Richiesta di equa riparazione in caso di avviso di pubblicazione della sentenza via PEC

Fermo restando che, in tema di irragionevole durata del processo, il termine per la proposizione della domanda di riparazione decorre dal momento in cui la parte ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento, gli Ermellini cassano una sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma aveva ritenuto che, nonostante la mancanza della prova dell’avvenuta consegna dell’avviso telematico di deposito della sentenza, il ricorrente ne avesse comunque avuto conoscenza.

La vicenda. Con l’ordinanza n. 27250/18, depositata il 26 ottobre, la Suprema Corte ha accolto il ricorso avverso una pronuncia della Corte d’Appello di Roma con cui era stata rigettata la richiesta di equo indennizzo per irragionevole durata di un procedimento amministrativo, durato complessivamente 18 anni. In particolare, la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il ricorso per tardività perché posto ad oltre due anni di distanza dal deposito della sentenza del Consiglio di Stato, ritenendo inverosimile che il ricorrente non avesse avuto notizia della decisione perché avvisato con modalità telematica. Conoscenza della sentenza. Il soccombente ha proposto ricorso in Cassazione deducendo l’invalidità della comunicazione della cancelleria per la mancanza della prova dell’avvenuta notificazione. Il Collegio, ritenendo fondata la censura, ricorda che, in tema di irragionevole durata del processo, il termine per la proposizione della domanda di riparazione ex art. 4 l. n. 89/2001 decorre solo dal momento in cui la parte ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento che definisce il giudizio presupposto. La sentenza impugnata, pur avendo rilevato la mancanza della prova dell’avvenuta consegna dell’avviso di deposito della sentenza, ha dichiarato tardivo il ricorso sul presupposto che il ricorrente ne avesse comunque avuto conoscenza ponendosi così in contrasto con il summenzionato principio. In tema di comunicazioni a mezzo PEC, infatti, la ricevuta di avvenuta consegna RAC , è idonea a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella PEC del destinatario. La comunicazione ad opera della cancelleria è dunque perfezionata con l’attestazione di ricezione del procuratore – assente nel caso di specie, dove l’unica certezza era l’attestazione della segreteria del Consiglio di Stato della mancata ricezione della comunicazione a mezzo PEC dell’avviso di pubblicazione della sentenza -.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 maggio – 26 ottobre 2018, n. 27250 Presidente Petitti – Relatore Federico Esposizione del fatto Con ricorso ex artt. 2 e 3 l. 89/2001, P.G. adiva la Corte d’Appello di Roma per chiedere il riconoscimento di un equo indennizzo per la non ragionevole durata di un procedimento amministrativo, definito con sentenza di rigetto n. 562/2012 del Consiglio di Stato del 2 febbraio 2012, durato complessivamente 18 anni. La Corte d’Appello di Roma, con decreto n. 1591/2016, statuiva l’inammissibilità del ricorso poiché tardivo ad avviso della Corte, considerato che il ricorso era stato presentato il 24.2.2014, ad oltre due anni di distanza dal deposito della sentenza, doveva ritenersi inverosimile che il ricorrente, cui pure era stato inviato avviso di deposito della sentenza via pec, non avesse avuto notizia della decisione che lo riguardava in tempo utile per evitare la decadenza. Avverso detto decreto propone ricorso P.G. . Il Ministero della Giustizia non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva. Considerato in diritto Con il primo mezzo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l. 89/2001, nonché degli artt. 136 c.p.c., 39 e 136 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per non avere la Corte territoriale rilevato l’invalidità della comunicazione della cancelleria mancante della prova di avvenuta notificazione. Il motivo è fondato. La Corte territoriale ha ritenuto la tardività del ricorso per equo indennizzo, sulla base del fatto che la sentenza del Consiglio di Stato che ha definito il procedimento presupposto risulta depositata il 2.2.2012 mentre il ricorso per equa riparazione è stato presentato il 24.2.2014 ed ha pertanto ritenuto inverosimile che il ricorrente medesimo non abbia avuto notizia della decisione che lo riguardava in prossimità del deposito e comunque in tempo utile per evitare la decadenza ex art. 4 l. 89/2001. La Corte ha inoltre ritenuto che, seppure risultava la mancata prova della consegna dell’avviso di pubblicazione della sentenza all’avv. Sarro, doveva ritenersi che l’avviso fosse stato consegnato al secondo difensore, stante il tenore dell’attestazione di cancelleria in atti . Conviene premettere che in tema di irragionevole durata del processo, il termine della domanda di riparazione, ai sensi dell’art. 4 della I. n. 89 del 2001, decorre solo da quando la parte ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento che definisce il giudizio presupposto nella specie, solo dalla comunicazione e non dal deposito della sentenza di cassazione , valendo il principio per cui il decorso del termine di un atto presuppone che l’interessato conosca il dies a quo . Cass. 21294/2015 . Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur rilevando che mancava la prova dell’avvenuta consegna dell’avviso di deposito della sentenza, ha affermato la tardività del ricorso, ritenendo di poter comunque presumere l’avvenuta conoscenza della sentenza in capo all’odierno ricorrente. Tale statuizione non è conforme a diritto. Ed invero, avuto riguardo alle comunicazioni tramite Pec, la cd. ricevuta di avvenuta consegna RAC , costituisce il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario Cass. 26773/2016 . Di conseguenza, perché la comunicazione via Pec ad opera della cancelleria possa dirsi perfezionata è necessario che essa sia corredata dall’attestazione di ricezione del procuratore, attestazione che nel caso di specie difettava, mentre l’unico elemento certo era costituito dall’attestazione della Segreteria del Consiglio di Sato, datata 4.2.2014 della mancata ricezione della comunicazione via PEC dell’avviso di pubblicazione della sentenza che ha definito il giudizio presupposto. Il ricorso va quindi accolto, con cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, anche per le spese del giudizio di cassazione.