Deposito, pubblicazione e decorrenza dei termini per l’impugnazione della sentenza

Qualora il momento del deposito e quello della pubblicazione della sentenza risultino scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due date distinte, per la verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice ha l’onere di accertare quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 30875/18, depositata il 29 novembre chiamata a decidere con riguardo ad un procedimento avviato ed iscritto in primo grado nell’anno 2011 e la sentenza depositata successivamente a maggio 2013 ed inserita nell’elenco cronologico al 31 dicembre 2013 perciò il dies a quo di decorrenza dei 6 mesi per l’impugnazione deve essere collocato a tale data e non in data 10 agosto 2015 come affermato dall’appellante. La pubblicazione della sentenza. Ai sensi dell’art. 281- sexies c.p.c., derogando a quanto stabilito dall’art. 233 c.p.c., la sottoscrizione da parte del giudice del verbale contenente la sentenza equivale alla pubblicazione della stessa che viene depositata, immediatamente, in cancelleria. Nel caso in esame, non vi sono i presupposti per ritenere che la sentenza sia stata pubblicata con la firma del verbale di udienza, in quanto a tale udienza è stato letto solo il dispositivo ma non anche la motivazione della sentenza stessa. Dunque, il Tribunale ha sbagliato non determinare la inammissibilità dell’appello per tardività. D’altronde come stabilito già dalla Suprema Corte, il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito in cancelleria determina l’inserimento della pronuncia nell’elenco cronologico, identificando tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per l’impugnazione. Nel caso in cui questi due momenti risultino scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due date distinte, per la verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice ha l’onere di accertare quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria e l’inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. Per tali ragioni il ricorso va accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 5 giugno – 29 novembre 2018, n. 30875 Presidente Manna – Relatore Scalisi Fatti di causa e ragioni della decisione Così come riportato dalla sentenza n. 479 del 2017 del Tribunale di Roma Visto l’atto di citazione in appello ritualmente notificato, con cui L.F. ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 65647/13 atteso come il procedimento in primo grado sia stato iscritto nell’anno 2011, ovvero, dopo l’entrata in vigore della L. 69/09 luglio 2009 la quale ha dimidiato il termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c. oggi 6 mesi verificato come l’odierno appellante abbia impugnato la sentenza in data 5.02.16 come da notifica a mezzo pec verificato come da un recente arresto della Suprema Corte deposito e pubblicazione della sentenza coincidono e che, nel caso in cui tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due date diverse, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione proposta nel termine lungo il giudice deve accertare il momento in cui la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria e l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze con attribuzione del relativo numero identificativo Cass. Su n. 18569/16 atteso che, nel caso in esame, il procedimento di primo grado è stato iscritto nell’anno 2011 rg. n. 51299/11 e la sentenza depositata in data 22.05.13, con attribuzione di un cronologico del 2013 65647/13 , di guisa da doversi ritenere al più tardi inserita nell’elenco cronologico al 31.12.13 e che perciò il dies a quo di decorrenza dei 6 mesi per l’impugnazione deve essere collocato a tale data 31.12.13 e non in data 10.08.15, come considerato dall’appellante per tali motivi la presente domanda deve essere dichiarata d’ufficio inammissibile per tardività . La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da L.F. con ricorso affidato a due motivi illustrati con memoria. La Prefettura di Roma Ufficio Territoriale del Governo, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale. Ragioni della decisione. 1.- L.F. denuncia a Con il primo motivo di ricorso, difetto di motivazione. Erronea attribuzione di rilevanza esterna alla data di delibazione della causa e deposito della minuta. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio art. 360 primo comma, n. 5 cod. proc. civ. Secondo il ricorrente, come è possibile rilevare, la sentenza del Giudice di Pace, oggetto di appello, non riporta alcun deposito avvenuto il 22 maggio 2013. Piuttosto, risulterebbe dalla sentenza che il deposito sia avvenuto il 10 agosto 2015. Pertanto, avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che la sentenza sia stata depositata il 22 maggio 2013. b Con il secondo motivo, erronea attribuzione alla sentenza impugnata di una data di deposito differente da quella attestata dal cancelliere violazione dell’art. 133 cod. proc. civ. . Violazione e falsa applicazione dell’art. 133 cod. proc. civ. art. 360, primo comma, n, 3 cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 327 art. 360 primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. . Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe richiamato a sproposito la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18569 del 2016 perché la sentenza impugnata non presentava alcuna attestazione della cancelleria ulteriore rispetto a quella di deposito e che il ricorrente avrebbe tenuto in conto per il calcolo del termine di impugnazione. Piuttosto, appare del tutto chiaro che, ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ., la data di deposito è quella apposta e controfirmata dal cancelliere coincidente con quella di 10 agosto 2015. Su proposta del relatore, il quale riteneva che i motivi formulati con il ricorso potevano essere dichiarati infondati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 1 , c.p.c., il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio. Rileva il collegio che il ricorso è fondato, dovendo considerare, come meglio verrà detto, che all’udienza del 27 maggio 2013 è stato letto soltanto il dispositivo insufficiente per far decorrere da tale data il termine per l’impugnazione della sentenza. 1.a - Va qui osservato che il codice di procedura civile prevede la possibilità per il giudice di portare a sentenza, alcune cause, al termine dell’udienza di discussione orale con la lettura in presenza delle parti della decisione e delle motivazioni di fatto e diritto. Infatti, ai sensi dell’art. 281 sexies, la sottoscrizione da parte del giudice del verbale contenente la sentenza equivale alla pubblicazione della stessa, che viene, immediatamente, depositata in cancelleria. Non vi è dubbio che rispetto all’art. 133 cpc., il secondo comma dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. pone una deroga al regime ordinario della pubblicazione della sentenza. Infatti, ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ. la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, e, invece, l’art. 281 sexies, comma secondo, cod. proc. civ. anticipa detto momento, prevedendo che la sentenza, dopo che ne siano stati letti dispositivo e motivazione, si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene . A ben vedere, la deroga non è soltanto al primo comma dell’art. 133 cod. proc. civ., ma, anche, alla seconda parte del secondo comma, poiché il cancelliere, quando la sentenza è inserita nel verbale di udienza, letta per intero e sottoscritta dal giudice, è esonerato dall’onere della comunicazione, la quale, oltre ad essere superflua poiché il testo integrale della sentenza è stato reso noto alle parti mediante la lettura , contrasterebbe con l’intento di semplificazione delle forme perseguito dal legislatore. Ciò detto, va qui evidenziato, che, nel caso in esame, non sussistono i presupposti per ritenere che la sentenza sia stata pubblicata con la firma del verbale di udienza perché, come risulta dallo stesso verbale, alla predetta udienza è stato letto solo il dispositivo, ma non, anche, la motivazione della sentenza. Piuttosto, in questa ultima ipotesi, la data di pubblicazione della sentenza, sarà quella del deposito in cancelleria della stessa, ai sensi degli artt. 430 e 434 cod. proc. civ Sicché il Tribunale, ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello per tardività, avendo considerato erroneamente la decorrenza del termine di impugnazione dalla data del verbale di udienza e non invece dalla data di deposito della sentenza stessa rispondente alla data del 10 agosto del 2015. 1.b = Sotto altro profilo va qui detto che, come insegnano le Sezioni Unite di questa Corte sent. 18569 del 22/09/2016 il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare - attraverso istruttoria documentale, ovvero, ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione - quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Roma nella persona di altro Magistrato anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma in persona di altro Magistrato.