Figlia di quasi un anno: confermato il ritorno in patria per lo straniero

Decisiva l’età della bambina, poiché il divieto di espulsione previsto per la donna in gravidanza e per il marito convivente ha natura temporanea e ‘copre’ i primi mesi di vita del figlio. Respinta poi la richiesta di protezione per ragioni religiose il racconto dello straniero, di fede cristiana, non è completamente credibile, e comunque egli non ha subito violenze, ma solo pressioni per convincerlo ad accettare il ruolo di prete tradizionale del villaggio.

L’Italia come rifugio per lo straniero, di fede cristiana, scappato dal Paese di origine per evitare la successione al padre come prete tradizionale del villaggio. Il racconto però non è ritenuto completamente credibile, e comunque, secondo i giudici, da esso emerge solo una pressione subita dall’uomo ad opera dei membri del villaggio. Non ci sono, quindi, secondo i Giudici, i presupposti per catalogare lo straniero come rifugiato, né per riconoscergli protezione. E questa valutazione non è messa in discussione neanche dalla constatazione che egli è padre di una bambina concepita con un’altra richiedente asilo ma che ha già quasi un anno di età Cassazione, ordinanza n. 17278/19, sez. I Civile, depositata oggi . Religione. Riflettori puntati sul racconto fatto da un cittadino nigeriano approdato in Italia. Egli spiega di essere scappato dal suo Paese di origine perché, essendo di religione cristiana , non aveva voluto sostituire suo padre, defunto, nel ruolo, che si tramandava in base all’oracolo e comunque di padre in figlio, di prete tradizionale del villaggio . La vicenda narrata non è però ritenuta completamente credibile dai giudici del Tribunale, i quali aggiungono che, comunque, non sono emerse violenze o minacce nei confronti dello straniero, ma solo che i membri del suo villaggio avevano cercato di convincerlo a prendere il posto del padre . Di conseguenza, viene respinta l’ipotesi di dargli protezione in Italia, anche tenendo presente che, come certificato dal rapporto di ‘Amnesty International’ e da vari siti web, la sua zona di provenienza non è caratterizzata da violenza diffusa e indiscriminata o da conflitti armati . Per quanto concerne poi il legame familiare creato dall’uomo, e testimoniato dalla figlia concepita con un’altra richiedente asilo, i giudici ritengono decisivo il dato relativo all’età – quasi un anno – della bambina. Legame. Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione dal legale del cittadino nigeriano. Difatti, i Giudici del ‘Palazzaccio’ mostrano di condividere le valutazioni compiute in Tribunale e confermano perciò il no” alla richiesta di protezione presentata dallo straniero. Come detto, è impossibile parlare di una situazione di particolare vulnerabilità per l’uomo. Sul fronte invece del legame familiare, i magistrati tengono a sottolineare che la normativa non introduce un divieto assoluto di espulsione o di respingimento, ma una temporanea sospensione del relativo potere, fondata sulla particolare tutela che l’ordinamento appresta per la donna in stato di gravidanza e nel periodo immediatamente successiva alla nascita del figlio . Tale misura è però di protezione temporanea proprio perché correlata ad una particolare situazione ed è sì estesa anche al marito straniero convivente ma, aggiungono i Giudici, ha una durata limitata ai mesi immediatamente successivi alla nascita del figlio . In questa vicenda la bambina, figlia del nigeriano e di un’altra richiedente asilo, ha quasi un anno di età. E questo dato è sufficiente per non ‘congelare’ l’allontanamento dello straniero, destinato al ritorno in patria, dove, peraltro, vive con i nonni l’altro figlio della coppia , circostanza, quest’ultima, che secondo i Giudici è indicativa dell’assenza di elevata vulnerabilità in caso di rientro in Nigeria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 29 marzo – 27 giugno 2019, numero 17278 Presidente Giancola – Relatore Parise Fatti di causa 1. Con decreto numero 5672/2018 pubblicato il 5-5-2018, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di Pr. Ir., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato, nonché della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria. Esaminando nel merito le domande, il Tribunale ha ritenuto non completamente credibili i fatti narrati dal richiedente, il quale riferiva di essere di religione cristiana e di non aver voluto sostituire suo padre, defunto, nel ruolo, che si tramandava in base all'oracolo e comunque di padre in figlio, di prete tradizionale del villaggio. Il Tribunale ha rilevato che non erano emerse violenze o minacce nei confronti del richiedente, ma solo che i membri del suo villaggio avevano cercato di convincerlo a prendere il posto del padre ha ritenuto che le vicende personali narrate riguardassero in ogni caso fatti privati e di giustizia comune, escludendo la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Neppure ha ritenuto sussistere i presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, avuto riguardo anche alla situazione generale e politico-economica della Nigeria, ed in particolare della regione Edo State di provenienza del richiedente, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza. Infine il Tribunale riteneva non sussumibile nella fattispecie tipizzata dall'articolo 19 comma 2 del D.Lgs. numero 268/1998 la situazione in cui versava il richiedente, padre di una bambina concepita con altra richiedente asilo, sia per l'età della figlia, di quasi un anno, sia perché l'altro figlio maschio della coppia viveva in Nigeria con i nonni, essendo detta ultima circostanza univocamente indicativa dell'assenza di elevata vulnerabilità in caso di rimpatrio. 2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell'Interno, che ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, numero 3 Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. numero 251/2007 . Denuncia la violazione dell'obbligo di cooperazione istruttoria, avendo il Tribunale omesso di chiedere chiarimenti al ricorrente e di verificare la veridicità dei fatti dallo stesso narrati, e richiama, quanto alla descrizione di detti fatti, gli atti depositati nel fascicolo di parte del precedente grado di giudizio. 4. Con il secondo motivo lamenta, in relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, numero 3 Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 14 lett. c del D.Lgs. numero 251/2007 . Ad avviso del ricorrente le situazioni di violenza rilevate in alcune regioni della Nigeria sussistono nella regione di sua provenienza, contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato. Lo stato di violenza diffusa che caratterizza il Sud della Nigeria era stato riconosciuto in fattispecie decise con tre ordinanze del Tribunale di Venezia del 23 e 24 aprile 2018 e con l'ordinanza del Tribunale de L'Aquila del 17-4-2018. 5. Con il terzo motivo lamenta, in relazione all'articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, numero 3 Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 19 comma 2 del D.Lgs. numero 268/1998 . Espone il ricorrente che al momento della comunicazione del provvedimento da parte della Commissione la bambina Pe. aveva solo due mesi. Solo il ritardo nella notifica del provvedimento di diniego di asilo, avvenuta tre mesi dopo, aveva determinato il fatto che, quando venne incardinato il giudizio di primo grado, la bambina avesse già superato i limiti di età prescritti dal citato articolo 19. Assume pertanto che erroneamente il Tribunale abbia dato rilevanza all'età della figlia al momento della decisione. 6. I primi due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili. 6.1. Questa Corte ha chiarito che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità Cass. ord. numero 3340/2019 . Inoltre, anche ' in tema di protezione sussidiaria, l'accertamento della situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale , di cui all'articolo 14, lett. c , del D.Lgs. numero 251 del 2007, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato articolo 360, numero 5, c.p.c. Cass. ord. 30105 del 2018 . La giurisprudenza di questa Corte ha infine precisato che La protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis , tutela situazioni di vulnerabilità anche con riferimento a motivi di salute -da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile né un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero parametri di benessere , né quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di estrema difficoltà economica e sociale , in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico Cass. ord. numero 3681/2019 . 6.2. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria Edo State , attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto all'insicurezza del Paese di origine ed alla compromissione di diritti fondamentali, difforme da quella accertata dal Tribunale, senza invero neppure allegare una specifica condizione di vulnerabilità, né descrivere la propria vicenda personale, facendo, al riguardo, mero richiamo agli atti del precedente grado di giudizio pag.numero 4 ricorso . Il Tribunale, richiamando specifiche fonti di conoscenza rapporto annuale Amnesty International 2016-2017 e vari siti internet pag. 6 e 7 decreto impugnato , ha escluso che la zona di provenienza del ricorrente sia caratterizzata da violenza diffusa e indiscriminata o da conflitti armati e il ricorrente non censura specificamente la descrizione della situazione dell'Edo State di cui al decreto impugnato e neppure la valutazione di irrilevanza complessiva, ai fini del riconoscimento delle misure di protezione richieste, delle vicende narrate. Le suddette valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito e sono sindacabili solo mediante il paradigma del vizio motivazionale ai sensi dell'articolo 360, comma 1 numero 5 cod. proc. civ., come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti o come anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante. Per quanto si è detto la motivazione del decreto impugnato è sorretta da un contenuto non inferiore al minimo costituzionale, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte Cass. S.U. numero 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. numero 22598/2018 , così da sottrarsi al sindacato di legittimità della stessa ed alla conseguente valutazione di anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante . 6.3. In ordine alla doglianza sul mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi, il Tribunale ha compiutamente esercitato il suo potere-dovere di cooperazione istruttoria, richiamando le fonti di conoscenza che hanno escluso che la zona di provenienza del ricorrente Edo State, situato nella Nigeria meridionale sia caratterizzata da violenza diffusa e indiscriminata o da conflitti armati. 6.4. In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall'accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, l'esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente. All'accertamento compiuto dal Tribunale viene inammissibilmente contrapposta una diversa e del tutto generica interpretazione delle risultanze di causa. 7. Anche il terzo motivo è inammissibile. 7.1. Premesso che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 376/2000 la disposizione di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286 è applicabile anche al marito straniero convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, osserva questa Corte che, come chiarito con la citata pronuncia della Consulta, la fattispecie legale di cui si sta trattando non introduce un divieto assoluto di espulsione o di respingimento, ma una temporanea sospensione del relativo potere fondata sulla particolare tutela che l'ordinamento, in questa come in varie altre materie, appresta per la donna in stato di gravidanza e nel periodo immediatamente successivo alla nascita del figlio. Si tratta, pertanto, di una misura di protezione temporanea, proprio perché correlata ad una particolare situazione, ora estesa anche al marito straniero convivente, e pertanto con durata limitata ai mesi immediatamente successivi alla nascita del figlio Cass. numero 17819/2015 . 7.2. Nel caso di specie è incontroverso che il periodo di temporanea sospensione previsto dal citato articolo 19 sia da tempo cessato e la pretesa è inammissibile per difetto di interesse, non potendo ricevere il ricorrente alcuna utilità giuridica dalla pronuncia richiesta. 8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 9. Poiché il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115/2002. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro2.100,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.