Confermato il provvedimento adottato dalla Prefettura. Irrilevante il richiamo difensivo alla necessità dell’immigrato di sottoporsi ad alcune operazioni chirurgiche per superare i postumi di un’aggressione subita. Evidente, poi, il pericolo di fuga l’uomo si è visto revocare l’originario permesso per motivi di lavoro e non ha dato prova di avere un alloggio dove poter essere facilmente rintracciato.
Addio al lavoro con annessa revoca del permesso di soggiorno , nessun alloggio e niente documenti personali legittima l’espulsione dello straniero. Inutile il richiamo fatto dall’uomo alla necessità di sottoporsi ad alcuni interventi di chirurgia estetica Cassazione, sentenza numero 8371/19, sez. I Civile, depositata oggi . Decreto. Riflettori puntati sul «decreto di espulsione» ufficializzato dalla Prefettura di Lecce. Scontata l’opposizione dello straniero, che punta a rimanere in Italia. Per il Giudice di pace, però, gli elementi a disposizione inchiodano lo straniero «gli è stato revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro» e non ha dato prova della «disponibilità di un alloggio dove poter essere rintracciato». Identica posizione assume ora la Cassazione, rendendo definitiva e non più contestabile l’espulsione. Salute. Il legale dello straniero ha innanzitutto posto in evidenza «le condizioni di salute» del suo cliente, che, viene spiegato, «ha subito un’aggressione da due connazionali, riportando gravi lesioni» e ciò rende necessario il ricorso alla chirurgia. Questa osservazione viene respinta dai Giudici della Cassazione, i quali ricordano che «il divieto di espulsione per motivi di salute è correlato ad una condizione di necessità d’intervento sanitario non limitato all’area del pronto soccorso o della medicina d’urgenza ma esteso all’esigenza di apprestare gli interventi essenziali quoad vitam». In questa vicenda emerge, invece, che «lo straniero ha riportato, a seguito di un’aggressione, la frattura delle ossa nasali e diverse ferite da taglio, suturate in ospedale» e ora ha necessità di «sottoporsi a interventi di chirurgia plastica, risolutivi della sua situazione clinica». Per quanto concerne, invece, il cosiddetto «pericolo di fuga» dello straniero, è inequivocabile, secondo i Giudici, la posizione precaria dell’uomo, poiché «gli è stato revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro» e «lui non ha fornito documentazione idonea a dimostrare la disponibilità di un alloggio dove poter essere rintracciato». E, per chiudere il cerchio, i Giudici sottolineano anche che proprio l’uomo «ha ammesso di non essere in possesso di alcun documento personale, essendosi recato in Questura a denunciarne lo smarrimento».
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 gennaio – 26 marzo 2019, numero 8371 Presidente Sambito - Relatore Valitutti Fatti di causa 1. Th. Ma. proponeva ricorso, dinanzi al Giudice di pace di Lecce, avverso il decreto di espulsione, emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Lecce il 12 settembre 2016. Il giudice adito, con ordinanza numero 532/2016, in data 24 ottobre 2016, rigettava il ricorso, convalidando il decreto di espulsione. 2. Il giudicante riteneva che l'istante non avesse evidenziato alcun elemento che consentisse di ritenere fondata l'opposizione, essendogli stato anche revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro a suo tempo concesso, e non avendo il medesimo neppure allegato - ai fini di poter escludere il pericolo di fuga - la documentazione idonea a dimostrare la disponibilità di un alloggio dove poter essere rintracciato. 3. Per la cassazione di tale ordinanza ha, quindi, proposto ricorso Th. Ma. nei confronti del Ministero dell'Interno affidato a tre motivi. Il resistente ha replicato con controricorso. Ragioni della decisione 1. In via pregiudiziale, va osservato che l'eccezione di mancanza della procura speciale - proposta dall'Amministrazione resistente, sotto il profilo che, risultando detta procura da un atto separato, e senza alcun riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione, difetterebbe del requisito della specialità per tale giudizio, imposto dall'articolo 365 cod. proc. civ. - è infondata e va disattesa. 1.1. La procura per il ricorso per cassazione è, invero, validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all'articolo 365 cod. proc. civ., anche se apposta su di un foglio separato, purché materialmente unito al ricorso e benché non contenente alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio da promuovere, in quanto, ai sensi dell'articolo 83 cod. proc. civ. come novellato dalla legge 27 maggio 1997, numero 141 , si può ritenere che l'apposizione topografica della procura sia idonea - salvo diverso tenore del suo testo - a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l'atto accede Cass., 19/12/2008, numero 29785 Cass., 25/07/2006, numero 16907 . D'altro canto, il requisito, posto dall'articolo 83, comma 3, cod. proc. civ. nel testo modificato dall'articolo 1 della L. numero 141 del 1997 , della materiale congiunzione tra il foglio separato con il quale la procura sia stata rilasciata e l'atto cui essa accede, non si sostanzia neppure nella necessità di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi Cass., 06/02/2018 , numero 2813 Cass., 27/05/2009, numero 12332 . 1.2. Nel caso concreto, la procura è rilasciata su foglio separato, ma spillato al ricorso e congiunto allo stesso anche dal timbro recante la denominazione dell'avvocato che difende il ricorrente. Inoltre, la procura reca in calce la data del suo conferimento 23 dicembre 2016 , che consente di accertarne la posteriorità rispetto alla decisione impugnata 24 ottobre 2016 . La riferibilità di detta procura al presente giudizio deve, pertanto, ritenersi sussistente. 2. Passando, quindi, all'esame del merito, va rilevato che con i tre motivi di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - Th. Ma. denuncia la violazione degli articolo 18 del D.Lgs. numero 286 del 1998, 2 e 32 Cost., 2, comma 1 e 19, comma 2-bis del D.Lgs. numero 286 del 1998, 3, comma 4 bis del D.L. numero 89 del 2011, nonché la mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5 cod. proc. civ. 2.1. Lamenta anzitutto il ricorrente che il Giudice di pace - nel convalidare il decreto di espulsione, emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Lecce il 12 settembre 2016, non si sia in alcun modo pronunciato sulle condizioni di salute dell'istante, il quale aveva/ subito un'aggressione da due connazionali, riportando gravi lesioni. Ne conseguirebbe - a suo avviso - l'ineseguibilità della disposta espulsione, ai sensi degli articolo 18 e 35 del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286. L'esponente si duole, inoltre, del fatto che il giudice di merito abbia desunto il pericolo di fuga del medesimo «automaticamente dall'assenza di un alloggio», senza procedere ad una valutazione complessiva della sua vicenda personale, essendosi il Ma. recato personalmente a sporgere in Questura denuncia per lo smarrimento dei documenti personali. 2.2. Le censure sono infondate. 2.2.1. Va rilevato che dalla decisione impugnata non si coglie effettivamente riferimento alcuno allo stato di salute del ricorrente, sebbene il medesimo ne avesse fatto espressa menzione nel ricorso avverso il decreto di espulsione trascritto, sul punto, nel ricorso per cassazione . E, nell'illustrazione del motivo, il ricorrente ha dedotto l'omessa pronuncia, in violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ., sulla domanda proposta in relazione alla valutazione, ai fini dell'eventuale inespellibilità, della situazione di salute dell'istante. E tuttavia, secondo l'insegnamento di questa Corte, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'articolo 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale articolo 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito , sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto cfr., Cass., 01/02/2010, numero 2313 Cass., 28/06/2017, numero 16171 Cass., 19/04/2018, numero 9693 . 2.2.2. Orbene, per quanto concerne lo stato di saluto dello straniero, questa Corte ha più volte affermato che il divieto di espulsione temporanea del medesimo per motivi di salute, previsto nell'articolo 35 del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, è correlato ad una condizione di necessità d'intervento sanitario non limitato all'area del pronto soccorso o della medicina d'urgenza, ma esteso, perché la garanzia normativa sia conforme al dettato costituzionale, all'esigenza di apprestare gli interventi essenziali «quoad vitam», di talché dall'immediata esecuzione del provvedimento lo straniero potrebbe subire un irreparabile pregiudizio. Rientrano, pertanto, in tale categoria tutti gli interventi che, successivamente alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili al completamento dei primi od al conseguimento della loro efficacia, mentre restano esclusi quei trattamenti di mantenimento e di controllo che, se pur necessari per assicurare una «spes vitae» per il paziente, fuoriescono dall'intervento sanitario indifferibile ed urgente e in ordine ai quali, pur non operando il divieto di espulsione, può essere richiesto un permesso di soggiorno per motivi di salute, ex articolo 36 del decreto cit. Cass., 24/01/2008, numero 1531 Cass., 04/04/2011, n .7615 Cass., 10/06/2013, numero 14500 Cass., 27/06/2016, numero 13252 . 2.2.3. Nel caso di specie, peraltro, il Ma. non ha in alcun modo evidenziato - nel ricorso avverso il provvedimento di espulsione - che dall'immediata esecuzione del provvedimento il medesimo poteva subire un irreparabile pregiudizio, per l'esigenza indifferibile di ricevere prestazioni sanitarie «quoad vitam». Dalla trascrizione dell'atto si desume, infatti, che il medesimo aveva riportato - a seguito dell'aggressione subita - la frattura delle ossa nasali e diverse ferite da taglio, suturate in ospedale. Per cui il medesimo si sarebbe dovuto sottoporre «a vari interventi di chirurgia plastica», risolutivi della sua situazione clinica. E' del tutto evidente, pertanto, che non viene allegata alcuna urgenza di sottoposizione del medesimo a farmaci salva vita, ai sensi dell'articolo 35 del D.Lgs. numero 286 del 1998. Né risulta che l'istante abbia mai richiesto un permesso di soggiorno per motivi di salute. 2.2.4. Quanto alle ragioni dell'espulsione, va rilevato che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4 del D.Lgs. numero 286 del 1998, «L'espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica [ ] b quando sussiste il rischio di fuga, di cui al comma 4-bis». Tale comma stabilisce che «Si configura il rischio di fuga di cui al comma 4, lettera b , qualora ricorra almeno una delle seguenti circostanze da cui il prefetto accerti, caso per caso, il pericolo che lo straniero possa sottrarsi alla volontaria esecuzione del provvedimento di espulsione a mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso di validità b mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato [ ]». Nel caso di specie, si evince dal provvedimento impugnato che al Ma. era stato revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, a suo tempo concesso, e che il medesimo non aveva «fornito documentazione idonea a dimostrare la disponibilità di alloggio dove possa essere rintracciato». Per di più, lo stesso ricorrente ha ammesso nel ricorso ultima pagina di non essere in possesso di alcun documento personale, essendosi - a suo dire - recato in Questura a denunciarne lo smarrimento. 3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio. Dagli atti il processo risulta esente, sicché non si applica l'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.