In fuga da un Paese in crisi economica: protezione possibile

Riprende vigore la richiesta presentata da un cittadino del Gambia. Plausibile, secondo i Giudici, il riconoscimento della protezione umanitaria” a fronte di una situazione in patria che può negare alla persona una vita dignitosa. Rilevanti, a questo proposito, la crisi economica del Paese, testimoniata dalla fortissima disoccupazione giovanile e dall’altissimo tasso di povertà.

Paese di provenienza attraversato da una grave crisi economica, testimoniata da una fortissima disoccupazione giovanile e da un altissimo tasso di povertà. Possibile, di conseguenza, il riconoscimento della protezione umanitaria” in Italia Cassazione, sentenza n. 13079/2019, Sezione Prima Civile, depositata il 15 maggio . Vita. Protagonista della vicenda è un cittadino del Gambia che ha deciso di cercare rifugio in Italia. In prima battuta, però, la sua domanda di protezione viene respinta dalla Commissione territoriale, e questa decisione viene ritenuta legittima dai Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello. Ultima carta a disposizione per lo straniero è il ricorso in Cassazione. La scelta di portare avanti la battaglia fino all’ultimo grado di giudizio si rivela azzeccata, poiché i Giudici del ‘Palazzaccio’ aprono, a sorpresa, alla ipotesi della protezione umanitaria”. Su questo punto dovrà pronunciarsi nuovamente la Corte d’appello, però tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Cassazione, laddove si spiega che determinate situazioni soggettive di pericolo sono pienamente assimilabili a quelle che consentono il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione . Va tenuto presente che il legale dello straniero si è soffermato sul fatto che in Gambia permane un clima generale di instabilità e di insicurezza, nonché una grave compromissione delle libertà fondamentali dell’individuo , ponendo in evidenza la grave crisi economica che ha determinato nel Paese una disoccupazione giovanile all’80% e un altissimo tasso di povertà . Ragionando in questa ottica è evidente, secondo il legale, la condizione di particolare vulnerabilità del suo cliente in caso di ritorno in patria , dove potrebbero essere compromessi il suo diritto alla salute e all’alimentazione . Tirando le somme, le condizioni socio-economiche e sanitarie del Gambia non consentono un livello sufficientemente adeguato ed accettabile di vita , sottolinea il legale. E questa osservazione convince i giudici della Cassazione, i quali ricordano che i seri motivi di carattere umanitario per il riconoscimento della protezione nei confronti dello straniero possono riscontrarsi ove, all’esito di una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata del richiedente protezione in Italia, comparata alla situazione personale da lui vissuta prima della partenza, e a cui egli si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, risulti una effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una esistenza dignitosa .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 febbraio – 15 maggio 2019, n. 13079 Presidente Bisogni – Relatore Fidanzia Fatti di causa La Corte d'Appello di Ancona, con sentenza del 31 maggio 2017, ha rigettato l'appello avverso l'ordinanza del 8.07.2016 con cui il Tribunale di Ancona aveva respinto la domanda di Ba. Su. volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria. La Corte d'Appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non avendo il ricorrente allegato specifiche condotte tali da giustificare il suo arresto immediato, avendo riferito di un'intenzione di opporsi al partito al potere non manifestata all'esterno. Peraltro, la situazione politica era cambiata rispetto all'epoca del suo allontanamento dal Gambia, non essendo il governo cui intendeva opporsi più al potere. In ordine alla richiesta protezione sussidiaria, la Corte di merito ha ritenuto insussistente il pericolo di danno grave richiesto dalla legge. Infine, il ricorrente non aveva allegato specifiche situazioni soggettive che giustificassero la concessione della protezione umanitaria. Ha proposto ricorso per cassazione Ba. Su. affidandolo a quattro motivi. Il Ministero dell'Interno non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 360 comma 1. n. 3 cod. procomma civ. in relazione all'art. 3 comma 3. e comma 5. D.Lgs. n. 251/2007 e all'art. 8 comma 3. D.Lgs. n. 25/2008. Lamenta il ricorrente che il giudice, il quale, in base alle norme sopra indicate, ha il potere-dovere di assumere tutte le informazioni occorrenti per verificare la sussistenza delle condizioni richieste per la concessione dello status di rifugiato, ha erroneamente rigettato la sua domanda, sul rilievo della vaghezza del suo racconto, senza assumere informazioni precise ed aggiornate sul suo Paese di origine attraverso l'uso di canali accreditati Amnesty International, Peace Reporter, siti internet Ministero degli Esteri . In ordine alla protezione sussidiaria, si duole che la Corte d'Appello ha svolto considerazioni generiche sul Paese d'origine, da cui emergerebbe che la situazione politica è cambiata, senza rendere note alle parti le fonti delle sue informazioni. In realtà, evidenzia l'esistenza di una situazione di instabilità anche nel 2017, che ha determinato la fuga di migliaia di persone, non avendo il Presidente Ja. riconosciuto la sua sconfitta elettorale e dovendo il nuovo eletto Ba. servirsi di un corpo paramilitare altamente addestrato ed armato. 2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione dell'art. 360 comma 1. n. 4 in relazione all'art. 132 comma 2. n. 4 cod. procomma Civ. per nullità della sentenza a causa di motivazione apparente. Ribadisce il ricorrente che la sentenza della Corte d'Appello ha pretermesso del tutto l'indicazione delle fonti da cui ha tratto il proprio convincimento, riportando informazioni del tutto generiche e diverse rispetto alla reale situazione del paese. 3. I primi due motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, non sono fondati. Va osservato che il ricorrente svolge la censura formale che la Corte di merito non avrebbe indicato la fonte delle proprie informazioni in ordine al cambiamento della situazione nel Gambia rispetto al periodo in cui il ricorrente si è allontanato dal proprio paese d'origine esilio dell'ex Presidente dittatore, svolgimento nel paese di elezioni politiche libere nel 2017 , ma, nella sostanza, nel contestare tale assunto, ha formulato doglianze estremamente generiche in ordine alla minaccia individuale di grave danno alla sua persona in caso di ritorno nel suo paese d'origine. In proposito, va osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma dell'art. 14, lett. c , del D.Lgs. n. 251 del 2007, la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12 , nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790 - 01 . Nel caso di specie, il ricorrente ha fornito dati attestanti eventualmente violazioni di diritti umani, ma non elementi concreti denotanti il raggiungimento nel suo paese d'origine di un grado di violenza indiscriminata talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nello stesso paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia. 3. Con il terzo motivo è stata dedotta la omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio risultanti dagli atti di causa ex art. 360 comma 1. n. 5 cod. procomma civ. con riferimento al rigetto della protezione umanitaria. Lamenta il ricorrente che in Gambia permane un clima generale di instabilità, insicurezza, violenza diffusa ed indiscriminata nonché una grave compromissione delle libertà fondamentali dell'individuo. Inoltre, vi è una grave crisi economica che ha determinato una percentuale di disoccupazione giovanile dell'80% ed un altissimo tasso di povertà. Ciò pone il ricorrente, in caso di ritorno in patria, in una condizione di particolare vulnerabilità, rischiando di essere compromessi il diritto alla salute ed alla alimentazione, espressione del più universale diritto alla vita ed alla integrità fisica. Le condizioni socio-economiche e sanitarie non consentono un livello sufficientemente adeguato ed accettabile di vita. 4. Il motivo è fondato. Va preliminarmente osservato che sebbene con l'entrata in vigore del D.L. 113 del 2018 sia stato soppresso l'istituto della protezione umanitaria sostituendolo con la previsione del permesso per casi speciali , questa Sezione, con sentenza n. 4890/2019, nell'ambito del ricorso deciso all'udienza del 23 gennaio 2019 ed iscritto al n. R.G. 19651/2018 Bandia Aliou comma Ministero dell'Interno ha già elaborato il seguente principio di diritto La normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore 5/10/2018 della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione . Ne consegue che questo Collegio, condividendo il principio di diritto sopra riportato, provvederà anche all'esame di questa domanda. Ciò premesso, la Corte territoriale ha negato al ricorrente la protezione umanitaria sul rilievo che lo stesso non ha dimostrato di rientrare in particolari categorie soggettive in cui fossero ravvisabili lesioni di diritti umani di particolare entità minori, genitori con figli minori, donne in stato di gravidanza , anziani non autosufficienti, disabili, persone con disturbi psichici etc , rilevando, altresì, che tale protezione richiede la dimostrazione di una concreta situazione di rischio per la vita e l'integrità fisica pratica della tortura o per la compressione della libertà individuale schiavitù o lavoro forzato, violazione del divieto di tratta degli esseri umani . Va osservato sul punto, in primo luogo, che, per giurisprudenza costante di questa Corte, non è corretto tipizzare le categorie soggettive in cui far rientrare i soggetti meritevoli della protezione umanitaria , la quale ha, viceversa, carattere atipico e residuale, nel senso che copre tutta una serie di situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica status di rifugiato o protezione sussidiaria , tuttavia, non possa disporsi l'espulsione e debba perciò provvedersi all'accoglienza del richiedente che si trovi in una condizione di vulnerabilità Cass. 15466/2014, n. 26566/2013 . Senz'altro tali situazioni soggettive non coincidono con quelle caratterizzate da una situazione di concreto rischio per la vita, l'integrità fisica o compressione della libertà individuale, nei termini erroneamente sopra riportati indicati dalla sentenza impugnata, essendo le situazioni soggettive indicate dalla Corte territoriale pienamente assimilabili a quelle che consentono il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, i seri motivi di carattere umanitario possono positivamente riscontrarsi ove, all'esito di una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, risulti un'effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa vedi in motivazione sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298-01 . Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello Ancona in diversa composizione, che dovrà provvedere, oltre che alle spese del giudizio di legittimità, ad una nuova valutazione della domanda di protezione umanitaria alla luce dei criteri sopra indicati. P.Q.M. Accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.