La colpa lieve dell’acquirente non impedisce l’usucapione di un bene immobile

La presunzione di buona fede a vantaggio dell’acquirente a non domino ex art. 1147 c.c. può essere superata solo tramite la prova della sussistenza della colpa grave dello stesso soggetto.

Principio sottolineato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25879/18, depositata il 16 ottobre. I fatti. Un terreno conteso è questo il bene immobile oggetto della controversia intervenuta tra una società e il Comune in cui è sito il lotto. Nel primo grado la società attrice ha assistito al riconoscimento della proprietà del terreno tramite l’intervenuta usucapione abbreviata a fronte dell’acquisto, regolarmente trascritto, avvenuto dieci anni prima. Diversamente, nel secondo grado, la società ha visto il disconoscimento della proprietà del bene oggetto della controversia a fronte del ricorso presentato dal Comune che eccepiva la malafede del contraente deducendo così la nullità del contratto di compravendita data l’esistenza di diritti di terzi su suddetto suolo. Pertanto, ricorre in Cassazione detta società adducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1159 Usucapione decennale e 1147 Possesso di buona fede c.c Buona fede e colpa grave. In merito all’acquisto della proprietà di beni immobili, realizzato tramite l’istituto dell’usucapione, la buona fede è uno degli elementi essenziali affinché il possessore usucapisca il bene è quindi di preminente importanza, secondo i Giudici di legittimità, una corretta valutazione della stessa. Dalla stessa Corte viene pertanto sottolineato che in suddetta fattispecie, la buona fede dell’acquirente può essere esclusa solo quando l’ignoranza di ledere l’altrui diritto dipenda da colpa grave escludendo tuttavia che la mancata osservanza dell’ordinaria diligenza, ovvero la colpa lieve, possa integrare gli estremi di mala fede. La colpa grave, situazione che impedisce il decorso dei termini dell’usucapione, è ravvisata negli acquisti a non domino quando il contraente incorre in una situazione in cui sia in grado di escludere o dubitare della titolarità dell’alienante. Parimenti, nell’ipotesi in cui l’acquirente si avvalga del notaio per la profilazione dell’acquisto ricade in colpa grave se esonera il pubblico ufficiale dall’eseguire gli ordinari accertamenti e omette a sua volta il loro compimento. Di conseguenza, nel caso in esame la Suprema Corte sottolinea che l’acquirente ricadeva nella situazione di colpa lieve, condizione inidonea a superare la presunzione di buona fede ex art. 1147 c.c. procedendo altresì con la cassazione e il rinvio della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 aprile – 16 ottobre 2018, n. 25879 Presidente Manna – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 19 giugno 2013, ha accolto l’appello proposto da Borsea 3000 s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo n. 491 del 2006, e nei confronti di Guerrato s.p.a 1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto nel 2002 dalla società Guerrato per l’accertamento dell’usucapione abbreviata o, in subordine, ordinaria della striscia di terreno posta al confine tra il fondo di sua proprietà e quello appartenente alla convenuta Borsea 3000. L’attrice addusse di avere posseduto il terreno in buona fede, per dieci anni, in virtù di contratto di acquisto concluso in data 28 luglio 1989 con il Comune di Rovigo, regolarmente trascritto. La convenuta contestò la pretesa, eccepì la nullità del contratto intervenuto tra la Guerrato e il Comune di Rovigo, addusse inoltre che il possesso della Guerrato, peraltro interrotto dalle diffide inviate dai proprietari via via succedutisi, mancava del requisito dell’animus, formulò in via riconvenzionale domanda di accertamento della inesistenza di servitù a favore del fondo Guerrato, chiedendo la cessazione di ogni turbativa e il risarcimento dei danni. 1.2. Il Tribunale accolse la domanda principale, accertando l’avvenuto acquisto della proprietà della striscia di terreno in capo a Guerrato spa per usucapione abbreviata. 2. La Corte d’appello ha riformato la decisione escludendo la buona fede di Guerrato, essendo agevolmente verificabile dalla consultazione dei pubblici registri che il terreno ceduto dal Comune di Rovigo fosse in proprietà di terzi. 3. Per la cassazione della sentenza ha proposti ricorso Guerrato spa, sulla base di tre motivi. Non ha svolto difese in questa sede l’intimata Borsea 3000 srl. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è fondato.1.2. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1159 e 1147 cod. civ. e si contesta l’esclusione della buona fede dell’acquirente Guerrato all’epoca di sottoscrizione del contratto di acquisto. 2. Con il secondo motivo è denunciata omessa o carente motivazione e si contesta la mancata valutazione delle prove dedotte dall’attrice-appellante. 3. Con il terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e si contesta che la Corte d’appello sarebbe incorsa in omessa pronuncia con riferimento alla domanda subordinata, di accertamento dell’usucapione ordinaria ventennale, che il primo giudice non aveva esaminato avendo accolto la domanda principale di usucapione abbreviata. 4. Il primo motivo di ricorso è fondato. 4.1. In tema di usucapione decennale di beni immobili, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice ha affermato il principio secondo cui, la buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l’ignoranza di ledere l’altrui diritto dipenda da colpa grave art. 1147 cod. civ. e, in linea generale, non può affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo e non avendolo esonerato dal compiere le cosiddette visure catastali ed ipotecarie, addivenga all’acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall’alienante, o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l’ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche, atteso che il notaio, pur fornendo una prestazione di mezzi e non di risultato, è tenuto a consentire la realizzazione dello scopo voluto dalle parti con la diligenza media, riferibile alla categoria professionale di appartenenza, curando le adeguate operazioni preparatorie all’atto da compiere, senza ridurre la sua opera alla passiva registrazione delle altrui dichiarazioni ex plurimis, Cass. 14/03/2012, n. 4063 20/07/2005, n. 15252 . 4.2. La Corte d’appello ha disatteso il richiamato principio nella parte in cui ha escluso la buona fede sul rilievo decisivo che la società Guerrato, acquirente a non domino, era in colpa grave poiché avrebbe potuto agevolmente riscontrare, con l’ordinaria diligenza, a mezzo della consultazione dei pubblici registri, che il terreno oggetto della compravendita era di proprietà di terzi. L’affermazione è erronea a partire dal riferimento alla ordinaria diligenza , la cui mancata osservanza non integra gli estremi della colpa grave, che richiede, infatti, la violazione delle più elementari regole di prudenza ed avvedutezza, che costituiscono patrimonio minimo dell’esperienza anche delle persone meno dotate ex plurimis, Cass. 20/01/2017, n. 1593 14/09/1999, n. 9782 24/06/1995, n. 7202 . Nel caso di acquisto a non domino, la colpa grave - che supera la presunzione di buona fede ex art. 1147 cod. civ. - si può ravvisare nei casi in cui l’acquirente già dall’esame del titolo sia messo in grado di escludere o comunque dubitare della titolarità, in capo all’alienante, del diritto trasferito ex plurimis, Cass. 25/09/2002, n. 13929 13/06/1992 n. 7278 , oppure quando, avendo esonerato il notaio dall’eseguire i suddetti ordinari accertamenti preliminari, non li abbia a sua volta compiuti, mentre nelle altre ipotesi la pur configurabile imprudenza nell’acquisto, compiuto fidandosi delle assicurazioni della controparte e nel convincimento che il notaio rogante ne abbia verificato la veridicità, senza chiederne tuttavia specifico conto, può integrare solo gli estremi della colpa lieve, inidonea ad escludere la buona fede, ai sensi dell’art. 1147 cod. civ., e, di conseguenza, non ostativa all’acquisto per usucapione decennale ex art. 1159 cod. civ. dell’immobile, il cui possesso sia stato acquisito in forza di titolo astrattamente idoneo a trasferirlo e debitamente trascritto. 4.3. Nel caso in esame, non risulta superata la presunzione di buona fede che l’art. 1147 cod. civ. pone a vantaggio dell’acquirente a non domino, con la conseguenza che viene meno la ratio decidendi della decisione della Corte d’appello. 5. All’accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale rimangono assorbiti i rimanenti, segue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale riesaminerà la domanda facendo applicazione del principio di diritto richiamato, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa sezione.