Permesso di soggiorno per motivi umanitari: la nuova disciplina non è retroattiva

Le modifiche alla disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari apportate dal d.l. n. 113/2018 non trovano applicazione in relazione alle domande proposte prima dell’entrata in vigore della legge di conversione n. 132/2018 il 5 ottobre 2018 . In tali casi, le domande dovranno essere scrutinate secondo la normativa esistente al momento della loro presentazione.

Questo il principio affermato dalla prima sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 4890/19, depositata il 19 febbraio, in relazione alla decorrenza degli effetti della normativa introdotta dal c.d. decreto sicurezza d.l. n. 113/2018 . In particolare, lo scrutinio degli Ermellini, sollecitato dall’impugnazione di una sentenza del Tribunale di Napoli, riguarda la parte del decreto che modifica la disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituendola con la previsione di speciali categorie di permessi di soggiorno. Viene dunque confermato il rigetto delle domande di protezione internazionale ed umanitaria proposte da un cittadino della Guinea in relazione alla situazione economica e dei conflitti familiari in patria, essendo risultato infruttuosa la deduzione circa l’omesso scrutinio delle condizioni di vulnerabilità che avrebbero potuto determinare il riconoscimento delle ragioni umanitarie. Le modifiche previste dal decreto sicurezza. Posto che, durante la pendenza del procedimento dinanzi alla Cassazione, è intervenuto il d.l. n. 113/2018 convertito con modificazioni dalla l. n. 132/2018, in vigore dal 5 ottobre 2018, la Corte analizza le modifiche apportate alla disciplina del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie che pongono in luce la rilevante diversità, peraltro coerente all’affermata intentio legis declinata nella relazione illustrativa, tra il sistema della protezione umanitaria incentrato sull’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 e l’attuale, fondato sulla specialità e tipizzazione dei permessi, che proprio dall’eliminazione di questa norma prende le mosse . Si rende dunque necessario accertare se tale nuovo sistema normativo possa essere immediatamente applicabile anche ai giudizi ed ai procedimenti amministrativi in itinere. Il principio. In virtù del principio dell’irretroattività della legge sostanziale e del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità che colloca il diritto al riconoscimento del permesso umanitario nel campo dei diritti fondamentali della persona appartenenti al catalogo dei diritti umani, la Suprema Corte giunge ad affermare il principio di diritto secondo cui la normativa introdotta con il d.l. n. 113/2018, convertito nella l. n. 132/2018, nella parte in cui ha modificato la preesistenza disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore 5/10/2018 della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione. Tuttavia in tale ipotesi, all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 113/2018, conv. nella l. n. 132/2018, farà seguito il rilascio da parte del questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura casi speciali” e soggetto alla discipline e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, comma 9, di detto decreto legge .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 gennaio – 19 febbraio 2019, numero 4890 Presidente Schirò – Relatore Acierno Fatti di causa 1. Il Tribunale di Napoli ha rigettato le domande di protezione internazionale ed umanitaria proposte dal cittadino della B.A. . 2. A sostegno della decisione ha affermato che dalle sue dichiarazioni è emerso che le ragioni dell’allontanamento dal suo paese sono state esclusivamente di natura economica e di conflitto con i propri genitori. Escluso, di conseguenza, rifugio e protezione sussidiaria D.Lgs. numero 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b , il Tribunale ha escluso anche la lett. c , all’esito delle informazioni officiosamente assunte sulle condizioni politiche attuali del paese, caratterizzate dal 2014 in poi da una progressiva stabilizzazione politica e dall’adozione di misure per affrontare il problema della violazione dei diritti umani. Nei mesi di agosto e settembre 2016 si è avviato un dialogo positivo tra governo ed opposizione al fine di allentare i contrasti di natura politica. 3. Quanto alla protezione umanitaria, il Tribunale di Napoli ha rilevato che le condizioni per il riconoscimento di tale tipologia di permesso possono essere individuati in situazioni soggettive connesse alla salute del richiedente, o a condizioni oggettive di natura socio politica, alimentare o sanitaria. Nella specie si afferma testualmente nel provvedimento impugnato, non ricorrono le ipotesi prospettate. 4. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero intimato. Ragioni della decisione 5. Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, artt. 3 e 5 nonchè del D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis per avere, il Tribunale fondato il rigetto della domanda di rifugio politico esclusivamente sulla valutazione negativa della credibilità del richiedente senza attivare i poteri-doveri istruttori officiosi al fine di accertare i fatti rilevanti in relazione alla domanda proposta. 5.1.La censura è inammissibile in quanto non idonea a colpire la ratio decidendi posta a base dell’esclusione della sussistenza delle condizioni di riconoscimento dello status di rifugiato. Il Tribunale ha posto a base della decisione non il difetto di credibilità ma la ragioni di natura economica che avevano spinto il richiedente a lasciare il proprio paese. 6. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, artt. 2, 7 e 8, e D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 2 per avere il Tribunale di Napoli ritenuto estranee alle condizioni di riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria le dichiarazioni del richiedente, considerato che lo stesso non si era mai rivolto alle autorità statali per chiedere protezione. Al riguardo ha rilevato il ricorrente che il proprio racconto non è stato smentito da elementi di segno contrario ed inoltre i fatti narrati trovano conferma nella difficile situazione in cui versa il suo paese di origine. In particolare, egli si trova esposto al rischio di subire atti di violenza fisica e psichica dai quali i soggetti statuali non sono in grado di proteggerlo. 6.1. La censura è inammissibile non trovando riscontro nella decisione impugnata le affermazioni poste a base della censura. Come già osservato, non è stata contestata specificamente la credibilità del cittadino straniero ma la riconducibilità alle ipotesi tipizzate di protezione internazionale nè si è fatto riferimento alla mancata protezione da parte delle autorità statuali, non essendo riferita alcuna forma di esposizione al rischio per la vita od incolumità fisica, nè al riguardo vi è alcuna allegazione specifica nel ricorso. Deve precisarsi, al riguardo, che il riferimento, nell’esposizione sommaria dei fatti, alla partecipazione ad una manifestazione politica è meramente dedotta senza alcuna indicazione che consenta di ritenere che si tratti di un’allegazione specifica e preesistente oltre che documentata ex art. 369 cod. proc. civ 7. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, art. 14, lett. c , per non essere stato riscontrato, all’esito delle indagini officiose svolte, che in , come indicato nelle principali fonti d’informazione, la situazione politico sociale è caratterizzata da un conflitto interno in relazione al quale si sviluppano episodi di violenza ad opera di gruppi armati, oltre a potersi riscontrare gravi violazioni dei diritti umani. 7.1. La censura è inammissibile mirando, nonostante la formale qualificazione come violazione di legge, ad un riesame dei fatti così come accertati dal giudice del merito che, nella specie, ha svolto un esame officioso delle fonti, così come richiesto dal D.Lgs. numero 251 del 2007, art. 8, giungendo a conclusioni, insindacabilmente divergenti. 8. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6 per non avere, il Tribunale, ritenuto sussistenti le condizioni per il rilascio di un permesso per ragioni umanitarie. Sul rigetto di questa domanda non vi è specifica motivazione. Il Tribunale doveva svolgere un apprezzamento giuridico diverso da quello riguardante le protezioni maggiori in relazione alle condizioni oggettive della con particolare riferimento al mancato rispetto dei diritti umani ed all’instabilità politica, oltre che le condizioni di vita del tutto precarie, sotto il profilo della salute e dell’alimentazione. 8.1 Quest’ultima censura merita un esame più analitico. Viene sostanzialmente dedotto dal ricorrente che è mancato uno scrutinio specifico delle condizioni di vulnerabilità che avrebbero potuto determinare il riconoscimento delle ragioni umanitarie, essendosi il tribunale limitato ad una generica negazione della sussistenza dei presupposti di esse, senza procedere ad una valutazione differenziata dei fatti narrati rispetto alle conclusioni assunte sulle protezioni tipiche rifugio politico e protezione sussidiaria oltre che della situazione generale. Le ragioni dell’allontanamento, sia sotto il profilo soggettivo povertà e necessità economiche che oggettivo il perdurare di una situazione d’instabilità politica e di violazione dei diritti umani avrebbero dovuto condurre ad una valutazione positiva della condizione di vulnerabilità del ricorrente secondo il parametro legislativo costituito dal D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6. 8.2 La prospettazione della censura impone l’individuazione preliminare del paradigma legislativo applicabile alla domanda relativa all’accertamento delle condizioni per il riconoscimento di un titolo di soggiorno sostenuto da ragioni umanitarie, essendo nel corso del giudizio, e più esattamente in pendenza del procedimento davanti la Corte di Cassazione, intervenuto il D.L. numero 113 del 2018 convertito con modificazioni nella L. numero 132 del 2018 e in vigore dal 5 ottobre 2018, che ha mutato la disciplina legislativa previgente relativa alle condizioni per il riconoscimento del diritto ad un permesso per ragioni umanitarie. 8.3. Il legislatore, ha introdotto la categoria dei permessi di soggiorno per casi speciali , ed in particolare a ha eliminato la norma, contenuta nel D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, nella quale era stabilito che ove ricorressero seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali od internazionali dello Stato italiano, doveva essere riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno del contenuto e della durata stabiliti nel regolamento di attuazione D.P.R. numero 394 del 1999, art. 28, comma 2, lett. d . Dal 5/10/2018 è rimasta vigente soltanto la prima parte dell’art. 5, comma 6 che stabilisce il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno, possono essere, altresì, adottati, sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili ad uno degli stati contraenti b ha, coerentemente, modificato il D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3 escludendo dalla cognizione delle Commissioni territoriali la valutazione della residua sussistenza di gravi motivi umanitari all’esito dello scrutinio negativo sul rifugio politico e la protezione sussidiaria. Le Commissioni alla luce della norma in vigore dal 5/10/2018 sono tenute a trasmettere gli atti al Questore solo se ricorrano i presupposti di cui al D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 19, comma 1 ed 1.1 perchè provveda al rilascio di un permesso di soggiorno che reca la dicitura protezione speciale , ha la durata di un anno, non è convertibile in permesso di lavoro ma consente di svolgere attività lavorativa. Le condizioni indicate nell’art. 19 comma 1 riguardano il rischio individuale di essere soggetti a persecuzioni per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Quelle indicate nel comma 1.1. introdotte dalla L. numero 110 del 2017, art. 3 consistono in fondati motivi di essere sottoposti a tortura c ha introdotto una tipologia peculiare di permesso per cure mediche D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. d-bis per cittadini stranieri che versano in condizioni di particolare gravità, della durata massima di un anno, rinnovabile solo se persiste la condizione di partenza d ha introdotto, con il D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 20 bis, il permesso di soggiorno per contingente ed eccezionale calamità naturale che non consenta il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza della durata di sei mesi, rinnovabile di altri sei se permane la condizione di partenza, che consente lo svolgimento di attività lavorativa ma non è convertibile in permesso di lavoro e ha introdotto, con il D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 42 bis, il permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile di durata biennale, con accesso allo studio e allo svolgimento di attività lavorativa, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro subordinato ed autonomo f ha conservato il permesso di soggiorno disciplinato al D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 18, per motivi di protezione sociale nonchè quello preesistente per le vittime di violenza domestica art. 18 bis e quello per particolare sfruttamento lavorativo art. 22, comma 12 quater , precisando in tutte e tre le norme che attualmente tali permessi devono essere denominati per casi speciali . Si tratta di titoli di soggiorno variamente modulati quanto alla durata ma tutti convertibili in permessi di lavoro. cfr. per il permesso relativo a ragioni di protezione sociale il D.P.R. numero 394 del 1999, art. 27, comma 3 bis, rimasto vigente per il permesso per sfruttamento lavorativo il comma 12 sexies dell’art. 22 per il permesso riguardante le vittime di violenza domestica, il comma 1 bis dell’art. 18 bis . 8.4. Il nuovo quadro legislativo dei permessi introdotti dal D.L. numero 113 del 2018 e le modifiche del D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3, pongono in luce la rilevante diversità, peraltro coerente all’affermata intentio legis declinata nella relazione illustrativa, tra il sistema della protezione umanitaria incentrato sul D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6 e l’attuale, fondato sulla specialità e tipizzazione dei permessi, che proprio dall’eliminazione di questa norma prende le mosse. La comparazione evidenzia in particolare la predeterminazione delle ipotesi di riconoscimento di permessi denominabili come speciali attraverso specifici paradigmi normativi, fortemente conformati, in netta soluzione di continuità con la formulazione dei presupposti per il riconoscimento del permesso umanitario D.Lgs. numero 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, articolati secondo la clausola generale dei seri motivi di carattere umanitario, da individuare, secondo un catalogo aperto determinabile alla luce dell’evoluzione del quadro complessivo dei diritti umani desumibili dal sistema costituzionale interno, da quello convenzionale ed agli obblighi internazionali ai quali il nostro ordinamento è vincolato. L’effetto limitativo dell’intervento legislativo riguarda non soltanto la tipizzazione dei permessi sopra indicata ma anche la modifica del D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3. Alle Commissioni territoriali residua l’accertamento delle condizioni per l’applicazione del principio di non refoulement per le fattispecie descritte nell’art. 19, comma 1 ed 1.1., ovvero per ipotesi sostanzialmente sovrapponibili alle protezioni maggiori ed escluso l’accertamento di condizioni di vulnerabilità diverse. Prevedibilmente il permesso per ragioni di protezione speciale potrà essere riconosciuto quando difettano condizioni soggettive per il rifugio o la protezione sussidiaria o si versi in una situazione che ne legittimerebbe la revoca ma il rimpatrio è impedito dall’applicazione del principio di non refoulement . 8.5 Il quadro comparativo così delineato è del tutto coerente con l’ampia ed univoca elaborazione giurisprudenziale riguardante il permesso umanitario e la sua intima connessione con il diritto d’asilo costituzionale. La qualificazione giuridica di diritto soggettivo perfetto appartenente al catalogo dei diritti umani, di diretta derivazione costituzionale e convenzionale, è stata affermata e mantenuta costante dalle S.U. di questa Corte a partire dall’ordinanza numero 19393 del 2009 fino alle più recenti ex multis S.U.5059 del 2017 30658 del 2018 30105 del 2018 32045 del 2018 32177 del 2018 . Tale peculiare natura, del tutto coerente con il richiamo al rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali indicati nel D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, ha avuto un notevole rilievo nella ricognizione dei presupposti per l’accertamento del diritto al permesso umanitario, svolta dalla giurisprudenza di legittimità. Si è ritenuto che essi fossero diversi da quelli posti a base delle protezioni maggiori e che la protezione umanitaria avesse carattere residuale Cass. 4131 del 2011 15466 del 2014 , dal momento che le condizioni di vulnerabilità suscettibili di integrare i seri motivi umanitari non possono che essere correlati al quadro costituzionale e convenzionale al quale sono ancorati Cass. 28990 del 2018 . Tale peculiarità, unitamente alla qualificazione giuridica del diritto, fornita dalle S.U. di questa Corte, ha svolto un’incidenza determinante sull’intervento nomofilattico della giurisprudenza di legittimità in relazione al contenuto e l’azionabilità del diritto d’asilo. ex multis Cass. 10636 del 2012 e 16362 del 2016, il principio è richiamato anche nella recente pronuncia numero 4455 del 2018 . Secondo tale costante orientamento, il diritto d’asilo costituzionale è integralmente compiuto attraverso il nostro sistema pluralistico della protezione internazionale, anche perchè non limitato alle protezioni maggiori ma esteso alle ragioni di carattere umanitario, aventi carattere residuale e non predeterminato, secondo il paradigma normativo aperto del D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6. 9. La corretta qualificazione giuridica del diritto contenuto nella norma eliminata, alla luce della stretta correlazione con l’attuazione del diritto d’asilo costituzionale costituisce una premessa ineludibile per l’esame dell’applicabilità ai giudizi in corso della nuova disciplina legislativa. 9.1 L’esame comparativo svolto in relazione alla natura giuridica ed alla collocazione nel sistema dei diritti fondamentali della persona, della situazione giuridica soggettiva di cui è titolare chi, alla luce del sistema legislativo, fondato sul D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, abbia richiesto l’accertamento del diritto ad un titolo di soggiorno per seri motivi umanitari, evidenzia la natura meramente ricognitiva dell’accertamento da svolgere in sede di verifica delle condizioni previste dalla legge. La stretta correlazione con il diritto d’asilo costituzionale conferma tale ricostruzione. Al riguardo, deve rilevarsi, che fin dalle prime pronunce delle S.U. sulla giurisdizione e sulla precettività dell’art. 10 Cost., comma 3, S.U. numero 4674 del 1997 è stata affermata la natura dichiarativa dei provvedimenti assunti in relazione all’accertamento del diritto d’asilo per questa peculiare caratteristica S.U. numero 907 del 1999 di cui la protezione umanitaria ha costituito parte integrante. 10. È necessario, pertanto, verificare come opera, sulla base della ricostruzione del diritto sopra illustrato, l’intervento legislativo nei procedimenti e nei giudizi in corso, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla concreta operatività del principio d’irretroattività della legge contenuto nell’art. 11 preleggi, tenuto conto della qualificazione giuridica del diritto sopra indicata. Unitamente a tale indagine è necessario verificare se il legislatore abbia introdotto una disposizione di carattere intertemporale applicabile ai giudizi in corso. Si deve rilevare, al riguardo, che il D.L. numero 113 del 2018, art. 1, convertito nella L. numero 132 del 2018, contiene due disposizioni di carattere intertemporale, il comma 8 ed il comma 9. 11. Nel comma 8 è stabilito Fermo restando i casi di conversione, ai titolari del permesso di soggiorno per motivi umanitari già riconosciuto ai sensi del D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3, in corso di validità alla data di entrata in vigore del presente decreto, è rilasciato, alla scadenza, un permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3, come modificato dal presente decreto, previa valutazione della competente Commissione territoriale, sulla sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 19 comma 1 ed comma 1.1 . Con questa disposizione il legislatore stabilisce, da un lato, l’intangibilità dei permessi umanitari validi ed efficaci alla data di entrata in vigore della nuova legge, indicando, tuttavia, come dies ad quem, la scadenza legale del titolo di soggiorno. Dall’altro, prescrive che, dopo tale scadenza, operi il nuovo regime giuridico che esclude l’applicazione del D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, e, fermo restando i casi di conversione , affida alle Commissioni la più limitata cognizione della sussistenza delle condizioni relative ai permessi per protezione speciale fondati sul parametro di cui al D.Lgs numero 286 del 1998, art. 19, comma 1 ed 1.1. 11.1 Nel comma 9 è stabilito Nei procedimenti in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i quali la commissione territoriale non ha accolto la domanda di protezione internazionale ed ha ritenuto sussistenti i gravi motivi di carattere umanitario allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno recante la dicitura casi speciali ai sensi del presente comma, della durata di due anni, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo e subordinato. Alla scadenza del permesso di soggiorno di cui al presente comma, si applicano le disposizioni di cui al comma 8 . La disposizione regola, in forma esplicita, la sorte dei provvedimenti con i quali la Commissione territoriale abbia accertato la sussistenza dei presupposti per il permesso umanitario ed abbia emesso il provvedimento di trasmissione degli atti al questore ma il procedimento di rilascio a carattere meramente vincolato non sia temporalmente concluso. In questa peculiare ipotesi, il legislatore ha introdotto un’ulteriore categoria di permesso per casi speciali che tuttavia ha un contenuto ed una durata ben più ampi di quelli tipizzati con la nuova legge e può essere convertito in permesso di lavoro. Non vi è una espressa disciplina legislativa di carattere intertemporale riguardante i giudizi in corso che seguano ad un accertamento positivo od ad un diniego delle Commissioni territoriali o espressamente rivolta ai procedimenti amministrativi in itinere alla data di entrata in vigore della nuova legge. L’unica regola inequivoca che si può cogliere dall’art. 1, comma 9, riguarda il segmento conclusivo dell’accertamento positivo del diritto che, anche ove accertato alla stregua del parametro legislativo applicabile prima dell’entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018, non può che assumere la denominazione ed il contenuto indicati nella norma non essendo più legislativamente previsto il permesso di soggiorno per motivi umanitari. 12. È necessario, pertanto, stabilire, se la disposizione, oltre al contenuto prescrittivo espresso, possa contenere anche la regola dell’applicabilità immediata della nuova disciplina legislativa ai giudizi ed ai procedimenti amministrativi in itinere. In questa lettura la previsione esplicita costituirebbe una deroga parziale all’applicazione immediata del nuovo assetto legislativo dei permessi di soggiorno. 13. Quest’ultima soluzione, tuttavia, contrasta con la natura giuridica della situazione giuridica soggettiva di cui il cittadino straniero ha richiesto l’accertamento e con i principi costantemente seguiti dalla giurisprudenza di legittimità, peraltro coerenti con le soluzioni prospettate dalla dottrina costituzionalistica, in relazione a fattispecie analoghe. 13.1. Il principio stabilito nell’art. 11 delle preleggi la legge non dispone che per l’avvenire essa non ha effetto retroattivo non gode di copertura costituzionale e, conseguentemente, può essere derogato dal legislatore nei limiti che verranno illustrati. La giurisprudenza di legittimità, con orientamento del tutto costante ne ha modulato l’ambito applicativo, anche in mancanza di una disciplina normativa puntuale, affermando In tema di successione delle leggi nel tempo, il principio dell’irretroattività, fissato dall’art. 11 preleggi, comporta che la norma sopravvenuta è inapplicabile, oltre che ai rapporti giuridici esauriti, anche a quelli ancora in vita alla data della sua entrata in vigore, ove tale applicazione si traduca nel disconoscimento di effetti già verificatisi ad opera del pregresso fatto generatore del rapporto, ovvero in una modifica della disciplina giuridica del fatto stesso ex multis Cass. 3845 del 2017 . Il principio è stato ulteriormente precisato . la legge nuova può essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorchè conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sè stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore S.U. numero 2926 del 1967 2433 del 2000 14073 del 2002 Cass.16620 del 2013 . 14. Alla luce del chiaro paradigma conformativo dell’operatività del principio d’irretroattività della legge sostanziale, elaborato dalla giurisprudenza di legittimità si può affermare a l’applicazione del principio non riguarda soltanto i cd. diritti quesiti S.U. 5939 del 1991 ma anche le situazioni giuridiche soggettive sottoposte ad un procedimento di accertamento ove la nuova disciplina legislativa modifichi il fatto generatore del diritto o le sue conseguenze giuridiche attuali o future b il principio esposto è una diretta conseguenza del parametro del cd. fatto compiuto , elaborato dalla dottrina costituzionalistica al fine di evitare effetti pregiudizievoli sulla tutela di diritti, dettati dall’insorgenza di un nuova norma che ne limiti o comprima la titolarità, il contenuto e l’esercizio, in virtù di un paradigma diverso rispetto a quello applicabile al momento in cui se ne è chiesto l’accertamento, così da creare disparità ingiustificate ed irragionevoli di trattamento dovute esclusivamente ad un fattore, del tutto estrinseco ed accidentale quale la durata del procedimento di accertamento. La nuova legge, ove non si applicasse il principio sopra illustrato finirebbe per sconvolgere le situazioni giuridiche sorte durante il periodo di vigenza della vecchia legge, solo perchè non esaurite al momento dell’entrata in vigore della nuova in quanto svolgentesi nell’ambito di un durata ancora in corso e perchè tuttora oggetto di accertamento giudiziale S.U. numero 5939 del 1991 4327 del 1998 Cass. 2433 del 2000 16395 del 2007 3845 del 2017 c l’applicazione del paradigma sopraindicato al diritto soggettivo del cittadino straniero che ne ha richiesto l’accertamento nella vigenza del D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6 e che non ha avuto una risposta definitiva all’entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018, è, alla luce dei canoni sopraindicati, agevole. La qualificazione giuridica del diritto sopra illustrata e la natura meramente ricognitiva del giudizio di accertamento cui esso è assoggettato nella fase amministrativa e giudiziale dell’esame dei presupposti, inducono univocamente a ritenere che la nuova disciplina legislativa incida direttamente sul fatto generatore del diritto e sui suoi effetti e conseguenze giuridiche così da non poter esse applicabile ai procedimenti in corso, come paradigma valutativo d il diritto soggettivo, nella specie, è preesistente alla verifica delle condizioni cui la legge lo sottopone, mediante il procedimento amministrativo ed eventualmente giudiziale. Il risultato positivo o negativo dell’accertamento, dipende dal quadro allegativo e probatorio posto a base della domanda ma non incide sulla natura giuridica della situazione giuridica soggettiva azionata e sulla incontestata natura dichiarativa della verifica amministrativa e giudiziale. Il cittadino straniero sulla base del complessivo paradigma legislativo anteriore all’entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018 ha il diritto ad un titolo di soggiorno fondato su seri motivi umanitari desumibili dal quadro degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato, che sorge contestualmente al verificarsi delle condizioni di vulnerabilità, delle quali ha richiesto l’accertamento con la domanda. La domanda, di conseguenza, cristallizza il paradigma legale sulla base del quale, per la richiamata qualificazione giuridica del diritto azionato e per la natura ricognitiva dell’accertamento statuale, deve essere scrutinato. Non incide sull’esattezza di tale conclusione la previsione legislativa di cui al D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 8, comma 3, che, imponendo la cosiddetta valutazione all’attualità dei fatti dedotti a fondamento della domanda, attiene alla disciplina degli oneri di allegazione della parte e dell’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice e, quindi, alle modalità di conformazione dell’istruttoria, ma non concerne la configurazione giuridica dei presupposti del diritto azionato. 15. Le indicazioni sopra illustrate, risultano, peraltro, coerenti con i principi elaborati dalla Corte Costituzionale in relazione alla disciplina del rapporto tra legge nuova e sistema preesistente. È stato affermato, al riguardo che non è astrattamente vietata l’applicazione immediata di una nuova norma salvo che ciò non contrasti con interessi costituzionalmente protetti Corte Cost. 41 del 2011 nella specie si trattava di norma autoqualificata d’interpretazione autentica, ma dalla Corte ritenuta di portata innovativa e irragionevolmente retroattiva e non si ponga in contrasto con principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica tra i quali sono ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico il rispetto delle funzioni riservate all’ordinamento giudiziario Corte Cost. numero 78 del 2012 209 del 2010 . La qualificazione giuridica del diritto all’accertamento dell’esistenza di seri motivi umanitari al fine di poter usufruire del corrispondente titolo di soggiorno che si è consolidata in virtù degli orientamenti soprarichiamati, attrae, indubitabilmente nell’alveo degli interessi costituzionalmente protetti la situazione giuridica soggettiva tutelata dal D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6. 16. Anche per il diritto dell’Unione Europea relativo al diritto del cittadino straniero agli status di protezione internazionale, l’accertamento amministrativo e giudiziale ha natura ricognitiva Considerando numero 21 della Direttiva 2011/95/UE e, di recente, la Corte di Giustizia sentenza del 12 aprile 2018 causa C-559/16 ha ribadito tale principio con riferimento alla domanda di protezione internazionale proposta da un minore non accompagnato che intenda esercitare il diritto al ricongiungimento familiare e che si trovi a raggiungere la maggiore età in corso di giudizio. Ha affermato la Corte che la diversità dell’esito fondata esclusivamente sulla durata dell’accertamento del diritto, viola il principio della parità di trattamento e della certezza del diritto con la conseguenza che, attesa la natura ricognitiva dell’accertamento stesso, si deve considerare la posizione giuridica del richiedente al momento della proposizione della domanda, essendo la durata delle procedure dovuta a fattori del tutto indipendenti dalla volontà del richiedente stesso carico di lavoro complessità delle questioni maggiore afflusso delle domande in una particolare contingenza politica . I principi esposti si pongono in consequenziale linea di coerenza con gli orientamenti sopra illustrati in tema di corretta applicazione del principio d’irretroattività, contenuto nell’art. 11 preleggi. Deve aggiungersi che il permesso di soggiorno sostenuto da ragioni di carattere umanitario costituisce parte integrante del sistema pluralistico di protezione internazionale, come ampiamente evidenziato Cass. 10636 del 2012 e 16362 del 2016 e come risultante dalla norma D.Lgs. numero 25 del 2008, art. 32, comma 3, nella formulazione vigente fino all’entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018 che ha introdotto nel procedimento di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale, il potere - dovere delle Commissioni territoriali di accertare le ragioni di carattere umanitario che possano residuare al diniego delle protezioni cd. maggiori. Tale potere di accertamento, ancorchè rimodulato, alla luce della significativa compressione delle ragioni umanitarie realizzata dal D.L. numero 113 del 2018, è rimasto in capo alle Commissioni, limitatamente ai requisiti contenuti nel D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 19, comma 1 ed 1.1. Pertanto, l’accertamento del diritto al riconoscimento di un titolo di soggiorno per ragioni umanitarie, interferisce con il diritto dell’Unione Europea, potendo costituire parte integrante del sistema legislativo della protezione internazionale degli Stati membri. Ne consegue che i principi affermati dalla Corte di Giustizia in relazione alla natura giuridica delle situazioni giuridiche soggettive riconducibili alla protezione internazionale e alle regole intertemporali che ne governano le procedure di accertamento, costituiscono un canone ermeneutico rilevante anche ai fini della corretta applicazione delle norme che si succedono all’interno dei singoli ordinamenti. 17. In conclusione, deve escludersi che dalle norme transitorie sopra illustrate possa desumersi il principio dell’applicabilità immediata alle procedure in itinere della nuova disciplina legislativa incentrata sull’eliminazione del diritto all’accertamento di un titolo di soggiorno sostenuto da ragioni umanitarie. D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6 . 18. L’art. 1, comma 9, contiene, tuttavia, una rilevante indicazione in relazione al provvedimento concretamente emesso dal questore. Al fine di determinare una condizione di rigorosa parità di trattamento di situazioni omogenee, deve ritenersi che anche nelle ipotesi in cui l’accertamento del diritto, al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, sia in itinere, il provvedimento del questore, in caso di positivo accertamento delle condizioni di legge, dovrà avere il contenuto e la durata stabiliti dal comma 9. Così come nell’ipotesi prevista espressamente dalla disposizione richiamata, il paradigma legislativo sulla base del quale verrà accertata l’esistenza del diritto sarà quello delineato dal D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, trattandosi di situazioni giuridiche soggettive che, per le ragioni ampiamente svolte, non possono essere scrutinate alla luce di un fatto generatore mutato rispetto al momento in cui è stato chiesto l’accertamento del diritto. Il titolo di soggiorno rilasciato dal Questore, tuttavia, sarà conformato al paradigma contenuto nel D.L. numero 113 del 2018, art. 1, comma 9. La disposizione regola le modalità esecutive del diritto ove positivamente accertato dalle commissioni territoriali o in sede giudiziale e, conseguentemente, entro questi limiti trova immediata applicazione. Deve infatti tenersi conto che, necessitando il rilascio del permesso di soggiorno di una conseguente e necessaria fase attuativa successiva al provvedimento della commissione territoriale o a quello emesso in sede giudiziale, la stessa non può che esplicarsi sulla base della nuova normativa vigente, che non riconosce più per il futuro, dalla data di entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018, il rilascio di un permesso umanitario disciplinato, quanto a contenuto e durata, dal D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dal relativo regolamento di attuazione D.P.R. numero 394 del 1999, art. 28, comma 2, lett. d . È lo stesso legislatore che, nel prevedere la disciplina del D.L. numero 113 del 2018, art. 1 comma 9, limitatamente alla conformazione del provvedimento del questore, ha indicato un principio di diritto intertemporale che, indipendentemente dalla portata letterale della disposizione, non può non essere applicato a tutte le situazioni soggettive omogenee, secondo una interpretazione sistematica che ne assicuri la tutela in termini di sostanziale parità. 19. Deve essere, pertanto, affermato il seguente principio di diritto La normativa introdotta con il D.L. numero 113 del 2018, convertito nella L. numero 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dal D.Lgs. numero 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore 5/10/2018 della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione. Tuttavia in tale ipotesi, all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. numero 113 del 2018, convertito nella L. numero 132 del 2018, farà seguito il rilascio da parte del Questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura casi speciali e soggetto alla disciplina e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, comma 9, di detto decreto legge . 20. Stabilito il parametro legislativo alla luce del quale va esaminato il quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che esso non può trovare accoglimento. Nel provvedimento impugnato si rinviene una motivazione del rigetto della domanda sintetica ma non apodittica, come affermato nella censura. Il Tribunale di Napoli ha escluso l’esistenza di condizioni di vulnerabilità, legate a fattori soggettivi, specificamente indicate, o desumibili dalle condizioni politico-sociali del paese di origine le quali peraltro sono state oggetto di puntuale esame nella valutazione della domanda riguardante la protezione sussidiaria. La valutazione della domanda è stata svolta in modo autonomo, tenendo conto dei riscontri complessivamente acquisiti al processo, dei fatti allegati, e delle informazioni officiosamente assunte. Non si riscontra, pertanto, neanche il deficit di approfondimento istruttorio, indicato nella censura, essendo il rigetto della domanda fondato su di un accertamento positivamente svolto e non sulla mancanza di elementi di fatto acquisibili officiosamente. Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato. In mancanza della difesa della parte intimata non si deve provvedere in ordine alle spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.Lgs. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.