La pregiudizialità del giudizio penale nel processo civile: non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti

Per rendere dipendente una decisione civile dalla definizione di un giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel civile sia collegato normativamente alla commissione del reato, oggetto di imputazione del giudizio penale.

Tutta la vicenda processuale, che ha dato la stura per affrontare la questione della pregiudizialità penale nel giudizio civile, si snoda attorno a due negozi giuridici da un lato, un contratto di appalto avente ad oggetto dei lavori in alcuni appartamenti, e dall’altro un secondo contratto di subappalto. Tutto nella norma, si potrebbe dire, fintanto che non interviene, nelle more di un giudizio civile di cui appresso si preciserà, un processo penale nei confronti dei legali rappresentanti della ditta subappaltatrice per il reato di danneggiamento proprio di quegli immobili. Accadeva, infatti, che il Tribunale civile della causa promossa dalla prima società, per responsabilità contrattuale cui si era aggiunta istanza di responsabilità aquiliana, nei confronti della convenuta subappaltatrice, ed avente ad oggetto, in riconvenzionale, anche pretesi crediti di quest'ultima nei confronti della prima, disponeva con ordinanza la sospensione del processo sul presupposto della pendenza proprio di quel giudizio penale che vedeva come imputati i legali rappresentanti della società convenuta, in ordine al reato di danneggiamento degli immobili del medesimo negozio. Contro l'ordinanza di sospensione proponeva regolamento di competenza la società attrice esponendo che vi era stata un'altra precedente ordinanza con la quale era stata disposta la sospensione della causa civile e che anche quella era stata annullata dalla Cassazione, a seguito di regolamento proposto dalla stessa parte, non constando all'epoca la pendenza di alcun processo penale. In ogni caso, con riferimento alla nuova sospensiva, la motivazione adottata dal Tribunale appariva tautologica, non essendo stato spiegato perché l'esito del processo penale avrebbe avuto effetti su quello civile. Contestava, altresì, la carenza del necessario vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità tra i due processi, tali che veniva oggettivamente scongiurato il conflitto fra giudicati. Nel caso di specie, dunque, per la società attrice, mancava il rapporto di pregiudizialità e, quindi, la sospensione si poneva in contrasto con la ragionevole durata del processo. La sospensione dei processi ed i princìpi di diritto. Il ricorso viene considerato fondato dalla Suprema Corte sulla scorta delle seguenti ragioni in diritto. Innanzitutto, già tempo addietro, le Sezioni Unite hanno precisato che non è consentita la sospensione discrezionale del processo, spiegando come, nel quadro della disciplina dell’art. 42 c.p.c. non vi sia più spazio per una discrezionale e non sindacabile facoltà di sospensione del giudizio, esercitabile dal giudice fuori dei casi tassativi di sospensione legale. Infatti, ove ammessa tale facoltà, oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sottesa alla riforma proprio dell'art. 42 del codice di rito, si porrebbe in contrasto sia col principio di uguaglianza sia con il principio della tutela giurisdizionale che con il canone della durata ragionevole che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ex art. 111 Cost Orbene, dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa ope iudicis del giudizio deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità di ogni sospensione del processo, quale che ne sia la motivazione, e che il ricorso deve essere accolto ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione stabilito dalla legge. Ma non solo. Infatti, la Suprema Corte ricorda anche che non solo il giudicato penale ha efficacia di giudicato civile nelle sole ipotesi ex art 654 c.p.c., e, dunque, quando nel giudizio civile si controverte intorno ad un diritto il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, ma ha avuto modo di affermare –ad esempio che non sussiste nessun rapporto di pregiudizialità tra il processo penale, avente ad oggetto il reato di falso e di truffa, e quello civile volto ad ottenere una pronuncia di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c Gli Ermellini hanno sottolineato che, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti ma occorre che l'effetto giuridico, dedotto nel processo civile, sia collegato normativamente alla commissione del reato, che è oggetto di imputazione del giudizio penale. Inoltre, il processo civile può essere sospeso ove una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio, purché la sentenza penale possa avere nel caso concreto valore di giudicato nel processo civile. A fortiori la Suprema Corte rileva come già in precedenza, in applicazione di questo principio, aveva escluso la configurabilità di una relazione di pregiudizialità tra un giudizio civile relativo alla corresponsione della provvigione nell'ambito di un rapporto di mediazione, ed un giudizio penale concernente fatti di reato asseritamente commessi dal legale rappresentante della società richiedente la provvigione, in concorso con la proprietaria dell'immobile oggetto delle trattative di vendita. Inoltre, anche nei casi in cui si è giudicato con meno il rigore il nesso di invincibile indipendenza, la piena identità dei fatti materiali viene valutato irrinunciabile così come lo è la identità dei fatti materiali, oggetto di accertamento in entrambi i giudizi, con l'eccezione delle limitate ipotesi ex art. 75, comma 3, c.p.p La soluzione nel caso controverso. E così, trasportando l'analisi dal generale al particolare, la Suprema Corte evidenzia come nel caso in esame la domanda per risarcimento aquiliano ben poteva e doveva essere separata da quella contrattuale. Questo perchè la sussistenza di una causa di sospensione del giudizio, relativamente ad una sola di più domande cumulate nello stesso processo, a norma dell'art. 104 c.p.c. non è idonea, di per sè, a giudicare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, giacche è la normativa ad attribuire al giudice il potere di disporre la separazione delle cause quando la continuazione della riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo oppure di non disporla quando -in concreto la separazione non risulti opportuna. Peraltro, poiché la sospensione del processo rappresenta evenienza che interferisce sul normale svolgimento, la sua disciplina è improntata a maggior rigore proprio perchè incidente sul principio della ragionevole durata del processo. Quanto osservato obbliga sempre il giudice, quando viene in rilievo una causa di sospensione relativa ad una sola delle domande cumulate nello stesso processo, a fornire adeguata motivazione delle ragioni di opportunità del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali quanto alla separazione delle cause e, quindi, della decisione di estendere l'ambito di operatività della sospensione a tutte le domande cumulate. Da ultimo, la Suprema Corte rileva che dall’esame del carteggio, nel giudizio de quo, i fatti non risultano sovrapponibili così come le parti in causa non sono le stesse. Infatti, anche ove restasse accertata la responsabilità degli imputati legali rappresentanti , da essa non si potrebbe risalire alla responsabilità civile della società. Ed anzi, in linea di principio, questa viene preclusa dall’accertamento del dolo, che eliderebbe ogni relazione causale. Inoltre, non risulta essere stata individuata -nel provvedimento impugnato la norma che ricollegherebbe all'accertamento del reato un effetto nel giudizio civile e tale non può essere certamente il d.lgs. n. 231/2001 che disciplina la responsabilità amministrativa della persona giuridica e non quella civile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 4 ottobre – 27 novembre 2018, n. 30738 Presidente Lombardo – Relatore Grasso Fatto e diritto ritenuto che la s.r.l. Piemme Costruzioni, premesso che il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 30/6/2017, aveva disposto la sospensione della causa promossa dalla s.r.l. SICET nei confronti della esponente, avente ad oggetto pretesi crediti dell’attrice nei confronti della convenuta subappaltatrice e di quest’ultima, in riconvenzionale, nei confronti della prima, sul presupposto della pendenza di un processo penale, che vedeva come imputati i legali rappresentanti della società convenuta, in ordine al reato di danneggiamento degli appartamenti di cui al contratto oggetto del processo civile, propone regolamento di competenza avverso il provvedimento in parola, esponendo, in sintesi, quanto segue - in precedenza, altra ordinanza 21/1/2013 , con la quale era stata disposta la sospensione della causa civile, era stata annullata dalla Cassazione, con ordinanza n. 3919/2014, a seguito di regolamento proposto dalla medesima parte, non constando all’epoca la pendenza di alcun processo penale - prodotto in giudizio dalla controparte il decreto di rinvio a giudizio nei confronti dei soggetti indicati in premessa, il Tribunale, accolta istanza della SICET, con l’ordinanza impugnata aveva sospeso il giudizio civile - la motivazione addotta era apparente e tautologica, non essendo stato spiegato perché l’esito del processo penale avrebbe avuto effetti su quello civile e, sul punto, il principio espresso in sede di legittimità Cass. n. 15641/2009 era stato riportato mutilato di una parte decisiva dal provvedimento, dovendo ricorrere, perché possa farsi luogo alla sospensione, una ipotesi prevista espressamente dalla legge ovvero la sussistenza di un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità”, al fine di scongiurare conflitto fra giudicati - qui mancava il rapporto di pregiudizialità e la sospensione si poneva in contrasto con il novellato art. 42, cod. proc. civ., e, come aveva affermato questa Corte, con la ragionevole durata del processo, invero a non v’era coincidenza soggettiva b non rilevava la previsione di cui all’art. 75, cod. proc. cod. pen. c non v’era identità di cause ci in ogni caso la domanda di risarcimento per i danni vandalici agli immobili era stata tardivamente avanzata ritenuto che la SICET resiste con memoria difensiva, in seno al quale deduce difetto dello ius postulandi dell’avvocato nominato per il giudizio di merito considerato che il dedotto difetto di ius postulandi non sussiste, avendo questa Corte Sez. 6 n. 28701, 27/12/2013 - Rv. 629748 - conf nn. 3538/1995, Rv. 491400 4345/2012, Rv. 621751 reiteratamente affermato che in materia di regolamento facoltativo di competenza, il difensore della parte munito di procura speciale per il giudizio di merito, ancorché non abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, è legittimato alla proposizione dell’istanza di regolamento ove ciò non sia espressamente e inequivocabilmente escluso dal mandato alle liti, in quanto l’art. 47, primo comma, cod. proc. civ. norma speciale che prevale sull’art. 83, quarto collima, cod. proc. civ., il quale presume la procura speciale conferita per un solo grado del giudizio, senza che sia necessaria una successiva ratifica nella specie, una specifica delibera autorizzativi dell’assemblea considerato che il ricorso è fondato per le ragioni di cui appresso a le Sezioni Unite n. 1670, 1/10/2003, Rv. 567287 hanno precisato non essere consentita la sospensione discrezionale del processo, spiegando che nel quadro della disciplina di cui all’art. cod. proc. civ. - come novellato dalla legge 26 novembre 1990 n. 353 - non vi e più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale ove ammessa, infatti, una tale facoltà oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito - si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza art. 3 Cost. e della tutela giurisdizionale art. 2-1 Cost. , sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo ai sensi del nuovo art. 111 Cosi. dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa ope iudicis del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ., di ogni sospensione del processo, quale che ne sia la motivazione, e che il ricorso deve essere accolto ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione ex lege di recente, conf., Sez. 6, n. 23906, 25/11/2010, Rv. 614971 b non solo il giudicato penale ha efficacia di giudicato civile nelle sole ipotesi contemplate dall’art. 654, cod. proc. pen., ma si e avuto modo di affermare Sez. 6, n. 6510, 4/4/2016, Rv. 639706 che non sussiste rapporto di pregiudizialità tra il processo penale avente ad oggetto i reati di falso e truffa ed il processo civile volto ad ottenere una pronuncia ex art. 2932 c.c., atteso che, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che e oggetto di imputazione nel giudizio penale b1 egualmente anche in relazione al comb. disp. degli arti. 75, cod. proc. pen., 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 attuaz. cod. proc. pen. difatti dispone il predetto art. 75 1. l’azione civile posta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L’esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio il giudice penale provvedere anche sulle spese del provvedimento civile. 2. L’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile. 3. Se l’azione è posta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge”. b2 Il giudizio civile può essere sospeso, ai sensi degli arti. 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. pen., ove una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto di tale giudizio, purché la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile pertanto, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso la configurabilità di una relazione di pregiudizialità fra un giudizio civile, relativo alla corresponsione della provvigione nell’ambito di un rapporto di mediazione, ed uno penale, concernente fatti di reato asseritamente commessi dal legale rappresentante della società richiedente detta provvigione in concorso con la proprietaria dell’immobile oggetto delle trattative di vendita - Sei. 6, n. 18202, 11/7/2018, Rv. 649656 - b2 anche nei casi in cui si e giudicato con meno rigore il nesso d’invincibile dipendenza, la piena identità dei fatti materiali viene giudicata irrinunciabile, come nel caso di cui alla ordinanza n. 673, 15/1/2014 Rv. 630346 , con la quale di è affermato che la sospensione necessaria del giudizio civile, secondo citiamo dispongono gli arte 295 cod. proc. civ., 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. pen., richiede l’identità dei fatti materiali oggetto di accertamento in entrambi i giudizi, con l’eccezione delle limitate ipotesi previste dall’art. 75, terzo comma, cod. proc. peti. c nel caso in esame, in primo luogo, deve osservarsi che la domanda per risarcimento aquiliano assorbita la dedotta questione d’intempestività ben poteva e doveva essere separata da duella contrattuale art. 103, cod. proc. civ. , infatti, la sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente ad una soda di più domande cumulate nello stesso processo a norma dell’art. 104 cod. proc. civ. non è idonea, di per sé, a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, giacché l’art. 103, comma secondo, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 104, comma secondo, del medesimo codice, attribuisce al giudice il potere di disporre la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo ovvero di non disporla quando in concreto la separazione non risulti opportuna peraltro, poiché la sospensione del processo rappresenta un’evenienza che interferisce sul suo normale svolgimento e la sua disciplina l’improntata a maggior rigore, incidendo sul principio della ragionevole durata del processo, il giudice, quando venga in rilievo una causa di sospensione relativa ad una sola delle domande cumulate nello stesso processo, deve fornire adeguata motivazione delle ragioni di opportunità del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali quanto alla separazione delle cause e quindi della decisione di estendere l’ambito di operatività della sospensione a tutte le domande cumulate Sez. L. n. 21029, 2/11/2004, Rv. 577908 c1 i fatti non sono sovrapponibili e le parti in causa non sono le stesse 1. anche ove restasse accertata la responsabilità degli imputati da essa non potrebbe risalirsi tout court a quella civile della società, anzi, in linea di principio preclusa dall’accertato dolo, che eliderebbe ogni relazione causale 2. non risulta essere stata individuata la norma che ricollegherebbe all’accertamento del reato un effetto nel giudizio civile e tale non potrebbe giammai essere l’art. 5 del d. lgs. n. 231/2001, il quale disciplina al responsabilità amministrativa della persona giuridica, e non di certo quella civile 3. non si riscontra, come si è anticipato, la fattispecie regolata dall’art. 73, comma 3, cod. proc. pen. considerato che all’esposto consegue la cassazione del provvedimento impugnato con restituzione degli atti per il prosieguo al Giudice del merito, il quale regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rimette le parti, anche per le spese del regolamento di competenza, davanti al Tribunale di Firenze, con riassunzione nel termine di cui all’art. 50, cod. proc. civ., decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.