Interruzione del processo: il dies a quo per la riassunzione decorre dalla conoscenza legale della dichiarazione di fallimento

In caso di interruzione automatica del processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione di cui all’art. 305 c.p.c. decorre dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo secondo la previsione dell’art. 300 c.p.c., ovvero, se anteriore, dalla conoscenza legale di detto evento procurata dal curatore del fallimento alle parti interessate.

Con la pronuncia n. 2658 del 30 gennaio 2019 il S.C., pronunciandosi ai sensi dell’art. 363 c.p.c. – principio di diritto nell’interesse della legge - chiarisce che il termine per la riassunzione del processo interrotto per fallimento di una delle parti decorre dal giorno della conoscenza legale del fatto interruttivo secondo la previsione di cui all’art. 300 c.p.c., non rilevando la conoscenza del fatto in questione acquisita con diverse modalità tali da non garantirne la conoscenza legale da parte del destinatario. Il caso. All’esito di un giudizio avente ad oggetto una richiesta di pagamento, la parte attrice, vittoriosa in giudizio, viene dichiarata fallita nel corso del giudizio di appello promosso dalla società soccombente innanzi al giudice di prime cure. Interrotto il processo di appello per il fallimento dell’appellato, la causa viene riassunta ma la corte territoriale ne dichiara l’estinzione perché non riassunto in termini tempestivi. In sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto di conteggiare il termine per la riassunzione non dalla dichiarazione in udienza del procuratore della parte fallita, ma dalla data, antecedente, di una comunicazione invita a mezzo PEC al difensore dell’appellante. Nel corso del giudizio di Cassazione, la ricorrente ha rinunciato al giudizio ma il S.C., stante l’importanza della questione, ha ritenuto di pronunciarsi ai sensi dell’art. 363 c.p.c Interruzione del processo e decorrenza del termine per la riassunzione in caso di fallimento. Secondo la prevalente giurisprudenza, l'apertura del fallimento determina ipso iure l'interruzione del processo, ai sensi dell'art. 43, legge fall. peraltro, ai fini del decorso del termine trimestrale per la riassunzione, è comunque necessaria la conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita cioè non in via di fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo assistita da fede privilegiata. Analoga soluzione viene a determinarsi nei casi di interruzione del processo conseguenti all'evento interruttivo costituito, per il venir meno della capacità processuale del curatore, dalla revoca del fallimento. Decorrenza del termine e conoscenza legale dell’evento interruttivo. In altri termini, la regola generale prevede che il processo si interrompa automaticamente in caso di fallimento di una delle parti ma il termine per la riassunzione non decorre dalla data dell’evento – nel caso di specie, del fallimento – ma dalla data in cui il procuratore dell’altra parte ha avuto conoscenza legale” di tale circostanza. Modalità della conoscenza legale”. Sul punto da ultimo evidenziato, si è osservato che la conoscenza dell’evento interruttivo debba essere legale”, cioè acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata. Conoscenza legale la ratio della disciplina. La regola in questione - ossia la necessità di una conoscenza legale - trova la propria giustificazione nella circostanza per cui si vuole evitare che la curatela possa essere esposta al pericolo che maturino preclusioni a suo danno. Anche per quanto riguarda la parte in bonis , il termine entro il quale riassumere il giudizio decorre dal momento in cui ha avuto conoscenza legale del fallimento. Conoscenza legale valida la comunicazione a mezzo PEC. La comunicazione della dichiarazione dell'evento interruttivo del giudizio, effettuata mediante posta elettronica certificata dal difensore della parte interessata dallo stesso a quello della controparte, è equivalente, ai sensi dell'art. 48, commi 1 e 2, d.lgs. n. 82/2005, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell'evento da parte del destinatario. Conoscenza legale anche in forma attenuata? La regola di cui al terzo comma dell’art. 43 legge fall. – introdotto con la riforma del 2006 e per il quale l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo – ha indotto inizialmente la giurisprudenza ad un atteggiamento meno rigoroso, riconoscendo, ad esempio, valenza di comunicazione idonea a produrre la conoscenza legale la semplice comunicazione al curatore di un'istanza di ammissione al passivo fondata su un lodo. Tale orientamento è comunque ora superato rispetto a quello espresso dalla massima in commento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 7 giugno 2018 – 30 gennaio 2019, n. 2658 Presidente Schirò – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - F.A. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, Accord S.a.S. di C.C. & amp C. chiedendone condanna al pagamento di Euro 51.645,69, con accessori e spese, a titolo di corrispettivo per cessione di un marchio, lista clienti e relativo know how. Il Tribunale ha accolto la domanda. 2. - La sentenza è stata impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Napoli dalla società soccombente nei confronti del F. . Dichiarato in udienza dal difensore di quest’ultimo il suo fallimento personale, in estensione del fallimento di altra società, la Corte d’appello ha interrotto processo. Effettuata la riassunzione ad iniziativa di Accord S.a.S. di C.C. & amp C., la stessa Corte d’appello, pronunciando nel contraddittorio con il Fallimento F.A. , ha con sentenza del 15 gennaio 2016 dichiarato estinto il giudizio con compensazione di spese. Ha in particolare ritenuto la Corte territoriale, accogliendo l’eccezione del Fallimento, che il termine per la riassunzione del giudizio interrotto dovesse essere computato a far data non già dalla dichiarazione dell’evento interruttivo in udienza, bensì da una precedente lettera del 26 novembre 2014, inviata a mezzo pec al difensore dell’appellante, con la quale il Curatore aveva comunicato l’intervenuto fallimento, sicché, movendo da tale data, il ricorso per riassunzione risultava depositato dopo la scadenza del termine semestrale, ratione temporis applicabile, previsto dall’art. 305 c.p.c 3. - Per la cassazione della sentenza Accord S.a.S. di C.C. & amp C. ha proposto ricorso per un motivo. Il Fallimento intimato non ha spiegato difese. Il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso contiene un motivo con cui la società ricorrente ha denunciato Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 299, 300 e 305 c.p.c., nonché della L. Fall., art. 43, u.c., anche in relazione a quanto previsto dall’art. 170 c.p.c. , censurando la sentenza impugnata, in breve, per aver computato il termine per la riassunzione del giudizio interrotto non già dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, ossia dalla dichiarazione in udienza effettuatane dal difensore del F. , bensì dalla lettera precedentemente inviata dal Curatore del suo fallimento al difensore della società appellante Accord S.a.S. di C.C. & amp C 2. - Va dichiarata l’estinzione del giudizio. La ricorrente ha difatti depositato atto di rinuncia al ricorso ex art. 390 c.p.c Nulla per le spese. 3. - Sussistono i presupposti di cui all’art. 363 c.p.c. per la affermazione nell’interesse della legge del principio di diritto di cui tra breve si dirà. 3.1. - Occorre difatti per un verso rammentare che la dichiarazione di estinzione del giudizio di cassazione, emessa dalle Sezioni Unite della corte sulla base della rinunzia al ricorso sopravvenuta alla emissione del decreto di fissazione della adunanza in camera di consiglio, non preclude l’esercizio del potere di enunciare ai sensi dell’art. 363 c.p.c., su questioni di particolare importanza, il principio di diritto nell’interesse della legge Cass., Sez. Un., 6 settembre 2010, n. 19051 , e per altro verso aggiungere che anche le sezioni semplici, in sede camerale, possono enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, su una questione ritenuta di particolare importanza, non necessariamente circoscritta alle ragioni per le quali il ricorso è stato dichiarato inammissibile, potendo invece investire tutte le ragioni di merito o processuali, che sono state fatte oggetto del giudizio di legittimità Cass. 20 maggio 2011, n. 11185 . Dopodiché, non v’è bisogno di indulgere nell’evidenziare la particolare importanza della questione, destinata a riflettersi, sul piano applicativo, su una innumerevole quantità di controversie nelle quali una delle parti sia colpita dalla dichiarazione di fallimento, con conseguente possibile prospettarsi dei dubbi interpretativi che le considerazioni qui di seguito svolte intendono dirimere. 3.2. – La L. Fall., art. 43 stabilisce al primo comma che Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore , ed al comma 3, inserito dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 41, che L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo . Già prima dell’introduzione del citato comma 3 non si dubitava, sulla base del comma 1 della stessa disposizione, che il fallimento determinasse la perdita di capacità processuale del fallito e dunque l’interruzione del processo del quale fosse parte l’imprenditore poi assoggettato al fallimento, ma si riteneva che l’effetto interruttivo in tanto si producesse, in quanto l’evento fosse dichiarato o notificato secondo la previsione dell’art. 300 c.p.c. si affermava, dunque, che l’inizio della procedura fallimentare non produce effetti interruttivi automatici sui processi in corso in cui il fallito sia parte, atteso che la perdita della capacità processuale a seguito di dichiarazione di fallimento non si sottrae alla disciplina di cui all’art. 300 c.p.c., che prevede, a tal fine, la necessità della dichiarazione in giudizio o notificazione dell’evento per l’unanime orientamento della giurisprudenza in tal senso v. p. es. Cass. 18 marzo 1989, n. 1368 Cass. 14 gennaio 1993, n. 398 Cass. 9 febbraio 1993, n. 1588 Cass. 20 giugno 2000, n. 8363 Cass. 22 giugno 2001, n. 8530 Cass. 6 luglio 2001, n. 9164 Cass. 10 maggio 2002, n. 6771 . Viceversa, per effetto dell’art. 43 cit., comma 3, la dichiarazione di fallimento produce automaticamente l’effetto interruttivo nei processi in corso p. es. Cass. 28 dicembre 2016, n. 27165 Cass., Sez. Un., 20 marzo 2008, n. 7443, in motivazione da ult. Cass. 18 aprile 2018, n. 9578 . La ratio della previsione è chiaramente indicata dalla relazione ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ove è detto che in sintonia al criterio di delega secondo cui occorre accelerare le procedure applicabili alle controversie in materia fallimentare, si dispone che l’apertura del fallimento determina l’interruzione di diritto del processo evitando così che lo stesso possa essere interrotto a distanza di tempo qualora le parti informino formalmente il giudice ex art. 300 c.p.c. . La creazione di una nuova ipotesi di interruzione automatica, operante cioè indipendentemente dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo ai sensi dell’art. 300 c.p.c., ha comportato la riproposizione della questione dell’individuazione del termine a quo per la riassunzione, a fronte della permanente formulazione dell’art. 305 c.p.c., secondo cui Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue ed ha parimenti rinnovato l’esigenza, ben nota da oltre mezzo secolo v. già Corte cost. n. 139 del 1967 , di individuare strumenti utili ad evitare il verificarsi del fenomeno della c.d. estinzione misteriosa , determinata dall’inerzia della parte che, in conseguenza dell’automatismo dell’interruzione, non abbia riassunto per non aver avuto consapevolezza - o per non essere stata posta in condizione di avere consapevolezza – dell’interruzione prodottasi ipso iure in dipendenza del verificarsi dell’evento interruttivo. Basterà al riguardo rammentare la decisione della Corte costituzionale Corte cost. 21 gennaio 2010, n. 17 che, richiamando le proprie pertinenti pronunce sulla materia, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. nella parte in cui farebbe decorrere il termine per la riassunzione del processo ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita dalla data dell’interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di apertura di fallimento, e non dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo nella pronuncia si evidenzia come sia da tempo acquisito il principio, accolto dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui, nei casi di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l’evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima. L’indirizzo così riassunto si specifica, nella giurisprudenza della S.C., nel principio secondo cui la conoscenza che innesca il decorso del termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., è la conoscenza legale , non occorrendo viceversa la conoscenza effettiva a fronte della dichiarazione in udienza dell’intervenuto fallimento da parte del difensore del fallito, ad esempio, il decorso del termine non è certo impedito dalla circostanza che la controparte abbia disertato l’udienza , mentre, per converso, viene esclusa, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, la sufficienza della conoscenza aliunde acquisita così, p. es., Cass. 23 novembre 2012, n. 20744 Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085 . Secondo l’orientamento di questa Corte, in particolare, la conoscenza legale in capo alla parte non colpita dall’evento interruttivo - intendendosi con ciò non già la parte personalmente, ma il suo difensore, come tale tecnicamente preparato ad intendere il rilievo del verificarsi dell’interruzione ed eventualmente ad adottare le misure per la tempestiva riattivazione del processo -, contrapposta alla conoscenza di mero fatto, ricorre in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del menzionato evento, assistita da fede privilegiata Cass. 28 dicembre 2016, n. 27165 Cass. 25 febbraio 2015, n. 3782 Cass. 7 marzo 2013, n. 5650 Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085 . La nozione di conoscenza legale , intesa in tal senso - ossia come dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento interruttivo, assistita da fede privilegiata -, a fronte del at riferimento alla conoscenza tout cort che emerge dalla citata decisione della Corte costituzionale e dai precedenti cui essa si richiama, si spiega e si giustifica con l’esigenza che la verifica della possibilità della conoscenza del decorso termine per la riassunzione sia ancorata a criteri quanto più possibile sicuri ed oggettivi, così da neutralizzare, per quanto possibile, l’elemento di criticità operativa derivante dall’avere il giudice delle leggi disancorato il termine per la riassunzione dal verificarsi dell’interruzione, così rendendolo mobile e variabile. Per i fini della conoscenza legale , tuttavia, non è richiesto che essa provenga esclusivamente dal difensore della parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo. Questi è il dominus della scelta se avvalersi o non dell’interruzione nei casi in cui essa non operi automaticamente, giacché la disciplina dell’interruzione del processo risponde alla necessità di garantire l’effettività del contraddittorio e di consentire alla parte colpita dall’evento interruttivo di difendersi in giudizio usufruendo di tutti i poteri e facoltà che la legge le riconosce Corte cost. 18 marzo 2005, n. 109 viceversa, nel caso dell’interruzione automatica prodotta dalla dichiarazione di fallimento, dunque indipendentemente dalla volontà del difensore della parte fallita, non ha né base normativa, né risponde all’esigenza che ha determinato l’impiego, nella materia, della nozione di conoscenza legale , l’assunto della ricorrente secondo cui solo la dichiarazione proveniente dal difensore di detta parte determinerebbe il decorso del termine per la riassunzione. D’altronde, ciò che occorre ai fini dell’esercizio del diritto di difesa della parte non colpita dall’evento interruttivo è la conoscenza dell’evento, mentre, una volta che essa ne sia stata edotta, non rileva né punto né poco quale sia la fonte. Sicché è ben possibile che detta conoscenza sia offerta alla controparte non dal difensore della parte colpita dall’evento interruttivo, ma anche da soggetti diversi e, per quanto qui rileva, dal curatore fallimentare. Ed infatti, questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la conoscenza legale dell’intervenuto fallimento è in linea di principio integrata dalla comunicazione via fax della sentenza che lo ha dichiarato, effettuata a cura di cancelleria al creditore istante che abbia partecipato alla fase prefallimentare e che sia parte del giudizio colpito da interruzione Cass. 15 marzo 2018, n. 6398, la quale ha poi ovviamente escluso che nel caso di specie il termine per la riassunzione fosse decorso da tale comunicazione, giacché effettuata nei riguardi di un difensore diverso da quello che patrocinava la parte nel processo colpito dall’interruzione in senso contrario non vale invocare coma fa la ricorrente Cass. 26 marzo 2012, n. 4851, concernente una fattispecie particolare, peraltro estranea alla materia fallimentare . Tale soluzione si accorda d’altronde con la già ricordata ratio acceleratoria posta a base della L. Fall., art. 43, giacché consente al Curatore di abbreviare lo stato di quiescenza dei processi di cui era parte il fallito, mentre la soluzione opposta, patrocinata dalla ricorrente, produrrebbe l’effetto di porre totalmente nel nulla l’intento che il legislatore ha inteso perseguire. Dopodiché resta da aggiungere che, come è stato già chiarito ad altro riguardo, la comunicazione della dichiarazione dell’evento interruttivo del giudizio, effettuata - come in questo caso ad opera del Curatore - mediante posta elettronica certificata è equivalente, ai sensi del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 48, commi 1 e 2, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell’evento da parte del destinatario Cass. 15 settembre 2017, n. 21375 . Vale ancora osservare che, con specifico riguardo al fallimento, è stata sottolineata, in una già ricordata decisione Cass. 15 marzo 2018, n. 6398 , la necessità che la conoscenza legale , nei riguardi della controparte del fallito, si estenda all’individuazione del processo colpito dall’interruzione e ciò, diremmo, per simmetria rispetto all’orientamento formatosi con riguardo al corso del termine per la riassunzione nei riguardi del curatore fallimentare, che per definizione sa del dichiarato fallimento, ma potrebbe non sapere del o dei processi che il fallito aveva pendenti Cass. 7 marzo 2013, n. 5650 Cass. 28 dicembre 2016, n. 27165 . Il principio da affermare è in definitiva il seguente In caso di interruzione automatica del processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione di cui all’art. 305 c.p.c. decorre dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo secondo la previsione dell’art. 300 c.p.c., ovvero, se anteriore, dalla conoscenza legale di detto evento procurata dal curatore del fallimento alle parti interessate . P.Q.M. dichiara estinto il giudizio.