Processo interrotto: la riassunzione e il termine perentorio per l’integrazione del contraddittorio

Verificatasi una causa di interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, il termine perentorio di sei mesi è riferito al solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice. Spetta al giudice fissare successivamente un ulteriore termine destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte.

Sul tema è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 6921/19, depositata l’11 marzo su una questione processuale in cui si chiedeva l’interruzione del processo per l’avvenuto decesso del difensore di una parte in causa, ossia di una banca. In particolare dopo aver sottolineato che il giudizio di appello non veniva riassunto nei confronti della banca o meglio, non ne veniva data notizia alcuna al riguardo alla banca stessa , la ricorrente sostiene che ciò aveva determinato un’insanabile lesione del contraddittorio. L’estinzione del processo. Sul punto, intervenuta la Suprema Corte, occorre ribadire che la riassunzione del processo si perfeziona nel momento del tempestivo deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, senza che rilevi l’eventuale inesatta identificazione della controparte nell’atto di riassunzione. A ciò consegue che non incide sulla tempestività della riassunzione la successiva notifica del ricorso e del decreto, volta invece al ripristino del contraddittorio, cosicché, nel caso in cui essa sia viziata o inesistente per erronea individuazione del soggetto che deve costituirsi, il giudice deve ordinarne la rinnovazione, con fissazione di un nuovo termine, ma non può dichiarare l’estinzione del processo. Pertanto, in adesione alla giurisprudenza di legittimità, occorre ribadire che, una volta verificatasi una causa di interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, il termine perentorio di sei mesi è riferito al solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice. Mentre spetta sempre al giudice fissare successivamente un ulteriore termine destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte. A ciò consegue che il vizio che colpisce la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione, che ormai si è perfezionata, ma impone al giudice che rilevi la nullità di ordinare la rinnovazione della notifica stessa entro un termine necessariamente perentorio. Solo il mancato rispetto di tale termine determinerà l’eventuale estinzione del giudizio. Va quindi detto che la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio assegnando un termine perentorio per l’adempimento. Per tali ragioni, il ricorso deve essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 ottobre 2018 – 11 marzo 2019, n. 6921 Presidente De Chiara – Relatore Tricomi Fatti di causa A seguito di procedimento monitorio promosso dalla Banca Antoniana Popolare Veneta SPA, il Tribunale di Salerno emetteva decreto ingiuntivo n. 86/1997 per il pagamento di lire 211.951.102 nei confronti di F.A. , quale titolare della ditta G.S.F., e di F.M. e F.S. , quali fideiussori. All’esito del giudizio di opposizione, il Tribunale avevà revoca il decreto ingiuntivo e condanna gli opponenti al pagamento della somma di Euro 8.452,08, oltre interessi. La Banca spiegava appello principale al quale resistevano, spiegando anche appello incidentale, F.A. e S. , comunicando l’avvenuto decesso di F.M. . Integrato il contraddittorio in appello con gli eredi di F.M. , con comparsa depositata il 20/11/2009 si costituiva la Elipso Finance SRL di seguito, Elipso , quale cessionaria dei crediti della Banca Antonveneta SPA, e per essa la Pirelli Re Credit Servicing SPA di seguito, Pirelli Re , procuratrice dell’appellante. All’udienza dell’1/3/2010 il difensore degli appellanti incidentali eccepiva il difetto di legittimazione a stare in giudizio della Elipso e chiedeva l’interruzione del processo per l’avvenuto decesso del difensore della banca. Il giudizio interrotto veniva riassunto dalla Elipso e per essa dalla procuratrice speciale Pirelli Re. La Corte di appello di Salerno, accoglieva l’eccezione di difetto di legittimazione della Elipso, che aveva riassunto il giudizio, affermando che questa non aveva provato di essere succeduta nella posizione della banca e di essere portatrice dei crediti oggetto della lite. Sulla scorta dell’accoglimento di detta eccezione, rigettava l’appello principale, assorbiti tutti i motivi, ed accoglieva gli appelli incidentali, riformando la sentenza impugnata con accoglimento pieno dell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo. La Elipso ha proposto ricorso principale con due mezzi D.M.S. e F.A. hanno replicato con unico controricorso e ricorso incidentale subordinato con un mezzo F.A. ha depositato anche memoria F.A. , erede di F.M. , ha replicato con separato controricorso accompagnato da memoria. È rimasta intimata la Banca Monte dei Paschi di Siena già Banca Antonveneta SPA . Il ricorso è stato fissato per la trattazione alla pubblica udienza. Ragioni della decisione 1.1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la nullità, annullabilità, invalidità della sentenza per la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 277 c.p.c. e correlati art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 . 1.2. La ricorrente, dopo avere rammentato che, a seguito dell’interruzione pronunciata a causa del decesso dell’avvocato della banca, il processo era stato riassunto proprio da se medesima, si duole - sotto un primo profilo - che la Corte territoriale non si sia pronunciata su tutte le domande ex art. 277 c.p.c. e, in primis, su quelle proposte dalla banca, così incorrendo in una omessa pronuncia, sulla base della erronea convinzione che la posizione giuridica della banca cedente il credito fosse stata integralmente assorbita e che, quindi, non fosse più autonomamente sussistente a seguito dell’intervento in giudizio della cessionaria, laddove invece la legittimazione attiva della cedente, che rimaneva parte a pieno titolo, non era venuta meno. 1.3. Sotto un secondo profilo, dopo aver riferito che il giudizio di appello non venne riassunto nei confronti della banca, la ricorrente sostiene che ciò - essendo la cedente il credito ed il successore litisconsorti necessari - aveva determinato una insanabile lesione del contraddittorio, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, ed ha chiesto l’assunzione dei provvedimenti ex art. 383 e 384 c.p.c 2.1. Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 111 c.p.c. in ordine alla statuizione con cui era stata negata la legittimazione attiva della Elipso, lamentando la erroneità della motivazione in ordine al mancato assolvimento della prova della cessione da parte della interventrice Elipso. 3.1. La pregiudiziale questione del contraddittorio, sollevata con il primo motivo, secondo profilo, del ricorso principale è fondata e va accolta. 3.2. Osserva la Corte che, incontestata l’intervenuta interruzione del giudizio a causa del decesso del difensore della banca, il giudizio venne riassunto e non proseguito, alla stregua della statuizione impugnata dalla interventrice Elipso, senza che l’atto di riassunzione fosse stato notificato alla banca, come si evince dalla stessa sentenza impugnata, sia perché la banca non risulta indicata tra le parti processuali, sia perché la stessa Corte di appello, nell’escludere la legittimazione attiva della Elipso sul piano sostanziale mancata prova della effettiva cessione dei crediti per cui era causa , ha anche affermato che il soggetto legittimato attivo era la banca senza tuttavia pronunciare l’estinzione del giudizio per mancata integrazione del contradittorio, anzi espressamente escludendo la ricorrenza di una ipotesi di estinzione del giudizio, di guisa che non può nemmeno ritenersi che implicitamente abbia ritenuto estinto il giudizio in parte qua riferito alla banca . Ciò posto, va considerato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che La riassunzione del processo si perfeziona nel momento del tempestivo deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, senza che rilevi l’eventuale inesatta identificazione della controparte nell’atto di riassunzione, il quale opera in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende proseguire. Ne consegue che non incide sulla tempestività della riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, atta invece al ripristino del contraddittorio nel rispetto delle regole proprie della vocatio in ius , sicché, ove essa sia viziata o inesistente, o comunque non correttamente compiuta per erronea o incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi, il giudice è tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine, ma non può dichiarare l’estinzione del processo. Cass. n. 2174 del 04/02/2016 conf. Cass. n. 21869 del 24/09/2013 e tale principio soccorre anche nel caso in cui la notifica non sia stata affatto eseguita perché verificatesi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della vocatio iudicis da quello della vocatio in ius, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, e il giudice che rilevi l’omessa notifica, o un vizio comportante inesistenza della notifica, dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza oltre che un vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza , deve ordinarne l’effettuazione o la rinnovazione , in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3 Cass. 7661 del 15/4/2015, dal testo . 3.3. Orbene, posto che nel caso in esame la Corte di appello ha espressamente affermato che la legittimazione attiva era dalla banca ed ha, peraltro, correttamente escluso che fosse maturata una causa di estinzione del giudizio - giacché Istanza di riassunzione era stata tempestivamente presentata -, la stessa Corte territoriale, lungi dal decidere nel merito, avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti della banca concedendo alle parti un termine perentorio per eseguire l’adempimento. Invero, il principio secondo il quale nella controversia tra il cessionario di un credito ed il debitore ceduto non sono litisconsorti necessari nè il creditore cedente nè, in caso di più cessioni consecutive del medesimo credito, i cessionari intermedi, a meno che la parte che vi abbia interesse non abbia domandato l’accertamento con efficacia vincolante dell’esistenza del credito o dell’efficacia delle cessioni anche nei loro confronti. Cass. n. 21995 del 11/09/2018, Cass. n. 8980 del 05/06/2012 , non soccorre nel caso di cumulo di cause scindibili, laddove il giudice - a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze - non separi le cause ma interrompa l’intero processo in tal caso, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale previsto dall’art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti, sicché, ove ricorso e decreto di fissazione dell’udienza di riassunzione non siano stati notificati ad alcune di esse, non può essere dichiarata, rispetto a costoro, l’estinzione parziale del processo, dovendosi invece, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., ordinare la rinnovazione della notifica entro un termine perentorio V. Cass. Sez. U, n. 9686 del 22/04/2013, Cass. n. 18318 del 18/09/2015 . 4.1. Il ricorso incidentale condizionato, con il quale è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 302 e 303 c.p.c. in relazione all’art. 305 c.p.c., e art. 307 c.p.c., comma 3, perché, a parere dei ricorrenti incidentali, la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare estinto il giudizio, stante la mancata vocatio in ius della banca da parte di Elipso e la mancata richiesta di un termine per provvedervi, è infondato. 4.2. In adesione alla giurisprudenza di legittimità, va ribadito che Verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata edictio actionis da quello della vocatio in ius , il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius . Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione oramai perfezionatasi , ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3. Cass. Sez. U. n. 14854 del 28/06/20069 cfr. anche Cass. n. 2174 del 04/02/2016 e Cass. n. 21869 del 24/09/2013 , con il che appare evidente che la Corte di appello avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio, assegnando un termine perentorio per l’adempimento, ed avrebbe dovuto riservare alla vana maturazione dello stesso la valutazione in merito all’estinzione del giudizio, contrariamente a quanto, infondatamente, assumono i ricorrenti incidentali. 5.1. In conclusione va accolto il primo motivo del ricorso principale nei termini prima precisati, assorbito il secondo e rigettato il ricorso incidentale subordinato va quindi riconosciuta la nullità della sentenza impugnata e va disposta la cassazione con rinvio alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione per l’integrazione del contraddittorio, il riesame e la statuizione sulle spese anche di legittimità. P.Q.M. La Corte di cassazione, accoglie il primo motivo del ricorso principale nei termini di cui in motivazione, assorbito il secondo rigetta il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Salerno anche per le spese.