Autovelox nel senso di marcia opposto? La sanzione va annullata

Se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia, il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento degli agenti stradali con contestazione differita possono ritenersi legittimi solo se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico, ma sulla carreggiata o corsia opposta, che non abbiano costituito oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo.

Così la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 30323/18, depositata il 22 novembre. La vicenda processuale. Un automobilista interponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace avverso un processo verbale di contravvenzione elevato dalla Polizia Locale per violazione dell’art. 142, comma 8, c.d.s Il ricorso veniva accolto. Proposto appello dal Comune, il Tribunale confermava la sentenza impugnata. Per il giudice di secondo grado era illegittima l’apposizione dell’autovelox sul lato destro della carreggiata, anziché sul lato sinistro come invece era stato autorizzato dall’Ente proprietario della strada. Ricorre per Cassazione il Comune. Autorizzazione prefettizia. A dire del Comune, il Tribunale aveva errato nella decisione per non aver applicato l’art. 4 d.l. n. 121/2002 conv. l. n. 168/2002 che conferisce al Prefetto la competenza di individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati i dispositivi di controllo della velocità senza che venga specificato il senso di marcia veicolare. Nel caso di specie, inoltre, il Prefetto aveva autorizzato l’installazione di due manufatti prefabbricati contenenti strumenti fissi per la rilevazione della velocità lungo il tratto di strada sia del lato destro che del lato sinistro. Per gli Ermellini il ricorso è infondato. Innanzi tutto, il Supremo Collegio evidenzia che, seppur l’autorizzazione prefettizia fosse stata disposta per l’installazione dei manufatti su entrambi i lati della strada, il prefabbricato di rilevazione era stato realizzato solo per un senso di marcia e nel lato opposto a quello indicato nel provvedimento di autorizzazione. Pertanto la rilevazione della velocità degli autoveicoli provenienti nel senso di marcia opposto a quello ove insiste lo strumento di rilevazione non poteva essere segnalato adeguatamente agli automobilisti tanto perché la segnaletica di avviso non può indicare l’esistenza di uno strumento di rilevazione della velocità in un altro senso di marcia. In conclusione. Ogni strada, dunque, nella sua autonomia deve mantenere una segnaletica che la riguarda, senza poter riportare indicazioni che concernono altra strada, anche se quest’ultima è identificata con il senso di marcia opposto. Il che determina l’illegittimità derivata dell’impugnato verbale di contestazione essendovi un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata tra l’atto autorizzato dall’ANAS illegittimamente seguito ed il verbale di accertamento in questione. Ulteriori argomentazioni si traggono dal richiamo alla sentenza n. 1026/13 della Cassazione secondo cui in tema di violazioni del codice della strada, l'art. 4 d.l. 20 giugno 2002, n. 121 convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 168 conferisce al prefetto la competenza ad individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati dispositivi di controllo della velocità, ma non richiede che il provvedimento prefettizio specifichi il senso di marcia interessato dalla rilevazione . Se ciò è esatto, a contrario si può tranquillamente desumere che se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia, il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento degli agenti stradali possono ritenersi legittimi solo se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico, ma sulla carreggiata o corsia opposta. Ciò perché, come detto, non ha potuto costituire oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 maggio – 22 novembre 2018, n. 30323 Presidente D’Ascola – Relatore Scalisi Fatti di causa e ragioni della decisione D.D.B. con ricorso del 24.05.2013, interponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Isernia, avverso il processo verbale di contravvenzione n. omissis elevato dalla Polizia Municipale del Comune di omissis , per violazione dell’art. 142/8 del C.d.S Il Comune di Macchia di Isernia si costituiva ritualmente in giudizio contestando la domanda, producendo documentazione a sostegno della propria tesi difensiva, formulando, altresì, richieste istruttorie e concludeva per il rigetto della opposizione con vittoria di spese e competenze del giudizio. Il Giudice di Pace, con ordinanza resa fuori udienza disattendeva la richiesta di prova testimoniale articolata dall’Ente Comunale e con sentenza n. 565 del 2013 accoglieva l’opposizione e annullava il verbale di contravvenzione impugnato. Avverso questa sentenza interponeva appello il Comune di omissis ribadendo la legittimità del verbale di contestazione e chiedendo la riforma integrale della sentenza del Giudice di Pace. Si costituiva D.D.B. chiedendo il rigetto del gravame. Il Tribunale di Isernia con sentenza n. 127 del 2017 rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata. Secondo il Tribunale di Isernia era illegittima l’apposizione dell’autovelox sul lato destro della carreggiata della omissis nella direzione di marcia omissis ossia da in Direzione omissis anziché sul lato sinistro come invece autorizzato dall’Ente proprietario della strada. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Comune di omissis con ricorso affidato a due motivi. D.D.B. ha resistito con controricorso. 1.- Il Comune di omissis lamenta a Con il primo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 2697 cod. civ. omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. ed in relazione all’art. 245 cod. proc. civ. Secondo il ricorrente sia il Giudice di Pace che il Tribunale avrebbero ritenuto di non ammettere la prova testimoniale tempestivamente richiesta senza alcuna motivazione. b con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 2697 cod. civ. omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. nonché ed in relazione all’art. 4 del Dl n. 121 del 2002, convertito in legge n. 168 del 2002 e dell’art. 2 del DM 15 agosto 2007, nonché in relazione al Dlgs n. 231 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe errato nel ritenere illegittimo il posizionamento dell’apparecchiatura sul lato destro anziché sull’alto sinistro dir. di marcia Isernia Venafro, non tenendo presente che l’art. 4 del Dl n. 121 del 202 convertito con legge n. 168 del 2002 conferisce al Prefetto la competenza di individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati i dispositivi di controllo della velocità senza che sia specificato il senso di marcia. Nel caso specifico poi il Prefetto aveva autorizzato l’installazione di due manufatti prefabbricati contenenti strumenti fissi per la rilevazione della velocità degli autoveicoli in transito lungo il tratto di strada omissis ricadente nel Comune di omissis e precisamente al Km. 36+777 lato sinistro direzione di marcia e Km. 37+434 lato destro direzione di marcia . Su proposta del relatore, il quale riteneva che i motivi formulati con il ricorso potessero essere rigettati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 1 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Rileva il collegio che il ricorso è infondato e deve essere rigettato, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c In via preliminare va disattesa la tesi di parte controricorrente secondo cui il Comune di omissis avrebbe chiesto il rigetto del ricorso per cassazione, perché, come si evince con chiarezza dallo stesso ricorso, il Comune ha chiesto il rigetto del ricorso contro la sanzione e non il rigetto del ricorso per cassazione che, invece, ha sviluppato in due motivi di censura. 1.1.- Il primo motivo è inammissibile sia perché il Tribunale ha motivato il rigetto della richiesta della prova testimoniale e, comunque, perché generico posto che il ricorrente nel denunciare la mancata ammissione della prova testimoniale tempestivamente richiesta non indica il contenuto della dedotta prova e soprattutto non indica in che modo il capitolato della prova testimoniale, se espletato, avrebbe comportato una decisione, sicuramente, diversa da quella impugnata. 1.2.- Il secondo motivo è infondato perché, come lo stesso ricorrente riconosce, l’apposizione del prefabbricato contenente uno strumento per la rilevazione della velocità degli autoveicoli in transito, era stata autorizzata per entrambi i sensi di marcia ma veniva realizzato per un solo senso di marcia apponendo il prefabbricato di rilevazione in una carreggiata opposta al senso di marcia indicato nel provvedimento di autorizzazione. Ora, pur riconoscendo la possibilità che un rilevatore della velocità, posto in un senso di marcia, possa rilevare la velocità degli autoveicoli provenienti dal senso di marcia opposto, tuttavia, la rilevazione della velocità degli autoveicoli provenienti nel senso di marcia opposto a quello ove esiste il rilevatore non sarebbe legittima perché lo strumento di rilevazione non sarebbe stato e non avrebbe potuto essere segnalato adeguatamente dato che la segnaletica di avviso non potrebbe indicare l’esistenza di uno strumento di rilevazione della velocità in un altro senso di marcia. Senza dire che il senso di marcia è identificativa di una strada che non può essere indicata unitariamente con la strada di senso contrario, e dunque ogni strada nella sua autonomia deve mantenere la segnaletica che la riguarda senza poter riportare indicazioni che riguardano altra strada sia pure identificata con il senso di marcia contrario. Il Comune di omissis , insomma, ha ritenuto di collocare un semplice prefabbricato considerandolo, e non lo avrebbe potuto fare, operativo per entrambi i sensi di marcia, senza tenere conto che il prefabbricato installato, per il senso stesso dell’autorizzazione, era legittimato a rilevare la velocità dei soli veicoli provenienti in quel senso di marcia ma non anche, come è avvenuto nel caso in esame, per le autovetture che provenivano dalla direzione opposta. La sentenza impugnata, pertanto, non merita la censura che le è stata rivolta, anzi correttamente afferma che l’autovelox in questione è illegittimamente posto sul lato destro della careggiata nella direzione di marcia omissis . Il che determina l’illegittimità derivata dall’impugnato verbale di contestazione essendovi . un rapporto di presupposizione - consequenzialità immediata tra l’atto autorizzato dall’A.N.A.S. illegittimamente seguito ed il verbale di accertamento de quo . . Pertanto, qualora - come verificatosi nella fattispecie - il decreto prefettizio abbia previsto la legittima installazione lungo un solo senso di marcia che nel caso in esame avrebbe dovuto essere posizionato nella direzione omissis ed, invece, l’accertamento sia stato effettuato mediante la rilevazione di un autovelox posizionato sul contrapposto senso di marcia, ne consegue che - difettando a monte l’adozione di uno specifico provvedimento autorizzativo - il relativo verbale di contestazione differita della violazione di cui all’art. 142 c.d.s. debba ritenersi affetto da illegittimità derivata , come statuito dal Tribunale di Isernia con la sentenza qui impugnata senza che possano assumere rilevanza, al riguardo, eventuali note chiarificatrici successivamente approntate dalla competente P.A., a fronte di una precisa indicazione sulle modalità e sul punto di installazione dell’autovelox rinvenibile direttamente nel decreto autorizzativo . E del resto questo principio si ricava da quanto affermato da questa Corte cfr. Cass. n. 10206/2013 , in base al quale, in tema di violazioni del codice della strada, se è pur vero che il più volte richiamato art. 4 del d.l. 20 giugno 2002, n. 121 convertito, con modificazioni, nella legge 1 agosto 2002, n. 168 conferisce al prefetto la competenza ad individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati dispositivi di controllo della velocità, precisandosi che detta norma non richiede che il provvedimento prefettizio specifichi necessariamente il senso di marcia interessato dalla rilevazione, argomentando a contrario si desume che se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia come accaduto nel caso sottoposto all’esame del giudice di appello , il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento con contestazione differita degli agenti stradali intanto potranno ritenersi legittimi se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico ma sulla carreggiata o corsia opposta, che non abbiano costituito oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che liquida in Euro 600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali pari al 15% dei compensi ed accessori nella misura di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. 115/02, come modif. dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.