Nullità processuale: l’onere della parte di attivarsi in giudizio

La parte che ometta di attivarsi per acquisire dalla cancelleria del giudice notizie sulle vicende processuali che la riguardano o di rilevare l’esistenza di errore materiale, facilmente comprensibile, in un provvedimento istruttorio, dà causa ad una nullità, qualora tali attività avrebbero consentito di prevenire il compimento dell’atto nullo da parte dell’organo giudicante.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4868/19, depositata il 19 febbraio, la quale è stata chiamata a decidere in merito ad una questione di opposizione a decreto ingiuntivo. In particolare, nel caso da esaminare in questa sede, l’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni era stata anticipata con apposito provvedimento presidenziale adottato fuori udienza e non comunicato al difensore dell’odierna ricorrente. La tutela del principio del contraddittorio. Orbene, come lamentato dalla ricorrente, la mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti circa il differimento d’ufficio dell’udienza ad una data non immediatamente successiva determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo e della sentenza che lo conclude, per violazione del principio del contraddittorio. Tale regola però incontra due eccezioni nel caso in cui la parte non avvisata del differimento dell’udienza compaia spontaneamente, ovvero nel caso in cui ad eccepire la nullità sia la parte che vi ha dato causa. L’onere della parte processuale. È pacifico, dunque, che le parti processuali debbano attivarsi e vigilare, nei limiti dell’ordinaria diligenza, per acquisire presso la cancelleria notizia delle vicende processuali che le riguardano. A tal proposito, la Suprema Corte rigetta il ricorso ed applica al caso in esame il principio secondo cui, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., dà causa ad una nullità la parte che ometta sia di attivarsi per acquisire nella cancelleria del giudice informazioni sulle vicende processuali che la riguardino, sia di rilevare l’esistenza d’un errore materiale, agevolmente rilevabile, in un provvedimento istruttorio, quando l’una o l’altra di tali attività avrebbero consentito di prevenire il compimento dell’atto nullo da parte del giudice .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 15 novembre 2018 – 19 febbraio 2019, n. 4868 Presidente Frasca - Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2005 D.A. propose opposizione, ex art. 615 c.p.c., avverso il precetto notificatole il 23.12.2004 dalla società F.lli S. s.p.a. , sostenendo che - il titolo esecutivo un decreto ingiuntivo vantato dalla creditrice si era formato nei confronti di M.I. , deceduto - la F.lli S. glielo aveva notificato assumendo che essa fosse erede di M.I. - essa aveva tuttavia rinunciato all’eredità già prima della notifica del titolo esecutivo. 2. Il Tribunale di Macerata con sentenza 12.10.2009 n. 239 rigettò l’opposizione, ritenendo che D.A. avesse accettato l’eredità di M.I. e fosse divenuta perciò debitrice della F.lli S. s.p.a 3. La Corte d’appello di Ancona, adita dalla soccombente, rigettò il gravame di questa con sentenza 8.7.2016 n. 831. 4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da D.A. , con ricorso fondato su un motivo. Ha resistito con controricorso la F.lli S. . Ragioni della decisione 1. Il motivo unico di ricorso. 1.1. Con l’unico motivo di ricorso D.A. deduce il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. A fondamento di tale doglianza espone i seguenti fatti processuali a la Corte d’appello di Ancona, alla prima udienza tenutasi il 7.10.2010, rinviò la causa per la precisazione delle conclusioni al 28.9.2016 b l’udienza del 28.9.2016, fissata per la precisazione delle conclusioni, venne tuttavia anticipata al 23.3.2016 con provvedimento presidenziale adottato fuori udienza, e mai comunicato al difensore dell’odierna ricorrente, avvocato Reno Merlini la Cancelleria della Corte d’appello di Ancona infatti comunicò quel provvedimento anticipatorio, per mero errore, ad un diverso avvocato, l’avv. Antonio Merlini del foro di Ascoli Piceno c all’udienza del 23.3.2016, chiamata la causa, essa venne trattenuta in decisione dalla Corte d’appello, nonostante nessuno fosse presente per l’appellante. 2. La società controricorrente ha eccepito l’infondatezza dell’impugnazione, sostenendo una tesi così riassumibile - all’udienza di prima comparizione in grado di appello, tenutasi il 7.10.2016, la causa venne rinviata al 3.12.2015, e non al 28.9.2016, come sostenuto dalla ricorrente - l’udienza del 3.12.2015, tuttavia, venne differita d’ufficio al 28.9.2016, con provvedimento adottato fuori udienza e non comunicato al difensore di D.A. - pertanto, se il difensore dell’odierna ricorrente si fosse diligentemente presentato all’udienza del 3.12.2015, come era suo dovere, si sarebbe potuto avvedere che tale udienza era stata differita senza che tale circostanza gli fosse stata comunicata, ed avrebbe in tal modo potuto avvedersi che nel sistema informatico della cancelleria il suo nome Renzo Merlini era stato erroneamente sostituito con quello dell’avvocato Antonio Merlini. La società controricorrente ne trae la conclusione che l’errore in cui è incorsa la Cancelleria della Corte d’appello, e la conseguente nullità, potevano essere evitati dal difensore dell’odierna ricorrente con l’uso dell’ordinaria diligenza, e non può pertanto comportare la cassazione della sentenza d’appello. Aggiunge, ad abundantiam, che l’erroneo inserimento nei registri di cancelleria del nome Antonio Merlini quale difensore della ricorrente, in luogo dell’esatta menzione di Renzo Merlini , fu errore che l’interessato avrebbe potuto rilevare sin dall’inizio del giudizio, dal momento che tale errore compariva già nell’ordinanza riservata del 13.5.2010, con cui la Corte d’appello provvide sull’istanza di inibitoria. 3. Il ricorso è infondato. Risulta dai verbali del giudizio d’appello, acquisiti dalla Cancelleria della Corte d’appello d’Ancona, che a nel verbale dell’adunanza del 6.5.2010, fissata per decidere l’istanza di inibitoria, è indicato, quale difensore di D.A. , Avv. Merlini Antonio b nel verbale dell’udienza di prima comparizione 7.10.2010 è indicato, quale difensore di D.A. , Avv. Merlini Antonio c nel c.d. Storico del fascicolo , ovvero nella stampa dell’intera attività processuale svolta in relazione alla fase d’appello del presente giudizio come risultante dal sistema informatico della Cancelleria della Corte d’appello d’Ancona, risulta che già l’istanza di inibitoria, depositata dall’appellante il 22.3.2010, venne indicata come depositata dall’avv. Merlini Antonio . 4. Ciò posto in punto di fatto, si rileva in diritto essere senz’altro vero, come lamentato dalla ricorrente, che la mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti del differimento d’ufficio dell’udienza già fissata ad una udienza non immediatamente successiva, determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo e della sentenza che lo conclude, per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 cod. proc. civ. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 5758 del 10/03/2009, Rv. 607051 - 01 Sez. L, Sentenza n. 372 del 23/01/1989, Rv. 461501 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 4252 del 08/05/1987, Rv. 453005 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 4691 del 18/07/1980, Rv. 408501 - 01 . 5. Tale regola tuttavia non è senza eccezioni. Essa non opera, tra l’altro, in due casi a o quando la parte non avvisata del differimento d’ufficio dell’udienza compaia spontaneamente, in quanto ovviamente in tal caso nessuna violazione del contraddittorio può anche solo sospettarsi Sez. 2, Sentenza n. 4866 del 01/03/2007, Rv. 595369 - 01 b oppure quando ad eccepire la nullità sia la parte che vi ha dato causa, ai sensi del terzo comma dell’art. 157 c.p.c., il quale stabilisce che la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente . Dare causa ad una nullità è definizione che necessariamente include tanto una condotta commissiva, quanto omissiva. Dà causa ad una nullità processuale, pertanto, non solo la parte che compia un atto nullo, ma anche quella che trascuri di rilevare, con la diligenza media da essa esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c. ovvero, trattandosi di difensori, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2 , l’esistenza d’una potenziale causa di nullità, che poi in effetti si verifichi. Questi princìpi sono già stati affermati da questa Corte, con riferimento all’ipotesi - per alcuni versi assimilabile a quella oggetto del presente giudizio - in cui un atto era stato notificato personalmente ad un avvocato esercente extra districtum, nonostante questi non avesse eletto domicilio nel distretto del giudice procedente Sez. 1, Sentenza n. 3569 del 12/12/1972, Rv. 361556 - 01 . È, del pari, pacifico che ciascuna delle parti del processo ha l’onere sia di vigilare e di attivarsi, nei limiti dell’ordinaria diligenza, per acquisire presso la cancelleria notizia delle vicende processuali che la riguardano Sez. 1, Sentenza n. 10796 del 09/07/2003, Rv. 564920 - 01 , sia quello di attivarsi per riscontrare gli errori, anche se contenuti in atti del giudice, immediatamente riconoscibili con minima diligenza Sez. L, Sentenza n. 18877 del 10/12/2003, Rv. 568769 - 01 . Il principio di diritto applicabile al caso di specie è dunque il seguente dà causa ad una nullità, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., la parte che ometta sia di attivarsi per acquisire nella cancelleria del giudice informazioni sulle vicende processuali che la riguardino, sia di rilevare l’esistenza d’un errore materiale, agevolmente rilevabile, in un provvedimento istruttorio, quando l’una o l’altra di tali attività avrebbero consentito di prevenire il compimento dell’atto nullo da parte del giudice . 6. Nel caso di specie, per quanto detto risulta dagli atti che la Cancelleria della Corte d’appello annotò nei propri registri informatici, quale difensore dell’appellante D.A. , il nome dell’avvocato Merlini Antonio , in luogo di quello corretto Merlini Renzo sin dal 25.2.2010, data di iscrizione a ruolo del fascicolo. L’errore comparve nel verbale dell’adunanza camerale del 6.5.2010, in quello dell’udienza del 7.10.2010, e nell’ordinanza che decise l’istanza di inibitoria. Il processo d’appello, iniziato con atto notificato il 25.2.2010, si concluse all’udienza del 23.3.2016. Il suddetto errore di annotazione da parte della Cancelleria, pertanto, fu sussistente e visibile per sei anni. Appare dunque non conforme ai canoni di diligenza art. 1176, comma secondo, c.c. e di leale collaborazione art. 88 c.p.c. la condotta del difensore dell’appellante, il quale non si avvide per lungo tempo dell’errore, pur potendo agevolmente avvedersene. La conclusione è che la nullità processuale denunciata dalla ricorrente, pur sussistente, non può condurre alla cassazione della sentenza impugnata, per avere ad essa concorso a dare causa l’odierna ricorrente, con la condotta omissiva sopra indicata. 7. Le spese. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna D.A. alla rifusione in favore di F.lli S. s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.415, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di D.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.