La mera condivisione delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado costituisce motivazione apparente

La motivazione per relationem” adottata dal giudice di secondo grado costituisce motivazione apparente, e quindi nulla, quando si traduce in una mera condivisione della ricostruzione dei fatti e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di ricorso.

Questo il principio oggetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 16294/19, depositata il 18 giugno. Il fatto. La Corte d’Appello di Reggio Calabria accoglieva il gravame proposto dalla danneggiata avverso la pronuncia del Tribunale, che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda risarcitoria nei confronti del Comune per i danni dalla stessa riportati a seguito di una caduta in una buca stradale. Contro la decisione della Corte d’Appello, propone ricorso per cassazione il Comune, lamentando la violazione del principio in base al quale è vietata la mutatio libelli e contestando l’omesso esame da parte del Giudice della condotta della danneggiata, alla luce delle dichiarazioni assunte dai testimoni. Responsabilità aquiliana e responsabilità del custode. Il Comune, con il primo motivo di ricorso, lamenta la violazione del principio secondo il quale è vietata la mutatio libelli , in quanto la controparte introduceva la domanda ex art. 2051 c.c. solo nella prima memoria istruttoria, modificando la causa petendi originaria che, invece, faceva riferimento alla fattispecie di cui all’art. 2043 c.c La Suprema Corte dichiara il motivo infondato, affermando che il principio iura novit curia, ex art. 113, comma 1, c.c., prevede la possibilità per il giudice di cambiare la qualificazione giuridica ai fatti, ai rapporti ed all’azione oggetto della lite, ricercando le norme applicabili alla fattispecie concreta e potendo porre a fondamento della sua decisione principi di diritto differenti rispetto a quelli richiamati dalle parti. Nel caso concreto, dunque, nonostante la differenza di presupposti tra la responsabilità aquiliana art. 2043 c.c. e quella del custode art. 2051 c.c. , al Giudice è consentito ricondurre i fatti dedotti nell’atto introduttivo nella fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c., a prescindere dalle norme invocate dalle parti , in virtù del dovere di sussunzione della domanda. Motivazione apparente. Il ricorrente, con gli altri motivi di ricorso, lamenta altresì l’omesso esame da parte del Giudice di seconde cure della condotta della danneggiata alla luce delle dichiarazioni testimoniali assunte in sede di giudizio, oltre a non aver dato alcune spiegazione in ordine alla dinamica del sinistro. Gli Ermellini dichiarano tali doglianze fondate, confermando la natura solo apparente della motivazione della pronuncia impugnata, in cui manca un percorso argomentativo utile a sostenere la tesi della controparte sulla dinamica della caduta. Per questo motivo, la Corte cassa la sentenza impugnata in relazione a tali motivi e rinvia gli atti alla Corte d’Appello, alla luce del seguente principio di diritto È nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 2, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem ” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 12 febbraio – 18 giugno 2019, n. 16294 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Ritenuto in fatto che 1. Il Comune di Rosarno ricorre, affidandosi a sette motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria con la quale - in accoglimento dell’impugnazione proposta da V.R. avverso la pronuncia del Tribunale di Palmi che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda risarcitoria per i danni riportati a seguito della caduta in una buca/presente sul manto stradale fra i banchi del mercato rionale - era stato condannato a corrispondere in favore della danneggiata una somma di danaro per l’invalidità permanente riportata. 2. L’intimata non si è difesa. 3. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 183 c.p.c., e degli artt. 2043 e 2051 c.c 1.1. Assume che la Corte territoriale aveva violato il principio secondo il quale è vietata la mutatio libelli, in quanto la controparte, introducendo solo nella prima memoria istruttoria la domanda ex art. 2051 c.c., aveva modificato la causa petendi, originariamente introdotta con riferimento alla diversa fattispecie di cui all’art. 2043 c.c. modifica che aveva, invece, determinato la dichiarazione di inammissibilità della domanda pronunciata dal giudice di primo grado. 1.2. Il motivo è infondato. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che il principio iura novit curia , di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata ò correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. cfr. ex multis Cass. 8645/2018 Cass. 30607/2018 Cass. 12943/2012 Cass. 25140/2010 . 1.3. Ed è stato altresì affermato, proprio in tema di qualificazione della domanda nell’ambito delle insidie stradali, che nonostante la diversità dei presupposti fra responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. e responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. - fondata sul differente paradigma logico che sorregge le due disposizioni -, è consentito al giudice, in ragione del dovere di sussunzione della domanda, ricondurre i fatti dedotti nell’atto introduttivo nella fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c., a prescindere dalle norme invocate dalle parti cfr. Cass. 30920/2017 . 2. Passando all’esame delle ulteriori censure, il Collegio ritiene che il secondo, terzo e quarto motivo debbano essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica. 2.1. Con il secondo motivo, si deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., e degli artt. 2051, 1227 e 2697 c.c. il ricorrente lamenta che la Corte aveva omesso di esaminare la condotta della danneggiata alla luce delle deposizioni testimoniali assunte che avevano descritto la buca come situata al centro della strada percorribile e visibile anche perché non del tutto coperta dagli scatoloni. In relazione a ciò, l’omessa valutazione del comportamento della V. aveva determinato anche la violazione dell’art. 1227 c.c., in ragione del quale doveva, comunque, riconoscersi un suo concorso di colpa. 2.3. Con il terzo ed il quarto motivo, il ricorrente lamenta inoltre, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per carenza di motivazione, con violazione dell’art. 132 c.p.c ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti assume che la Corte non aveva fornito alcuna spiegazione in ordine alla dinamica del sinistro, alla configurabilità dell’insidia ed alla sussistenza del caso fortuito da ricondurre alla condotta della danneggiata che, in realtà, non era stata proprio esaminata. 3. Il secondo ed il terzo motivo sono fondati ed assorbono il quarto, riferito, sostanzialmente/alla medesima questione. 3.1. La Corte territoriale, infatti, si è limitata ad enunciare, in motivazione, che entrambi i testi escussi avevano confermato la dinamica del sinistro e che letteralmente nessuna prova aveva fornito il Comune di non aver potuto fare nulla per evitare il danno, a causa della improvvisa ed inevitabile insorgenza di un fattore estraneo al difetto di diligenza nella sorveglianza e nella manutenzione del bene, dipendente eventualmente anche da un fatto di un terzo cfr. par. 3 della sentenza . 3.2. Tàle motivazione è apparente, in quanto non si fonda su un apprezzabile esame delle deposizioni testimoniali cfr., al riguardo, pag. 10 del ricorso, secondo cpv, nel quale vengono letteralmente riportate le dichiarazioni dei testi C.T. e T.A. con le quali, invero, la situazione del luogo viene descritta - rispetto al requisito della visibilità - in modo opposto a quanto statuito dalla Corte in buona sostanza manca del tutto un percorso argomentativo idoneo a sostenere la tesi della danneggiata in ordine alla dinamica del sinistro secondo il paradigma di sufficienza costituzionale reiteratamente affermato da questa Corte in punto di nullità della motivazione cfr. al riguardo, Cass. SU 8053/2014 Cass. 23980/2017 Cass. 22598/2018 Cass. 27112/2018 . 3.3. Gli altri motivi, concernenti la quantificazione del danno con la quinta censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c., assumendo che la somma liquidata era viziata da ultrapetizione con la sesta lamenta la falsa applicazione degli artt. 1226, 2043 e 2059 c.c., per la mancata personalizzazione dell’importo dovuto sono assorbiti dall’accoglimento delle precedenti censure. 3.4. Analoga decisione deve essere assunta in relazione al settimo motivo concernente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 92 c.p.c., per la condanna alle spese di lite di entrambi i gradi. 4. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione che dovrà riesaminare la controversia, in relazione ai motivi accolti ed censure assorbite, alla luce del seguente principio di diritto È nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame . 5. La Corte di rinvio dovrà, inoltre, provvedere alla decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso rigetta il primo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.