Respinta definitivamente la domanda presentata da un cittadino del Gambia. Irrilevante il suo richiamo alla ‘Tbc’ e ai potenziali pericoli in caso di ritorno in patria sufficiente, secondo i Giudici, un’adeguata profilassi. Respinta anche la tesi centrata su una presunta situazione di vulnerabilità connessa alla perdita della intera famiglia.
Problemi di salute e fragilità dovuta alla perdita della propria famiglia non bastano a rendere plausibile la richiesta di protezione avanzata dallo straniero in Italia. Applicando questa visione, i Giudici hanno detto “no” definitivamente alla domanda di un cittadino del Gambia Cassazione, ordinanza numero 11821/19, sez. VI Civile - 1, depositata oggi . Vulnerabilità. In Tribunale lo straniero si è visto negare sia la «protezione internazionale» che quella «umanitaria». Egli, originario del Gambia, ha deciso di portare avanti comunque la propria battaglia, proponendo ricorso in Cassazione, e ponendo in rilievo i potenziali pericoli connessi a un ritorno in patria. E, a questo proposito, richiama la tubercolosi e la propria condizione di fragilità, dovuta, a suo dire, alla perdita «della intera famiglia e dei propri beni». Queste osservazioni non fanno però tentennare i Giudici del Palazzaccio, i quali confermano la decisione del Tribunale. Innanzitutto, i magistrati sottolineano che «la zona di provenienza dello straniero, seppure in delicata transizione, non può considerarsi connotata da una situazione di conflitto armato interno, dopo il più recente esito elettorale». Per quanto concerne il problema sanitario, invece, viene osservato che non è provata «una effettiva situazione di vulnerabilità» dello straniero, una volta «terminata la profilassi per la ‘Tbc’». Infine, viene ritenuto generico il richiamo a una presunta «condizione di fragilità», che, osservano i giudici, non è sufficiente per il riconoscimento della «protezione umanitaria».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 22 gennaio – 6 maggio 2019, numero 11821 Presidente Scaldaferri – Relatore Terrusi Rilevato che De. Ka. ha proposto un motivo di ricorso per cassazione contro il decreto del tribunale di Brescia che, rigettandone il gravame, ha confermato il diniego della protezione internazionale e umanitaria il Ministero dell'Interno non ha depositato controricorso ma una mera nota finalizzata all'eventuale partecipazione all'udienza di discussione. Considerato che il ricorrente preliminarmente lamenta l'illegittimità costituzionale della L. numero 46 del 2017 per contrasto con gli articolo 3 e 24 cost., nella parte in cui sancisce la non reclamabilità del decreto del tribunale indi, con l'unico mezzo denunzia l'omesso esame di fatti decisivi e la violazione e falsa applicazione degli articolo 14 lett. e del D.Lgs. numero 251 del 2007, 2, lett. e e g del D.Lgs. citato, 5 e 19 del D.Lgs. numero 286 del 1998 a proposito della valutazione attinente all'insussistenza dei presupposti delle forme di protezione invocate, sussidiaria e umanitaria la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata, poiché il principio del doppio grado di giurisdizione di merito non è costituzionalmente sancito cfr. per tutte Cass. Sez. U numero 22610-14 , sicché, dalla circostanza che il processo de quo si svolga in un unico grado di merito, con facoltà per l'interessato di impugnare la decisione definitiva davanti alla Corte di cassazione, non può ricavarsi alcun giudizio di incongruenza o aporia del sistema invero il doppio grado di cognizione di merito non è riconosciuto dalla Costituzione quale necessaria garanzia di difesa neppure nel processo penale ex plurimis, C. cost. sent. numero 433-90, numero 301-86, numero 22-73, nonché C. cost. numero 351-07 ord. e numero 585-00 ord. il ricorso è inammissibile poiché inteso a sindacare il merito della valutazione il tribunale ha preso in esame il racconto dal ricorrente posto al fondo della domanda di protezione, facente riferimento a persecuzioni di ordine politico e a successive vicende familiari correlate a un'accusa di adulterio ha ritenuto inattendibile la narrazione per difetto di chiarezza e per genericità dei riferimenti, e ha in ogni caso ritenuto che, fermi i profili di inattendibilità rilevanti ai fini di cui all'articolo 14, lett. a e b del D.Lgs. numero 251-07, la vicenda del ricorrente non poteva dar luogo neppure alla protezione sussidiaria, visto che la zona di provenienza del predetto il Gambia , seppure in delicata transizione, non poteva considerarsi connotata da situazione di conflitto armato interno dopo il più recente accettato esito elettorale ha infine considerato inesistente anche il profilo invocato a sostegno del permesso per motivi umanitari secondo la versione normativa antecedente al D.L. numero 113 del 2018 , ritenendo non provata una effettiva situazione di vulnerabilità una volta terminata la profilassi per la Tbc allegata dal ricorrente e considerata la certificata inesistenza di altre patologie il ricorrente si limita a contrapporre a siffatta completa disamina distinti e generici asserti, tesi a sollecitare, in tema di protezione sussidiaria, un diverso apprezzamento quanto al permesso per ragioni umanitarie, il ricorrente non censura la specifica motivazione del tribunale e si limita ad affermare che la protezione umanitaria avrebbe dovuto essere riconosciuta per le condizioni di alta fragilità di chi, come lui, abbia perso l'intera famiglia e i beni sennonché simile rilievo è assolutamente generico e non appare posto a fondamento della domanda originaria, né dal ricorso risulta il contrario, essendo notoriamente insufficiente allo scopo l'altrettanto generico rinvio alle motivazioni addotte a suo tempo v. ricorso, pag. 1 tanto consente di decidere la causa con declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, in disparte le questioni di diritto intertemporale afferenti il D.L. numero 113 del 2018. Escluso il doppio contributo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 gennaio 2019.