Parcella dell’avvocato priva di rilevanza in difetto di prova sull’esistenza e l’entità delle prestazioni eseguite

In tema di contratto d’opera intellettuale, il professionista che agisce per ottenere il soddisfacimento di crediti inerenti all’attività asseritamente prestata a favore del cliente ha l’onere di provare sia l’an del credito vantato, sia l’entità delle prestazioni eseguite al fine di consentire la determinazione quantitativa del suo compenso, cosicché la parcella predisposta dal medesimo è priva di rilevanza probatoria nell’ordinario giudizio di cognizione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 5138/19, depositata il 21 febbraio. Il fatto. L’attore conveniva in giudizio dinnanzi al tribunale territorialmente competente le società sue clienti alfine di far accertare e dichiarare il proprio diritto a percepire il compenso spettantegli sulla scorta delle tariffe professionali applicabili al caso di specie in virtù di tutta l’attività svolta in favore delle medesime. All’esito dell’istruzione probatoria l’adito tribunale rigettava la domanda condannando l’attore alle spese di lite. Veniva proposto gravame da parte del professionista che veniva, anch’esso rigettato, così come il successivo ricorso per Cassazione. Con distinto atto ex art. 702- bis c.p.c. il professionista conveniva in giudizio le società sue clienti adducendo che per effetto delle pregresse pronunce la preclusione riguarda solo il diretto ricorso alla tariffa professionale nella specie invocata, mentre il criterio tariffario altro è contestualmente, all’opposto, coperto egualmente da giudicato che la tariffa applicabile al caso di specie è quella desumibile da diversa tariffa professionale ossia quella forense , soggettivamente ed oggettivamente idonea a suo dire - al riconoscimento dei compensi . Chiedeva pertanto, che venisse accertato e riconosciuto il suo diritto al compenso in coerenza col giudicato formatosi tra le parti e, per l’effetto che le società convenute fossero condannate in solido al pagamento di quanto a lui dovuto nella misura da accertarsi con riferimento alla tariffa forense applicabile ratione temporis . Il Tribunale adito condannava le società convenute a pagare all’attore quanto dallo stesso richiesto per i titoli di cui al ricorso. Le società soccombenti proponevano gravame che veniva accolto dall’adita corte distrettuale. Il professionista proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza. Liquidazione. Gli Ermellini hanno ritenuto destituiti di fondamento tutti i motivi di ricorso proposti dal ricorrente. In particolare, i Giudici rilevano che quando la Corte distrettuale adita statuì per il rigetto del gravame proposto dal professionista avverso la sentenza del giudice di prime cure, ebbe nell’occasione ed in rigorosa correlazione con i criteri di liquidazione prefigurati in successione dall’art 2233 c.c., che la proposta transattiva invocata nel giudizio di primo grado dall’attore non era stata mai accettata dalle società convenute e, in tal senso, si presentava del tutto carente di valenza probatoria. Inoltre, proseguono i magistrati, il competente Ordine professionale non avrebbe mai potuto stilare un parere su voci estranee ai compiti tipici delle professioni espletate dall’attore. Inoltre, veniva evidenziato che solo nel giudizio di appello il professionista aveva provveduto a quantificare il proprio credito secondo una tariffa professionale quella forense diversa rispetto a quella invocata negli altri gradi di giudizio ossia quella degli ingegneri ed architetti . In ogni caso, secondo il Collegio, i compiti svolti dall’appellante avrebbero dovuto essere ben elencati e specificati in dettaglio, onde consentire eventualmente una C.T.U. in merito ed una loro valutazione equitativa. Nel caso di specie, tutto ciò manca completamente nell’atto di citazione e negli allegati sono presenti dei documenti dai quali non si può d’ufficio espungere l’attività precisa svolta dall’appellante. In tal guisa, proseguono i giudici, l’assunto del ricorrente, a tenor del quale la Corte distrettuale adita con la propria pronuncia avrebbe statuito per l’inammissibilità della sua domanda per mutatio libelli , si da chiudere sul nascere, in limine, il processo” e sì da precludere l’estensione dell’efficacia del suo dictum alle enunciazioni incidentali, non rinviene nel corpo della sentenza impugnata, alcun riscontro né letterale né logico. Concludendo. In ogni caso, secondo il Collegio, la corte distrettuale adita ebbe a rigettare la pretesa fatta valere dal professionista in dipendenza della deficitaria ed aspecifica allegazione dei compiti cui aveva atteso e della susseguente impossibilità di acquisirne comunque dimostrazione. Essa ebbe a rigettare la domanda relativa al compenso professionale causa petendi non certo la domanda qualificata dal criterio di liquidazione desunto dall’applicazione della tariffa professionale invocata nei precedenti gradi del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 settembre 2018 – 21 febbraio 2019, n. 5138 Presidente Manna - Relatore Abete Fatti di causa Con atto notificato in data 4.9.2002 l’avvocato professor S.V.V. citava a comparire innanzi al tribunale di Roma Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Ferrovie dello Stato s.p.a Esponeva che nel dicembre del 1995 era stato nominato componente della commissione di collaudo dei lavori in corso d’opera della tratta ferroviaria ad alta velocità omissis e per circa sette anni aveva espletato diligentemente l’incarico conferitogli. Esponeva inoltre che, allorquando era stata certificata l’esecuzione di lavori in misura pari al 60% del totale complessivamente previsto, era stato sollevato dall’incarico a seguito e per effetto della riduzione della composizione della commissione da otto a tre membri. Esponeva ancora che quale componente della commissione aveva percepito unicamente alcuni esigui anticipi in assenza di qualsivoglia pattuizione in ordine alla misura dei compensi. Chiedeva che si accertasse e dichiarasse che il compenso spettantegli sulla scorta della tariffa professionale degli ingegneri e degli architetti per l’attività svolta e da svolgere fosse pari ad Euro 9.448.800,00, oltre al compenso per l’esame delle riserve, ovvero alla diversa, maggiore o minore, somma acclarata in corso di causa che le società convenute fossero condannate a corrispondere quanto a lui spettante, detratti gli acconti percepiti e pari nel complesso ad Euro 516.456,90 che le convenute fossero altresì condannate a risarcire i danni cagionatigli per il ritardo nel pagamento e commisurati agli interessi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme dovute nonché ai costi connessi alle esposizioni bancarie che era stato costretto a contrarre. Si costituiva Rete Ferroviaria Italiana s.p.a Instava per il rigetto dell’avversa domanda. Non si costituiva e veniva dichiarata contumace Ferrovie dello Stato s.p.a All’esito dell’istruzione probatoria con sentenza n. 17855/2005 l’adito tribunale rigettava la domanda e condannava l’attore alle spese di lite. Interponeva appello l’avvocato professor S.V.V. . Si costituiva unicamente Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. esperiva appello incidentale condizionato. Con sentenza n. 356/2008 la corte d’appello di Roma rigettava il gravame principale, dichiarava inammissibile il gravame incidentale condizionato, condannava il principale appellante alle spese del grado. Avverso tale sentenza proponeva ricorso a questa Corte di legittimità, sulla scorta di tre motivi, l’avvocato professor S.V.V. . Resisteva unicamente Rete Ferroviaria Italiana s.p.a Con sentenza n. 26169/2009 questa Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alle spese. Con distinto atto notificato nel corso dell’anno 2004 l’avvocato professor S.V.V. citava a comparire dinanzi al tribunale di Roma Rete Ferroviaria Italiana s.p.a Chiedeva che la società convenuta fosse condannata a corrispondergli il compenso per l’intera attività che avrebbe dovuto e potuto svolgere vedasi controricorso, pag. 16 , se i membri della commissione - collaudo non fossero stati ridotti da otto a tre. Con sentenza n. 9816/2006 l’adito tribunale rigettava la domanda. Con sentenza n. 5391/2013 la corte d’appello di Roma rigettava il gravame. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 5.12.2010 l’avvocato professor S.V.V. conveniva innanzi al tribunale di Roma Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Ferrovie dello Stato s.p.a Esponeva, tra l’altro, che per effetto delle pregresse pronunce la preclusione riguarda solo il diretto ricorso alla tariffa degli ingegneri, mentre il criterio tariffario altro . è contestualmente, all’opposto, coperto egualmente da giudicato vedasi controricorso, pag. 18 che la tariffa applicabile al caso di specie è quella forense, soggettivamente ed oggettivamente idonea al riconoscimento dei compensi vedasi controricorso, pag. 18 . Chiedeva che si accertasse il suo diritto al compenso in coerenza col giudicato formatosi tra le parti e, per l’effetto, che le società convenute fossero condannate in solido al pagamento del compenso a lui dovuto nella misura da accertarsi con riferimento alla tariffa forense applicabile ratione temporis, oltre al rimborso forfetario, all’i.v.a., alla c.p.a., agli interessi e alla rivalutazione monetaria in subordine, che le convenute fossero condannate in solido al pagamento del compenso a lui dovuto in misura pari, per analogia, al compenso previsto per gli ingegneri ovvero al compenso determinato in base agli usi ovvero ancora al compenso determinato giudizialmente in ulteriore subordine, che le convenute fossero condannate in solido al pagamento del compenso a lui dovuto a qualsiasi altro titolo, anche ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., con gli accessori di legge chiedeva inoltre che le società convenute fossero condannate in solido a risarcire il maggior danno cagionatogli, se del caso ai sensi dell’art. 1226 c.c Si costituiva unicamente Rete Ferroviaria Italiana s.p.a Eccepiva, tra l’altro, che l’avversa domanda era preclusa in dipendenza del giudicato formatosi a seguito della statuizione n. 26169/2009 di questa Corte di legittimità. Instava per la declaratoria di inammissibilità ovvero per il rigetto dell’avversa domanda. Disposto il mutamento di rito, con sentenza n. 23476/2014 il tribunale di Roma condannava R.F.I. a pagare all’attore la somma di Euro 4.415.060,10, oltre accessori ed interessi, e le spese di lite. Interponeva appello Rete Ferroviaria Italiana s.p.a Resisteva l’avvocato professor S.V.V. spiegava appello incidentale. Con sentenza n. 1123/2017 la corte d’appello di Roma accoglieva il gravame principale, rigettava la domanda esperita in prime cure dall’avvocato professor S.V.V. , rigettava il gravame incidentale da costui proposto e lo condannava alle spese del doppio grado. Evidenziava la corte che la pretesa creditoria azionata con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., era la medesima pretesa azionata con l’atto di citazione notificato in data 4.9.2002, che aveva dato inizio al giudizio poi definito con la pronuncia n. 26169/2009 di questa Corte di legittimità che invero identici erano il fatto costitutivo ed il titolo dedotti in giudizio. Evidenziava altresì che la corte d’appello di Roma con la sentenza n. 356/2008 aveva esaminato la domanda dell’avvocato professor S.V.V. anche sotto il profilo della prova - ritenuta mancante - delle prestazioni legali effettuate dal menzionato professionista così sentenza d’appello n. 1123/2017, pag. 3 . Evidenziava inoltre che la questione della in sussistenza della prova della propria attività aveva formato oggetto di specifico motivo di impugnazione in sede di ricorso per cassazione così sentenza d’appello n. 1123/2017, pag. 3 avverso la sentenza n. 356/2008 della corte di Roma e che questa Corte di legittimità aveva rigettato in toto il ricorso, quindi pur il motivo concernente il difetto - ritenuto dal giudice d’appello - della prova della prestata attività. Evidenziava dunque che la sentenza n. 356/2008 della corte d’appello di Roma esplicava valenza di giudicato in senso sfavorevole all’avvocato professor S.V. . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato professor S.V.V. ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite. Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese. Con ordinanza interlocutoria dei 16.3/7.5.2018 è stata disposta la trattazione in pubblica udienza. Il ricorrente ha depositato memorie. Del pari ha depositato memorie la controricorrente. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c Deduce che la sentenza n. 356/2008 della corte d’appello di Roma non esplica valenza di giudicato. Deduce che difatti con la statuizione di inammissibilità per mutatio libelli della domanda, quale successivamente estesa alla tariffa avvocati, la corte di Roma ebbe a chiudere sul nascere il processo che con la statuizione preliminare di inammissibilità la corte di merito ebbe a spogliarsi della potestas iudicandi, sicché il giudicato non si estende alle enunciazioni incidentali. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c Deduce che la sentenza n. 26169/2009 di questa Corte di legittimità non contiene alcun riferimento all’assenza di prova dell’attività prestata che questa Corte ha giudicato solo sulla domanda collegata alla tariffa ingegneri e sulla novità ritenuta inammissibile dell’estensione di quella alla tariffa avvocati, cioè sulla mutatio libelli così ricorso, pag. 13 . Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa considerazione di fatti decisivi. Deduce che in difetto del preteso giudicato sulla prova la corte distrettuale avrebbe dovuto condividere l’ineccepibile dictum del tribunale di Roma, che in prime cure ha analiticamente accertato le prestazioni eseguite ed ha correttamente determinato il compenso alla stregua della tariffa stragiudiziale degli avvocati. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione alla portata dei giudicati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa considerazione di fatti decisivi ovvero l’aver trascurato le precedenti pronunce. Deduce che la sentenza n. 17855/2005 e la sentenza n. 9816/2006, ambedue del tribunale di Roma, hanno stabilito la diversità tra la domanda correlata alla tariffa degli ingegneri e la domanda correlata alla tariffa degli avvocati che con la sentenza n. 356/2008 la corte d’appello di Roma, ancor più esplicitamente, ha dichiarato la mutatio libelli, così affermando . la diversità e l’alterità delle domande . con valore di giudicato così ricorso, pag. 15 che questa Corte di legittimità ha definitivamente sancito la diversità dei giudizi che dunque è incontrovertibile la legittimità del giudizio intrapreso con il ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ., siccome fondato sulla diversa domanda correlata alla tariffa degli avvocati. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per carenza di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del processo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa considerazione di fatti decisivi per il giudizio. Deduce che l’impugnata sentenza non ha tenuto conto che l’an debeatur non è mai stato in contestazione. Deduce che sia la sentenza n. 17855/2005 sia la sentenza n. 9816/2006 del tribunale di Roma hanno accertato che le prove documentali erano agli atti, in particolare le due relazioni della commissione di collaudo, ove era descritto il lavoro che la stessa commissione aveva compiuto fino allo scioglimento che la corte territoriale non ha avuto cura di esaminare tali documenti. Deduce che d’altronde riscontro probatorio se ne ha pur alla luce delle prospettazioni di R.F.I. , ché gli ha corrisposto acconti e gli ha offerto una buonuscita a saldo. Il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso sono strettamente connessi. Il che ne suggerisce la disamina contestuale. I medesimi motivi comunque sono destituiti di fondamento. Va ribadito in premessa l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte, secondo cui, posto che il giudicato va assimilato agli elementi normativi , cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito cfr. Cass. sez. un. 28.11.2007, n. 24664 Cass. sez. lav. 3.4.2017, n. 8607 Cass. 23.12.2010, n. 26041 . Su tale scorta si rileva che, allorché la corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 356/2008 la cui parte motiva, in ossequio al canone dell’ autosufficienza - cfr. Cass. 23.6.2017, n. 15737 cfr. Cass. 11.2.2015, n. 2617 - è integralmente riprodotta nel corpo del controricorso, alle pagg. 8 - 11, non già del ricorso , statuì per il rigetto del gravame principale proposto dall’avvocato professor S.V.V. avverso la sentenza n. 17855/2005 del tribunale di Roma, ebbe nell’occasione ed in rigorosa correlazione con i criteri di liquidazione prefigurati in successione dall’art. 2233 cod. civ. a puntualizzare quanto segue. Ovvero che la proposta transattiva da parte della RFI . non è mai stata accettata e, in tal senso, non può presentare alcuna valenza probatoria al riguardo cfr. controricorso, pag. 9 che l’Ordine degli Ingegneri e Architetti . non avrebbe mai potuto stilare un parere su voci estranee ai compiti tipici di quelle professioni al riguardo cfr. controricorso, pag. 10 che solo nell’appello si procedeva da parte dell’avvocato professor S.V.V. a una quantificazione secondo la tariffa forense al riguardo cfr. controricorso, pag. 10 che in ogni caso i compiti svolti dall’appellante chiariti solo nell’atto di appello . avrebbero dovuto essere ben elencati e specificati in dettaglio, onde consentire eventualmente una c.t.u. in merito e una loro valutazione equitativa. Ciò manca completamente in citazione e negli allegati sono presenti due relazioni della Commissione di collaudo, dalle quali non si può d’ufficio espungere la parte precisa svolta dall’appellante al riguardo cfr. controricorso, pagg. 10 - 11 . In tal guisa l’assunto del ricorrente, a tenor del quale la corte di Roma con la pronuncia n. 356/2008 avrebbe statuito per l’inammissibilità della sua domanda per mutatio libelli, si da chiudere sul nascere, in limine, il processo così ricorso, pag. 11 e sì da precludere l’estensione dell’efficacia del suo dictum alle enunciazioni incidentali così ricorso, pag. 12 , non rinviene, nel corpo della motivazione della sentenza n. 356/2008, alcun riscontro né letterale né logico. Viceversa, siccome si è evidenziato, con la pronuncia n. 356/2008 la corte capitolina, pur a fronte del rilievo, dal principale appellante formulato nella memoria di replica di prime cure, secondo cui in assenza di disciplina convenzionale il compenso doveva essere necessariamente determinato con riferimento alla tariffa professionale degli Ingegneri e degli Architetti al riguardo cfr. controricorso, pag. 8 , ebbe correttamente interpretato il petitum in funzione non dell’esclusivo parametro tariffario indicato dall’attore in sede di conclusioni, ma delle difese complessivamente svolte dal medesimo così controricorso, pag. 47 a vagliare nel merito, con ratio decidendi di ampio spettro, i molteplici profili il cui esame l’esperito principale gravame - ai fini del riconoscimento dell’azionata pretesa ex art. 2233 c.c. - sollecitava. Ed, in conclusione, la corte distrettuale ebbe - in ogni caso - a rigettare la pretesa fatta valere dall’avvocato professor S.V.V. in dipendenza della deficitaria ed aspecifica allegazione dei compiti cui aveva atteso e della susseguente impossibilità di acquisirne comunque dimostrazione. Ebbe, ossia, a rigettare la domanda relativa al credito al compenso professionale causa petendi , non certo la domanda siccome qualificata dal criterio di liquidazione desunto dall’applicazione della Tariffa Ingegneri e Architetti così controricorso, pag. 41. Ovviamente cfr. Cass. 40.4.2006, n. 9254, secondo cui, in tema di contratto d’opera intellettuale, il professionista che agisce per ottenere il soddisfacimento di crediti inerenti ad attività asseritamente prestata a favore del cliente ha l’onere di provare sia l’ an del credito vantato, sia l’entità delle prestazioni eseguite, al fine di consentire la determinazione quantitativa del suo compenso, cosicché la parcella predisposta dal medesimo è priva di rilevanza probatoria nell’ordinario giudizio di cognizione Cass. 13.4.1999, n. 3627 . Al cospetto dell’ampia proiezione della ratio decidendi della pronuncia n. 356/2008 , articolatasi in plurimi passaggi tutti innegabilmente di merito , a nulla rileva che questa Corte di legittimità con la statuizione n. 26169/2009 abbia opinato nel senso che la seconda ratio, concernente la carente allegazione e la conseguente impossibilità di probatorio riscontro dei compiti asseritamente svolti, fosse stata - dalla corte di Roma con la sentenza n. 356/2008 - prospettata solo in via ipotetica . In proposito propriamente si rimarca quanto segue. Per un verso, con il secondo motivo del ricorso per cassazione esperito avverso la sentenza n. 356/2008 e specificamente volto ad attingere la seconda ratio prospettata solo in via ipotetica , il ricorrente all’epoca, tra l’altro, adduceva, sub specie di quesito ex art. 366 bis c.p.c., che ai fini della successiva determinazione del compenso da parte del giudice è ben sufficiente che la parte, componente di un organo collegiale, abbia indicato analiticamente l’attività svolta, producendo copia dei verbali attestanti l’attività della commissione così sentenza n. 26169/2009 di questa Corte di legittimità . Il ricorrente dunque assumeva, allora - e correttamente - che la seconda ratio prospettata solo in via ipotetica integrasse gli estremi di una ratio decidendi di pieno merito . Per altro verso, questo Giudice del diritto spiega che qualsivoglia provvedimento giurisdizionale a carattere decisorio, una volta connotato dal requisito del passaggio in giudicato, ed una volta perciò separatosi dal giudice che lo abbia emesso, è aperto , in quanto tale e ove rilevante, alla interpretazione di qualsiasi altro organo giurisdizionale successivamente adito cfr. Cass. 4.6.2003, n. 8915 . Ciò viepiù ché il giudicato esterno , pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto e partecipando, quindi, della natura dei comandi giuridici cfr. Cass. 23.12.2010, n. 26041 . A nulla vale perciò addurre che il dictum n. 26169/2009 di rigetto di questa Corte non è comprensivo del rilievo sulla assenza della prova dell’attività prestata così ricorso, pag. 13 , definisce . la reale portata del giudicato della C.A. 2008 così ricorso, pag. 13 e ne fissa i limiti oggettivi a tal ultimo riguardo cfr. memoria del ricorrente depositata in data 13.9.2018, pag. 5 . Al cospetto della surriferita lata proiezione della ratio decidendi della pronuncia n. 356/2008 , snodatasi in molteplici passaggi tutti indiscutibilmente di merito , per nulla è pertinente, inoltre, il riferimento alla pronuncia n. 3840 del 20.2.2007 delle sezione unite di questa Corte a tenor della quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità o declinatoria di giurisdizione o di competenza , con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare cosicché è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata . E, su tale premessa, non ha valenza alcuna addurre che le ulteriori considerazioni sul tema della prova costituiscono un obiter dictum, e tamquam non esset così ricorso, pag. 11 , che quel risalente giudice avrebbe potuto scrivere un trattato sulla prova, comunque e sempre senza alcun valore di giudicato così ricorso, pag. 12 , che si può parlare - quanto alle affermazioni di Corte di Appello 2008 in tema di prova sufficiente - di argomentazioni ad abundantiam così memoria del ricorrente depositata in data 13.9.2018, pag. 4 . Al cospetto della summenzionata ampia proiezione della ratio decidendi della pronuncia n. 356/2008 , il passaggio finale - introdotto dalla locuzione in ogni caso - ha indiscutibilmente attinto e scrutinato nel merito pur la pretesa come quantificata, nell’atto di appello, alla luce della tariffa forense lo si desume univocamente dalla puntualizzazione incidentale all’uopo premessa dalla corte romana in ordine ai compiti svolti dall’appellante chiariti solo nell’atto di appello nel senso che, trattandosi di un docente universitario di diritto amministrativo, era incaricato di verificare la regolarità e legittimità dell’operato al riguardo cfr. controricorso, pag. 10 . Cosicché a nulla vale addurre la diversità tra la domanda - ingegneri e la domanda - avvocati così ricorso, pag. 15 , la legittimità del nuovo processo introdotto con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 5.12.2010 fondato sulla domanda diversa della tariffa avvocati così ricorso, pag. 15 , il fatto che la domanda di determinazione del compenso sulla base dei parametri forensi oggetto del presente giudizio debba considerarsi fondata su di una causa petendi del tutto diversa, rispetto a quella che sorregge la richiesta di applicazione della tariffa Ingegneri oggetto del precedente ciclo di giudizi così memoria del ricorrente depositata in data 13.9.2018, pag. 5 . Tanto, ovviamente, a prescindere dalle argomentazioni, appieno da condividere, della controricorrente, secondo cui il criterio di liquidazione non appartiene . alla fattispecie identificativa del diritto, anche allorché si consideri il diritto c.d. eterodeterminato che impone l’indicazione della causa petendi così memoria della controricorrente depositata il 13.9.2018, pagg. 8 - 9 e secondo cui, se così non fosse, occorrerebbe pensare che l’avv. S.V. sia titolare di tanti diritti quanti sono, in astratto, i possibili criteri di calcolo del suo diritto al compenso così memoria della controricorrente depositata il 13.9.2018, pag. 11 . Più esattamente il parametro tariffario, di matrice e natura normativa, cui correlare la liquidazione, non concorre ad integrare il fatto costitutivo del diritto al compenso e dunque la causa petendi, sicché è da disconoscere che al suo variare la causa petendi vari a sua volta. Il rigetto del primo, del secondo e del quarto motivo importa ex se il rigetto del terzo e del quinto motivo di ricorso. Difatti con tal ultimi mezzi di impugnazione il ricorrente sollecita il riesame del merito della pretesa creditoria già in precedenza azionata. Evidentemente vi osta l’insegnamento di questa Corte. Ovvero l’insegnamento per cui il giudicato sostanziale art. 2909 c.c. che, quale riflesso di quello formale art. 324 c.p.c. , fa stato ad ogni effetto tra le parti per l’accertamento di merito positivo o negativo del diritto controverso - si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che rappresentano le premesse necessarie ed il fondamento logico e giuridico della pronuncia, con effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, che abbia identici elementi costitutivi della relativa azione e cioè i soggetti, la causa petendi ed il petitum cfr. Cass. sez. lav. 2.3.1988, n. 2217 Cass. sez. un. 14.6.1995, n. 6689 . In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. Si dà atto che il ricorso è datato 2.5.2017. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, avvocato professor S.V.V. , a rimborsare alla controricorrente, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, cit