La nullità della notificazione e le ipotesi di difformità dal modello legale

In tema di notificazioni, l’inesistenza della notifica si ha, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui l’attività posta in essere sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione. Tutte le altre ipotesi di difformità dal modello legale rientrano nella categoria della nullità.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 26601/18 depositata il 22 ottobre. Il caso. Gli opponenti proponevano opposizione contro l’avviso del commissario regionale per la liquidazione degli usi civici in Abruzzo, con cui si comunicava l’avvenuto deposito del progetto di sistemazione di un comprensorio nella segreteria del Comune. L’immobile era stato acquistato dal vescovo della diocesi. Adita in secondo grado la Corte d’Appello affermava l’inammissibilità del reclamo dato che esso era stato regolarmente notificato al vescovo, contumace nel giudizio, ma non anche al controinteressato alla riforma del comprensorio, ossia il Comune che era stato parte del giudizio di primo grado. In particolare, l’atto era stato notificato agli avvocati che avevano difeso allora il Comune ma che ora non avevano più collegamento col Comune stesso. Contro tale decisione è proposto ricorso in Cassazione. L’esistenza della notificazione. Va detto che al Comune coinvolto nel giudizio doveva essere necessariamente notificato il reclamo, a pena di inammissibilità. Al riguardo, come già affermato dalla Suprema Corte, l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità . I suddetti elementi consistono nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto riconosciuto dalla legge come qualificato a farlo nella fase di consegna, inteso come il momento in cui si raggiunge l’esito positivo della notificazione. Per dette ragioni, la notifica al Comune, avvenuta mediante consegna del reclamo ai difensori del precedente giudizio commissariale, non si deve considerare inesistente, ma nulla, con la conseguenza che il giudice doveva disporre la rinnovazione dell’atto ai sensi dell’art. 291 c.p.c., a fronte della manata costituzione del Comune nel successivo giudizio. Dunque, il motivo di ricorso va accolto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 marzo – 22 ottobre 2018, n. 26601 Presidente Manna – Relatore Besso Marcheis Fatti di causa 1. La causa trae origine dall’opposizione proposta nel 1957 da T.P. , L. e D. contro l’avviso del commissario regionale per la liquidazione degli usi civici in Abruzzo, con il quale si comunicava l’avvenuto deposito, nella segreteria del comune di Valle Castellana, del progetto di sistemazione del comprensorio sito in contrada omissis , comprensorio che gli opponenti affermavano di aver acquistato dal vescovo della diocesi di Ascoli Piceno l’opposizione è stata decisa nel 1985 con la dichiarazione della natura demaniale dei terreni contro la decisione è stato fatto valere reclamo davanti alla Corte d’appello di Roma, che, dopo tre rimessioni al commissario e successive riassunzioni, ha chiuso il giudizio - con sentenza 7 maggio 2014, n. 14 - affermando l’inammissibilità del reclamo. La Corte ha rilevato che il reclamo era stato ritualmente notificato al vescovo di Ascoli Piceno, contumace nel giudizio commissariale, ma non anche all’unico controinteressato alla riforma, il comune di Villa Castellana che era stato parte, ancorché contumace, del giudizio di primo grado l’atto era infatti stato notificato al comune presso gli avvocati che avevano difeso il comune nel giudizio commissariale conclusosi con la sentenza n. 36/1991 e che erano ormai privi di qualsiasi collegamento con il comune, così che la notificazione doveva ritenersi inesistente non si poteva procedere all’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., in quanto l’art. 4 della legge 1078/1930 prevede a pena di inammissibilità la notifica del reclamo avverso la decisione del commissario degli usi civici a tutti i controinteressati alla riforma entro il termine perentorio di trenta giorni. Contro la pronuncia n. 14/2014 ricorre in cassazione D.N.S. . Gli intimati comune di Valle Castellana e il vescovo della Diocesi di Ascoli Piceno non hanno svolto difesa alcuna. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è articolato in tre motivi. a Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 101, 112, 116, 183, comma 4, 157, comma 3, e 394 c.p.c., 24 e 111 Cost. la Corte d’appello avrebbe deciso la vicenda sulla base di un motivo non dedotto, sul quale non si è realizzato alcun contraddittorio, inaudita altera parte . Il motivo è inammissibile la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio, che il giudice ha l’obbligo di effettuare in limine litis, non è certamente condizionata alla formulazione di un motivo, né, nel caso di specie, si può parlare di un rilievo operato inaudita altera parte solo perché le controparti non si sono costituite e sono state dichiarate contumaci. b Il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 153, comma 2, 184-bis, 294 e 327 c.p.c., 24 e 111 Cost, 47 e segg. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo la giurisprudenza, ad avviso del ricorrente, ha da tempo dato segnali di un approccio più pragmatico rispetto alle notificazioni non andate a buon fine , con un percorso critico che ha portato a rivedere la categoria dell’inesistenza, così che il giudice di merito ha errato a qualificare inesistente la notificazione al comune di Valle Castellana. Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha ritenuto inesistente, e quindi insuscettibile di sanatoria, la notificazione effettuata agli avvocati Marini e Bellisari, che, difensori del comune di Valle Castellana nel precedente giudizio commissariale, erano privi di qualsiasi collegamento con il comune, comune al quale - trattandosi di controinteressato alla riforma della decisione del commissario degli usi civici - andava, ex art. 4 legge 1078/1930, notificato a pena di inammissibilità il reclamo. La qualificazione della notificazione come inesistente non è corretta alla luce dell’attuale orientamento di questa Corte. Come hanno affermato le sezioni unite, l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono a nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato b nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita , restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa Cass., sez. un., 14916/2016 . Pertanto, la notificazione al comune di Villa Castellana, pur essendo stata effettuata ai difensori del precedente giudizio commissariale, andava considerata non inesistente, ma nulla, con la conseguenza che, a fronte della mancata costituzione del comune, il giudice doveva disporre la rinnovazione dell’atto ai sensi dell’art. 291 c.p.c c Il terzo motivo contesta omessa e insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della vicenda, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. la Corte d’appello non avrebbe considerato che il rinvio disposto dal giudice di secondo grado viene a costituire la continuazione del giudizio commissariale. Il motivo è inammissibile esso richiama, nella rubrica e nel successivo sviluppo, un parametro non applicabile ratione temporis alla fattispecie il provvedimento impugnato è infatti stato depositato il 7 maggio 2014 . 2. L’accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio della causa al giudice di secondo grado, che verificherà la regolarità del contraddittorio alla luce del principio sopra enunciato. 3. Nulla si dispone in punto spese, non essendosi gli intimati difesi. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibili il primo e il terzo motivo di ricorso cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla sezione usi civici, in diversa composizione, della Corte d’appello di Roma.