondario e non eligente domicilio R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82, atteso che i poteri, le facoltà e gli oneri che fanno capo al difensore domiciliatario sono identici a quelli che ineriscono al mandato del difensore non domiciliatario, con la conseguenza che quest’ultimo non può restare inerte Cass. 4 febbraio 2011, n. 2774 Cass. 23 marzo 2004, n. 5759 . Come si è anticipato, la sentenza impugnata ha escluso che tale regola potesse trovare applicazione, ritenendo che il primo difensore avesse rinunciato al mandato e il secondo fosse stato officiato in sostituzione del primo, non in aggiunta a quest’ultimo. In termini generali, la nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall’art. 1716 c.c., comma 2, Cass. 31 marzo 2017, n. 8525 Cass. 27 luglio 2007, n. 16709 . Ora, non risulta affatto che, al momento della notificazione della sentenza di primo grado, l’avvocato Barbieri fosse l’unico difensore dell’odierno controricorrente. In base all’atto di nomina nuovo difensore che risulta depositato il 26 ottobre 2009, e cui il Collegio ha accesso, vertendosi in tema di error in procedendo, il nominato professionista è stato infatti officiato congiuntamente e disgiuntamente al già nominato avv. Degli Esposti . Né il conferimento in via esclusiva dei poteri difensivi avrebbe potuto validamente desumersi, come ha fatto la Corte di appello, da una pregressa rinuncia dell’avvocato Degli Esposti. Infatti, non risulta che l’atto di rinuncia presente nel fascicolo di appello di C. sia stato prodotto in prime cure o con l’atto di appello l’atto in questione risulta documentato da una comunicazione datata 16 ottobre 2009 che parrebbe richiamata in una nota di deposito del 27 ottobre successivo, ma l’atto in questione, al pari della nota, non recano alcuna attestazione di deposito presso la cancelleria. A ragione, quindi, la ricorrente lamenta la mancata osservanza della preclusione all’acquisizione processuale della predetta rinuncia siccome depositata con la memoria di replica di appello . In conclusione, non esiste alcuna evidenza documentale quanto al fatto che alla data della notifica della sentenza del Tribunale da parte dell’odierna ricorrente il primo difensore di C. avesse rinunciato al mandato. La Corte di merito avrebbe dovuto piuttosto verificare se la rinuncia potesse ricavarsi da altri elementi processuali. Infatti, per la rinuncia al mandato da parte del procuratore ad litem non è prescritto alcun atto formale, e quindi la rinuncia può desumersi da atti che dimostrino l’abbandono, da parte del procuratore, delle sue funzioni, in coincidenza con l’assunzione di esse da parte di altro procuratore tale giudizio compete al giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità Cass. 29 agosto 1973, n. 2396 in particolare, la rinuncia del difensore al mandato può avvenire per facta concludentia, ma in tal caso non basta la sola assenza del difensore dalle udienze, occorrendo anche altri fatti i quali, considerati insieme a detta assenza, inducano a ritenere cessato il rapporto tra la parte ed il difensore, secondo l’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato Cass. Sez. U. 7 ottobre 1981, n. 5260, che fa salva la censura motivazionale censura oggi da raccordare all’assetto delineatosi a seguito della novellazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 . In tal senso, la sentenza va cassata, con rinvio della causa al giudice di appello, chiamato a svolgere un accertamento nel senso indicato. 3. - Gli altri motivi del ricorso principale restano assorbiti e così pure il ricorso incidentale. 4. - La Corte di appello di Bologna che, in diversa composizione, giudicherà della causa in sede di rinvio, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.