L’adempimento “agevole” della parte di produrre in appello i documenti già esibiti in primo grado

L’appellante è tenuto a fornire prova delle proprie censure, essendo l’appello una revisio” fondata sulla denunzia di vizi di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata. Pertanto è onere della parte produrre o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti su cui egli basa il proprio gravame.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 16786/19, depositata il 21 giugno, chiamata ad intervenire nell’ambito di un giudizio in cui, in secondo grado, la Corte d’Appello evidenziava la mancanza agli atti della copia del contratto di mutuo oggetto della controversia e, trattandosi di un documento fondamentale ai fini della decisione, la stessa Corte territoriale si trovava costretta a respingere il gravame. In particolare il ricorrente sostiene che, a causa di numerosi rinvii del processo, involontariamente si era dimenticato si produrre il fascicolo di primo grado e dunque il contratto di mutuo. La mancata produzione del fascicolo di parte. Secondo costante orientamento giurisprudenziale, l’appellante è tenuto a fornire prova delle proprie censure, essendo l’appello una revisione fondata sulla denunzia di vizi di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata. A ciò consegue l’onere di tale soggetto produrre o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti su cui egli basa il proprio gravame. Dopo la conclusione del giudizio di primo grado, i fascicoli di parte devono essere ritirati dalla medesime ed è esclusa la trasmissione di ufficio degli stessi alla cancelleria del giudice di appello, dovendo essi essere depositati a cura delle parti costituite in appello a ciò interessate. La produzione in appello dei documenti già esibiti nel primo grado di giudizio consente così un facile accesso al giudice e garantisce un punto di equilibrio tra l’esigenza funzionale di porre regole alle impugnazioni e quella ad un equo processo da celebrare in tempi ragionevoli. Sulla base di ciò gli Ermellini rigettano il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 11 aprile – 21 giugno 2019, n. 16786 Presidente Gorjan – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione G.G. ha proposto ricorso articolato in tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2464/2014, depositata il 5 dicembre 2014, la quale ha rigettato sia l’appello principale proposto dal medesimo G.G. , sia l’appello incidentale presentato da IBL Istituto Bancario del Lavoro s.p.a. già IFL - Istituto Finanziario del Lavoro s.p.a. contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Parma, Sezione distaccata di Fidenza. Resiste con controricorso la IBL - Istituto Bancario del Lavoro s.p.a Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c La causa, iniziata dal G. con citazione del 28 novembre 2002, attiene alla domanda di risoluzione per inadempimento o di declaratoria di nullità di un contratto di mutuo stipulato il 22 maggio 2002 con la IBL - Istituto Bancario del Lavoro s.p.a. Il Tribunale, con sentenza del 25 giugno 2007, accolse la sola domanda di accertamento della vessatorietà della clausola contrattuale 2.2. La Corte d’Appello ha motivato il rigetto dei reciproci appelli, evidenziando come mancasse agli atti del giudizio di gravame la copia del contratto di mutuo oggetto della controversia, documento che risultava in origine prodotto dall’attore al momento della propria costituzione in primo grado. Tuttavia, l’appellante, depositando gli atti nel procedimento di impugnazione in data 7 dicembre 2007, si era poi riservato di depositare il proprio fascicolo di parte di primo grado, senza più provvedere a tale adempimento. Trattandosi di documento essenziale per la decisione sugli appelli, la Corte di Bologna ha perciò respinto entrambi i gravami. Il primo motivo del ricorso di G.G. lamenta il difetto di motivazione nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. Il ricorrente sostiene che, a seguito del deposito dell’atto di appello in data 7 dicembre 2007, allorché egli si era riservato di depositare il fascicolo di parte di primo grado, erano occorsi vari rinvii, con conseguente notevole durata del processo sette anni . Ciò avrebbe involontariamente causato la mancata produzione del fascicolo di primo grado , e dunque la mancata esibizione del contratto di mutuo intercorso con la IFL s.p.a Tale smarrimento involontario del fascicolo avrebbe però imposto al giudice di disporre la ricerca dei documenti non rivenuti ed eventualmente di ricostruire il contenuto dei medesimi altrimenti, ancora, il giudice dovrebbe concedere un termine all’appellante per la ricostruzione del fascicolo e il conseguente deposito o, infine, il giudice avrebbe possibilità di disporre d’ufficio i mezzi di prova ritenuti necessari. Non far ricorso a tutti strumenti, secondo il ricorrente equivale a denegata giustizia . Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 6 e 13 Cedu, nonché dei protocolli e relative argomentazioni, in quanto la Corte d’Appello, non avendo disposto la ricostruzione del fascicolo, avrebbe leso il diritto ad un processo effettivo e non rispetterebbe quanto voluto dalla Convenzione Europea relativamente al comportamento pro-active imposto ai giudici. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione del divieto del non liquet in relazione alla regola giuridica ricavabile dall’art. 2697 c.c., dalla L. n. 117 del 1988, art. 3 e dall’art. 1469 bis c.c., non potendo il giudice limitarsi ad una pronuncia allo stato degli atti , ma dovendo emanare un provvedimento dotato di stabilità e destinato a fare certezza sulla posizione giuridica contestata , decidendo su domande ed eccezioni delle parti. Così, nel terzo motivo di ricorso si illustra un elenco di clausole negoziali compreso nel contratto di mutuo oggetto di lite, delle quali è dedotta la vessatorietà, con conseguente nullità, annullabilità o risoluzione del contratto, nonché condanna della IFL s.p.a. alla restituzione di Euro 2437,70, oltre interessi legali, quale commissione finanziaria di non precisata natura . I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, perché connessi logicamente, e risultano infondati. Secondo l’interpretazione costante offerta da questa Corte, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle proprie censure, essendo l’appello una revisio fondata sulla denunzia di specifici vizi di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata, individuati ai sensi dell’art. 342 c.p.c Ne consegue che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame, o comunque attivarsi perché questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, senza che gli stessi possano, peraltro, qualificarsi come nuovi agli effetti dell’art. 345 c.p.c. cfr., ad es., Cass. Sez. L, 22/01/2013, n. 1462 Cass. Sez. U, 08/02/2013, n. 3033 Cass. Sez. 3, 09/06/2016, n. 11797 Cass. Sez. 2, 23/01/2018, n. 1628 . Lo stesso potere del giudice d’appello di ordinare alla parte di produrre la copia di determinati documenti già prodotti nel grado precedente del giudizio, cui fa riferimento l’art. 123 bis disp. att. c.p.c., rimane limitato all’ipotesi di impugnazione contro sentenze non definitive, mentre non è esercitabile nel giudizio di appello avverso sentenze definitive Cass. Sez. 2, 12/12/2017, n. 29716 . In virtù del principio dispositivo delle prove, il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di alcuni documenti ritualmente prodotti, si presume, perciò, espressione, in assenza della denuncia di altri eventi, di un atto volontario della parte stessa, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti ivi contenuti ne consegue che è onere della parte qui genericamente allegato solo in sede di legittimità dedurre quella incolpevole mancanza e che il giudice è tenuto ad ordinare la ricerca o disporre la ricostruzione della documentazione non rinvenuta solo ove risulti l’involontarietà della mancanza, dovendo, negli altri casi, decidere sulla base delle prove e dei documenti sottoposti al suo esame al momento della decisione Cass. Sez. 6 - 3, 26/04/2017, n. 10224 . La Corte d’Appello di Bologna ha così correttamente affermato di non poter verificare la fondatezza dei motivi di gravame avanzati da G.G. , in quanto radicati sul contratto di mutuo stipulato il 22 maggio 2002 con la IBL s.p.a. inserito nel fascicolo di parte di primo grado, non riprodotto dinanzi ad essa. Le doglianze espresse al riguardo dal ricorrente nei suoi tre motivi sono smentite dall’orientamento giurisprudenziale che considera come il fascicolo di parte che l’attore ed il convenuto debbono depositare nel costituirsi in giudizio, dopo avervi inserito, tra l’altro, i documenti offerti in comunicazione, ai sensi dell’art. 165 c.p.c., comma 1, e art. 166 c.p.c. applicabili anche in appello a norma dell’art. 347 dello stesso codice , pur essendo custodito, a norma dell’art. 72 disp. att. c.p.c., con il fascicolo di ufficio formato dal cancelliere art. 168 c.p.c. , conserva, rispetto a questo, una distinta funzione ed una propria autonomia che ne impedisce l’allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado, ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio di questa. Invero, dopo la conclusione del giudizio di primo grado, i fascicoli delle parti devono essere ritirati dalle medesime ed è esclusa la trasmissione di ufficio di essi alla cancelleria al giudice di appello, per effetto dell’art. 347 c.p.c., u.c., dovendo gli stessi, piuttosto, essere depositati a cura delle parti costituite in appello a ciò interessate Cass. Sez. 2, 08/01/2007, n. 78 Cass. Sez. L, 12/04/2006, n. 8528 Cass. Sez. L, 06/07/2004, n. 12351 Cass. Sez. 2, 29/04/1993, n. 5061 . Non vi è motivo di dubitare, come fa il ricorrente nel secondo motivo, che collida con la Convenzione EDU la conclusione secondo cui il giudice d’appello deve decidere il gravame sulla base dei soli atti a sua disposizione, riconducendo la mancata produzione dei documenti ad un’implicita volontà della parte. La produzione in appello dei documenti già esibiti in primo grado costituisce per la parte interessata un adempimento agevole, che non rende complicato o impervio l’accesso al giudice e che tiene conto della distribuzione dell’onere probatorio nel giudizio di gravame, garantendo, in nome del principio dispositivo e del diritto di difendersi provando , un punto di equilibrio, che consente di bilanciare l’esigenza funzionale di porre regole alle impugnazioni con quella a un equo processo da celebrare in tempi ragionevoli. Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente, nell’ammontare liquidato in dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente in solido a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.