Mediazione: anche per la Cassazione le parti devono essere presenti

Secondo la Suprema Corte le parti devono essere presenti personalmente alla procedura di mediazione, potendo essere sostituite solamente con apposita procura sostanziale, che non può essere, né quella prevista dall’art. 83 c.p.c., né quella di cui all’art. 185 c.p.c

In questo senso si è espressa la III Sezione della Suprema Corte a Sezioni Unite, nella sentenza n. 8473 del 6 febbraio 2019, depositata il successivo 27 marzo, peraltro fortemente criticabile sotto alcuni aspetti, tra cui quello di avere clamorosamente errato nell’interpretazione dello spirito della procedura di mediazione, dalla Corte affrontato in modo molto superficiale e quindi del tutto travisato. Il caso. La questione nasce da un ricorso ex art. 447 bis c.p.c., presentato da una società, che rappresentava di aver concesso in locazione un’unità immobiliare ad un’altra società, e chiedeva la risoluzione del contratto per mancata consegna del deposito cauzionale, il rilascio dell’immobile e la condanna di controparte alle spese del giudizio. La società locataria si costituiva in giudizio, eccependo l’avvenuta consegna anche se in corso di giudizio del deposito cauzionale, e l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto dal d.lgs. 28/10. Il Giudice, preso atto dell’eccezione, disponeva effettuarsi il tentativo di mediazione, assegnando il termine di quindici giorni per il deposito della relativa istanza. La società proprietaria dell’immobile avviava la procedura di mediazione nei termini, ma al primo incontro, con aperta violazione della normativa e dello spirito della mediazione, partecipavano i soli procuratori delle parti, che chiedevano un breve rinvio e successivamente comunicavano telefonicamente addirittura al mediatore l’impossibilità delle parti di raggiungere un accordo stragiudiziale. Di conseguenza, il secondo incontro non ebbe mai luogo, né pare che esista un verbale di mancata conciliazione. Di conseguenza, alla successiva udienza la società locataria eccepiva nuovamente l’improcedibilità della domanda promossa dalla ricorrente parte istante in mediazione , rilevando che nel procedimento di mediazione non fossero comparse le parti personalmente ma solo i loro difensori. In sede di precisazione delle conclusioni, la società locatrice, preso atto della consegna del deposito cauzionale, rinunciava alla domanda di risoluzione del contratto, insistendo però per la condanna di controparte alla rifusione delle spese legali il Tribunale dichiarò la cessazione della materia del contendere, rilevando però che non si fosse verificata la condizione di procedibilità, stante l’irritualità della procedura di mediazione, compensando però le spese in quanto entrambe le domande di parte si sono alfine rivelate inammissibili per ragioni di rito”. Contro detta sentenza, propose appello la società locataria, sostenendo che la mediazione si fosse effettivamente svolta, dato che le parti a suo dire, ma in realtà non è così avessero regolarmente partecipato alla procedura di mediazione, a mezzo dei rispettivi difensori, muniti di apposita procura, e quindi contestando il capo relativo alla compensazione delle spese. La società locatrice si costituì in giudizio, contestando le pretese avversarie. La Corte di appello di Trieste, con la sentenza n. 2010/2017, poi impugnata in Cassazione, rigettò l’appello condannando la società locatrice al pagamento delle spese di giudizio. Secondo la sentenza, l’art. 8 d.lgs. 28/10, come peraltro evidente dalla sua stessa formulazione le parti devono parteciparecon l’assistenza del difensore” prevede la presenza personale delle parti, assistite dal difensore, alla procedura di mediazione, anche perché al primo incontro è previsto che il mediatore inviti le parti e i loro avvocati” ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la mediazione, dovendo per questo essere necessaria il contatto tra il mediatore e le parti sostanziali. Di conseguenza, anche se secondo la sentenza poi impugnata le parti possono farsi sostituire dal difensore, non è sufficiente la procura speciale alle liti rilasciata ex art. 185 c.p.c., trattandosi di procura con valenza processuale e non sostanziale. Secondo la Corte d’appello, infatti, anche nel caso in cui il difensore possa comparire anche in rappresentanza delle parti a parere di chi scrive, mediatore in oltre duemila procedure di mediazione, in aperta violazione dello spirito della mediazione , è necessario che questi sia munito di procura speciale notarile che conferisca al difensore la rappresentanza sostanziale della parte. Nel caso in specie, continua la sentenza della corte territoriale, si deve ritenere che la mediazione non sia mai iniziata, essendovi stato un primo incontro informativo e preliminare, senza discussione di alcuna questione relativa alla controversia, alla sola presenza dei legali mentre nessuno ha presenziato, con comportamento fortemente censurabile, al successivo incontro. Di conseguenza, la Corte ha rigettato l’appello condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali. Questa ha deciso di presentare ricorso per la cassazione della sentenza, con tre motivi di ricorso basati essenzialmente sull’eccezione della violazione degli artt. 5 e 8 d.lgs. 28/10 e degli artt. 83 e 185 c.p.c. Secondo la ricorrente, con interpretazione assolutamente non convincente e contraria alle norme e allo spirito della mediazione, che vede le parti come protagoniste in quanto portatrici dei veri interessi, e non certamente i loro legali, non sarebbe necessaria la presenza delle parti alla mediazione e in ogni caso, per comparire in loro rappresentanza, sarebbe sufficiente la procura alle liti, autenticata dallo stesso legale. Le Parti devono partecipare personalmente alla procedura di mediazione e ove vengano rappresentate dal legale, è necessario che questi sia fornito di procura notarile sostanziale, che conferisca la rappresentanza sostanziale della parte. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso confermando la decisione della corte d’appello di Trieste, ribadendo tra le altre cose che non costituisce idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera comunicazione, come accaduto in questo caso, di aver sondato l’altra parte telefonicamente. ed avere escluso la possibilità di un accordo, poiché in questo modo si elude l’onere di partecipare personalmente all’incontro con il mediatore, il quale deve illustrare la procedura di mediazione e i suoi vantaggi. Dobbiamo chiarire che la sentenza della Cassazione non convince su diversi punti. Essa infatti, da una parte dichiara espressamente e correttamente che la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato”. Dall’altra però consente allo stesso legale di partecipare, anche da solo, alla procedura, purché munito di procura notarile immaginiamo le complicazioni sostanziale, e quindi non con la sola procura alle liti o comunque una procura processuale mentre la procura come detto notarile, con tutte le conseguenze e anche le spese del caso deve conferire, secondo la Cassazione, tutti i poteri necessari per gestire la posizione personale della parte. Necessaria quindi la presenza personale previsione però mitigata dalla possibilità di conferire procura, con effetti nefasti sul buon esito della procedura stessa. Tale previsione, a parere di chi scrive, è del tutto contraria alla norma, in quanto l’art. 8 del d.lgs. 28/10 prevede che Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato”. È evidente il significato di questa previsione, che non è suscettibile di essere interpretata. Le parti come peraltro statuisce anche la sentenza in commento non solo devono partecipare alla procedura di mediazione, ma devono farlo con l’assistenza dell’avvocato, che ove comparisse da solo, sarebbe automaticamente parte ed assistente, rappresentante e rappresentato! Si tratta non solo di un vero e proprio orrore giuridico, ma di una aperta violazione dello spirito della procedura di mediazione, che prevede che durante gli incontri il mediatore faccia emergere i reali e personalissimi interessi delle parti, che mai e poi mai potranno far parte del bagaglio anche del miglior avvocato esistente, sicuramente preparatissimo sulle questioni giuridiche, ma che avrà sempre un difetto non sarà mai la parte, con il suo vissuto, le sue emozioni e le sue esperienze. Basti pensare ad una procedura in materia di successioni e divisioni ereditarie. Ci auguriamo quindi al più presto, al di là di una successiva e migliorativa sentenza della Suprema Corte, un intervento legislativo chiarificatore sul punto, che rafforzi la procedura di mediazione, foriera sino ad ora di ottimi risultati.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 febbraio – 27 marzo 2019, n. 8473 Presidente Amendola - Relatore Rubino I fatti di causa 1.Il giudizio di primo grado. Nel 2016 Gaia Energy Engineering S.r.l. depositò dinanzi al Tribunale di Udine ricorso ex art. 447-bis c.p.c., rappresentando di aver concesso in locazione un’unità immobiliare sita in omissis a Eureka S.r.l. e chiedendo la risoluzione del contratto per mancata prestazione del deposito cauzionale, il rilascio dell’immobile e la condanna della controparte alle spese del giudizio. Eureka si costituì in giudizio, eccependo l’avvenuta costituzione, benché solo in corso di causa, del deposito cauzionale e l’improcedibilità della domanda per mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche. Il Giudice assegnò alle parti il termine di 15 giorni per l’avvio della procedura di mediazione D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, con conseguente differimento dell’udienza di discussione. Gaia avviava la procedura di mediazione al primo incontro fissato dall’Organismo di mediazione in data 5/07/2016 parteciparono i soli procuratori delle parti, chiedendo un breve rinvio e successivamente questi comunicavano telefonicamente al mediatore l’impossibilità delle parti di raggiungere un accordo stragiudiziale. Il secondo incontro non ebbe mai luogo nè si fa riferimento, nel ricorso o nella sentenza, all’esistenza di un verbale di mancata conciliazione . Alla successiva udienza il difensore di Eureka eccepì nuovamente l’improcedibilità della domanda promossa dalla ricorrente sul rilievo che nel procedimento di mediazione non fossero comparse le parti personalmente ma solo i difensori, eccezione alla quale Gaia si oppose. In sede di precisazione delle conclusioni Gaia, stante l’avvenuta costituzione benché tardiva del deposito cauzionale ad opera della controparte, rinunciò alla domanda di risoluzione del contratto e insistette soltanto per ottenere la condanna di Eureka alla rifusione delle spese legali, liquidate in base al principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere, rilevando, in rito, che non si fosse verificata la condizione di procedibilità della domanda di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, con conseguente improcedibilità della domanda attorea. Compensò per intero tra le parti le spese di lite, osservando che entrambe le domande di parte si sono alfine rivelate inammissibili per ragioni di rito . 2. L’appello. Avverso la sentenza n. 1418/2016 del Tribunale di Udine propose appello Gaia, assumendo che la mediazione obbligatoria si fosse effettivamente svolta, avendo le parti legittimamente partecipato al procedimento di mediazione a mezzo dei rispettivi difensori in particolare asserì che il difensore di Gaia fosse munito di una procura speciale, conferente tutti i poteri per definire e trattare questioni giudiziali e stragiudiziali, e che pertanto lo stesso fosse dotato di rappresentanza formale e sostanziale e contestando il capo relativo alle spese. Eureka si costituì in giudizio. La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza n. 2010 del 2017 qui impugnata, rigettò l’appello, condannando Gaia al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio. In particolare, il Giudice d’appello affermava che il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, prevede la presenza personale delle parti, assistite dal proprio difensore in tal senso deponendo l’uso della congiunzione e , laddove si precisa che il mediatore invita le parti e i loro avvocati , atteso che nel primo incontro informativo il mediatore necessita di contatto diretto con le parti sostanziali, al fine di verificare la fattibilità dell’inizio della procedura di mediazione vera e propria che pertanto, pur potendo la parte farsi rappresentare dal difensore, non sia sufficiente a tal fine una semplice procura speciale alle liti rilasciata ex art. 185 c.p.c., contenente i poteri di transigere e conciliare la lite, trattandosi di procura con valenza processuale e non sostanziale, essendo necessaria una procura speciale notarile che conferisca al difensore la rappresentanza sostanziale della parte che nel caso di specie peraltro, a prescindere dalla partecipazione personale delle parti, dovesse ritenersi che la mediazione non fosse mai iniziata essendovi stato un primo incontro informativo e preliminare, senza discussione di alcuna questione relativa alla controversia, alla sola presenza degli avvocati, mentre all’incontro successivo fissato al 18/07/2016 per lo svolgimento della mediazione in senso stretto nessuna delle parti si era presentata. 3. Il giudizio di legittimità. Avverso la sentenza n. 210/2017 della Corte d’appello di Trieste, pubblicata in data 25/05/2017, propone ricorso per Cassazione, con due motivi, Gaia Energy Engineering S.r.l. Eureka S.r.l. non ha svolto in questa sede attività difensiva. Le ragioni della decisione Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8 e successive modifiche, nonché degli artt. 185 e 83 c.p.c. Sostiene che la Corte d’appello, soffermandosi sul solo elemento testuale, abbia stravolto la finalità del tentativo di mediazione previsto a pena di improcedibilità della domanda giudiziale dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8 e che tale articolo non preveda un obbligo di partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione al fine di potersi ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, prevedendo solo che la parte debba essere idoneamente informata sulla possibilità, o necessità, a seconda dei casi, di ricorrere alla procedura di mediazione e sulle agevolazioni fiscali che ne derivano, e che possa consapevolmente scegliere di delegare tale adempimento al proprio avvocato. Aggiunge che se effettivamente la norma imponesse la presenza personale di entrambe le parti, il convenuto sarebbe arbitro di decidere se e quando consentire il perfezionamento della condizione di procedibilità, potendo lo stesso farsi rappresentare dal proprio difensore anziché presentarsi personalmente. Evidenzia che, se la sanzione prevista per il comportamento più grave della mancata partecipazione senza giustificato motivo è, D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 8, la condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il Giudice di trarre argomenti di prova dal suddetto comportamento, non potrebbe essere sanzionata con la più grave pena dell’improcedibilità la condotta più lieve della mancata comparizione personale. Deduce che la Corte d’appello finisca per avallare la tesi da essa stessa respinta laddove afferma che al primo incontro siano comparsi i soli difensori, ma al contempo sostiene usando peraltro le stesse parole del verbale di intermediazione del 05/07/2016 che le parti dichiarano di voler procedere con la mediazione ciò significando, infatti, che gli avvocati abbiano agito in rappresentanza delle parti e che non si capisca perché al primo incontro la procedura di mediazione abbia potuto prendere avvio senza la presenza materiale di Gaia ed Eureka ma al successivo incontro fosse necessaria la loro presenza per poter dare atto dell’esito negativo del procedimento ex D.Lgs. n. 28 del 2010. La ricorrente contesta inoltre l’individuazione della fonte normativa della procura rilasciata al proprio avvocato nell’art. 185 c.p.c. rubricato Tentativo di conciliazione anziché nell’art. 83 c.p.c. Lamenta infine che, seguendo la tesi ex adverso propugnata, la Corte d’appello avrebbe potuto disporre essa stessa, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, l’esperimento della mediazione ex lege. Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 , l’omesso esame di un fatto decisivo indicato nella procura speciale alle liti, il cui testo non riproduce, ma che indica come prodotta nel giudizio di cassazione come allegato al ricorso, al n. 5. La ricorrente deduce che il difensore di Gaia, in virtù della procura speciale notarile rilasciata allo stesso e depositata in giudizio, avesse non solo ricevuto procura per rappresentare Gaia in giudizio, ma gli fossero stati conferiti tutti i poteri di disporre dei diritti materiali di Gaia oggetto della causa, anche nelle procedure stragiudiziali qual è quella di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 e quindi che fosse non solo una procura processuale ma contenesse anche il conferimento di poteri sostanziali e che pertanto l’avvocato, munito di una tale procura, fosse legittimato a sostituire la parte nel procedimento di mediazione obbligatoria. Al terzo punto del ricorso, la ricorrente, ad evitare che sulla questione si formi il giudicato, ripropone, fidando nell’accoglimento dei due precedenti motivi, la domanda di condanna alle spese del giudizio di appello dell’avversaria, sulla base della soccombenza virtuale della stessa, con eventuale esame della stessa da parte del giudice del rinvio. Il ricorso pone per la prima volta a questa Corte la necessità di affrontare alcune questioni in tema di mediazione obbligatoria, introdotta come condizione di procedibilità di una vasta serie di controversie dal D.Lgs. n. 28 del 2010 Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 60, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali e successive modifiche. In particolare, la questione giuridica che il ricorso impone di risolvere è se, nel suddetto procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1 bis, introdotto dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 84, convertito con modificazioni della L. 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte Cost. con sentenza n. 272 del 2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell’azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire. Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti. Il legislatore con il decreto legislativo menzionato ha cercato di accelerare, se non forzare, la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva, imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il cui mancato esperimento è stato sanzionato con l’improcedibilità. Dalla lettura delle disposizioni ad essa dedicate, emerge l’adozione di un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall’offerta alle parti di un momento di incontro, perché potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. Il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. Quanto alla presenza dell’avvocato, essa originariamente non era neppure prevista è stata infatti introdotta nell’art. 5 dal comma 1 bis, che prevede che chi intenda esercitare l’azione debba promuovere preventivamente la mediazione obbligatoria assistito dal proprio avvocato. Si può osservare che la novella del 2013, che introduce la presenza necessaria dell’avvocato, con l’affiancare all’avvocato esperto in tecniche processuali che rappresenta la parte nel processo, l’avvocato esperto in tecniche negoziali che assiste la parte nella procedura di mediazione, segna anche la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate. Non è questa la sede per valutare le probabilità di successo delle creazione forzosa di una cultura della mediazione. Occorre prendere atto che la legge impone in una vasta serie di casi, come momento necessario e significativo precedente alla possibilità stessa di introdurre il giudizio, la necessità di esperire la mediazione e sciogliere alcuni nodi del rapporto tra mediazione obbligatoria e giudizio, per individuare quando la condizione di procedibilità possa ritenersi soddisfatta e in particolare se, nel caso di specie, il giudice abbia correttamente ritenuto che l’azione proposta fosse improcedibile valutazione effettuata ai soli fini della soccombenza virtuale, perché qui la domanda di merito era stata alla fine rinunciata . Come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti. Ha imposto quindi alle parti o meglio, alla parte che intende agire in giudizio questo impegno preliminare mediante il quale fida di poter evitare alle parti, e allo Stato più in generale un buon numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria. L’art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati. La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato. Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. Laddove, per la rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o per l’attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente v. art. 231 c.p.c., sulla risposta all’interrogatorio formale La parte interrogata deve rispondere personalmente e il successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della parte a rendere interrogatorio v. Cass. n. 15195 del 2000 L’interrogatorio formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere ad esso oralmente e personalmente, in base all’art. 231 c.p.c Non è previsto, nè escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore. Deve quindi ritenersi che la parte in particolare, la parte che intende iniziare l’azione, ma identico discorso vale per la controparte , che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all’art. 84 . Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale. Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale. Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore. Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista. Ciò detto, il primo motivo è infondato, il secondo inammissibile laddove tendente ad una diretta interpretazione dell’atto la procura da parte della Corte. La sentenza impugnata si è attenuta infatti ai principi di diritto sopra enunciati. Ha ritenuto che la presenza della parte sia necessaria davanti al mediatore, e che tuttavia essa potesse essere sostituita, eventualmente anche dall’avvocato. Ha del pari ritenuto, esaminando la procura notarile rilasciata in favore dell’avvocato Onesti ed oggi prodotta in allegato al ricorso per cassazione, che l’atto di conferimento di potere pur avendo la forma della procura notarile fosse in realtà una semplice, benché ampia, procura alle liti, comprensiva di ogni potere giudiziale e stragiudiziale ed anche del potere di conciliare la controversia da qui il richiamo corretto all’art. 185 c.p.c. , ma comunque una procura dal valore meramente processuale, che non attribuiva all’avvocato la rappresentanza sostanziale della parte. C’è poi un altro passaggio motivazionale che merita attenzione. Lo stesso non è direttamente censurato e quindi, di per sé avrebbe potuto condurre al rigetto del ricorso in quanto la decisione poteva fondarsi su tale autonoma ratio decidendi non impugnata. Esso consente di esaminare e sciogliere un altro degli interrogativi che la nuova disciplina pone, e dei punti in cui si stanno registrando orientamenti non convergenti nelle ormai numerose sentenze di merito che si sono già occupate della mediazione obbligatoria. La corte d’appello ha ritenuto che, non essendosi le parti presentate al primo incontro, solamente informativo e preliminare, che si era svolto alla presenza dei soli avvocati, e non avendo mai avuto luogo il secondo incontro, perché le parti avevano comunicato preventivamente e oralmente al mediatore, a mezzo dei rispettivi avvocati, l’impossibilità di pervenire ad un accordo, la mediazione di fatto non si fosse svolta. Ha ritenuto, di conseguenza ai limitati fini della soccombenza virtuale che la condizione di procedibilità non si fosse verificata. La seconda questione da risolvere è dunque quella del quando quando si può ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso, ai fini di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità? È sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione. In altri termini, è sufficiente che il futuro attore o l’attuale attore, come nel nostro caso, qualora le parti siano stata rimesse in mediazione dal giudice, a causa già iniziata sia fisicamente presente, in proprio o delegando la presenza ad altra persona, e possa, finite la formalità preliminari illustrative delle finalità e delle modalità della mediazione, limitarsi comunicare al mediatore di non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione, o è necessario che la mediazione sia effettiva , che le parti provino quanto meno a discutere per trovare una soluzione, per poi poter dare atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una soluzione positiva? Sia l’argomento letterale - il testo dell’art. 8 - che l’argomento sistematico la necessità di interpretare la presente ipotesi di giurisdizione condizionata in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale - depongono nel senso che l’onere della parte che intenda agire in giudizio o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare rectius proseguire la procedura di mediazione. In questo senso depongono sia la struttura del procedimento, disciplinata dall’art. 8 e suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione. Solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare all’esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore . Non andrà in ogni caso avanti, dando atto dell’esito negativo della mediazione, se il potenziale convenuto non compare, o se compare e dichiara di non essere interessato alla mediazione. Di questo comportamento si potrà eventualmente tenere conto nel successivo giudizio, come prevede il comma 4 bis dell’art. 8 Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. . Se anche il convenuto compare ed è l’attore che dichiara di non intendere impegnarsi nella mediazione deve ritenersi che il mediatore debba prenderne atto e che l’attività si concluda anche in questo caso al termine dell’incontro preliminare, che la mediazione sia stata esperita e che abbia dato esito negativo, e che quindi la condizione di procedibilità sia soddisfatta. Quindi, è richiesta l’attivazione del procedimento di mediazione, la scelta del mediatore, la convocazione della controparte è richiesta oltre la comparizione personale davanti al mediatore con le possibilità alternative sopra enunciate e la partecipazione al primo incontro, nel corso del quale la parte riottosa può liberamente convincersi di provare effettivamente e fino in fondo la strada della soluzione alternativa alla controversia. Non può invece ritenersi che al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità sia necessario pretendere dalla parte anche un impegno in positivo ad impegnarsi in una discussione alternativa rispetto al giudizio. Non costituisce per contro idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera comunicazione di aver sondato l’altra parte ed avere concordemente escluso la possibilità di addivenire ad un accordo, perché in questo modo si elude l’onere di comparire personalmente davanti al mediatore e di partecipare al primo incontro. Nel caso di specie, la corte d’appello ha ritenuto che non si sia arrivati neppure a questa fase, perché le parti non sono mai comparse, personalmente o idoneamente rappresentate, davanti al mediatore, tant’è che non è stato neppure redatto un verbale negativo. Il ricorso va complessivamente rigettato. I principi di diritto enunciati possono essere riepilogati come segue - nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore - nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale - la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata alla termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre. Nulla sulle spese, in difetto di attività processuale da parte dell’intimata. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.