Non ci si può affidare al Santo Patrono della città per differire i termini processuali in scadenza

La lettura della sentenza della Corte di appello di Milano del 28 novembre 2018, n. 5251 porta alla mente l’antico adagio Scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi .

Ed infatti, la principale questione processuale decisa dalla Corte meneghina è proprio quella di sapere che cosa accade quando i termini processuali scadono nella giornata di Sant’Ambrogio. Le feste patronali e i termini processuali in scadenza. Il problema nasce per Sant’Ambrogio e per tutti i giorni nei quali ricorre il Santo patrono delle città sedi di uffici giudiziari in quanto le feste patronali non sono giorni festivi i famosi giorni rossi sul calendario , ma gli uffici giudiziari e gli uffici notifiche sono chiusi al pubblico. Unica eccezione è la festività dei Santi Pietro e Paolo che è giorno di festa a Roma ma che sebbene non sia più rosso sul calendario è festività riconosciuta dalla legge sui termini processuali per il comune di Roma Capitale mentre San Giuseppe anche lui già rosso sul calendario per il 19 marzo festa del papà non è più in nessun caso festivo pur essendo, ad esempio, il patrono della città della Spezia . È proprio in questo contesto normativo che è sorto il problema processuale affrontato dalla Corte d’Appello. Ed infatti, era accaduto che il creditore avesse ottenuto un decreto ingiuntivo il 6 ottobre 2015 e che lo avesse notificato il successivo 10 dicembre 2015. Secondo il debitore che, anche per questo aveva proposto opposizione, il decreto avrebbe dovuto essere dichiarato inefficace siccome notificato oltre il termine di sessanta giorni dall’emissione. La decisione di primo grado è festa. Orbene, in primo grado il Tribunale di Milano con sentenza del 20 dicembre 2016 e della quale avevamo dato notizia nell’edizione del 6 marzo 2017 con un mio commento dal titolo E se il termine processuale scade il giorno del santo patrono della città? aveva ritenuto l’eccezione di inefficacia del decreto infondata. Ed infatti, in quell’occasione, il Tribunale aveva ritenuto che la notificazione del decreto ingiuntivo era tempestiva in quanto era stata tempestivamente passata alla notifica il 9 dicembre 2015 perché il 7 dicembre era il santo patrono di Milano e l'8 dicembre era festa nazionale. Per il Tribunale di Milano doveva trovare applicazione la regola secondo la quale quando il termine processuale scade di sabato o di domenica, quel termine è prorogato di diritto al primo giorno non festivo successivo. E poiché per il Tribunale di Milano il giorno 7 dicembre 2015, giorno della festività di San Ambrogio tutti gli Uffici UNEP competenti per la Corte di appello di Milano restano chiusi, come il successivo giorno festivo dell'8 dicembre 2015 . Corte di appello festa patronale, ma festiva. Senonché, la Corte d’Appello di Milano riforma, in maniera condivisibile, la sentenza del Tribunale su questo aspetto. E ciò perché i giorni festivi ai fini processuali sono soltanto quelli previsti come tale dalla legge 27 maggio 1949, n. 260 tra i quali non rientra Sant’Ambrogio. Inoltre, la circostanza pacifica che l’UNEP fosse chiuso i 7 dicembre è notoria in quanto pubblicizzata adeguatamente sui siti del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano, di talché gli avvocati sono posti nella condizione di tempestiva conoscenza di conoscibilità della chiusura dell’ufficio, ai fini dei loro adempimenti e scadenze e senza che ciò possa incidere sul diritto di difesa. Peraltro, sul punto anche la Corte di Cassazione con la sentenza del 14 dicembre 1998, n. 12533 aveva avuto modo di affermare che il carattere di festività viene determinato in base alla l. n. 260 del 1949 e successive modificazioni. La ricorrenza della festa del Santo Patrono della città non è considerata nell'elenco delle festività. Nè la circostanza che in tale ricorrenza l'ufficio postale non distribuisca la corrispondenza può determinare la eccezionale proroga accordata dal predetto art. 155 c.p.c., in quanto, come affermato anche dalla Corte cost. sent. n. 80/1967 , l'orario dei pubblici uffici, che il privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei propri interessi, non incide sul diritto di difesa .

Corte d’Appello di Milano, sez. III Civile, sentenza 23 ottobre 28 novembre 2018, n. 5251 Presidente Deho’ Relatore Ferrero Ragioni di fatto e di diritto della decisione Il Tribunale così riassumeva lo svolgimento del processo L'A. s.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 31063/15 emesso il 6 ottobre 2015 e notificato il 10 dicembre 2015 per la somma di Euro 11.503,60, oltre interessi legali, in accoglimento del ricorso proposto da T.E. s.r.l., che assumeva vantare il credito quale corrispettivo residuo vantato per vendita di merce , in forza di fattura numero /13 prodotto unitamente all'ordine di consegna. L'opponente ha preliminarmente eccepito l'inefficacia del decreto opposto in quanto notificato oltre il termine di giorni sessanta dalla pronuncia e nel merito ha eccepito la presenza di vizi nella merce acquistata, assumendo di vantare un diritto al risarcimento dei danni subiti, e contestando altresì l'erronea liquidazione delle spese del provvedimento monitorio. Instauratosi il contraddittorio con comparsa di risposta la creditrice opposta ha contestato la fondatezza della opposizione chiedendone il rigetto. Quindi, autorizzata la provvisoria esecutorietà del decreto opposto, la causa, respinte le richieste istruttorie delle parti, è stata posta in decisione sulle conclusioni come precisate, senza concessione dei termini ex art 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, avendovi le parti rinunciato . Il Tribunale di Milano pronunciava sentenza n. 13923 pubblicata in data 12.12.2016 con il seguente dispositivo Respinge la opposizione al decreto ingiuntivo n 31063/15 che per l'effetto conferma e che ai sensi dell'art 653 c.p.c. dichiara definitivamente esecutivo Condanna L' Automazione srl a rimborsare a T.E. srl le spese di lite, che si liquidano in Euro 4.835,00 per compenso , oltre i.v.a. -se dovuta, c.p.a. e 15,00 % per spese generali Avverso He sentenza proponeva appello L'AUTOMAZIONE SRL con citazione notificata il 7.2.2017 chiedendo la riforma della sentenza per i motivi dedotti. Si costituiva T.E. SRL contestando l'appello e chiedendo la conferma della sentenza. Alla prima udienza del 13.6.2017 la Corte, su istanza delle parti, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 26.6.2018 in cui, espletato l'incombente, tratteneva la causa a sentenza assegnando i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche. Preliminarmente si rileva che parte appellante non ha depositato né in forma cartacea né in forma telematica i propri scritti conclusionali, pur essendo presente nel fascicolo d'ufficio il fascicolo di parte per non essere stato mai ritirato. Parte appellata ha invece tempestivamente depositato telematicamente gli scritti conclusionali, ma ha ridepositato fascicolo di parte oltre il termine di scadenza della comparsa conclusionale, e quindi tardivamente. In un recentissimo arresto della Suprema Corte, a parziale modifica del precedente orientamento seguito dalla Corte, si è affermato che La perentorietà del termine entro il quale, a norma dell'art. 169, comma 2, c.p.c., deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell'art. 345 c.p.c. alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come nuovi , in quanto non introdotti prima del grado di appello, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell'osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli arti 165 e 166 c.p.c. Cassazione Ordinanza 6.12.2017 n. 29309 . Nel caso in esame la sentenza dà atto, nella motivazione, del tenore di due documenti prodotti da parte appellata in primo grado, sui quali si è decisa la causa, mentre per le ulteriori circostanze documentali la stessa parte appellante ne dà atto nei propri scritti, e, conseguentemente, il tardivo deposito del fascicolo di parte appellata non ha alcuna influenza ai fini della decisione della causa. L'appello è parzialmente fondato, nei limiti di seguito esposti. L automazione Srl ha impugnato la sentenza per i seguenti motivi 1. erroneità della sentenza nella parte in cui rigetta l'eccezione d'inefficacia del decreto opposto per essere stato notificato oltre il termine di 60 giorni dall'emissione 2. erroneità della sentenza nella parte in cui non accoglie le difese nel merito in ordine alla sussistenza dei vizi 3. erroneità della sentenza nella parte in cui ha accertato come dovuto l'importo ingiunto, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dall'opponente Il primo motivo è fondato. Giova richiamare testualmente le motivazioni con cui il Tribunale ha rigettato l'eccezione tempestivamente proposta in primo grado. Scrive il giudice di prime cure Ciò posto la preliminare eccezione di inefficacia del decreto opposto, che sarebbe stato notificato oltre il termine di sessanta giorni dalla emissione, non è fondata. Infatti il decreto è stato emesso il 6 ottobre 2015, e la creditrice opposta ha tentato una prima notifica in data 26 ottobre presso la sede legale di omissis , e poi presso quella operativa di omissis , notifiche entrambe non andate a buon fine, e successivamente consegnato all'Ufficiale giudiziario il 9 dicembre 2015 per la notifica effettuata il 10 dicembre 2015, andata a buon fine. Poiché sia il giorno 7 dicembre 2015, giorno della festività di San Ambrogio tutti gli Uffici UNEP competenti per la Corte di Appello di Milano restano chiusi, come il successivo giorno festivo dell' 8 dicembre 2015, la notifica risulta essere stata tempestivamente effettuata, avendo la creditrice opposta portato il decreto all'Ufficiale giudiziario nel termine perentorio assegnatole dall'art. 644 c.p.c A seguito delle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e 154 del 2005 ed in particolare dell'affermarsi del principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, deve ritenersi che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario con la conseguenza che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all'ino all'inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica va effettuata. Cass. 10216/06 Osserva la Corte che il Tribunale ha errato nel ritenere 'festivo' il 7 dicembre, giorno del santo patrono di Milano, o meglio ha errato nel ritenere che la chiusura degli uffici UNEP in tale data legittimasse lo spostamento del termine, posto che l'elenco delle festività è determinato in base alla legge numero 260 1949 e successive modificazioni e la ricorrenza della festa del Santo Patrono della città non è considerata nell'elenco delle festività Cassazione n. 12533/98 . La Suprema Corte, ha inoltre affermato, nella medesima sentenza appena citata, che come affermato anche dalla Corte Costituzionale Sent. n. 80 del 1967 il privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei propri interessi gli orari degli uffici in tale ricorrenza, che quindi non incide sul diritto di difesa . Osserva la Corte che la circostanza, pacifica, che l'UNEP fosse chiuso il 7 dicembre è notoria in quanto pubblicizzata adeguatamente sui siti del Tribunale e della Corte d'Appello di Milano, di talché gli avvocati pino posti nella condizione di tempestiva conoscenza di conoscibilità della chiusura dell'ufficio, ai fini dei loro adempimenti e scadenze. Solo la ricorrenza dei Santi apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, scadente il 29 giugno, è considerata festività in base alla legge 27 maggio 1949, n. 260, e successive modificazioni, le quali, pur ignorando le festività dei santi patroni delle città, includono espressamente il giorno dei Santi Pietro e Paolo nell'elenco di quelli festivi agli effetti civili Cassazione n. 5895/2015 . Il decreto ingiuntivo è stato quindi portato per la notifica oltre il termine di 60 giorni decorrente dalla sua emissione, ed è pertanto divenuto inefficace. La sentenza impugnata deve quindi essere riformata nella parte in cui ha accertato l'infondatezza dell'eccezione preliminare sollevata da L'A. s.r.l. ed ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, che deve invece essere revocato, precisandosi quindi che non sono dovute le spese della fase monitoria. Il secondo motivo d'appello è, invece, è infondato. Come rilevato dal giudice di prime cure, Nel merito devesi osservare che la società opponente con mail del 20 agosto 2014 e 2 ottobre 2014 ha riconosciuto la propria esposizione debitoria, comunicando che sarà nostra premura effettuare un versamento a vostro favore quanto prima mail del 2 ottobre 2014, documento n. 3 parte opposta . Pertanto deve intendersi superata, proprio per effetto di detto riconoscimento, ogni questione tra le parti afferente la contestazione di vizi, e di cui alle mail precedenti del 8, 10 luglio 2013 e del 18 settembre 2013 . Tale statuizione, ad avviso della Corte, merita conferma, poiché conforme alle risultanze documentali in atti. Infatti le contestazioni dei vizi asseritamente presenti nella fornitura, sono del luglio e del settembre 2013, ossia antecedenti all'e-mail con cui l'odierna appellante riconosce la sussistenza di un debito nei confronti dell'odierna parte appellata che non può che avere ad oggetto il pagamento a saldo della fornitura in oggetto, dal momento che la stessa parte appellante non ha dedotto che sussistessero altre posizioni debitorie cui poteva fare riferimento il riconoscimento del debito contenuto nell'e-mail prodotte dall'appellata al docomma . Si condivide l'affermazione del tribunale secondo la quale il riconoscimento della sussistenza di un posizione debitoria, riferita per quanto sopra detto, alla fornitura in oggetto, porta a ritenere superata ogni questione inerente presunti vizi. T.E. S.r.l. ha provato il proprio diritto mediante produzione della fattura unitamente all'ordine di consegna. L' A. s.r.l. va condannata al pagamento della somma di Euro 11.503,60, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, a titolo di residuo debito per la fornitura di cui alla fattura numero /13 prodotto unitamente all'ordine di consegna. L'esito della lite vede la soccombenza prevalente di L' A. s.r.l. in relazione alla domanda di pagamento sussistono quindi i presupposti per la compensazione delle spese processuali di entrambi gradi nella misura di un terzo, ponendo i residui due terzi a carico di L1 A. s.r.l., che viene quindi condannata ex art 91 c.p.c. alla refusione delle spese processuali del giudizio in favore della controparte, liquidate per il presente grado come in dispositivo già nella riconosciuta misura sulla base del vigente D.M. numero /2014, con riferimento al valore della causa come dichiarato ai fini del contributo unificato giudiziale, in rapporto ai valori medi previsti stante la media difficoltà delle questioni trattate, escludendo dal computo la voce relativa alla fase istruttoria assente nel presente grado. Si precisa che per il primo grado viene riconosciuta la frazione di quanto già liquidato dal tribunale e non oggetto di impugnativa in ordine all'ammontare del compenso. P.Q.M. La Corte d'Appello, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da L'AUTOMAZIONE SRL contro T.E. SRL avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 13923 pubblicata in data 12.12.2016, così provvede 1. in parziale accoglimento dell'appello proposto, dichiara l'inefficacia del decreto ingiuntivo numero /15 emesso dal Tribunale di Milano in data 6 ottobre 2015 2. condanna L' Automazione srl al pagamento in favore di T.E. Srl della somma di Euro 11.503,60, oltre interessi legali dalla domanda al saldo 3. compensa fra le parti le spese di lite di entrambi i gradi nella misura di un terzo e condanna l'appellante alla refusione dei residui due terzi delle spese processuali del giudizio in favore della controparte liquidate, già nella riconosciuta frazione -per il primo grado in Euro 3223,33 per compenso oltre 15% per rimborso spese forfettarie e accessori di legge -per il secondo grado in Euro 720,00 per fase di studio, Euro 584,60 per fase introduttiva ed Euro 1213,33 per fase decisionale oltre 15% per rimborso spese forfettarie e accessori di legge-