Quando il difensore non è tenuto a comunicare alla controparte il cambio di domicilio

Nell’ipotesi in cui il difensore domiciliatario appartiene al foro del luogo in cui è stato chiamato a svolgere il suo mandato non è tenuto a comunicare alla controparte un successivo mutamento di tale domicilio, che si deve presumere noto alla medesima.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 5977/19, depositata il 28 febbraio chiamata a decidere su una questione di diritto relativa all’obbligazione assunta prima dell’apertura di una procedura di concordato preventivo da parte del ricorrente a mettere a disposizione, per il buon esito della procedura stessa, una ingente somma di denaro. Il fallimento della società con controricorso eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione del ricorrente in ragione della sua tardività. Il procedimento notificatorio. In particolare, la documentazione prodotta dal ricorrente dà atto che in sede di opposizione il fallimento si era costituito a ministero del suo difensore eleggendo domicilio presso il suo studio legale. L’ufficiale giudiziario provvedeva, successivamente, alla spedizione a mezzo posta del ricorso nel domicilio eletto dalla controparte ossia nel menzionato studio legale. L’agente postale constatava l’irreperibilità del destinatario nel domicilio eletto in sede di opposizione. In data successiva il ricorrente chiede all’ufficiale giudiziario di provvedere a una nuova notifica presso il domicilio eletto. Ora, nel caso in esame, il difensore domiciliatario apparteneva al foro del luogo in cui era stato chiamato a svolgere il suo mandato e dunque non era tenuto a comunicare alla controparte un successivo mutamento di tale domicilio che si doveva presumere noto ad essa. E nonostante questo, nella documentazione allegata comunque il ricorrente aveva indicato che la notifica era avvenuta in un luogo da cui il difensore aveva trasferito il proprio studio da 7 anni. Per tali motivi, secondo la Suprema Corte, l’insuccesso del procedimento notificatorio non può ascriversi nella colpa del notificante, il quale aveva adempiuto sin dall’inizio a tutti gli oneri legali richiesti e dunque il ricorso del Fallimento deve essere dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 20 dicembre 2018 – 28 febbraio 2019, n. 5977 Presidente Iofrida – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. P.G. si obbligava prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo presentata da s.a.s. di omissis a mettere a disposizione, per il buon esito della stessa e il miglior soddisfacimento dei creditori, la complessiva somma di Euro 50.000, condizionando risolutivamente il proprio impegno alla mancata omologazione del concordato e con diritto in tale sola ipotesi di ottenere la restituzione degli importi versati. In adempimento dell’obbligo assunto il P. provvedeva in data 16 dicembre 2009, successivamente all’apertura della procedura, al deposito di Euro 40.000, quale somma dovuta da s.a.s. L. Fall., ex art. 162, comma 2, n. 4, e il 20 ottobre 2010 corrispondeva ulteriori Euro 10.000 al liquidatore. 2. L’omologa del concordato pronunciata dal Tribunale di Perugia veniva revocata, su reclamo presentato dai creditori opponenti, dalla locale Corte d’Appello, statuizione a cui faceva seguito la dichiarazione di fallimento di s.a.s. di omissis e della socia illimitatamente responsabile. 3. Aperto il concorso, il Giudice delegato ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dal P. nella sua integralità, ma con collocazione chirografaria anziché con la prededuzione richiesta, ritenendo che fosse precluso al debitore, senza il preventivo controllo del Tribunale o l’accordo espresso dei creditori, precostituire in favore di un creditore il vantaggio derivante dalla prededuzione, pur in presenza di un finanziamento erogato in funzione dello svolgimento della procedura. 3. Il Tribunale di Perugia, nel rigettare l’opposizione presentata dal P. 1 riteneva che l’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta per regolare la prededuzione dei finanziamenti cd. ponte o interinali evidenziasse che il carattere prededucibile di queste sovvenzioni non costituiva un dato immanente al sistema 2 rilevava di conseguenza che, in mancanza di una specifica qualificazione del carattere prededucibile del credito da parte del Tribunale o nel piano, andava valorizzato il dato teleologico, con il conseguente necessario scrutinio della funzionalità dell’obbligazione assunta, da effettuarsi nel caso di specie rispetto alla procedura fallimentare successivamente intervenuta, dato che in caso di omologa non si sarebbe proceduto ad alcuna restituzione 3 evidenziava che nella fattispecie in esame il versamento della somma non aveva apportato alcun beneficio in termini di liquidazione concorsuale, nel senso correttamente rilevato dal G.D. 4 osservava peraltro che la condizione risolutiva cui era subordinato l’obbligo di restituzione non si era verificata, dato che il fallimento era stato dichiarato L. Fall., ex art. 173 all’esito dell’accoglimento del reclamo proposto avverso il decreto di omologa. 4. Ha proposto ricorso per cassazione avverso detta pronuncia P.G. affidandosi a un unico, articolato, motivo di impugnazione. Ha resistito con controricorso il fallimento di s.a.s., il quale ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione in ragione della sua tardività, dato che, a seguito della comunicazione del decreto L. Fall., ex art. 99, in data 22 maggio 2014, il ricorso avversario era stato notificato soltanto il 31 luglio 2014. Parte ricorrente ha prodotto documentazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., al fine di dare dimostrazione dell’ammissibilità del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c RAGIONI DELLA DECISIONE 5. L’eccezione preliminare sollevata da parte controricorrente è fondata. 5.1. La documentazione prodotta dal ricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c. dà atto che in sede di opposizione il fallimento di s.a.s. si era costituito a ministero dell’Avv. Roberto Bianchi eleggendo domicilio presso il suo studio in omissis . Risulta poi che l’opponente, dopo aver ricevuto da parte della cancelleria la comunicazione del decreto emesso dal Tribunale in data 22 maggio 2014, abbia tentato la notifica del ricorso per cassazione con la consegna dell’atto in data 18 giugno 2014 all’ufficiale giudiziario, il quale provvedeva alla spedizione a mezzo posta nel domicilio eletto dalla controparte in sede di opposizione presso lo studio dell’Avv. Bianchi in . L’agente postale incaricato del recapito constatava, il 25 giugno 2014, l’irreperibilità del destinatario nel domicilio eletto in sede di opposizione. In data 30 luglio 2014 il ricorrente riprendeva il procedimento notificatorio provvedendo a richiedere all’ufficiale giudiziario una nuova notifica presso lo studio del difensore della controparte in omissis . 5.2 La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha operato una chiara distinzione fra l’ipotesi in cui la parte elegga domicilio presso il suo difensore e questi appartenga al foro del luogo dove presta la sua attività professionale e il caso in cui, invece, la parte nomini un difensore appartenente a un foro diverso da quello del luogo dove è chiamato a svolgere il suo mandato difensivo e tale difensore a sua volta elegga domicilio ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 83, art. 83 nel luogo dove ha sede il giudice nel primo caso i successivi mutamenti di domicilio del difensore debbono presumersi noti alle altre parti, le quali possono averne contezza consultando l’albo professionale, mentre nel secondo caso il difensore ha l’obbligo di comunicare alle controparti il mutamento del domicilio eletto extra districtum cfr. Cass., Sez. U., 24/7/2009 n. 17352 . Nel caso di specie il difensore domiciliatario apparteneva al foro del luogo in cui era stato chiamato a svolgere il suo mandato e non era perciò tenuto a comunicare alla controparte il successivo mutamento di tale domicilio, che si doveva presumere noto alla medesima. 5.3 Ciò nonostante la documentazione prodotta dal ricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c. dimostra che l’elezione di domicilio all’interno della memoria di costituzione in sede di opposizione era avvenuta in un luogo da cui il difensore aveva trasferito il proprio studio professionale da sette anni. In un simile contesto, caratterizzato da un’elezione di domicilio non corrispondente alle modalità con cui il difensore domiciliatario svolgeva la sua attività professionale ed effettuata in modo tale da indurre in errore la controparte, l’insuccesso dell’iniziale procedimento notificatorio del ricorso non può essere ascritto a colpa del notificante, il quale ha confidato nella corrispondenza al vero dell’indicazione contenuta all’interno dell’elezione di domicilio compiuta dall’avversario. 5.4. Il che tuttavia non significa che parte ricorrente fosse libera di provvedere ad libitum a completare il procedimento notificatorio. In vero secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in caso di notificazione da effettuarsi entro un termine perentorio, il richiedente, qualora la stessa non si concluda positivamente per circostanze a lui non imputabili, ha l’onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio -, ove intenda ricollegare gli effetti della sua successiva attività alla prima iniziativa vanamente assunta, di riattivarsi con immediatezza domandando all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio sicché, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento purché la ripresa del medesimo sia intervenuta con sollecitudine. E questa sollecitudine va apprezzata, pur volendo omettere di fare applicazione del criterio individuato dalle Sezioni Unite di questa Corte in epoca successiva al compimento della notifica in esame cfr. Cass., sez. un., 15/7/2016 n. 14594, secondo cui la ripresa del processo notificatorio deve avvenire senza superare un limite di tempo pari alla metà dei termini inizialmente previsti, salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa , in termini di consistenza ragionevolmente contenuta, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e assumere le ulteriori informazioni conseguentemente occorrenti si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 27/6/2018 n. 16943 e Cass. 19/7/2017 n. 17864 . Nel caso di specie non si può che constatare, da un lato, come la ripresa del processo notificatorio - tramite una nuova notifica a mezzo posta indirizzata nell’altro studio del difensore ubicato all’interno del medesimo circondario, indicato correttamente già all’interno della memoria di costituzione in sede di opposizione e dunque individuabile senza necessità di svolgere alcuna attività di indagine - sia avvenuta a distanza di trentacinque giorni dall’esito negativo del primo tentativo, dall’altro come la parte ricorrente abbia del tutto omesso di allegare e dimostrare l’epoca in cui era venuta a conoscenza dell’insuccesso del primo tentativo o il ricorrere di circostanze eccezionali che abbiano imposto una riattivazione così procrastinata. Non rimane perciò che constatare come la ripresa del processo notificatorio, avvenuta in un lasso temporale addirittura superiore al termine perentorio iniziale da rispettare e da considerarsi non ragionevolmente contenuto, impedisca di collegare, quanto agli effetti, questa seconda notificazione alla data iniziale di attivazione del procedimento. Ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione, che è stata introdotta in epoca successiva allo spirare del termine perentorio previsto dal L. Fall., art. 99, u.c 6. Il rilievo ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame del motivo di ricorso presentato. 7. In forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.