Avvocato che si difende in proprio e nomina di un altro difensore: conseguenze

La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore, non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, comma 2, c.c

La Seconda Sezione Civile della Cassazione ordinanza n. 26887/18, depositata il 23 ottobre , tratta svariati aspetti processuali, tra cui quello del momento dal quale decorre il termine breve per l’impugnazione in caso di notifica della sentenza in formula esecutiva unitamente al precetto all’avvocato che si difende anche in proprio. Il caso. Un avvocato agiva contro una società e nei confronti di un altro avvocato per ottenere il pagamento di quanto ritenuto dovuto per compensi professionali. Peraltro, le ragioni del coinvolgimento del legale convenuto non emergono con immediatezza dalla sentenza qui segnalata. In ogni caso, il Tribunale, in primo grado, condannava la società al pagamento di un importo molto inferiore circa € 2.000 rispetto a quanto richiesto più di € 11.000 , mentre le domande svolte nei confronti dell’avvocato convenuto veniva dichiarate inammissibili. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione. Seguiva il ricorso per cassazione svolto sia nei confronti della società, sia dell’avvocato convenuto in giudizio. Inammissibile il ricorso proposto contro l’avvocato convenuto in giudizio. Anzitutto, la Suprema Corte esamina una eccezione di tardività del ricorso proposto contro il difensore coinvolto nel giudizio. Eccezione ritenuta fondata. Infatti, la sentenza della Corte d’appello era stata notificata dall’avvocato convenuto in giudizio in formula esecutiva ed unitamente al precetto presso lo studio professionale del difensore attore, che si difendeva in proprio. Ma la nomina, in corso di causa in appello , di un altro difensore, non era rilevante? Risposta negativa della Cassazione. Infatti, non è emersa dagli atti alcuna manifestazione di volontà da parte dell’avvocato attore di rinunciare alla propria difesa personale e di costituire il Collega come difensore unico tanto è vero che successivamente alla nomina, l’avvocato che si difendeva in proprio aveva sottoscritto una comparsa conclusionale . Trova quindi applicazione il principio secondo cui, la nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore, non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, comma 2, c.c Il ricorso per cassazione era quindi tardivo tenuto conto che la notifica della sentenza alla parte che si difende in proprio, regolarmente eseguita nel suo studio professionale, è idonea a far decorrere il termine breve pur se eseguita in forma esecutiva, insieme al precetto, ai sensi dell'art. 479 c.p.c Chi si difende in proprio è comunque attrezzato per valutare la portata della notifica della sentenza. Secondo gli Ermellini, inoltre, la notifica della sentenza alla parte che si difende in proprio, regolarmente eseguita nel suo studio professionale, è idonea a far decorrere il termine breve pur se tale parte, oltre a difendersi in proprio, abbia nominato difensore anche un altro avvocato e nello studio di quest'ultimo si sia domiciliata. Questo perché la parte che avendo la necessaria qualifica professionale si difenda in proprio, è in grade di valutare tecnicamente la sentenza che le sia stata notificata e gli effetti della relativa notifica ed ha gli stessi poteri, facoltà ed oneri che fanno capo al difensore domiciliatario, cosicché essa non può restare inerte. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile nei confronti dell’avvocato coinvolto in giudizio. Il ricorso contro la società debitrice ricorso notificato telematicamente inammissibile per difformità dal modello legale? Un’altra eccezione viene esaminata inammissibilità dell’impugnazione per nullità del ricorso e della relativa notifica, giacché il ricorso, notificato telematicamente sarebbe stato redatto in formato non conforme alle regole introdotte dal d.m. n. 44/2011 e, precisamente, con l'estensione .docx” e la relativa notifica risulterebbe pure essa redatta in formato .docx” inoltre, sarebbe priva tanto dell' indicazione del registro ufficiale da cui è state tratto l'indirizzo di posta elettronica del destinatario quanta della dichiarazioni di conformità. Se è stato raggiunto lo scopo, non ci sono problemi. Ma tutti questi rilievi vengono rigettati dalla Suprema Corte risultando assorbente il fatto che in ogni caso essi devono ritenersi comunque sanati per raggiungimento della scopo ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c In materia le Sezioni Unite sentenza n. 7665/2016 , hanno chiarito che la irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento della scopo legale. La società debitrice non aveva validamente contestato il quantum preteso? Secondo il ricorrente doveva trovare applicazione il principio di non corretta contestazione, di cui all’art. 115 c.p.c., per cui i giudici di merito avrebbero dovuto – in ragione di una mancata valida contestazione – liquidare le somme così come richieste a titolo di compenso professionale. Tuttavia, gli Ermellini osservano che la società convenuto aveva chiesto la riconduzione del quantum in un ambito di equità e giustizia” e tale richiesta si risolve in una palese contestazione dell'ammontare preteso dal professionista, del quale si denuncia la iniquità e l'ingiustizia. Ma le voci della notula non devono essere contestate una ad una? In questo caso, no, secondo la Cassazione. Infatti, il principio per cui le voci elencate nella notula non possono essere disconosciute dal giudice, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non risulta pertinente al caso in esame, perché la Corte di Appello non ha disconosciuto la prestazione di specifiche voci, ma ha liquidato il loro compenso sui minimi invece che sui massimi di scaglione. La domanda del professionista attore era stata accolta solo parzialmente? Secondo il professionista, la sentenza della Corte territoriale era altresì errata laddove era stata ritenuta giustificata la riduzione delle spese di lite in ragione della riduzione dell’importo infine riconosciuto rispetto alla pretesa iniziale. Quindi, secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere solo parzialmente e non integralmente accolta la domanda da lui proposta. Ma anche questa censura viene scartata dagli Ermellini, in base a principi consolidati in materia, a tenore dei quali la riduzione anche sensibile della somma richiesta con la domanda, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, ugualmente può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese parimenti, giustifica la compensazione delle spese la circostanza che la parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all'entità del bene che voleva conseguire. La liquidazione delle spese del giudizio di appello era errata? Secondo il ricorrente l’errore consisteva nell’aver la Corte d’Appello liquidato le spese del grado di giudizio nei valori massimi dallo scaglione tariffario. Ma si tratta, a detta degli Ermellini, di un motivo inammissibile, perché, come ha avuto più volte occasione di precisare la Cassazione, in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità. In conclusione, il ricorso per cassazione è stato respinto, con condanna alle spese.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 9 maggio – 23 ottobre 2018, n. 26887 Presidente Orilia – Relatore Cosentino Fatto e diritto Rilevato che l’avv. P.D. ha chiesto la cassazione della pronuncia con cui la corte di appello di Milano ha rigettato il suo appello contro la sentenza del tribunale di Lecco che aveva condannato la Cimel s.r.l. a corrispondergli, a titolo di corrispettivo per attività professionali, soltanto la somma di Euro 1.852,83, oltre IVA e CPA a fronte di una richiesta di Euro 11.119,69 e aveva dichiarato inammissibili le domande da lui rivolte nei confronti dell’avv.ssa M.C. che il ricorso per cassazione dell’avv. P. si articola in cinque motivi che nel presente giudizio di legittimità la Cimel s.r.l. e l’avv.ssa M. si sono costituiti con separati contro ricorsi che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018, per la quale solo il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per la inammissibilità del ricorso contro l’avv.ssa M. ed il rigetto del ricorso contro la Cimel s.r.l. considerato che preliminarmente devono essere esaminate l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso formulata dall’avv.ssa M. e le eccezioni di nullità del ricorso e della notifica formulate dall’avv.ssa M. e dalla Cimel s.r.l. che l’avv.ssa M. ha eccepito l’inammissibilità per tardività del ricorso, in quanto proposto il 1.10.2014 avverso sentenza da lei notificata al ricorrente, in forma esecutiva, in data 31.1.2014 che la notifica della sentenza risulta correttamente eseguita dall’avv.ssa M. all’avv. P.D. che si difendeva in proprio, come dichiarato nell’atto di citazione in appello , nel di lui studio che a nulla rileva, in proposito, che nelle more del giudizio di appello, con atto datato 4 luglio 2011, l’avv. P.D. avesse nominato proprio difensore l’avv. P.G. , eleggendo domicilio nello studio di quest’ultimo che infatti dagli atti non emerge alcuna manifestazione di volontà di P.D. di rinunciare alla propria difesa personale e di costituire l’avv. P.G. come difensore unico, come fatto palese dal rilievo che la comparsa conclusionale di parte appellante nel giudizio di secondo grado, datata 5 novembre 2013, risulta sottoscritta da P.D. e non da P.G. che, pertanto, la nomina dell’avv. P.G. si aggiungeva alla difesa in proprio, senza farla venire meno cfr. Cass. 8525/17 La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall’art. 1716, comma 2, c.c. che la notifica della sentenza alla parte che si difende in proprio, regolarmente eseguita nel suo studio professionale, è idonea a far decorrere il termine breve pur se eseguita in forma esecutiva, insieme al precetto, ai sensi dell’art. 479 c.p.c. Cass. 15176/00, Cass. 13536/11, Cass. 18053/17 che, sotto altro aspetto, la notifica della sentenza alla parte che si difende in proprio, regolarmente eseguita nel suo studio professionale, è idonea a far decorrere il termine breve pur se tale parte, oltre a difendersi in proprio, abbia nominato difensore anche un altro avvocato e nello studio di quest’ultimo si sia domiciliata che infatti la parte che - avendo la necessaria qualifica professionale - si difenda in proprio, è in grado di valutare tecnicamente la sentenza che le sia stata notificata e gli effetti della relativa notifica ed ha gli stessi poteri, facoltà ed oneri che fanno capo al difensore domiciliatario, cosicché essa non può restare inerte cfr. Cass. 5759/04 Quando la parte sia rappresentata in giudizio da due procuratori, ove la notifica della sentenza nella specie, d’appello sia fatta ad entrambi, il termine per l’impugnazione nella specie, ricorso per cassazione decorre dalla prima notifica, anche se effettuata presso il procuratore non domiciliatario, atteso che i poteri, le facoltà e gli oneri che fanno capo al difensore domiciliatario sono identici a quelli che ineriscono al mandato del difensore non domiciliatario, con la conseguenza che quest’ultimo non può restare inerte conf. Cass. 8169/04, Cass. 2774/11 che alla luce delle considerazioni che precedono, la notifica della sentenza eseguita dall’avv.ssa M. nei confronti dell’avv. P.D. in data 31.01.2014 deve giudicarsi rituale e, conseguentemente, idonea a far decorrere il termine breve per proporre l’impugnazione avverso l’avv.ssa M. ai sensi degli articoli 325 e 326 cod. proc. civ. che l’eccezione di tardività del ricorso proposta dall’avv.ssa M. deve essere dunque accolta e - non ricorrendo una ipotesi di inscindibilità tra le cause che il ricorrente ha instaurato nei confronti della Cimel s.r.l., da un lato, e nei confronti dell’avv.ssa M. , dall’altro - il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti di quest’ultima, con assorbimento delle eccezioni di nullità del ricorso e della relativa notifica sollevate dalla medesima avv.ssa M. che la Cimel s.r.l. oltre che la stessa avv.ssa M. ha eccepito la inammissibilità dell’impugnazione sul rilievo della nullità del ricorso e della relativa notifica, giacché il ricorso, notificato telematicamente, sarebbe stato redatto in formato non conforme alle regole introdotte dal D.M. n. 44/2011 e, precisamente, con l’estensione .docx e la relativa notifica risulterebbe pur essa redatta in formato .docx e, inoltre, sarebbe priva tanto dell’indicazione del registro ufficiale da cui è stato tratto l’indirizzo di posta elettronica del destinatario quanto della dichiarazioni di conformità che, a prescindere dall’accertamento della concreta sussistenza dei suddetti vizi, risulta assorbente il rilievo che in ogni caso gli stessi devono ritenersi comunque sanati per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ. va qui infatti richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte che, nella sentenza n. 7665/2016, hanno chiarito che la irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale che, passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo motivo riferito all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 115 cod. proc. civ. - si censura la sentenza gravata per aver liquidato il compenso dovuto dalla Cimel s.r.l. all’avv. P. in misura inferiore a quanto da lui richiesto, nonostante che la contestazione mossa dalla Cimel s.r.l. in ordine al quantum del corrispettivo fosse inammissibile perché priva di specificità con la conseguenza che la corte di appello avrebbe errato nel disattendere la richiesta di onorari calcolati nel massimo dello scaglione in difetto di prova dell’importanza delle questioni trattate che al riguardo si osserva che nello stesso ricorso pag. 5 si riferisce che la Cimel s.r.l. aveva chiesto la riconduzione del quantum in un ambito di equità e giustizia e tale richiesta si risolve in una palese contestazione dell’ammontare preteso dal professionista, del quale si denuncia la iniquità e l’ingiustizia che, d’altra parte, il richiamo del ricorrente al principio - enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 14699/10 - che le voci elencate nella notula non possono essere disconosciute dal giudice, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non risulta pertinente al caso in esame, perché la corte di appello non ha disconosciuto la prestazione di specifiche voci, ma ha liquidato il loro compenso sui minimi invece che sui massimi di scaglione che pertanto il primo mezzo di impugnazione non può trovare accoglimento che con il secondo motivo - riferito all’articolo 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 115 cod. proc. civ. e 1176 e seguenti cod. civ. - il ricorrente impugna la statuizione della sentenza gravata che, disattendendo il motivo di appello da lui proposto, ha ritenuto giustificata la decisione con cui il giudice di primo grado, a fronte della consistente riduzione dell’importo accertato in suo favore pari a circa un decimo della domanda originaria , ha stabilito di contenere in misura proporzionale il diritto dell’attore alla rifusione delle spese, riducendolo ad un terzo del totale pag. 9 della sentenza che nel motivo si argomenta che la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere solo parzialmente e non integralmente accolta la domanda da lui proposta nei confronti della Cimesl s.r.l. e si deduce che la domanda giudiziale dovrebbe ritenersi accolta integralmente pur quando il giudice abbia rideterminato in misura diversa il quantum della prestazione che il motivo va giudicato infondato, avendo questa Corte già chiarito che la riduzione anche sensibile della somma richiesta con la domanda, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, ugualmente può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese Cass. n. 16526/05 e che, parimenti, giustifica la compensazione delle spese la circostanza che parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all’entità del bene che voleva conseguire Cass. n. 4690/04 si veda anche, in termini, Cass. 22388/12, in motivazione che con il terzo e quarto motivo di ricorso, riferiti all’articolo 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 91 cod. proc. civ. e il vizio di contraddittorietà della motivazione in relazione alle statuizione della sentenza gravata che ha ritenuto giustificata la compensazione delle spese di lite operata dal giudice di primo grado tra di lui e l’avv.ssa M. terzo motivo e in relazione alle statuizione della sentenza gravata che non ha compensato le spese del giudizio di appello tra di lui e l’avv.ssa M. quarto motivo che su tali motivi non vi è luogo a pronuncia, poiché entrambi attingono statuizioni relative alla posizione dell’avv.ssa M. , nei cui confronti il ricorso per cassazione è inammissibile per tardività che con il quinto ed ultimo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 91 cod. proc. civ. e del D.M. n. 140 del 2012, nonché l’illogicità della motivazione, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa liquidando le spese del giudizio di secondo grado - poste a carico dell’odierno ricorrente tanto nei confronti della Cimel s.r.l. quanto nei confronti della avv.ssa M. - nei valori massimi dello scaglione tariffario che tale motivo va rigettato perché l’entità della liquidazione delle spese processuali è censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo, non dedotto, del superamento dei minimi o dei e massimi cfr. Cass. n. 20289/2015 in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità che quindi in definitiva il ricorso proposto contro la Cimel s.r.l. va rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola mentre il ricorso avverso l’avv.ssa M. va dichiarato inammissibile in accoglimento dell’eccezione di inammissibilità per tardività dello stesso che le spese seguono la soccombenza che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ex articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/02. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti dell’avv.ssa M. e rigetta il ricorso nei confronti della società Cimel s.r.l Condanna il ricorrente a rifondere alle contro-ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che, per ciascuna delle parti contro ricorrenti, liquida in Euro 1.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.