Il termine per la costituzione in giudizio decorre dalla prima notifica dell’atto di impugnazione alle controparti

Richiamando un precedente arresto giurisprudenziale, la Corte di legittimità conferma il principio secondo cui, in caso di impugnazione notificata a più parti, il termine per la costituzione dell’appellante decorrente dalla prima delle notificazioni.

Il caso. Il Tribunale di Isernia rigettava la domanda di risarcimento avanzata nei confronti di un istituto medico per danno da colpa medica. La Corte d’Appello dichiarava improcedibile l’appello proposto dal soccombente sul presupposto della tardività della sua costituzione in giudizio rispetto alla data della prima notifica dell’atto di gravame. La questione giunge dunque all’attenzione dei Supremi Giudici. Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 347 c.p.c. nella parte in cui ha ritenuto che il termine per la costituzione dell’appellante decorreva, nel caso di impugnazione notificata a più parti, dalla prima notificazione. Notifica e costituzione in giudizio. Richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite n. 10864/11 , gli Ermellini non condividono le prospettazioni del ricorrente. Ed infatti il principio secondo cui, in caso di impugnazione notificata a più parti, il termine per la costituzione dell’appellante decorrente dalla prima delle notificazioni, non si pone in contrasto con il diritto di difesa, né tantomeno con i principi del giusto processo. Nessun pregiudizio affligge infatti la difesa dell’appellante posto che l’impugnazione è già stata proposta e notificata e dunque nulla vi si potrebbe aggiungere o modificare facendo decorrere il termine per la costituzione in giudizio dall’ultima delle notifiche, come sostenuto dal ricorrente. Inoltre, l’interpretazione dell’art. 347 c.p.c. che consente la costituzione in giudizio entro 10 giorni dalla prima notifica dell’atto di gravame anche attraverso il deposito della c.d. velina” non sembra costituire un formalismo esasperato”. Di conseguenza quella interpretazione non sembra configgere né coi principi dell’ordinamento costituzionale, né coi principi di quello sovranazionale . In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 29 maggio 2018 – 11 marzo 2019, n. 6963 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. S.P. , rimasto soccombente nei confronti della società Istituto Neurologico Mediterraneo - Neuromed s.r.l. e di altri convenuti, all’esito d’un giudizio di risarcimento del danno da colpa medica celebratosi dinanzi al Tribunale di Isernia, impugnò la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte d’appello di Campobasso. 2. Con sentenza 25 gennaio 2016, n. 10, la Corte d’appello di Campobasso dichiarò l’appello improcedibile, sul presupposto che l’appellante si era costituito oltre il decimo giorno dalla data della prima notifica dell’atto di gravame. 3. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione da S.P. , con ricorso fondato su tre motivi uno dei quali subordinato al rigetto degli altri . La sola Neuromed s.r.l. ha resistito con controricorso, e proposto ricorso incidentale. Ragioni della decisione 1. Il secondo motivo di ricorso. 1.1. Deve essere esaminato per primo, ai sensi dell’art. 276 c.p.c., comma 2, il secondo motivo di ricorso. Esso infatti pone una questione preliminare di rito, come tale logicamente sovraordinata rispetto alle altre. 1.2. Il ricorrente col secondo motivo lamenta, formalmente invocando l’art. 360 c.p.c., n. 3, che la decisione della Corte d’appello avrebbe violato l’art. 347 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto che il termine per la costituzione dell’appellante decorresse, nel caso di impugnazione notificata a più parti, dalla prima notificazione, invece che dall’ultima. Il ricorrente si mostra consapevole del fatto che la decisione d’appello fu conforme a quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 10864 del 2011, ma deduce che - tale principio dovrebbe essere rivisto, in quanto contrario ai principi del giusto processo - il suddetto principio sarebbe espressione di un formalismo esasperato - la ratio dell’interpretazione adottata dalle SS.UU., ovvero garantire al convenuto una migliore difesa, è venuta meno per effetto dell’introduzione del divieto di uova in appello, introdotta già dalla L. n. 353 del 1990 - dovrebbe applicarsi anche al processo di appello la regola valida per il giudizio di primo grado, ovvero che la costituzione del convenuto sana il vizio di costituzione dell’attore, perché dimostra che l’atto ha raggiunto il suo scopo. 1.3. Il motivo è infondato. Le deduzioni svolte dall’appellante, infatti, non paiono tali da imporre un ripensamento sull’assetto dato alla materia da Sez. U, Sentenza 18 maggio 2011, n. 10864, sollecitando nuovamente l’intervento delle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 3. 1.3.1. In primo luogo, infatti, l’interpretazione adottata dalle Sezioni Unite non sembra violare nè il diritto di difesa, nè i principi del giusto processo. Non viola il primo, giacché nessun pregiudizio riceve la difesa dell’appellante dall’essere costretta a costituirsi entro dieci giorni dalla prima notificazione piuttosto che entro dieci giorni dall’ultima nell’uno come nell’altro caso, infatti, l’impugnazione è stata già proposta e notificata, e null’altro vi si potrebbe aggiungere o modificare. Nè la decisione delle SS.UU. può dirsi contrastante coi principi del giusto processo. Il principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, cui rinvia il Trattato sull’Unione Europea, art. 6, comma 3, nel testo consolidato risultante dalle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato e reso esecutivo con L. 2 agosto 2008, n. 130 , infatti, non è un processo senza forme e senza termini, in cui ogni atto sia consentito. È, più semplicemente, un processo sotteso dalla regola per cui le forme ed i termini previsti dalle legislazioni nazionali non possono spingersi sino al punto di sacrificare irragionevolmente ed imprevedibilmente i diritti delle parti. Sotto tale aspetto, più volte la Corte di Strasburgo ha reputato che la Carta EDU, art. 6, può dirsi violato dagli Stati membri della CEDU non già per il solo fatto che in giurisprudenza vi fosse contrasto nell’interpretazione d’una certa norma, ma solo quando tale contrasto impedisca alle parti di prevedere, a un livello ragionevole e tenuto conto delle circostanze della causa, le conseguenze che possono derivare da un determinato atto così Corte EDU 7.6.2012, Centro Europa 7 s.r.l. e Di Stefano c. Italia, in causa n. 38433/09, § 140, ove ulteriori richiami nello stesso senso Corte EDU 17.5.2016, Karàcsony ed al. c. Ungheria, in cause nn. 42641/13 e 44357/13 . Ma nel nostro caso all’epoca in cui venne proposto il gravame 2010 la difesa dell’odierno ricorrente non poteva non sapere dell’esistenza del contrasto sull’art. 347 c.p.c. con la conseguenza che, da un lato, l’esito dell’appello non poteva dirsi imprevedibile e dall’altro che, proprio a causa del contrasto, avrebbe dovuto, in ossequio al c.d. principio di precauzione, adottare la scelta processuale maggiormente tutoria nei confronti del proprio assistito così Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 4790 del 28/02/2014, Rv. 630405 - 01, in motivazione . Le osservazioni che precedono conducono a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 348 c.p.c., così come prospettata dal ricorrente alle p. 15 e ss. del proprio ricorso. 1.3.2. In secondo luogo, l’interpretazione dell’art. 347 c.p.c., secondo cui l’appellante è tenuto a costituirsi entro 10 giorni dalla prima notifica dell’atto di gravame, consentendogli sinanche di farlo attraverso il deposito della cosiddetta velina rectius, della copia dell’atto notificato, il cui originale non gli sia stato ancora restituito , non sembra costituire un formalismo esasperato . Di conseguenza quella interpretazione non sembra confliggere nè coi principi dell’ordinamento costituzionale, nè coi principi di quello sovranazionale. 1.3.3. In terzo luogo, nel caso di specie se è vero che la regola applicata dalla Corte d’appello è stata sancita dalle Sezioni Unite dopo la notifica dell’atto d’appello, è altresì vero che le Sezioni Unite, con la sentenza sopra ricordata, non hanno fatto altro che confermare un orientamento già sorto da più di dieci anni, in quanto affermato da Sez. 2, Sentenza n. 6481 del 16/07/1997, sentenza che ebbe vasta eco nella letteratura giuridica. 1.3.4. In quarto luogo, infine, non decisiva appare la circostanza che la società Neuromed, nel caso di specie, si sia tempestivamente costituita. L’intempestività della costituzione dell’appellante è infatti sanzionata dall’art. 348 c.p.c. con l’improcedibilità, i cui effetti non possono essere sanati dal raggiungimento dello scopo, dal momento che tale possibilità è accordata dall’art. 156 c.p.c. per le sole ipotesi di nullità d’un atto processuale, e non per quelle di improcedibilità derivante dall’inosservanza di termini perentori ex multis, in tal senso, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 25453 del 26/10/2017, Rv. 646817 - 01 . 2. Il primo motivo di ricorso. 2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 153 c.p.c Nell’illustrazione del motivo si formula una tesi così riassumibile - che il termine per la costituzione dell’appellante debba decorrere dalla prima notifica, e non dall’ultima, fu affermato dalle Sezioni Unite nel 2011, ovvero dopo la proposizione del suo gravame - quella sentenza si pose in contrasto con un pregresso, risalente e consolidato orientamento - essa dunque non compose un contrasto, ma introdusse un overruling - la sentenza suddetta delle Sezioni Unite di questa Corte, sulla base della quale la Corte d’appello rigettò il gravame, era stata pronunciata dopo l’introduzione dell’appello. La Corte d’appello, pertanto, preso atto che il nuovo principio venne affermato successivamente alla proposizione dell’appello, avrebbe dovuto rimettere nei termini l’appellante, anche a prescindere dall’espressa istanza di parte . 2.2. Il motivo è infondato per una duplice ragione. La prima ragione è che la rimessione in termini non può essere pronunciata d’ufficio, ma esige l’istanza della parte, che nella specie non vi fu. Tanto si desume chiaramente dal secondo comma dell’art. 153 c.p.c., il quale stabilisce che la parte decaduta può chiedere al giudice di essere rimessa in termini . La seconda ragione è che, in ogni caso, della rimessione in termini mancava il presupposto principale, ovvero la decadenza incolpevole come s’è detto, infatti, che la costituzione dell’appellante dovesse avvenire entro 10 giorni dalla prima notifica, e non dall’ultima, all’epoca dell’introduzione dell’appello 2010 era un principio già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di impugnazione, formulato in via subordinata rispetto al rigetto dei primi due, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione da parte della Corte d’appello dell’art. 348 c.p.c Formula, al riguardo, una tesi così riassumibile - l’attore aveva proposto l’impugnazione sia nei confronti della società Neuromed, sia nei confronti di tre sanitari - le domande proposte nei confronti dell’una e degli altri erano tra loro scindibili - la costituzione dell’appellante era avvenuta oltre il 10^ giorno dalla notifica rispetto alla Neuromed, ma tempestivamente rispetto alla notifica compiuta nei confronti degli altri appellati. Pertanto, conclude il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare improcedibile il solo appello proposto nei confronti della Neuromed, ma non quelli proposti nei confronti delle altre parti. 3.2. Il motivo è infondato. Questa Corte ha infatti già stabilito, decidendo su una controversia analoga, che ogniqualvolta l’appellante abbia ritenuto di proporre l’appello nei confronti di più persone, la sua costituzione in giudizio deve essere compiuta nel termine di dieci giorni dalla prima delle notificazioni, senza che rilevino le posizioni sostanziali o processuali di ciascuno dei chiamati, specificamente senza che rilevi che si tratti o meno di litisconsorti necessari, di soggetti che abbiano una posizione sostanziale o processuale coincidente con quella dell’appellante, ovvero di parti del primo grado rispetto alle quali la causa si potrebbe considerare come scindibile una volta compiuta dall’appellante la scelta di chiamare più persone” nel giudizio di appello, quindi di indirizzare nei confronti di tutte il proprio atto di citazione in appello, rileva, ai fini del combinato disposto degli artt. 165, 347 e 348 c.p.c., la prima delle notificazioni, senza che si possa fare distinzione alcuna tra i diversi destinatari dell’atto, per fare decorrere il termine di costituzione dalla notificazione nei confronti soltanto dell’appellato contro il quale devono intendersi rivolti i motivi di appello così, testualmente, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19862 del 28/09/2011 . 4. Il ricorso incidentale. 4.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso incidentale la società Neuromed lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 92 c.p.c Sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha disposto la compensazione delle spese di lite del grado, dal momento che non ricorrevano nel caso di specie i presupposti richiesti dall’art. 92 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , ovvero l’assoluta novità della questione o la reciproca soccombenza. 4. 2. Il motivo è infondato. La Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 2018, n. 77, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 131, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni . Tale sentenza, come noto, va applicata retroattivamente a tutte le fattispecie processuali ancora sub indice. Ne consegue che la Corte d’appello, là dove ha ritenuto di compensare le spese del grado alla luce delle incertezze giurisprudenziali sulla questione oggetto del contendere, da un lato non ha violato l’art. 92 c.p.c., nel testo risultante dalla suddetta pronuncia della Consulta dall’altro ha compiuto una valutazione non irragionevole, e come tale non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. 5. Le spese. 5.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, in virtù della soccombenza prevalente, e sono liquidate nel dispositivo. 5.2. Il rigetto tanto del ricorso principale, quanto di quello incidentale, costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico di ambo le parti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. - rigetta il ricorso principale - rigetta il ricorso incidentale - condanna S.P. alla rifusione in favore di Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.100, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di ciascuna delle parti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente dovuto per l’impugnazione.